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Autore: Frieda B    07/06/2020    0 recensioni
Lui, freddo, cinico, spaventato da se stesso.
L'altro lui, bel sorriso, mancino, gran rompiscatole.
Due piloti, un solo aereo.
Aviazione tedesca, ai giorni d'oggi.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XIV
La giusta epoca
 
 
            «Abbiamo mangiato moltissimo,» fece Bastian. «Mi ci vuole una lunga passeggiata.»
«Torniamo in caserma a piedi?» propose Karl, guardandolo con la coda dell’occhio. Aveva le mani nelle tasche dei pantaloni. Fuori c’era un leggero sole coperto dalle nuvole. Annusò l’aria: no, non avrebbe piovuto.
«Sì, quanto sarà, un’ora di strada?»
«Penso di sì, più o meno.»
Cominciarono a camminare. Le strade erano stranamente solitarie, forse perché era domenica, forse perché iniziava a fare freddo. C’era una famigliola con un bambino in un triciclo rosso e la sorellina nel passeggino grigio e rosa, due vecchietti della stessa altezza e con la stessa faccia che si tenevano per mano ed una ragazza coi capelli lisci e lunghi che parlava al telefono, concitata, che andava si muoveva veloce con le sue scarpe arancioni fosforescenti.
Camminarono in silenzio per un po’.
Erano stati a pranzo da Ingrid ed Hector e di certo quei manicaretti fatti a mano erano di gran lunga migliori del rancio da caserma. Avevano divorato tutto. Ingrid era gentile e continuava a riempire i loro piatti ed Hector versava loro altra birra. Carne arrosto, tartine, patate. Un pranzo buono e genuino, col sapore di qualcosa di familiare, di famiglia.
«Sai,» fece Karl accendendosi una sigaretta. «Credo tua sorella sia incinta.»
«Che cosa? Te lo ha detto?»
«Ma cosa dici?» brontolò. «Perché avrebbe dovuto dirmelo? Ho detto credo, non ne sono sicuro.» Fece un paio di tiri. «Per due volte ha appoggiato la mano sul grembo.»
«Vorrei ben dire, l’ho fatto anch’io, hai visto quanto abbiamo mangiato? Dopo la passeggiata che faremo per tornare in caserma, ci servirà almeno un’ora l’uno nei bagni. Stasera niente rancio, sarò ancora sazio.»
«Neanch’io credo che cenerò,» rispose, eclissando sul resto. «Non ha bevuto la birra.»
«Mia sorella è quasi astemia.»
«Ha cambiato la ricetta originare. Non ha usato il vino. Lo ha detto lei stessa.»
«Mia sorella cambia spesso le ricette, è molto creativa, e poi ha usato un sacco di spezie, magari il vino si abbinava male!»
«Avrai notato che è ingrassata…»
«Stai dicendo che mia sorella è grassa?»
«Aveva i piedi gonfi.»
«Ok, ok! Forse hai ragione. Ma perché non me lo ha detto, se è incinta?»
Karl fece un cenno con la testa e gesticolò appena con la mano destra. «Non lo so, forse aspetta i risultati per averne conferma.»
Bastian sospirò. «Non è giusto che te ne sia accorto tu prima di me. Sono io suo fratello.»
«Be’, fa più attenzione la prossima volta, che vuoi che ti dica.» Lui fece un paio di tiri, svariando gli occhi al cielo.
 
 
            Tre giorni più tardi, mentre il cielo via via si oscurava, loro stavano ancora lavorando su certe mappe nell’hangar n.°6. Erano da soli, seduti per terra, a fissare quelle carte di navigazione vecchie di oltre mezzo secolo.
«Le adoro, sono così vintage,» fece Bastian. «Ormai è tutto sui monitor… dove le hai trovate?»
«Durante l’ultima punizione,» mormorò Karl a bassa voce. «Breyer mi ha spedito in fureria ad occuparmi di certe questioni e le ho trovate in un cassetto.»
«Non era una punizione.»
«No, hai ragione. Era un tentativo di non farci volare di nuovo insieme. Soprattutto durante l’ispezione del grande capo Himmelstrand.»
Bastian rise. «Sì, forse è vero. Un ottimo diversivo, mandarti lì. E le hai rubate?»
«A nessuno interessavano. Le rimetterò a posto, ero solo curioso. Guarda. Guarda la data su questa mappa. 7 maggio 1940. Era per la guerra.» Indicò con l’indice una data scritta a mano, un po’ sbiadita ma ancora leggibile.
«La Seconda guerra mondiale… che noia. Si parla sempre e solo di quella guerra.»
«Be’, è stata l’ultima tra quelle che hanno coinvolto un così ampio raggio di popolazione mondiale.»
«Tanto per ricordare al mondo che noi tedeschi siamo cattivi. Che noia,» ripeté. «A scuola non ci insegnano altro. Solo noi soldati portiamo orgoglio per la nostra bandiera.»
«Questo discorso sta diventando ambiguo,» fece Karl arrotolando la mappa con cura.
«Ma dai,» rise lui. «Sai che ci avrebbero spedito nei KZ[i] perché siamo froci.»
«Froci come la metà delle SS…» Karl si alzò in piedi e gli porse la mano. «Come la metà dei gerarchi di Hitler.»
«Non generalizzare. Soltanto Röhm e Speer e Becker erano dichiaratamente omosessuali.» Lui prese la sua mano e lo attirò a sé.
Karl cadde con le ginocchia attorno al suo bacino, a cavalcioni su di lui. «Già, soltanto un paio, vero?»
«Devi essere proprio frocio per avere una divisa come quella delle SS… così strette, e tutti i capelli biondi in ordine e bla bla.» Lui appoggiò la mano alla sua guancia e lo baciò. Si stese e lasciò che si stendesse su di sé. «Le contraddizioni del nazismo… hai mai pensato a cosa sarebbe successo se fossimo nati in quell’epoca?»
«Mi bastano i problemi della mia epoca, sinceramente,» rispose lui baciandolo ancora e ancora.
Bas rise ed appoggiò la mano alla sua cintura. «Be’, sono contento di essere nato in momento storico meno complicato.»
«Il fatto che non ci sia un regime totalitario, non lo rende semplice. La democrazia è complessa.»
«Lo insegnerai a nostro nipote?»
«Nipote?»
«Se mia sorella fosse davvero incinta, saresti lo zio Karl.»
«Sei tu lo zio, che c’entro io?» mormorò lui sbottonandogli i pantaloni. «E poi io a scuola non ho mica studiato tanto. Che vuoi che ne sappia di democrazia e dittatura.»
«Non avete fatto la classica e simpatica visita ai campi di concentramento, come tutti, più o meno otto volte in tredici anni di scuola?»
«Sì, ma cosa c’entra? …Possiamo smetterla di parlare di cadaveri, sarei pronto per scoparti.»
Bastian rise e si lasciò avvolgere dalle sue braccia.
            Più tardi, stavano fumando, guardando le stelle.
Karl era appoggiato alla parete dell’hangar. Bastian sembrava un po’ stanco.
«Tutto ok?»
Bas annuì. «Sì, sì, sto bene. Stavo pensando agli omosessuali uccisi nei campi di concentramento. Saremmo potuto finire così anche noi. Avremmo dovuto nasconderci, sperare di farcela. Forse avrebbe finito per sposare delle donne e saremmo stati infelici tutta la vita.» Il suo tono di voce era triste, lieve, malinconico.
Karl strinse le labbra ed annuì. «Credo che sarebbe quello che avremmo finito col fare,» disse. «Per sopravvivere. Ma non siamo costretti a farlo, oggi.» Si voltò e lo guardò negli occhi.
Bas gli rivolse un ampio sorriso. “Finalmente lo hai capito,” pensò. «Infatti,» mormorò soltanto. Allungò la mano, prese la sua ed appoggiò la guancia alla sua spalla.
«Hei?»
«Mh? …Anch’io.»
«Già. Anch’io.»
 
[i] I KZ, i Konzentrationslager, sono i campi di concentramento nazisti.
   
 
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