John Luther é un buco nero, profondo come i suoi occhi di brace, scuro come la sua pelle d'ebano.
Tutto ciò che entra nella sua orbita sparisce, muore, si contorce e si distrugge.
Tutto tranne lei.
Alice è diversa. È un genio incompreso come ce ne sono tanti, come sono tutti a questo mondo.
Ha occhi di ghiaccio che luccicano come le stelle, capelli di fuoco che brillano come rame e bronzo con riflessi di oro alla luce del sole.
È una cometa, una stella cadente, una meteora incandescente che può sfiorarti o colpiti, lasciarti illeso o distruggerti. Solo uno sciocco o un folle non avrebbe paura di lei.
John non è né sciocco né folle. La teme e la ama, questa creatura che gli orbita attorno e non risente in maniera fatale della sua attrazione, che entra e esce dalla sua vita con una cadenza che non è costante ma ha un suo ritmo, che gli è leale come nessuno, ma non è disposta a perodonargli il minimo affronto.
Adesso gli dicono che è morta annegata, e se si sforza riesce anche a immaginarla, la bocca aperta in un ultimo disperato tentativo di salvarsi, di respirare, gli occhi chiari brillanti di stelle (di lacrime? Piangeva mai, Alice?), la pelle d'alabastro imbruttita dai segni che il soffocamento lascia sui cadaveri.
Gli dicono che si è spenta, come accade a tutte le stelle che, lui non lo sa, ma lei si, continuano a brillare anche dopo essere morte.
Non ci crede.
È troppo poco Alice, troppo scontato.
È sempre stato dell'idea che Alice Morgan sarebbe morta in un modo teatrale, plateale, da brava narcisista quale è.
È ancora di quell'idea, perché Alice è il genio allo stato puro, perché lui è il suo buco nero e lei è la sua stelle cadente e se uno muore sarà a causa dell'altro.
Quindi no. Alice Morgan non è morta, e lui è pronto a dimostrarlo.