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Autore: AmonAmarth    10/06/2020    7 recensioni
Nel loft Lightwood-Bane si accende l'ennesima discussione.
Non è che Alec stia chiedendo la Luna al suo stregone. Gli sta solo chiedendo di smetterla di usare la magia, per ogni minima cosa, davanti al loro piccolo Mirtillo.
Ma Magnus non cambierà mai e continuerà ad usare la magia davanti al loro piccolo stregoncino e quest'ultimo cercherà sempre di imitare il suo papà.
Peccato che, alla fine, si avvera il peggiore incubo di Alec. Lo stregoncino compirà una magia che li metterà seriamente in pericolo e trasporterà i suoi papà in un mondo privo di magia.
Riusciranno i nostri Malec a tornare nel loro mondo e a tornare dal loro Mirtillo? E soprattutto, Magnus imparerà mai la lezione?
Leggete e scoprite
Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane, Max Lightwood-Bane, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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«Dico solo che dovresti mostrare un po’ più di coerenza, Magnus.»
«Coerenza? Ma si può sapere di cosa stai parlando, Alexander?»

«Del fatto che non puoi sgridare tuo figlio ogni volta che usa la magia quando il primo che non sa vivere senza far apparire fiammelle azzurre dalle mani sei tu!»
«Non mi pare che ieri sera, quando sei tornato a casa sporco di sangue e di chissà quale altra schifezza demoniaca, tu ti sia tanto lamentato della mia magia che ha fatto comparire una Jacuzzi nel nostro bagno! Chi è adesso che dovrebbe essere coerente?»
Il piccolo Max Lightwood-Bane alternava lo sguardo dall’uno all’altro genitore. I suoi genitori erano strani. E non solo dal punto di vista puramente estetico. Uno sempre ben vestito, quasi ai limiti dell’eccentricità. Pantaloni sempre molto attillati, il più delle volte accompagnati con stivali di pelle, alti fino al ginocchio; e camicie dai colori sgargianti e dai tessuti estremamente ricercati. I capelli sempre ben acconciati con il gel in spuntoni che si sollevano verso l’alto, facendo guadagnare alla già slanciata figura dello stregone ulteriori centimetri bonus. L’altro papà invece era più trasandato. Indossava sempre i soliti vestiti, pantalone di pelle scura e una maglia che doveva essere nera in principio ma che dopo svariati lavaggi era diventata color grigio fumo. Ma non era solo la loro vista estetica, che li faceva apparire diversi quanto lo possono essere il giorno e la notte, ad essere strana agli occhi del piccolo stregoncino. Era più che altro il fatto che un secondo prima erano talmente attaccati che il piccolo faticava a capire dove iniziasse il corpo di uno e dove finisse quello dell’altro, l’attimo dopo si urlavano contro e, dalle mani del suo papà Magnus, uscivano sempre fiammelle azzurrine. L’attimo dopo ancora, sempre il suo papà stregone, apriva un portale per portalo a casa della nonna mentre lui tornava da papà Alec. Non aveva mai capito il perché di quello strano comportamento.
Adesso erano nella fase litigata e, da quel poco che un piccolo stregoncino di soli tre anni poteva capire, era stato il suo piccolo incantesimo di levitazione ad aver scatenato l’ira del suo papà cacciatore.
Il Presidente Miao, un tenero batuffolo di pelo grigio con striature bianche e nere, saltò con un balzo aggraziato, tipico della sua natura felina, sul divano e si accoccolò sulle gambette del piccolo di casa mentre con i suoi occhi verdi-dorati, gli stessi di Magnus, guardava con aria giudicante i due uomini litigare.
«E ora che ci penso, non ti sei lamentato nemmeno quando l’altra settimana, dopo che tu ti sei dimenticato di fare scorta di lubrificante, io ne ho fatta comparire una scorta per almeno un mese nel mobiletto del bagno.»
«Magnus!» Alec urlò con voce stridula e, con l’agilità che solo un cacciatore esperto come lui poteva avere, corse verso il figlio tappandogli le orecchie. Magnus lo guardò inarcando un sopracciglio con aria scettica che, unita ai suoi occhi da felino in quel momento particolarmente brillanti, gli fece assumere un’aria piuttosto inquietante.
«Sai vero che ha tre anni e che non può capire cosa sia il sesso?»
«Magnus!» La voce di Alec era gracchiante e le sue guance si erano nuovamente imporporate di quell’imbarazzo che, nonostante gli anni, non lo aveva mai abbandonato. Magnus allentò la tensione dei propri muscoli facciali e si ritrovò a sentire le labbra stendersi in un sorriso. Il suo Alexander. Così coraggioso, così valoroso. Eppure ancora così timido. Alec era diverso da chiunque altro. Perché Alec aveva tutte le caratteristiche che lui più amava, coraggio e onestà, lealtà e intelligenza, tutte racchiuse in una singola persona. Un angelo dagli occhi azzurri come l’oceano profondo e i capelli neri come il manto di una pantera.
«Alexander...» Lo stregone si avvicinò al marito e, gentilmente, allontanò le sue grandi mani dal faccino del loro piccolo stregoncino. «… potresti per un attimo smetterla di essere quest’adorabile mamma chioccia?» Alec, in risposta, lo degnò dell’occhiata più minacciosa di cui disponesse il suo repertorio. Magnus si ritrovò a sbuffare con un sorriso perché Alec poteva avere dei grandi occhi da cucciolo, grandi e di quel blu così intenso che a confronto lo zaffiro più pregiato sarebbe potuto apparire bianco. Erano occhi che ispiravano calma, tranquillità ed equilibrio, proprio come il colore che li dipingeva. Ma diventavano improvvisamente duri, in grado di incutere terrore non appena Alec li contraeva, strizzandoli appena, arcuando quelle folte sopracciglia nere che li coronavano. E forse quella era la caratteristica che Magnus più amava in Alec. All’apparenza sembrava timido e introverso, ma diventava un vero cacciatore, un leader nato, quando doveva proteggere chi amava.
Quello sguardo glaciale venne interrotto dal piccolo Max che, stufo di essere ignorato, alzò le sue braccine blu verso i suoi papà con un chiaro invito ad essere preso in braccio. Quel gran lato coccolone lo aveva decisamente preso da Magnus!
«Papà, in baccio.» Alec spostò lo sguardo dal compagno e lo posò sul figlio. Non si accorse nemmeno di quanto i suoi muscoli si stesero in un sorriso tenero. Allungò le braccia e prese il piccolo fagottino blu che subito strinse le sue braccine attorno al collo del Cacciatore. Alec non si era mai sentito più completo come in quel momento, mentre poteva stringere tra le sue braccia il figlio, mentre poteva far scorrere le sue labbra calde sulla sua fronte blu, sentire il solletico dei suoi capelli, blu come la notte più scura e cupa, sulla sua pelle e il leggero pizzicore di uno dei due corni che cominciavano a spuntargli dalla testolina premergli contro il collo.
«Mirtillo mio, cosa avevamo detto riguardo la magia?» Disse Magnus rivolto al figlio, pizzicandogli il nasino con l’indice e il pollice della sua mano. Il piccolo rise e strofinò il capo contro il collo di Alec.
«Mirtillo?» Lo riprese il genitore più anziano. Il piccolo si allontanò da Alec e posò i suoi grandi occhioni blu, Magnus ancora si chiedeva come fosse possibile che fossero dello stesso identico blu di quelli di Alec, in quelli verde-dorati dello stregone.
«Niente magie.» Pigolò il piccolo stregoncino pasticciando un po’ con le labbra a cuoricino tipiche dei bambini.
«E allora perché hai fatto volare il Presidente per tutta la cameretta, Mirtillo?»
«Buffo.» Esclamò il piccolo indicando il micino che li guardava annoiato dal divano. Magnus e Alec seguirono il suo sguardo e videro il gatto che li guardava come se volesse giudicarli. Come se lui fosse un professore che guarda i suoi studenti della classe dell’ultima ora… anzi, come un sovrano guarderebbe il suddito più in basso nella piramide gerarchica. Alec aveva sempre sospettato infatti che quel gatto li considerasse i suoi schiavetti.
«Mirtillo di papà...» Le parole di Magnus vennero bloccate dalla porta d’ingresso che si spalancò di colpo mostrando la figura snella e stretta nella scura divisa da Cacciatore di Jace.
Alec, che dava le spalle alla porta, non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi fosse. Il suo Parabatai era infatti l’unico che entrava in quella casa senza nemmeno bussare, sebbene avesse trovato ben più di una volta lui e Magnus intenti in faccende piuttosto private. Magnus gli aveva pure chiesto se moriva dalla voglia di unirsi a loro visto che una volta non gli era bastata e continuava ad entrare in quel loft come se niente fosse!
«Il fatto che io abbia abbassato le difese del loft per le emergenze per voi Lightwood e mezzi Lightwood non significa che possiate entrare come e quando volete.» Sbuffò infatti lo stregone rivolgendo a Jace quello sguardo che rivolgeva unicamente a lui: di sfida. Ad Alec venne un po’ da ridere e un po’ gli vennero i sensi di colpa. Era colpa sua se Magnus aveva sempre visto Jace come un rivale e, di certo, il suo legame Parabatai che condivideva con il ragazzo non aveva comunque semplificato le cose anche dopo che Alec aveva fatto capire, al meglio delle sue capacità, che lo stregone era l’unico uomo che lui avesse mai amato e che, molto probabilmente, avrebbe amato in tutta la sua vita.
«Tio Jace!» Il piccolo stregoncino allungò le sue braccine verso lo zio, dimenandosi tra le braccia del padre che, invece, rafforzarono la presa. Ad Alec non era sfuggito che Jace era armato fino ai denti e per quel giorno il loro piccolo Mirtillo aveva combinato già abbastanza guai.
Jace capì subito le riserve di Alec, del resto loro non avevano bisogno di parole. Le loro parole erano fatte di sguardi profondi, di occhi che parlavano una lingua che solo loro erano in grado di comprendere.
«Cosa vuoi, Shadowhunter?» Domandò Magnus irritato. Come al solito odiava quegli strani sguardi che Jace e Alec si scambiavano. Sapeva che ormai Jace non era più un ostacolo alla sua relazione con Alec, probabilmente non lo era mai stato davvero, ma restava il fatto che non facesse gran parte del fanclub di Jace Lightwood-Wayland-Morgenstern-Herondale!
«C’è stato un attacco di demoni Shax giù nei tunnel metropolitani.» Alec alzò gli occhi al cielo. Mai un attimo di pace. Stava già per consegnare il piccolo Max nelle mani di Magnus per seguire Jace, ma il biondo lo bloccò riprendendo a parlare.
«No, Alec. Ce ne siamo occupati Clary ed io. Solo che Clary è stata ferita. Niente di grave, cioè niente di grave se Magnus viene a guarirla dal veleno.» Magnus si girò verso Alec che, per rispondere alla sua tacita domanda, annuì con il capo.
«A volte mi chiedo perché continuo ad aiutarvi gratuitamente in questo modo.» Sospirò Magnus che aprì davanti ai loro occhi, infischiandosene dell’occhiataccia che gli lanciò Alec vista la recente ramanzina, un bel portale i cui colori dorati e violacei si rifletterono sul corpo dei presenti.
«Perché ti scopi mio fratello, ecco perché.» Borbottò Jace a bassa voce, ma non a sufficienza perché Magnus non lo sentisse e gli lanciasse un’occhiata terrificante e intanto, nella sua mente, cominciasse già a pianificare una vendetta.
Il piccolo Max cominciò ad agitarsi tra le braccia di Alec. Cominciò a muovere le sue manine blu paffute, dalle quali si sprigionarono piccole fiammelle gialle, verso il portale aperto dal padre.
«Max.» La voce severa di Alec fece distrarre il piccolo stregone che guardò il padre con i suoi penetranti occhioni azzurri. Il cacciatore intanto guardò di nuovo male il compagno. Era tutta colpa sua se Max usava la sua magia senza ancora saperla controllare. Quello stregone da strapazzo di Magnus non si faceva scrupoli ad aprire un dannato portale proprio davanti agli occhi del bimbo. Ovvio che poi questo lo volesse imitare.
«Torno tra poco.» Disse Magnus non avendo il coraggio di avvicinarsi ad Alec per il solito bacio dell’arrivederci. Nella sua lunga esperienza sapeva riconoscere uno sguardo omicida. E quello di Alec in quel momento era lo sguardo da avvicinati e ti conficco una freccia nei tuoi meravigliosi occhi da gatto!
Jace alternò lo sguardo confuso dall’uno all’altro. Era chiaro che qualcosa non andasse e che, molto probabilmente aveva interrotto i due uomini in una discussione. Magnus non si allontanava mai da Alec senza baciarlo. Mai.
«Ok puffetto dello zio, noi andiamo.» Jace allungò una mano verso il nipotino in modo da scompigliarli i capelli. Il piccolo cominciò ad emettere piccoli versetti felici. Amava terribilmente zio Jace, probabilmente perché era, tra tutti i suoi zii, quello che riferiva meno ai suoi papà le sue marachelle.
«Ti ho già detto mille volte di non chiamare mio figlio in quel modo orribile.» Magnus guardò minacciosamente Jace. I suoi occhi da gatto brillavano ancora di più nel riflesso dei bagliori dorati del portale. Il cacciatore ebbe la decenza di non controbattere. Se le sue congetture erano vere e davvero Magnus e Alec stavano discutendo, significava che lo stregone era ancora più melodrammatico del solito. Certo, non si sarebbe mai rifiutato di guarire Clary, ma Jace voleva comunque evitare di ritrovarsi la camera piena di anatre starnazzanti… come l’ultima volta!
«Ok, vado e torno. Non aspettarmi alzato, Fiorellino.» Alec guardò Magnus inarcando un sopracciglio e strizzando appena l’occhio. Era chiaro come il sole che Magnus non voleva affrontare la discussione. Era sempre così. Magnus non voleva accettare di dover limitare l’uso della magia. Non è che Alec gli chiedesse la Luna, doveva solo evitare di far apparire cose con il semplice scrocchio delle dita davanti a Max!
«Oh non preoccuparti, tesoro. Mi troverai in piedi quando torni. Abbiamo una discussione da finire.» Il modo in cui Alec pronunciò la parola tesoro ricordò a Magnus il sapore della crema pasticcera quando è andata a male: quando la stai per avvicinare alle labbra ti aspetti un gusto dolce, intenso con giusto un pizzico di acidità dovuta al retrogusto del limone che serve solo a far esplodere in un mega orgasmo le tue papille gustative. Invece quando la porti finalmente alle labbra, la sola cosa che senti è l’acidità e comprendi che se la delusione avesse un sapore sarebbe sicuramente quello!
«D’accordo! Andiamo.» Esclamò Magnus con lo stesso tono che avrebbe un condannato a morte mentre si dirige al patibolo.
Pochi istanti dopo sia lo stregone che Jace avevano varcato il portale che si era chiuso alle loro spalle.
Alec sospirò e guardò il figlioletto che guardava con occhioni tristi il punto esatto dov’era sparito il padre.
«Coraggio Max, andiamo a fare il bagnetto e poi nanna.» Disse baciando la testolina del figlio. Se l’Angelo Raziel in persona gli avesse detto anni prima che non solo si sarebbe innamorato di uno stregone, ma che avrebbe avuto pure un figlio stregone, gli avrebbe sicuramente riso in faccia. Invece eccolo lì, felice più che mai di avere due uomini così speciali e magnifici nella sua vita.
Alec si diresse verso il grande bagno che in quel momento, in assenza dello stregone, era decorato di semplici mattonelle dalle tonalità che sfumavano dall’azzurro chiaro fino al bianco, sanitari in ceramica bianca e una vasca, dalle dimensioni che Alec definirebbe normali, accostata su una parete.
«Coraggio, Mirtillo. Leviamoci la tutina.» Alec poggiò il bimbo a terra e cominciò ad armeggiare con la vasca chiudendo il tappo per riempirla solo quando sentì che la temperatura del getto era diventata tiepida. Il piccolo accanto a lui continuava a tirarsi, senza davvero avere intenzione di sfilarsela, la camicetta della tutina che indossava.
«Max?» Alec lasciò scorrere le dita sotto il getto dell’acqua per assicurarsi che questa non diventasse eccessivamente calda. Il figlio era troppo silenzioso. Lui amava fare il bagnetto la sera e amava soprattutto far comparire qualche piccolo anatroccolo con cui giocare. Alec aveva provato a fargli capire che non doveva farlo, che sicuramente qualche mamma anatra si sarebbe preoccupata non vedendo più il suo figlioletto accanto a lei. Ma quella era una delle tante guerre che Alec continuava a perdere visto che Magnus continuava ad applaudire emozionato quando vedeva Max fare quelle piccole magie.
«Ehi, piccolo. Che c’è? Perché quel faccino pensieroso?» Alec finì di spogliare il bimbo e, dopo averlo sollevato da terra, lo fece sedere nella vasca, l’acqua che gli arrivava appena sopra l’ombelico. Il moro prese una spugna e dopo averci messo sopra un po’ di bagnoschiuma al sandalo fatto in casa, cominciò a sfregarla contro la pelle del suo piccolo.
«Tavate litigando per copa mia, papà?» La voce di Max era carica di lacrime, come se le stesse trattenendo mettendoci tutta la forza di cui era capace.
Alec si inginocchiò e, mettendo due dita sotto il mento del piccolo, gli sollevò il volto in modo da poterlo guardare negli occhi.
«Mirtillo. Non stavamo litigando.»
«Ma tavate urlando. E le persone urlano solo quando litigano.» Gli occhioni di Max divennero lucidi e Alec li vide tremolare di paura.
«Amore...» Il cacciatore lasciò perdere la spugna e poggiò le sue grosse mani sul volto umido del figlio. «… amore, papi ed io stavamo solo discutendo un po’. Succede di tanto in tanto...»
«Ma tavate litigando per copa mia.»
«Amore, no.»
«Tu non vuoi che uso la magia.» Il piccolo tirò su con il nasino e Alec allungò il braccio e strappò un paio di quadrati di carta igienica con cui aiutò il piccolo a soffiare il suo adorabile nasino blu.
«Mirtillo, non è che non voglio che tu usi la magia. Ma devi capire che può essere pericoloso. Non puoi imitare tutto quello che fa papi senza sapere come si fa. Potresti farti del male o peggio ancora potresti farne agli altri.» Il piccolo Max cominciò a piangere. Ogni lacrimone che scendeva dai suoi meravigliosi occhi era come una pugnalata in pieno petto per Alec. Non voleva che il suo piccolo fosse triste, men che meno che lo fosse per colpa sua, sua e della sua stupida rigidità dovuta alla sua educazione di rigido Shadowhunter.
«Max, tesoro. Non piangere...» Alec cominciò a far scorrere le sue mani sul visino paffuto del piccolo per asciugargli quelle brutte lacrime. Il piccolo alzò il suo sguardo. Alec non voleva mai dare ragione a Magnus perché… bhe quell’uomo era già abbastanza egocentrico e con un ego spropositato, non c’era bisogno di ingigantirglielo ancora di più! Però aveva ragione. Max aveva i suoi stessi occhi, appena appena di una tonalità più scura.
«Io non voglio che tu ti allabbi con me. Poi… poi mi mandate via...»
«Amore, no. Ehi, guardami...» Alec sollevò il visino del bimbo costringendo a guardarlo negli occhi. Era come l’incontro del cielo con l’oceano. Blu nel blu.
Improvvisamente però Alec vide delle fiammelle gialle apparire sulle manine chiuse in piccoli pugnetti del suo bimbo.
«Max! Max cosa...» Il cacciatore non ebbe molto tempo per dire o fare qualcosa.
Ci fu una luce abbagliante.
Alec strinse con forza i suoi occhi sensibili. Sentiva una presenza accanto a sé e, per quanto potesse risultare terribilmente romantico e troppo melenso, sapeva che quella presenza fosse Magnus. Non sapeva perché o come facesse a saperlo. Ma lo sentiva. Provò ad allungare una mano nel tentativo di afferrare quella dell’amato. Ma per quanto sentisse che Magnus era vicino a lui non riusciva a toccarlo. Provò ad urlare il suo nome, ma dalle sue labbra non uscì un solo suono. Si sentiva come se stesse annegando. Tutto attorno a lui cominciò ad essere ovattato e la gola bruciava per quel grido muto che non riusciva a lasciare le sue labbra. Vide due ombre avvicinarsi a lui. Sembravano ombre umane, ma i bordi erano sfocati come se fossero fatte di fumo. Alec provò di nuovo ad urlare, ma nuovamente dalle sue labbra non uscì nulla. Quando quelle ombre furono abbastanza vicine, Alec poté notare quanto somigliassero al suo corpo e a quello di Magnus. Il cacciatore chiuse gli occhi temendo l’impatto. Provò una strana sensazione quando si scontrarono. Fu come se tutta l’energia vitale che permeava il suo corpo fosse risucchiata via.
Ma il tutto, sebbene ad Alec parve durare per quasi un secolo, durò invece qualche secondo.
Così com’era apparsa, quella luce accecante sparì e lui si ritrovò in una stanza scarsamente illuminata, le labbra di Magnus sulle proprie, le sue braccia intorno al collo a spingerlo verso l’interno della stanza.
Si staccò dal bacio e vide lo stesso smarrimento, che era certo ci fosse anche nei suoi occhi, illuminare quelle iridi… aspetta… dov’erano finiti gli occhi da gatto di Magnus? Quegli occhi che per Alec erano diventati come l’aria che respirava: necessari.
«STOOOOOOP!!»
«Ragazzi! E’ la decima volta che proviamo questa scena. Si può sapere che vi prende? Capisco che dovete girare la prima scena di sesso, però ragazzi, siete dei professionisti.»
Alec e Magnus si girarono verso la donna che aveva parlato.
Dove diavolo erano finiti?
Sopra le loro teste c’erano quelli che sembravano dei bastoni ma persino uno poco tecnologico come Alec sapeva che erano dei microfoni.
Mentre i due uomini si allontanavano di poco l’uno dall’altro, un’altra donna gli si avvicinò. Alec tirò indietro il capo quando questa si avvicinò con un pennellino, uno di quelli che usava Isabelle per… truccarsi? Quella donna voleva truccarlo?
«Io… io non...» Alec fece un passo indietro e, se Magnus non si fosse sentito estremamente debole oltre che confuso, sarebbe stato anche comico.
«Matt dai non fare storie. Stai sudando come un caprone e ti si sta rovinando tutto il trucco. Harry, anche tu è meglio se vai da Kristi e ti fai sistemare l’eyeliner.»
Alec guardò disperato Magnus e non sapeva dire se vedere quello sguardo confuso lo rincuorava o lo preoccupava solo di più.
«I-io non ho trucc...» Ma Alec non fece in tempo a finire quelle parole che la donna avvicinò un dischetto di ovatta imbevuto di chissà quale sostanza alla sua guancia. La cosa che sconvolse il ragazzo fu che dopo che la donna ebbe sfregato appena quel dischetto sulla sua pelle, quando lo ritrasse questo era… bhe certamente non più bianco!
«Vieni Matt, devo risistemarti tutto.» La donna afferrò il polso di Alec e lo spinse fuori dalla stanza. Il moro rimase sorpreso quando vide che fuori quella stanza non c’era un corridoio, o un’altra stanza, come sarebbe stato normale in una casa. Soprattutto era abbastanza sicuro di conoscere casa sua e fuori dalla camera da letto sicuramente non c’era quella strana stanza con quell’enorme pannello verde acido su una parete. Erano in una grande stanza, enorme abbastanza da contenere almeno altre cinque stanze come quella da cui era appena uscito. C’era gente ovunque. Gente che portava strani macchinari da un posto all’altro; gente che seguiva altre persone con fogli su fogli tra le mani e lo sguardo immerso in essi; gente che montava strane luci; gente che andava in giro con grandi tazze di caffé. Alec venne spinto verso una sediolina, una di quelle alte e di tela simili a quelle che la gente si porta in spiaggia. Quello che lo lasciò basito fu che sullo schienale scuro della sedia c’era scritto, a caratteri corsivi e bianchi, il suo nome: Alec.
«Ok, Matt. Sta fermo cinque minuti che ti risistemo il trucco. Harry, ti avevo detto di andare da Kristi non di seguirmi come un cagnolino.» Magnus infatti aveva seguito, completamente spaesato, la donna e il suo Alexander.
«Ma… ma io...»
«Harry! Dai vieni, ti devo risistemare il trucco.» Un’altra donna, più giovane di quella che si stava prendendo cura di Alec, afferrò il braccio di Magnus e lo spinse su una sedia, simile a quella su cui era seduto Alec ma con il nome di Magnus stampato sopra, vicina a quella del cacciatore.
«Parola mia Harry, il tuo trucco è decisamente il più difficile da fare.» Esclamò la donna al lavoro sul volto di Magnus. Lo stregone la guardò, decisamente non l’aveva mai vista. Capelli rosso fuoco e dritti come spaghetti crudi, paffuta e con il tipico volto che una persona assocerebbe ad una classica madre che quando vede il figlio giù di morale decide di rallegrarlo cucinandogli un bel dolce. Magnus si volse appena per vedere il compagno, ma questi se ne stava con uno sguardo terrorizzato fisso davanti a sé e dritto e irrigidito come un macigno su quella sediolina troppo piccola per lui.
«Matt ma da quando porti le lentine azzurre? Quando ti ho truccato poco fa non le avevi.» Alec sbatté le palpebre. Lentine? Cosa diavolo erano? Si girò verso Magnus, uno sguardo terrorizzato che lo stregone non gli aveva mai visto, nemmeno quando si era ritrovato davanti a centinaia di demoni.
«Hanno voluto fare una prova.» Esclamò Magnus correndo in aiuto dell’amato. La donna che stava truccando il cacciatore si girò a guardare Magnus con un sopracciglio inarcato.
«Una prova? Quasi alla fine della seconda stagione? Non ha senso.» Disse e Magnus, con il suo solito carisma alzò le mani a palmi aperti, in segno di resa.
«Ehi, sono loro che pagano il nostro stipendio. Ergo loro decidono.» Alec guardò Magnus con gli occhioni sbarrati. Come diavolo faceva quello stregone da strapazzi ad essere così a suo agio in quella situazione? 
«Bhe ora togliamole...»
«No!» Esclamarono all’unisono sia Magnus che Alec. Quest’ultimo si spinse talmente indietro contro lo schienale della sediolina su cui era seduto che quasi finì per ribaltarla. Entrambe le truccatrici li guardarono leggermente accigliate, chiaramente stupite per quello strano comportamento.
«Ragazzi, siete sicuri di stare bene?» Domandò la donna che si stava occupando di Magnus.
«Si. Ma, diciamo che per Al… cioè per Matt non è stato facile metterle. Ci impiegheremo troppo tempo tra il toglierle e rimetterle.» Esclamò Magnus che, di nuovo, andò in soccorso dell’amato.
La truccatrice di Alec guardò prima Magnus e poi riportò la sua attenzione su Alec, la sua mano sospesa a mezz’aria.
«Certo che oggi siete strani ragazzi. Matt, tu avrai detto si e no quattro parole.» Disse continuando a guardare stranita il ragazzo.
«M-mi danno fastidio.» Borbottò Alec. Sentiva le sue gote rosse andare letteralmente a fuoco.
«Oggi avete delle interviste, ragazzi?» Domandò la donna che si stava occupando di Magnus, forse per spezzare quell’assurda tensione che si percepiva e che pareva essere più affilata del filo delle lame angeliche del cacciatore.
«I-interviste?» Balbettò Alec. Magnus poteva vedere dall’inspessimento della vena sul collo e dalle sue mani contratte appoggiate alle sue gambe, quanto fosse nervoso. Sebbene fosse migliorato in quegli anni, Alec non riusciva ancora a lasciarsi andare con i mondani, perché di una cosa lo stregone era più che certo: lì, erano tutti mondani. Anche lui. Alec era forse l’unico a conservare la sua natura da Shadowhunter, come dimostravano le rune che ancora facevano bella mostra di sé sulla sua pelle chiara. Anche se persino quelle rune sembravano leggermente diverse da quelle che di solito aveva il cacciatore, erano troppo… marcate.
«Matt, si può sapere che hai? Sei rigido mio caro. E’ tutto ok?»
Magnus notò come Alec stesse per avere una specie di crollo nervoso. Non gli piaceva mai quando non era padrone della situazione in cui si trovava. Del resto, l’improvvisazione era sempre stata una cosa molto più congeniale a lui.
«Matt è solo teso per la scena che dobbiamo girare.» Disse trovando sgradevole il modo in cui quel nome scivolò fuori dalle sue labbra. Non gli piaceva non poter chiamare il suo Alexander con il suo nome.
Alec volse lo sguardo, terrorizzato, verso Magnus.
«Harry perché parli con la voce da Magnus? Non c’è bisogno che parli con la voce da Magnus con noi.» Esclamò la donna che invece era intenta a spruzzare litri e litri di lacca tra i capelli dello stregone. Quest’ultimo non capì assolutamente di cosa stesse parlando, ma fortunatamente lui era uno bravo ad adattarsi.
«Oh, solo per restare sempre nel personaggio, zuccherino.» Disse facendo l'occhiolino alla ragazza che scoppiò a ridere.
«Ok ragazzi, siete pronti e bellissimi. Andate e cercate di finire questa scena. E Matt, per favore fatti dire se quelle lentine saranno fisse o no. Secondo me è una cazzata, ormai i fan si sono abituati ad avere un Alec con gli occhi scuri.» Alec sbarrò gli occhi. Alec con gli occhi scuri? Ma di cosa diavolo parlavano?
I due si alzarono dalle sedioline e si incamminarono nella direzione da cui erano venuti. Attorno a loro c’era talmente tanta frenesia che nessuno sembrava fare caso a loro.
«Cosa è successo?» Domandò Alec bloccando Magnus e spingendolo in modo tale da poterlo guardare negli occhi… occhi che erano così scuri, così marroni, così poco di Magnus.
Il cacciatore allungò una mano verso Magnus e la poggiò sulla sua guancia. Lo stregone, di riflesso, avvicinò maggiormente il suo volto a quella mano, come se volesse che Alexander gli entrasse dentro.
«I tuoi occhi, Magnus. Cosa è successo ai tuoi occhi?»
«Non lo so. Ma credo sia legato al fatto che non ho più i miei poteri.»
«Come sarebbe a dire che non hai più i tuoi pote...»
«Ragazzi! Se dovete entrare nei personaggi per favore fatelo qui. Dobbiamo girare la scena, muovetevi.» Alec ritrasse la mano dalla guancia di Magnus, con lentezza, lasciandogli un’ultima carezza che accompagnò Magnus finché non raggiunsero la stanza che assomigliava, in modo molto vago, alla camera da letto di Magnus, o almeno ad una delle centomila camere che Magnus aveva avuto.
«Matt! Si può sapere che hai fatto agli occhi?» A parlare era stata la donna bionda che sembrava essere un po’ il capo lì in mezzo.
«Lentine.» Mormorò Alec alzando appena le spalle. La donna lo guardò come se fosse un pazzo appena uscito per sbaglio dal manicomio. E Alec in tutta sincerità, un po’ pazzo si sentiva.
Alla donna sembrava che stesse per venire un crollo nervoso. Sembrava una di quelle teiere che cominciano a fischiare con insistenza ma che poi vengono dimenticate sul fuoco e, semplicemente, esplodono.
«Lentine? Ma dico siamo tutti impazziti per caso? E’ troppo tardi ormai dare ai fan un Alec con gli occhi azzurri. Ti hanno reputato troppo bello e ti hanno perdonato l’assenza degli occhi blu! Matt togliti quelle cose dagli occhi per favore...» La donna si portò le mani alle tempie e cominciò a compiere dei movimenti circolari con i polpastrelli, gli occhi chiusi in una chiara espressione di rabbia repressa.
«Amanda!» Un uomo, chiaramente un tecnico a giudicare dall’abbigliamento e dagli strani marchingegni che aveva in mano, si avvicinò alla donna. Dall’espressione che aveva stampata in volto, sicuramente non era lì per darle belle notizie.
«Che c’è ancora?» Urlò la donna allontanando le mani dal volto. Alec fece un passo indietro. Lui, grande e grosso cacciatore che uccideva demoni, arretrò spaventato all’espressione irosa che leggeva negli occhi della donna. Magnus lo guardò di sottecchi, sorridendo divertito per la reazione del compagno.
«I-io… avete presente mentre prima stavamo girando la scena Malec?» Il tecnico cominciò a parlare e mostrò alla donna una specie di scatoletta metallica. Alec non aveva la minima idea di cosa fosse, per lui tutti gli oggetti mondani erano uguali e anche piuttosto inutili! «Non so cosa sia successo, ma è come se ci fosse stata un’esplosione di luce e… bhè, diciamo che si è completamente bruciato tutto...»
«Mi stai dicendo...» La donna guardò l’uomo come una tigre guarderebbe la sua preda. Avanzò di un passo, a cui corrispose un passo indietro del tecnico. «… mi stai dicendo che l’intera scena, compresa la parte iniziale di Alec che arriva a casa di Magnus, è andata perduta? Che tutta la mattinata è andata perduta?» La donna adesso stava urlando e la sua voce era talmente acuta che Magnus, che aveva un udito sensibile anche senza poteri, sentì un leggero dolore alle orecchie.
«Bhe… bhe completamente persa no. Però ci dobbiamo lavorare su.» Esclamò spaventato il tecnico che continuava a guardarsi intorno cercando un qualche aiuto da parte dei suoi colleghi.
La donna aveva chiaramente un tic all’occhio e, se fosse stata incline a istinti omicidi o se avesse avuto anche un briciolo dei poteri che di solito Magnus aveva, sicuramente avrebbe vaporizzato l’uomo davanti a lei.
«Amanda, dammi al massimo un’ora e mi ci metto subito al lavoro. Dovrei riuscire a recuperare la maggior parte delle scene...»
«Sarà meglio per te, Robert.» Esclamò la donna. Non si era mossa, le sue labbra avevano appena compiuto un movimento, ma sembrava spaventosa più di quanto avrebbe potuto essere Lucifero in persona.
«Ok gente, facciamo una pausa di un’oretta.» Esclamò uno degli uomini seduti su quelle ridicole sedioline. Questi si alzò e si diresse vicino ai due attori, o meglio a quelli che lui credeva fossero i due attori. «Voi due, sarà meglio che usiate questo tempo per rivedere la scena. E Matt per l’amor del cielo, togliti quelle lentine!»
Alec si guardò attorno. A Magnus sembrava davvero un pesce fuor d’acqua. Sarà stata probabilmente la sua educazione rigida, il fatto che lui avesse vissuto unicamente per diventare un cacciatore e che fosse stato, sin da subito, ricoperto di troppe responsabilità, di più di quante le sue spalle ne potessero forse sopportare, ma Magnus capiva perché il suo ragazzo si sentisse così spaesato. Lui aveva secoli di vita alle spalle e, per non soccombere alla noia del Mondo Nascosto, si era molte volte mescolato con i mondani. Aveva imparato a conoscerli, a capirli, certe volte persino ad invidiarli. Ma capiva perché Alec si sentisse così spaesato in quel mondo.
«Vieni.» Magnus prese il ragazzo per mano e lo trascinò via. Non aveva idea di dove stesse andando, ma ogni volta che vedeva una porta la attraversava, prima o poi avrebbero trovato quella che li avrebbe condotti all’esterno.
«Ehi Matt! Harry!» I due si fermarono. Ormai avevano capito che quei nomi erano i loro. Magnus storse la bocca. Harry, che nome orribile per uno stregone pluricentenario come lui. E Matt? Nome fin troppo banale per una perla nell’oceano come Alexander.
I due ragazzi si girarono e si trovarono davanti agli occhi Jace. O meglio un Jace che non era il loro Jace. E se avevano altri dubbi che quello non fosse il loro mondo, quei due occhi dal colore diverso l’uno dall’altro, gliene diedero la prova.
«J-Jace?» Mormorò Alec. Magari era successo agli occhi di Jace la stessa cosa che era successa a quelli di Magnus e quello forse era ancora il loro Jace. Ma l’occhiata scettica del ragazzo gli confermò che no, quello non era il loro Jace.
«Di nuovo questo giochino Matt? Non ti sei ancora stancato?» Alec arrossì ed abbassò lo sguardo imbarazzato. D’istinto strinse più forte la mano di Magnus. L’unica certezza in tutto quel casino.
Il finto Jace abbassò lo sguardo verso le mani dei due ragazzi intrecciate.
«Cos’è? Volete che vi scatti una foto? Volete far sclerare un altro po’ i fan della Shumdario?» Il ragazzo sfilò dalla tasca del suo pantalone un telefono cellulare e se lo portò davanti al volto, la fotocamera puntata sui due ragazzi.
Alec cominciò a balbettare in una maniera che Magnus, in altre circostanze, avrebbe definito totalmente adorabile. Lo stregone allungò una mano coprendo la fotocamera del ragazzo proprio nel momento in cui questi stava scattando la foto.
«Harry! Hai rovinato la foto!» Esclamò con una voce acuta, che mai Alec aveva sentito dalle labbra del suo parabatai.
«Jace...»
«Dom!» Esclamò il ragazzo alzando gli occhi al cielo. Magnus non aveva mai visto occhi come i suoi. Erano incredibilmente belli, ma doveva ammettere che un po’ gli facevano impressione. Insomma doveva soffermarsi sull’occhio chiaro come il ghiaccio o su quello dai caldi toni ambrati? E soprattutto gli sembrava di mancargli di rispetto continuando a fissarli, ma era una rarità a cui non riusciva ad abituarsi.
«Dom...» Esclamò Magnus ruotando la mano con cui aveva bloccato la foto e muovendo le dita in quel modo elegante che tanti brividi faceva scorrere lungo la schiena di Alec. Lo stregone aveva agito d’istinto. Quello era il gesto che avrebbe normalmente compiuto per far sparire il cellulare dalle mani del biondo. Ma nulla accadde. E sia lui che Alec fissarono la mano dello stregone, ferma ancora a mezz’aria, dalla quale non erano scaturite le solite fiammelle azzurre che rivelavano la sua magia.
«Wao! Sai, se Magnus esistesse davvero, o se almeno tu fossi gay, Alec sarebbe un ragazzo molto fortunato. Insomma con l’agilità di quelle mani potresti toccare punti molto profondi.» Esclamò il finto Jace facendo un occhiolino chiudendo totalmente l’occhio ambrato.
Alec arrossì dalla punta estrema dei suoi capelli neri fino alla punta dei piedi. Cominciò a tossicchiare e avrebbe ucciso quel deficiente di Magnus che se la rideva sotto i baffi. Perché si, le sue dannate dita sapevano toccare punti molto profondi!
«Matt, tutto ok? Ma, ehi ma ti hanno messo le lentine?» Il finto Jace, o meglio Dom (che diavolo di nome è Dom?), si piegò leggermente in avanti e guardò con attenzione il volto dell’amico.
«Si hanno voluto provare. Stavo giusto accompagnando A-Matt a toglierle. Gli danno fastidio. Solo che...» Harry si guardò intorno. Attorno a loro c’era la solita frenesia, le persone non sembravano minimamente prestargli attenzione.
«Fammi indovinare. Vi siete di nuovo persi? Succede anche a me in continuazione. Non capisco perché continuano a cambiare la posizione delle varie stanze.»
«Si, si. Siamo un attimo smarriti. Poi dobbiamo provare una scena difficile e siamo un pochino...»
«Ah si, la Malex!» Esclamò Dom facendo nuovamente l’occhiolino ai due ragazzi.
«Scusa?» Domandò Magnus inarcando un sopracciglio.
«Malex. Si insomma Malec più sex. Le ragazze sono esaltate per questa cosa. Non è giusto tutti shippano più voi due che la Clace! Vi odio ragazzi, siete troppo adorabili e se non la smettete di tenervi per mano potrei seriamente cominciare a shippare anche la Shumdario anche se so che siete entrambi maledettamente etero!»
Alec guardava il suo parabatai, o meglio colui che aveva le sembianze del suo parabatai, come se fosse un demone che si era appena messo a ballare il can can davanti a lui.
Non che lo sguardo di Magnus fosse meno sconvolto di quello di Alec. Le sue sopracciglia erano talmente sollevate che quasi arrivavano alla fronte e le sue labbra erano arricciate in una smorfia che raramente Alec gli aveva visto.
«Ragazzi, ma state bene?»
«S-Si. Voglio solo togliermi queste cose dagli occhi.» Mormorò Alec sbattendo più volte le palpebre per sembrare infastidito dalla presenza di qualcosa nei suoi occhi.
«Va bene, vengo con voi ragazzi. Voglio riposare un po’ prima che ricomincino le riprese anche per me.»
Finalmente qualcosa andava per il verso giusto, pensò Alec. Sentì le dita di Magnus scivolare via dalla propria mano. Guardò spaventato il suo ragazzo, ma questo annuì con il capo e Alec capì cosa gli stava dicendo. In qualsiasi mondo si trovavano, lì Alec e Magnus non esistevano e coloro di cui avevano il corpo non stavano insieme. Se non volevano destare troppi sospetti dovevano cercare di non attirare troppo l’attenzione.
Seguirono Dom che li condusse all’esterno. Se l’interno era strano, l’esterno lo era ancora di più. Era come se vivessero in una città. Una città dove le case erano degli strano furgoncini tutti allineati ordinatamente uno accanto all’altro; le macchine erano in realtà delle macchinine aperte su tutti i lati tranne il tettuccio, sembrava le strane macchinine che i mondani usavano per spostarsi sui campi da golf. Anche lì tutto era frenetico, ma in un modo strano rispetto alle strade di New York. Lì tutti si muovevano con uno scopo, sembravano piccoli robot che eseguivano ordini.
«Ok, io sono arrivato.» Dom si fermò davanti alla prima delle roulotte sulla cui porta metallica era attaccato un foglio su cui spiccava il nome Dominic Sherwood.
Magnus storse le labbra in una smorfia. Se Dom faceva schifo, Dominic era ancora peggio.
«Ci vediamo ragazzi. Cercate anche di riposare, oggi siete proprio svalvolati.» Dette quelle parole e, dopo aver poggiato la mano stesa sulla fronte imitando il saluto militare, Dominic entrò nella sua roulotte.
Appena furono di nuovo soli, Alec allungò la mano per stringere di nuovo quella di Magnus. Lo stregone sorrise a quel gesto. Amava essere l’ancora di Alec. Amava essere il salvagente a cui il cacciatore si aggrappava quando si sentiva perso in balia delle onde.
Magnus si portò alle labbra la mano di Alec e vi posò un delicato bacio sopra. Alec chiuse gli occhi al tocco. Le labbra di Magnus erano morbide e delicate come sempre, morbide come la pelle di un bambino e delicate come il petalo di una rosa.
«Forza, cerchiamo la nostra casetta.» Esclamò Magnus rafforzando la presa sulla sua mano. Non dovettero cercare a lungo. Stando a quello che lessero, un certo Matthew Daddario, viveva tre roulotte dopo quella di Dominic.
«Matthew?» Alec storse le labbra. Non aveva mai amato molto il suo intero nome di battesimo, almeno finché non lo aveva sentito pronunciato dalle morbide labbra di Magnus. Però se in un’altra realtà la sua faccia era associata ad un nome come Matthew, bhe, non si sarebbe mai più lamentato del suo nome!
«Si, è il finto te, Fiorellino. Quindi quella deve essere tua per finta.» Esclamò Magnus con un sorriso. Alec a volte lo invidiava. Invidiava la sua allegria e il suo non perdere mai l’entusiasmo nemmeno nelle situazioni più critiche.
«Ma siamo sicuri che Matthew sia il nome di questo tizio?» Chiese Alec mentre entravano nella roulotte, per lui fu una vera impresa dato che doveva restare piegato per non sbattere la testa contro il tettuccio. Magnus chiuse a chiave la porta e guardò una foto che era poggiata su un tavolino posto sulla parete destra della roulotte.
«Si, direi proprio di si.» Disse mostrandola ad Alec. La foto mostrava il ragazzo, Matthew, identico al suo Alec che stringeva tra le braccia una donna. Magnus si concentrò sugli occhi del ragazzo, quegli occhi che non erano per niente quelli del suo Alec. Solo così riusciva a non impazzire per la gelosia nel vederlo abbracciato in quel modo a quella donna.
«Magnus, che cosa è successo? Hai fatto...»
«No, io ero appena arrivato in Istituto. Stavo preparando la pozione per Clary e mi sono ritrovato in quella stanza con te… Alexander?» Magnus aveva visto la reazione di Alec cambiare poco a poco. I suoi meravigliosi occhi azzurri si erano spalancati sempre più e le sue labbra, le sue dannate labbra rosse e carnose, si erano spalancate in una perfetta ‘O’ che, in ben altre circostanze, Magnus avrebbe trovato eccitante!
«Max!»
«Lo so, Alec. Max è solo a casa...»
«No, no, Mag. Non è questo.» Alec scosse il capo. Il panico perfettamente udibile dal tono della sua voce.
«E cosa allora? Fiorellino mi stai spaventando.»
«Max. Magnus, credo sia stato Max a spedirci qui.» Lo sguardo di Magnus era, se possibile, ancora più spaventato di quello di Alec.
«Gli stavo facendo il bagnetto...» Cominciò a spiegarsi Alec mentre continuava a gesticolare con le mani tanto che Magnus dovette afferrargliele perché, in quello spazio così ristretto, rischiava di cavare un occhio ad uno dei due. «… ha iniziato a piangere...»
«Mirtillo piangeva?» Magnus odiava quando il loro piccolo piangeva. Si sarebbe volentieri cavato il cuore dal petto piuttosto che vederlo piangere anche per un solo minuto.
«...si, pensava che stessimo litigando per colpa sua e che lo avremmo abbandonato. Io lo stavo consolando, gli stavo dicendo che non era colpa sua. Che solo non vogliamo che ti imiti perché potrebbe fare del male a se stesso o agli altri. E poi… poi all’improvviso dalle sue manine sono spuntate delle fiamme gialle e anche io mi sono ritrovato in quella stanza con te.» Alec stava decisamente iperventilando. Il pensiero di Max, solo in quella vasca da bagno, lo terrorizzava. Il loro piccolo Mirtillo era tutto solo in casa, con i genitori spariti in un battito di ciglia. Sarà stato sicuramente spaventato e loro non erano con lui.
Magnus tolse le mani dal volto di Alec. Il suo volto era contratto e Alec intuì dalla piega preoccupata della sua fronte che era particolarmente grave.
«Magnus...»
«Credo che Mirtillo abbia esaudito un tuo desiderio.» Esclamò Magnus passandosi la mano sulle labbra e torturando il labbro inferiore con il pollice e l’indice. Gesto che compiva ogni volta che era pensieroso.
«Cosa?» Esclamò Alec con voce acuta e piena di panico.
«Ci ha mandati in un mondo in cui non esiste la magia. Tu volevi che io non la usassi e...» Magnus spalancò le braccia in un gesto teatrale e melodrammatico. Alec odiava quando faceva la Drama Queen in quel modo. «… ed eccoci qui. No magia, no Alec o Magnus nemmeno.»
«Che diavolo di posto è questo, Magnus? Chi sono queste persone e perché assomigliano così tanto alle persone della nostra vita ma non sono loro.»
«Io credo che siamo in un mondo senza magia. Un mondo in cui i nostri veri noi non esistono, ma esistono solo in un film. E i noi di questa dimensione, recitano e impersonano i noi della nostra realtà.» Disse Magnus cominciando a camminare in quell’angusto spazio e guardandosi attorno. Era pieno di foto di animali, quel Matt doveva amare molto gli animali, soprattutto le mucche, c’erano molte foto di quell’uomo con le mucche. Magnus sorrise, non riusciva proprio ad immaginare il suo Alexander con quegli animali. O con gli animali in generale. Alec sopportava a stento il Presidente Miao, e solo perché quel gatto stravedeva per lui, quello sporco traditore!
«Magnus, Max è da solo a casa. Sarà spaventato.» Lo stregone si volse e guardò il suo uomo. Era chiaramente terrorizzato. Le sue mani, di solito ferme e salde anche di fronte ad un Demone Superiore, tremavano visibilmente. I suoi occhi, di solito vigili e posati, erano sbarrati dal terrore. Le sue labbra tremavano. Magnus non lo aveva mai visto così sconvolto.
«Ehi, ehi… tesoro.» Lo stregone si avvicinò all’uomo e poggiò le mani a coppa sul suo volto, accarezzandone delicatamente la pelle con i pollici. Spinse il volto in avanti per congiungere le sue labbra con quelle di Alec. Sebbene fossero identiche a quelle che era solito baciare, sentiva che c’era qualcosa di diverso. Un piccolo dettaglio. Qualcosa che non riusciva ad afferrare, ma sapeva che c’era. Era come quando guardi una persona dopo pochi giorni. Sai che è invecchiata, sai che sul suo volto c’è sicuramente qualche piccolo cambiamento che indica il lento e inesorabile scorrere del tempo, ma non riesci ad afferrarlo. E’ un dettaglio troppo piccolo perché tu riesca a vederlo, ma sai che c’è.
«Alexander, se sono scomparso dall’Istituto, sicuramente il finto biondino si accorgerà della mia assenza. Correrà a casa nostra e troverà Max.»
«E poi Magnus? Poi cosa succederà? Resteremo qui per sempre?» Di nuovo le labbra di Magnus si posarono su quelle, leggermente schiuse, di Alec. Il cacciatore strinse le braccia sulle spalle dello stregone. Aveva bisogno di sentirlo vicino, aveva bisogno di sentire che almeno Magnus era reale. E Magnus si lasciò stringere. Non importava se Alec gli stesse facendo leggermente male, che lo stesse stringendo un po’ troppo. Sapeva che aveva bisogno di lui.
«Sono sicuro che contatteranno Catarina. Lei capirà cos’è successo. E sono sicuro che riuscirà a invertire l’incantesimo di Max.» Magnus continuò ad accarezzare il volto di Alec. Il suo respiro accelerato si infrangeva sulla sua pelle.
Alec guardò gli occhi di Magnus. Quegli occhi che erano solo verdi, con qualche sfumatura dorata. Niente di comparabile al loro solito colore e soprattutto alla loro particolare forma.
«Perché io ho mantenuto i miei occhi azzurri, mentre tu non hai...» Alec accarezzò la guancia di Magnus, sfiorando con le dita le piccole rughette di espressione attorno ai meravigliosi occhi dai tratti asiatici dell’uomo.
«Non ho i miei occhi da gatto? Credo sia dovuto al fatto che qui, non essendoci magia, non posso avere sangue demoniaco. Ergo non posso avere il mio marchio da stregone.» Alec annuì con il capo, non del tutto convinto. Gli mancavano gli occhi di Magnus. Quegli occhi erano forse la prima cosa di cui si era innamorato. Così belli, così particolari e così… potenti. Quegli occhi esprimevano tutto il potere di Magnus. Molti in quegli occhi vedevano solo il tratto demoniaco dello stregone, lui ci vedeva solo il grande potere. E li trovava meravigliosi. Soprattutto quando, mentre facevano l’amore, quella pupilla allungata da felino si allargava talmente tanto da inghiottire quasi tutta l’iride. Erano gli occhi di un predatore. E Alec in quei momenti si sentiva la preda di Magnus, la preda che, succube di quella potenza, vi si arrendeva lasciandosi fare ogni cosa lo stregone volesse.
«Voglio tornare a casa, Magnus.» Sussurrò Alec e c’era talmente tanto struggimento nel tono della sua voce che lo stregone dovette chiudere per un attimo gli occhi per non scoppiare a piangere.
«Ci torneremo, Alexander. Torneremo dal nostro Mirtillo. Molto prima di quanto possiamo pensare.» Magnus strinse tra le braccia il suo Alexander. Aveva sempre odiato che fosse di qualche centimetro più alto di lui. Ma in momenti come quelli, in cui anche lui aveva bisogno di sentirsi protetto, gli andava più che bene. Gli andava più che bene che Alec potesse stringerlo e circondarlo completamente con il suo corpo. Un bozzolo protettivo dove niente e nessuno poteva intaccare la sua sicurezza.

 

* * *

 

Intanto, in un loft lontano lontano…

 

Matt per un momento aveva pensato che quella fosse una nuova trovata del regista: luci d’effetto. Ma quella sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco e la sensazione delle viscere che sembravano essergli state strappate dal corpo non sembrava proprio una trovata cinematografica. Si staccò dalle labbra di Harry prima di vomitargli la colazione addosso. In realtà ciò che fece fu spingerlo letteralmente. Il ballerino, sebbene avesse dei riflessi impeccabili, si ritrovò completamente sbilanciato e, non trovando il minimo appiglio attorno a sé, si ritrovò con il sedere spalmato sul pavimento.
«Matt! Che… Ma cosa?» Harry si guardò attorno. Come diavolo c’erano finiti nel salone di Magnus Bane? O meglio nella stanza del set riservata al salone dello stregone? Era da tutt’altra parte rispetto alla stanza dove stava girando la scena Malec con Matt. Matt che… aveva decisamente l’aria di uno che volesse vomitare da un momento all’altro. Nonostante il pesante strato di trucco che gli mettevano addosso per cercare di mascherare il segno della barba si poteva vedere benissimo il colorito verdognolo che la sua pelle chiara cominciava ad assumere.
«Dove sono finiti tutti?» Disse Harry mentre si rimetteva in piedi massaggiandosi il sedere dolorante. L’asiatico si guardò intorno. Tutto sembrava uguale e al tempo stesso diverso. Tutto sembrava più vero. Le pareti ad esempio, non sembravano semplici rettangoli di cartongesso poggiati ad arte per sembrare muri. Quelli erano proprio muri. Solidi e portanti.
Mentre Harry si guardava attorno, Matt cercava di inspirare ed espirare quanta più aria potesse. Il senso di nausea cominciava a passare e quando fu di nuovo sicuro che il suo stomaco fosse sicuro, si risollevò dalla sua posizione piegata e si guardò attorno.
«Come ci siamo finiti qui?» Domandò osservando Harry che continuava a picchiettare un pugno contro una delle pareti… che sembravano davvero pareti.
«La domanda giusta è: dov’è qui?» Il ballerino fece una meravigliosa giravolta su se stesso e si diresse verso la porta d’ingresso, la pesante porta d’ingresso di mogano nero. La aprì e, come sospettava, fuori c’era effettivamente un lungo corridoio che portava ad un elegante pianerottolo con piante e tanto di vista su Brooklyn. Non certamente il set cinematografico di Toronto.
Improvvisamente sentirono il pianto di un bambino. I due attori si guardarono sconvolti.
«Da dove viene?» Chiese Harry che richiuse la porta del loft, quasi come se sperasse che quel pianto venisse dall’esterno. Non era così.
«Sembra che venga...» Matt uscì dal salone per dirigersi in un lungo corridoio. Le porte erano quasi tutte chiuse, tranne una. E da quella stanza il pianto sembrava provenire. I due uomini corsero dentro quello che apparve ai loro occhi come il bagno. Ma non fu quello a sconvolgere i due attori. Nella vasca da bagno, seduto con un visino piangente, c’era un bambino di circa tre o quattro anni. Un bambino interamente blu!
«Papà! Tei parito! Io… non volevo fare la magia. Papà.» Il piccolo agitava le sue manine verso Matt. L’attore si girò verso Harry che aveva la faccia sconvolta quanto la sua.
«Qualcuno ha cambiato il copione e non ci ha detto niente?» Domandò il ballerino sempre più confuso. Le cose erano terribilmente strane. E avrebbe pensato anche che quello che aveva addosso il bambino sulla pelle fosse trucco, peccato che fosse immerso nell’acqua e non perdesse minimamente colore. E dubitava che gli sceneggiatori avrebbero truccato quel bambino con trucchi super costosi anche solo per fare uno scherzo a loro due.
«Papà!» Il piccolo continuava ad agitare le sue braccine e a sbattere i piedini in acqua sollevandone anche parecchia. Matt si piegò e prese il bimbo in braccio che subito strinse le sue braccine attorno al suo collo. Cercando di essere discreto l’attore fece scorrere un dito sulla pelle del piccolo. Nessun trucco. Quel bambino era davvero blu! E cos’erano quelle piccole corna che gli spuntavano tra i capelli, anche quelli di un blu intenso e scuro come la notte?
Guardò Harry con sguardo confuso, e anche un pizzico spaventato.
«Cosa diavolo sta succedendo?»
«Papi! ‘Cusa non bolevo fare la magia. Ma ora sei qui. Lo puoi sistemare?» Il piccolo si stava adesso rivolgendo ad Harry. Il ballerino guardò confuso prima Matt e poi il piccolo.
«Sistemare cosa?» Chiese confuso.
«Quello.» Esclamò il bambino indicando una crepa luminosa nella parete di fronte alla vasca da bagno. Come diavolo avevano fatto a non notarla prima? Ah già… erano troppo impressionati da un piccolo bambino blu con due piccoli corni in testa.
«E quello cosa diavolo è?»

 

* * *

 

Magnus afferrò una ciocca di capelli di Alec e la spostò dalla sua fronte. Adorava guardarlo dormire. Mentre dormiva, soprattutto se dormiva accanto a lui, Alec abbassava completamente tutte le sue barriere. Si abbandonava completamente a Morfeo. Il suo volto era rilassato, nessun ruga contraeva la sua fronte o irrigidiva la morbidezza di quelle due labbra peccaminose, leggermente schiuse e che Magnus baciava di tanto in tanto, beandosi della leggera smorfia infastidita di Alec, con tanto di nasino arricciato e leggero tremore degli occhi. Magnus si perdeva persino ad ascoltare quel leggero, e adorabile, russare. Lo riteneva addirittura la musica più bella che le sue orecchie avessero mai sentito. Nel corso della sua lunghissima vita era sempre stato molto esigente con i suoi partner sessuali e un punto su cui non aveva mai ceduto, nemmeno di un millimetro, era il russare. Se russava e a letto faceva schifo, ok, la porta del suo loft la conoscevano e se non la capivano gliela mostrava lui a suon di calci nel sedere. Se russava ma a letto era una bomba, se ne poteva parlare ma mai dormire insieme. Ma con Alec… per Magnus quel leggero russare era pura musica.
Magnus sorrise e accarezzò con dolcezza la guancia di Alec. Non era stato facile riuscire a farlo addormentare. Ma Alec ne aveva bisogno. Aveva avuto un chiaro crollo nervoso. Era comprensibile. Viaggi tra dimensioni alternative, lui privo di magia, il loro piccolo stregoncino a casa da solo. Alec aveva avuto la classica reazione isterica da mamma chioccia. E Magnus sperava che un bel sonno ristoratore gli facesse tornare un po’ di lucidità.
Era talmente concentrato ad ammirare il volto di Alec che non si accorse del vociare che cominciava a provenire dall’esterno della loro roulotte che tra l’altro si era trasformata in una piccola scatoletta metallica calda e soffocante e, dato che le finestre non parevano potessero aprirsi, i due ragazzi si erano tolti almeno la maglia per evitare di soffocare.
Era stata una cosa piuttosto strana vedere il petto di Magnus e vedere che aveva un ombelico. Alec lo aveva guardato per minuti interi e si era addormentato proprio mentre ne disegnava i contorni con i polpastrelli delle proprie dita.
Dopo un po’ Magnus sentì qualcuno bussare con forza alla porta. Alec emise un verso infastidito ma, fortunatamente, non si svegliò. Dopo un secondo colpo Magnus pensò fosse il caso di andare a vedere chi fosse. Non si preoccupò di infilarsi di nuovo la maglia nera. Era abituato a mostrare il suo corpo nudo a praticamente chiunque, certe volte i suoi outfit migliori prevedevano la totale assenza o di maglie o di pantaloni in generale. Anche se quei tipi di outfit erano stati totalmente banditi da quando c’era Alec nella sua vita.
Aprì la porta e si ritrovò davanti agli occhi praticamente tutti… finta-Clary, finta-Isabelle, finta-Maia, finto-Simon, finto-Luke e persino finto-Valentine.
«Harry… che ci fai nella roulotte di Matt?» Disse Dom che guardò Magnus squadrandolo da capo a piedi. Lo stregone notò come le ragazze presenti ridacchiarono in maniera più o meno discreta.
«Oh niente. Stavamo solo entrando maggiormente nei personaggi.» Esclamò Magnus facendo un gesto di noncuranza con la mano.
«E come scopando? Perché vi ricordo che siete entrambi sposati.» A parlare era stato il finto-Simon che cercò di allungare il capo per guardare oltre la figura di Magnus. Quest’ultimo si parò davanti, cercando di coprire il più possibile la visuale, in modo che non vedessero Alec, mezzo nudo, a letto.
«Non stavamo scopando. Abbiamo provato la scena, la Malex o come cavolo l’avete chiamata.» Le ragazze guardarono Magnus con occhi letteralmente a cuoricino. Allo stregone sembravano due bambine che sono state portate per la prima volta in un negozio di bambole con un buono acquisti pressocché illimitato.
«Ma nella scena tu non dovresti toglierti la maglia.» Esclamò finto-Simon. La sua espressione era sospettosa. Magnus capì che quello lì era simile al Simon della loro dimensione. Un impiccione di prima categoria!
«Abbiamo fatto delle variazioni. Sapete, per i fans.» Disse Magnus facendo le spallucce. Gli pareva di essere tornato ai primi tempi della sua relazione con Alexander, quando dovevano inventare stupide scuse per nascondere il fatto che si frequentavano. E già allora era molto chiaro che lui fosse più bravo di Alec in quel genere di cose. Caduto sul collo! Se ci pensava ancora gli veniva da piangere. Nemmeno da ridere! Alec non poteva trovare scusa più stupida per il suo primo succhiotto!
«A me pare che ci state prendendo un tantino troppo la mano. Non è che la cosa comincia a piacervi?» Magnus lanciò una terribile occhiataccia al finto-Simon. Quel ragazzino che sembrava avere dei canini lunghi anche senza essere realmente un vampiro non poteva nemmeno immaginare quanto a loro due piacesse rotolarsi tra le lenzuola. Non poteva nemmeno immaginare come il timido, impacciato Alexander diventasse un animale da sesso una volta che lo stregone si denudava dinanzi ai suoi occhi.
«Oh, falla finita, Al! Harry, i fans sclereranno tantissimo. Che poi avete sentito cosa ha detto Cassie?» Domandò finta-Clary guardando gli altri con gli occhi che le brillavano.
«Che Alec è in genere il passivo a meno che non si mettano a praticare il bondage, allora in quel caso gli piace legare al letto il suo stregone e scoparlo in ogni posizione del kamasutra gay?» A parlare era stato finto-Jace, o Dominic come si chiamava. Magnus per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. E che cazzo? Come facevano quelli lì a sapere dettagli così intimi sulla sua vita sessuale con Alec? Perché si, era tutto vero. Ogni minima parola.
«Harry, tutto ok?» Chiese finta-Isabelle mentre Magnus si batteva una mano sul petto per cercare di riprendere fiato e sperando che la saliva che gli continuava ad inondare la bocca scegliesse questa volta la giusta direzione.
«S-si. Tutto bene.»
«Tranquillo Harry. Non ci devi veramente scopare con Matt. Dallo script le vostre mani non raggiungono nemmeno la cintura dei pantaloni.» Disse finto-Simon. Magnus fece un sorrisino forzato. Sperava che gli fosse riuscito perché si sentiva come se gli avessero cosparso dell’argilla sul volto e questa gli si fosse seccata in faccia e ogni minimo movimento aprisse nuove crepe su di essa.
«Sembra quasi che ti dispiaccia Harry.» Disse finto-Luke scatenando l’ilarità generale. Harry finse di ridere insieme a loro, dicendo qualcosa di simpatico come mi hai beccato, amico. In realtà con l’orecchio aveva sentito dei rumori provenire dall’interno della roulotte. Alec doveva essersi svegliato, ma probabilmente avrebbe continuato a fingere di dormire.
«Ma Matt?» Chiese ad un certo punto finta-Clary e, anche lei come finto-Simon, provò a guardare oltre la figura dello stregone.
«Si è addormentato.» Non aveva senso inventarsi una qualche bugia, sicuramente non ne avrebbe mai trovato una migliore della verità. I ragazzi davanti a lui comunque non sembrarono molto straniti dalla cosa, anzi.
«E’ sempre il solito. Comunque eravamo passati a dirvi che, per oggi, le riprese sono sospese. A quanto pare c’è stata un’anomalia che ha fuso la maggior parte della strumentazione. Ci vorrà un po’ per sistemarla.» Disse Dom e Magnus tirò un sospiro di sollievo. Quella, soprattutto per Alec, era una bella notizia.
«Vi va se andiamo a mangiare qualcosa di decente fuori? Ne approfittiamo di questa giornata di riposo.» Magnus guardò finto-Simon. A lui piaceva uscire, gli piaceva andare in giro, stare in mezzo alla gente, al caos. E sapeva che Alec molte volte lo accontentava pur di farlo felice. Ma quel giorno avevano entrambi bisogno di stare soli, avevano bisogno l’uno dell’altro.
«No, no! Conosco quella faccia.» Finta-Isabelle puntò minacciosamente un dito indice verso di lui, sbattendoglielo quasi in faccia, tanto che Magnus dovette inarcare il busto indietro per non vedersi cavare un occhio.
«Tu e Matt venite con noi.»
«Ma hanno messo le lentine anche a te?» A parlare era stato di nuovo finto-Simon che continuava a studiare Magnus attentamente, nemmeno fosse un ispettore di polizia in cerca di indizi su una scena di un crimine.
«Oddio è vero! Si notano meno di quelle di Matt, ma anche tu hai le lentine.» Magnus indietreggiò di un passo. Adesso sei paia di occhi erano puntati su di lui e, sebbene in genere trovasse la cosa stimolante, in quel momento lo metteva solo tanto a disagio.
«Si, oggi erano fissati con le prove. Comunque ragazzi, Matt ed io...»
«Matt e tu siete felicissimi di venire a pranzo con tutti noi. Tanto che tu adesso andrai a svegliare quel ghiro amante delle mucche e dei lama, vi cambierete e andremo tutti insieme a mangiare fuori da questo posto.» Di norma, Magnus non si era mai sentito intimorito dinanzi a Jace, anzi. Ma lo sguardo di quel Dominic, con quei due occhi dai colori così diametralmente opposti gli fece scorrere un leggero brivido di paura lungo la schiena.
«Già… era proprio quello che volevo dire.» Esclamò balbettando Magnus che sentì il leggero sbuffo provenire dall’interno della roulotte. Alec aveva sentito tutto e sicuramente lo avrebbe preso in giro finché viveva!
«Bene.» Esclamò Dominic battendo le mani. In un secondo la sua espressione era passata da serial killer a piccolo cucciolo di panda entusiasta.
«Tra mezz’ora all’ingresso allora. Ragazze, Kat soprattutto, non metteteci un’eternità. Sto morendo di fame.» Kat, che doveva essere finta-Clary, alzò gli occhi al cielo e fece ondeggiare i suoi lunghi capelli rossi con aria di finta sufficienza.
«Una donna ci impiega il tempo necessario, Dom. Nè più nè meno.» Disse facendogli poi l’occhiolino e avviandosi, insieme a finta-Isabelle, verso la loro roulotte.
«Ma non era “uno stregone non è mai in ritardo, Frodo Baggins. Arriva esattamente quando intende farlo.”» Finto-Simon parlò con una voce cavernosa, come se stesse imitando una persona anziana. Dominic scoppiò a ridere e la sua risata lasciò leggermente interdetto Magnus. Non aveva mai sentito Jace ridere.
«Bella, amico.» Esclamò questi battendo il cinque con finto-Simon. Questa poi… Jace e Simon amici? Quel mondo era davvero strano.
«Ok, muoviti Harry. Vatti a cambiare, non credo tu voglia uscire vestito alla Magnus. Quanto detto per le ragazze vale anche per te!» E il gruppetto si allontanò.
Magnus rientrò nella roulotte. Come aveva immaginato, Alec era sveglio. Nel momento in cui questi aveva chiuso la porta, mettendo tra loro e il mondo esterno quel pezzo di lamiera, Alec si era messo seduto sul letto. I capelli completamente sfatti e il segno del cuscino impresso sulla sua guancia.
«Era quello che volevi dire, eh?» Disse inarcando un sopracciglio e sorridendo beffardo a Magnus. Questi gli lanciò un’occhiataccia mentre afferrava la sua maglia e lanciava ad Alec la sua.
«Ma piantala!»

 

* * *

 

Harry e Matt continuavano a fissare quello strano squarcio, vagamente tremolante, sulla parete del bagno. Se era un effetto cinematrografico dovevano fare davvero i complimenti ai tecnici, perché era maledettamente realistico.
«Papi, lo puoi aggiutare?» Chiese di nuovo il bimbo. Matt guardò spaventato Harry. Stava per dire qualcosa quando sentirono delle grida provenire dall’ingresso.
«Alec! Alec!»
Matt sgranò gli occhi. Alec? E quella sembrava essere la voce di Dominic. Afferrando un asciugamanino con cui avvolse il corpicino del bambino in maniera piuttosto grossolana, Matt si diresse verso l’ingresso.
«Alec! Magnus è… sei qui! Magnus che cavolo hai combinato? Perché sei sparito in quel modo?» Matt si girò verso Harry. Il ragazzo sbatté le palpebre un paio di volte, chiaramente confuso. Poi, dopo qualche secondo di smarrimento, l’asiatico scoppiò a ridere. Quella risata forte, cristallina. Con il suo reale tono di voce, non quello basso e antico che aveva scelto per interpretare lo stregone.
«Ok, ragazzi. E’ stato un bellissimo scherzo. Davvero. Ci siamo cascati. Bravi, dai tirate fuori le telecamere.» Harry cominciò a battere le mani e si guardò attorno, convinto che tutto il resto della troupe sarebbe uscita allo scoperto ridendo come matti. Matt stesso rilassò i muscoli, convintosi anche lui che si trattasse tutto di uno scherzo.
Ma a quanto pareva Dominic non la pensava così.
«Vi siete drogati? Magnus per l’amor del cielo, Clary sta morendo e tu te ne stai qui a ridere?» Jace non sapeva spiegarlo. Ma lo sentiva. Poteva sentire la sua runa pizzicare. Era un pizzicore fastidioso, come una specie di prurito. Come una puntura di zanzara che sai che non puoi grattare se non vuoi scorticarti la pelle a sangue. Continui a ripeterti che la puntura non c’è, ma è lì, fastidiosa e pulsante che ti entra nel cervello. Jace non l’aveva mai sentita così. Era come… come se cercasse la sua gemella e non la trovasse. Ma era impossibile, no? Alec era proprio lì davanti a lui, no?
Harry intanto tornò serio, ma dal bagliore luminoso dei suoi occhi nocciola scuro era chiaro che pensava ancora che si trattasse di un grosso scherzo.
«Adesso aprirò un portale per l’Istituto e vengo a salvare la tua adorata Clary.» Disse Harry con la voce da Magnus. Matt aveva sempre pensato che Harry fosse un grande attore, solo i grandi erano in grado di conferire ai loro personaggi voci diverse e saperle mantenere.
Jace guardò stranito lo stregone, come se lo ritenesse pazzo o altro. Era abituato alle stranezze di Magnus, del resto cosa si poteva mai aspettare da uno che aveva dato una festa di compleanno per il suo gatto? Ma quel Magnus… era ancora più strano del solito!
«Ma si può sapere che vi prende? E che diavolo avete fatto agli occhi?» Jace indicò gli occhi di entrambi. Dov’erano finiti gli occhi azzurri di Alec? E dov’era finito il marchio da stregone di Magnus?
«Noi? Cosa hai fatto tu ai tuoi?» Esclamò Matt. Gli occhi di Dominic non solo erano dello stesso colore, ma comunque avevano una tonalità molto più dorata del solito. «Perché ti hanno messo le lentine?»
«Io? Ma di che diavolo stai parlando, Alec?»
Jace guardò il nipote che si stava sporgendo dalle braccia del padre e si allungava verso papà Magnus. Stava arricciando il suo nasino blu come se lo stesse annusando. Dopo aver compiuto quell’operazione, il piccolo storse la bocca e allontanò subito il volto dal corpo del padre.
«Tio! E’ trano...» Disse con i lacrimoni agli occhi. Improvvisamente Max non si sentiva più sicuro tra le braccia del padre e allungò le braccine per essere preso in braccio dallo zio. Cosa che non solo Matt gli fece fare con molto piacere, ma che fece con molto piacere anche Jace. La sua runa continuava a pizzicare. E anche Max aveva percepito qualcosa. Prese il nipotino tra le braccia, coprendolo con l’asciugamano in cui Alec lo aveva avvolto.
«Papi non prociuma di magia.» Disse il piccolo e dai suoi occhi cominciarono a cadere dei grossi lacrimoni.
«Max, Max piccolo non piangere. Shh… non piangere.» Jace cominciò a cullare dolcemente il nipotino, baciandogli la testolina e stringendolo maggiormente al suo corpo. Guardò i due uomini davanti ai suoi occhi. Dai loro sguardi poteva capire che erano confusi quanto lui e non sapeva se quella fosse una buona cosa o no.
«No, tio. Queti non tono i miei papà.»

 

* * *

 

Magnus e Alec uscirono dalla roulotte di quel tale di nome Harry Shum Jr.. Alla fine Magnus era passato per vedere cosa il guardaroba del suo alterego conteneva. Inutile dire che non aveva niente di interessante. Anzi, lo stregone aveva guardato con una smorfia disgustata, come se davanti ai suoi occhi ci fosse dello sterco di cavallo fresco, ciascun capo d’abbigliamento che aveva sfilato dall’armadio. Alla fine aveva optato per restare con i vestiti che aveva addosso, almeno erano suoi. Il vero problema era stato scoprire che quel tipo, quel tale Harry (Magnus riteneva che quel Jr. indicasse che l’aveva molto piccolo!) non aveva trucchi. Nemmeno l’ombra. Nemmeno un piccolo granello di polvere glitterosa. Nemmeno il residuo su qualche abito di una qualche amante o spogliarellista. Niente di niente!
Alec aveva alzato gli occhi al cielo per tutto il tempo. Certe volte si domandava se Magnus amasse i glitter più di quanto amasse lui!
Fortunatamente trovarono tutti ad attenderli proprio all’inizio della fila delle roulotte.
«Ragazzi! Ci avete messo un’eternità e non vi siete nemmeno cambiati! Ci avete messo più di Kat!» Esclamò Dom guardando i due ragazzi che si erano presentati con gli stessi identici abiti da scena. Magnus borbottò qualcosa di incomprensibile persino alle orecchie di Alec, ma il moro era sicuro che fosse qualche improperio a quel tale Harry Shum Jr..
«Dai ragazzi, andiamo che sto morendo di fame.» Finta-Isabelle prese sotto braccio Magnus e si incamminò verso un furgoncino giallo, all’apparenza tutto sgangherato.

«Sei riuscito di nuovo a fregare le chiavi del furgoncino, Al?» Finto-Luke diede una poderosa pacca sulle spalle a finto-Simon. Quest’ultimo sorrise beffardo facendo scivolare dalla sua mano un mazzo di chiavi, quasi sicuramente del furgoncino.
«Mi chiamavano ‘Arsenico’ Lupin!»
Calò il silenzio.
Tombale.
Alec non stava seguendo molto i discorsi. Si muoveva come se fosse mosso dal pilota automatico. Sebbene il pisolino pomeridiano gli avesse un po’ schiarito le idee era ancora teso e preoccupato. Non riusciva a fare a meno di pensare al suo Mirtillo, tutto solo a casa, sicuramente spaventato. Jace era già arrivato? Aveva già trovato Mirtillo? Avevano già chiamato Catarina?
Alec andò quasi a sbattere contro finto-Luke e solo allora sollevò il capo e notò che tutti, compreso Magnus, lo stavano guardando.
«Ehm, perché ci siamo fermati?» Domandò imbarazzato guardandosi attorno.
«Sei serio Matt?» Domandò finto-Simon guardando l’amico come se avesse davanti ai suoi occhi un alieno. «Ho sbagliato di proposito il nome di uno dei grandi ladri della televisione e tu non dici assolutamente niente?» Alec si guardò attorno. Avrebbe preferito affrontare centomila demoni a mani nude piuttosto che affrontare una situazione del genere.
«I-io...»
«Matt, ma sei sicuro di stare bene?» A parlare era stata finta-Isabelle e ad Alec venne quasi da piangere perché mai come in quel momento avrebbe voluto che quella fosse veramente sua sorella.
«Ma soprattutto, perché hai ancora le lentine addosso? Non avevi detto che ti davano fastidio?» Alec spostò lo sguardo verso finto-Jace. Tutti lo stavano fissando e i loro sguardi erano preoccupati. Sapeva che non aveva sicuramente una bella cera. Il panico si stava di nuovo impadronendo di lui. Il suo cervello, di solito così efficiente in battaglia, era ora completamente inutile. Per un momento gli parve di essere tornato quel bambino di cinque anni a cui era stato chiesto il significato di una runa di cui non conosceva il significato. Ricordava l’umiliazione e l’espressione di delusione con cui lo aveva guardato il padre. Ricordava la sua promessa che avrebbe fatto di tutto per evitare di risentirsi di nuovo in quel modo. Eppure adesso, dopo tanti anni, si sentiva ancora quel bambino a cui era stata posta una domanda di cui non conosceva la risposta.
«I-io...» Magnus capì subito che il suo Alexander stava di nuovo per crollare. Era vissuto in un mondo fatto di demoni. Un mondo in cui esisteva il bianco e il nero. Un mondo dove ad ogni azione corrispondeva una reazione contraria. Adesso si trovava in un mondo in cui tutto ciò per cui lui era stato addestrato non esisteva.
«Ragazzi, credo che Matt non stia molto bene. Andate voi a mangiare. Io resto con lui.» Tutti guardarono i due ragazzi con uno strano sguardo negli occhi. Era chiaro che il loro comportamento gli apparisse strano.
«Ragazzi, sul serio, si può sapere che vi prende oggi? Anche il fatto che non vi separate l’uno dall’altro. C’è qualcosa che dovete dirci? Non è che tutta questa storia della Shumdario vi sta confondendo?» Alec e Magnus guardarono finto-Simon con occhi sbarrati. Magnus aveva detto ad Alec che probabilmente quel nome strano era la fusione del cognome dei due tipi di cui avevano preso il posto. Anche in quell’universo strano e senza magia la gente era pazza da creare nomi improbabili alle ship, come nella loro Simon si ostinava a chiamarli Malec.
«Noi… ragazzi, davvero non mi sento bene.» Esclamò Alec toccandosi lo stomaco. A guardarlo effettivamente sembrava che davvero fosse così. Il suo colorito, di solito di quel pallore etereo che lo faceva apparire come un vero angelo disceso sulla terra, era ora un pallido smorto, quasi malaticcio. Gli occhi erano segnati da due profondi solchi neri che venivano maggiormente risaltati su quella pelle chiara.
«Vuoi che resto io con te, Matt?» Domandò finta-Clary ma Alec scosse il capo con vigore. I suoi rapporti con Clary erano migliorati decisamente rispetto ai primi mesi di conoscenza, ma di certo non sarebbe stata la persona da cui si sarebbe rifugiato in caso di sofferenza, figuriamoci in quello stato visto che quella non era nemmeno la vera Clary.
«Ragazzi, andate. Resto io con Matt.» Magnus poggiò una mano sulla spalla di Alec e lo spinse dolcemente a voltarsi e ad incamminarsi verso la sua roulotte. Non gli importava se si stavano comportando in modo strano per quegli Shumdario, non gli importava se al loro ritorno avrebbero dovuto dare un mucchio di spiegazioni. Problemi loro. Alec aveva bisogno di lui e non sarebbe stata certo l’eterosessualità di quei due tipi dai nomi strani ad impedirgli di stare accanto al proprio compagno.
«Magnus, dobbiamo fare qualcosa. Sto impazzendo a restarmene con le mani in mano.» Esclamò Alec nel momento in cui si furono di nuovo chiusi dentro la roulotte di Harry Shum Jr. (che per Magnus significava sempre che l’aveva piccolo!). Lo stregone sospirò. Capiva perfettamente lo stato d’animo del compagno. Alec era un soldato, un leader. Non era abituato ad aspettare che altri risolvessero la situazione per lui.
«Alexander… senza magia, non so davvero cosa potremmo mai fare.» Sospirò lo stregone spalancando le braccia in un gesto melodrammatico. Si diresse poi verso il frigo bar. Lo aprì nella speranza che quel tipo avesse almeno un aspetto positivo nella sua vita: l’alcool. Ma a quanto pareva, quel tipo era noioso in tutto e per tutto. Acqua. C’erano solo dannatissime bottigliette d’acqua. L’unica cosa che non fosse quel liquido trasparente era dello stupido succo d’arancia.
«Per Lilith! Questo tipo è fortunato ad avere almeno la mia faccia, sennò non gli avrei trovato nemmeno un pregio!» Sbuffò mentre chiudeva con forza quel dannato frigo. Aveva bisogno di un drink!
«Magnus!» Alec richiamò l’attenzione dello stregone che aveva cominciato ad aprire tutti gli sportelli del mini cucinino della roulotte che consisteva solo in un fornelletto e un piccolo lavandino. Ma se lo stregone aveva sperato di trovare una qualche bottiglia di qualcosa rimase deluso. L’unica cosa che trovò fu solo una bottiglia mezza vuota di Negroni.
«Pff! Questo tipo ha l’animo di un cinquantenne italiano!»
«Magnus!» Alec alzò la voce, usando il suo tipico tono che Magnus definiva da Shadowhunter. Quel tono duro, con una voce non eccessivamente alta, ma affilata come una lama. Lo stregone sarebbe stato anche un pessimo bugiardo se non avesse ammesso che quella voce in genere gli procurava ben più di un brivido e anche qualche fantasia decisamente poco casta!
«Che c’è, Fiorellino?»
«Magnus, se provassimo ad andare nel luogo dove siamo arrivati...»
«Alexander.» Magnus aveva svitato il tappo di quel Negroni e, dopo avergli dato una rapida annusata, aveva completamente svuotato quel che restava di quel liquido scuro e denso nel piccolo lavandino. «Qui la magia non esiste, non può aver lasciato alcuna traccia. Tornare...» Magnus stava parlando con un tono calmo e posato, il tono che di solito usava quando doveva spiegare ad Alec, o a chiunque, i concetti fondamentali della magia. Il tono che di solito irritava il suo cucciolo di Shadowhunter non poco. Alec decisamente non amava essere trattato come uno scolaretto alle prime armi… nemmeno nel sesso, Alec era dominante anche quando era passivo!
Lo sguardo infatti che adesso gli stava rivolgendo il suo caro, dolce, tenero, dispotico Alexander era fuoco. Quei due pozzi blu erano diventati improvvisamente due fornaci nucleari da cui guizzavano lingue di fuoco ceruleo. Magnus deglutì a vuoto come se avesse un’enorme mela conficcata in gola. Sentì il suo pronunciato pomo d’Adamo alzarsi ed abbassarsi e vide che anche Alexander seguì quel movimento con gli occhi. Se per un breve attimo aveva sperato che quel gesto addolcisse un po’ quello sguardo vista l’adorazione che le labbra di Alec sembravano avere per il suo pomo d’Adamo, bhe, si sbagliava di grosso. Lo Shadowhunter stese le labbra in un piccolo ghigno perfido. Maledetto! Sapeva di avere Magnus in pugno!
«Tornare sul luogo del misfatto mi sembra un’ottima idea!» Esclamò con una smorfia in volto.
«Perfetto!» Esclamò Alec. E, improvvisamente, il suo sguardo da minaccioso e terribile, si trasformò di nuovo in uno sguardo di un cucciolo felice.
Magnus odiava profondamente il suo uomo e la sua maledetta capacità di diventare bello e terribile come un Angelo vendicatore un secondo e tornare ad essere un cucciolo con le guanciotte rosse e tenere che gli facevano venire voglia di mangiarle a morsi l’attimo successivo.
Si, certe volte Magnus non capiva quanto fosse sottile il filo che separava il suo odio per quel ragazzo quando sfruttava i punti deboli di Magnus in quel modo e l’eccitazione che gli procurava ogni volta che lo faceva!

 

* * *

 

Jace continuava a cullare il nipotino tra le braccia, il quale continuava a piagnucolare che voleva i suoi papà.
«Puffetto...» Mentre pronunciava quel nomignolo, Jace attese qualche secondo. Ma da parte di Magnus, o meglio di quello che avrebbe dovuto essere Magnus, non ricevette alcuna reazione. Si, decisamente quell’uomo non era il Sommo Stregone di Brooklyn. «… che ne dici se ci mettiamo un bel pigiamino?» Disse al nipotino allontanando il suo volto quel tanto che gli bastò per guardarlo negli occhi. Il piccolo stese le labbra in un piccolo sorrisino.
«Potto usare la magia?»
«Si puffetto, ma solo un pizzico. E… non metterti il pigiamino con le anatre che ti ha regalato il tuo papi.» Disse cercando di non pensare a quanto Magnus lo odiasse visto che, ogni volta che doveva fare da babysitter al suo nipotino, Magnus glielo portava sempre vestito con abiti che, fatalità, avevano sempre delle anatre disegnate sopra.
«Ma tio, le anatre sono belle.»
«Tu assecondami, puffetto.» Max sbuffò appena. Poi, dalle sue manine cominciarono ad apparire piccole scintille dorate e pochi secondi dopo il suo corpo era coperto da un morbido pigiamino azzurro pastello con su disegnate delle piccole barchette stilizzate con delle triangolari vele rosse.
«Queto ba bene? Me lo ha regalato papà.»
«Bravo, puffetto. Sempre detto che Alec ha più buon gusto di Magnus.»
Intanto i due attori continuavano ad aprire e chiudere la bocca come se fossero dei pesci fuor d’acqua.
Se non fosse che Harry sapeva per certo che non poteva essere ubriaco dato che non beveva praticamente mai, avrebbe davvero pensato di esserlo. O forse lo avevano drogato. Perché quel bambino aveva davvero fatto della magia, della vera magia davanti ai suoi occhi.
«Ok, cerchiamo di venire a capo di questa faccenda. Cosa diavolo è successo?» Jace puntò i suoi occhi ambrati verso i due uomini. Matt vide in quel momento, in quello sguardo, quanto Dominic, per quanto si fosse impegnato tanto per interpretare Jace, non si era nemmeno lontanamente avvicinato allo sguardo da guerriero implacabile descritto da Cassandra. In quegli occhi Matt poté non solo vedere la forza, la determinazione e la caparbietà dell’uomo. Ma vide anche la cattiveria e la ferocia che quei muscoli gonfi e prestanti celavano. I veri occhi di Jace Herondale mettevano davvero i brividi.
«Allora?» Anche il tono della sua voce era completamente diverso a quello di Dominic. Era spaventosa come poteva esserlo la voce di un genitore adirato per un bambino piccolo.
«N-noi non sappiamo cosa sia successo. Eravamo sul set e stavamo girando la scena Malec...» Jace inarcò un sopracciglio mentre Matt parlava. Malec? Era quel nome assurdo che Simon aveva dato alla coppia formata da Magnus e Alec. Il nome che Clary e Isabelle avevano addirittura proposto per Max!
«Che significa che stavate girando la scena Malec?»
«Senti...» Prese la parola Harry. «… noi siamo attori. Io sono Harry Shum Jr. e interpreto Magnus nel telefilm Shadowhunter e lui è Matthew Daddario e interpreta Alec. Siamo attori. Questo...» E Harry indicò tutto attorno a sé, compreso quel bambino blu con le corna che adesso se ne stava docilmente acciambellato tra le braccia dello zio mentre si succhiava il pollice. «… nel nostro mondo non è reale. E’ tutta finzione.» Jace inarcò un sopracciglio e guardò i due uomini come se lo stessero prendendo in giro.
«Cioè, nel vostro mondo la gente si diverte a guardare film del genere? La gente muore e loro si divertono?» Matt alzò gli occhi al cielo.
«Oh, andiamo! Non dirmi che in questo mondo i film non esistono!» Jace lanciò una terribile occhiataccia all’uomo. Non aveva tutti i torti, ma un conto è parlare di film in generale, un altro è sapere che in un altro mondo le loro vite, i loro drammi erano guardati dalle ragazzine esaltate giusto per passare il tempo o per sbavare sugli addominali degli attori. Loro quella storia la vivevano. E non era bello. Non era stato bello vedere i loro amici morire, vedere Max morire. E per quelle persone, tutte quelle vite perse erano solo parte della trama.
«Mhm, probabilmente se voi siete finiti qui, i veri Magnus e Alec sono invece finiti nel vostro mondo.» Disse Jace pensieroso mentre cominciava a sfilare lo stilo dalla tasca della sua divisa di pelle nera da cacciatore. Aveva bisogno di Catarina, per Clary e per risolvere quel disastro.
«Bhe, se sono i veri Magnus e Alec non mi dispiacerebbe se girassero prima la scena che dobbiamo girare e poi tornassero qui.» Disse Harry facendo sghignazzare Matt. Oddio, lui si divertiva a girare le scene con Harry e non aveva certo nessun problema a baciarlo. Era etero ma era un attore professionista. Poi gli piaceva poter far parte di una coppia gay, non solo per l’affetto dei fans, ma anche perché era un bel messaggio da mostrare alle future generazioni. Etero, gay, asessuali… non importa chi ami, una persona è una persona e va trattata sempre con rispetto, a prescindere dalle sue preferenze e dal fatto che gli ciondoli o meno qualcosa tra le gambe!
Jace li guardò con aria interrogativa. Continuando a tenere Max su un solo braccio, scrisse su un pezzo di carta un veloce messaggio per Catarina, chiedendole di andare prima in Istituto a finire la pozione per Clary che Magnus aveva iniziato e poi di correre da lui a casa dello stregone. Dopo aver inciso la runa del fuoco su di esso, il pezzo di carta prese fuoco e si dissolse in una piccola nube di cenere e fumo, raggiungendo il suo destinatario. Compiuta quell’operazione riportò l’attenzione sui due attori che, di nuovo, fissavano lui e il suo nipotino con occhi sgranati. «Si, sai dovevamo girare la scena della prima volta di Magnus e Alec.» Tutto sommato, a Jace venne da ridere. Il ricordo di essere riuscito ad estorcere, ad un ubriaco Alec, il resoconto dettagliato della sua prima volta gli tornò alla mente.
«Oh, credetemi. Se saranno quei due a girare la scena della loro prima volta, il telefilm diventerà un vero e proprio porno!»

 

* * *

 

Magnus ed Alec si stavano dirigendo di nuovo verso quella stanza per trovare un qualche indizio o almeno una traccia della magia che li aveva condotti lì. Magnus era consapevole che non avrebbero trovato niente, ma non voleva deludere Alec. Così si lasciò trascinare in quella che, a suo parere, era una gran perdita di tempo.
Il problema era ritrovare la strada per quella stanza.
«Vorrei poter aprire un portale per raggiungere quella maledetta camera da letto.» Brontolò Magnus quando entrarono nell’ennesima stanza sbagliata. Precisamente in quella che era l’armeria dell’Istituto. Le stanze lì non erano nemmeno messe con un certo criterio, ma solo in base all’occupare il minor spazio possibile. Quindi potevi un momento trovarti nell’ampio salone del Sommo Stregone di Brooklyn e nella stanza successiva potevi trovare invece l’interno del ristorante Taki’s. Un vero e proprio guazzabuglio!
«Se tu potessi creare un portale a quest’ora saremo di nuovo a casa, Magnus!» Esclamò piccato Alec. Stava cominciando ad impazzire. Ma come diavolo facevano lì dentro le persone ad orientarsi?
Stavano quasi per disperarsi quando delle voci li riscossero.
«Matt! Alec! Oh per fortuna non siete andati via con gli altri! Abbiamo risolto, venite che almeno finiamo di girare la vostra scena.» Una donna dai fluenti capelli neri prese per mano entrambi i ragazzi e li cominciò a trascinare lungo quel dedalo di persone che si arrabattavano per fare solo ciò Raziel sapeva cosa!
«G-Girare?» Mormorò Alec terrorizzato. In quel momento la prospettiva di mangiare un hamburger con tutti quegli sconosciuti che assomigliavano ai loro amici non gli sembrava poi così terribile.
«Si ragazzi! Girare! Sapete, quella cosa per cui siete profumatamente pagati. Ora fate i bravi, fatevi truccare e tornate a girare. Kristi, Marie sono tutti vostri.» I due ragazzi vennero sbattuti di nuovo su quelle sedioline da spiaggia con le solite due donne che, armate di pennelli, si avventarono sui loro poveri visi.
«Ragazzi, ma avete ancora quelle lentine negli occhi?»
«Si e per favore, non toglietele.» Esclamò Magnus. La donna che poco prima li aveva spinti su quelle sedie della tortura, gli aveva anche passato dei fogli: i loro copioni. La scena di per sé non era difficile. Loro che scopavano in buona sostanza, o almeno i preliminari molto ma molto soft! Gli venne da sorridere nel leggere quelle parole perché la loro prima volta non poteva essere stata più diversa di così. Certo il suo Fiorellino adesso era un amante esigente, un dominatore anche nel ruolo di passivo. Ma quella prima volta, la sua prima volta, la loro prima volta, il suo Alexander era stato un cucciolo indifeso e timoroso. E per Magnus era stato bellissimo. Era stato bellissimo vedere Alexander affacciarsi ai piaceri del sesso per la prima volta. Vedere la scoperta nei suoi meravigliosi occhi azzurri, leggervi la realizzazione che non doveva vergognarsene. Perché la loro prima volta non era avvenuta in un momento in cui le cose erano così limpide come lo era per i Malec di quella dimensione. Per loro era ancora tutto così fragile, entrambi si sentivano ancora come degli equilibristi che camminavano su un filo sottile e sotto di sé il baratro assoluto. Alec non era ancora sicuro dei suoi sentimenti, era ancora così tanto terrorizzato dal rivelare alla sua famiglia non solo dell’esistenza di Magnus ma che lui fosse gay. Non c’erano stati ti amo durante la loro prima volta o risvegli romantici come a quanto pareva ci sarebbe stato per quei Malec. Tutt’altro. C’erano stati pianti al loro risveglio. Anche qualche parola di cui si erano immediatamente pentiti, nel momento esatto in cui le parole erano uscite dalle loro labbra. Ma Magnus non avrebbe cambiato assolutamente nulla della sua prima volta con Alec. Per nemmeno tutta la magia del mondo.
«Kristi, Marie, sono pronti?» La donna bionda, quella che se Alec ricordava bene doveva chiamarsi Amanda, si avvicinò al quartetto con uno sguardo arcigno stampato in volto. Ad Alec ricordava sua madre quando da piccolo gli doveva comunicare una qualche punizione che lui si era preso per proteggere Jace e Isabelle.
«Si, ma non vogliono togliersi le lentine.» La donna li guardò con sguardo minaccioso.
«Va bene. Per oggi ve la faccio passare, correggeremo noi con il computer. Ma solo per stavolta e solo perché praticamente se riusciamo a tenere ancora in piedi la baracca è solo perché i fans vi amano e pretendono questa scena. Quindi cercate di ripagarmi con una scena da orgasmo!» E fu così che le truccatrici dovettero lavorare un’altra mezz’ora sulla pelle di Alexander diventata incredibilmente rossa!

 

«Shadowhunter scena 39! Prima!»
Magnus allungò le mani verso il collo del suo Alexander e spinse il suo volto verso il proprio.
«Rilassati, Fiorellino. Non è nulla che non facciamo di solito.» Sussurrò a bassissima voce, tanto che non era sicuro che l’altro lo avesse sentito.
«Lo so ma...» Ma non fu così, anche senza rune il suo Alexander era perfetto.
«Shh...» Magnus azzerò la distanza dalle labbra del suo Fiorellino. Erano morbide, ma erano rese ancora più morbide dal burrocacao che le donne gli avevano messo. Non gli piacque molto quella sensazione. A lui le labbra di Alexander piacevano così com’erano. Anche se screpolate, anche se con piccoli taglietti, per lui erano sempre morbidissime. Non amava sentire quel vago sapore di chimico sulla sua pelle. Amava poter sentire il sapore di Alexander. Quel sapore di caffè, viste le grandi quantità che ne ingeriva il cacciatore, misto ad un altro sapore più indecifrabile, più dolce e forte al tempo stesso. Il sapore che Magnus aveva trovato solo sulle morbide labbra del suo Fiorellino.
Dietro di loro sentì un distinto Azione urlato dalla donna e Magnus sapeva che era il segnale per attraversare quella porta. Si trascinò Alec con sé, non staccando mai le labbra dalle sue o le sue mani dal suo collo.
Alec chiuse gli occhi e, per un momento, dimenticò il resto. Erano lui e Magnus. Erano solo lui e Magnus.
Lui era appena tornato da una stressante battuta di caccia. Sicuramente aveva discusso con Clary e con sua sorella perché come al solito erano state impulsive. Sicuramente aveva salvato il culo al fidanzato imbranato di Isabelle e aveva finto per tutta la serata di non sopportarlo quando invece non potrebbe pensare a persona migliore accanto alla sua sorellina. Sicuramente era tornato a casa stanco, sporco e non aveva trovato il coraggio di discutere con Magnus che aveva fatto comparire magicamente un’enorme Jacuzzi nel loro bagno.
E adesso era lì. Avevano messo il piccolo Mirtillo a letto e potevano finalmente godersi l’uno la vicinanza dell’altro.
«STOOOOP!» Alec non voleva staccarsi dalle labbra di Magnus, ma quest’ultimo lo spinse delicatamente indietro, sorridendo con dolcezza allo sguardo corrucciato del suo ragazzo.
«Ragazzi. Ho capito che volete far impazzire i fans con questi vostri baci lunghi e con veramente tanta lingua. Ma… Matt, seriamente? Stai per scopare finalmente. Stai per toglierti tutta la frustrazione sessuale che ti porti dietro da vent’anni, sei appena saltato addosso a Magnus e ora te ne stai semplicemente lì impalato a baciarlo?» Alec sbatté più volte gli occhi e Magnus poté notare quell’adorabile tonalità rossa tingere le sue guanciotte.
«Rifacciamola ragazzi. Mi vanno bene le improvvisazioni, ma cercate di attenervi al copione!» La donna, Amanda, si portò una mano alla fronte in maniera davvero melodrammatica.
Un uomo, uno della troupe, spinse di nuovo Alec e Magnus fuori dalla porta.
«Lo hai letto il copione?» Domandò Magnus accarezzando la guancia di Alec. Il ragazzo lo guardò con occhi sbarrati e scosse lievemente il capo.
«Ascolta, Fiorellino. Devi baciarmi, spingermi verso il letto, toglierti gli stivali e aiutarmi a sfilarti quest’ingombrante maglia di dosso. Nulla che non abbiamo fatto migliaia di volte.» Disse Magnus indicando la maglia di Alec. Il ragazzo sbarrò gli occhi ancora di più.
«M-ma… è un telefilm. Che cavolo di telefilm guardano i mondani? P-perché dovrei spogliarmi?»
«Alexander...» Magnus chiuse a coppa le mani sulle guance del ragazzo. Era consapevole che tutti li stavano guardando e avrebbe voluto riavere la sua magia solo per punirli per come stavano mettendo il suo adorato Fiorellino in una situazione a lui così scomoda. «… devi solo toglierti la maglia, nessuno ha mai parlato dei tuoi boxer. Non lo permetterei mai.» Magnus lanciò un’occhiata maliziosa al suo Fiorellino e si compiacque per il leggero sorriso che vide sul suo volto.
«Ragazzi siete pronti?» Domandò Amanda. Li guardava in modo strano. Matt e Harry andavano d’accordo. Avevano raggiunto una certa sintonia sul set. Lavoravano bene insieme e certo aiutava che Harry era un attore veramente bravo e riusciva a tirare fuori il meglio da chiunque. Ma quel livello d’intimità, di complicità non lo aveva mai visto prima.
Magnus lasciò scivolare le mani sulla pelle di Alec in una lunga e delicata carezza. Poi si girò verso la donna.
«Pronti.» Disse per poi tornare a baciare le labbra di Alec.
«Sembra quasi che gli piaccia.» Borbottò la regista prima di dare l’ok ai suoi operatori di procedere.
«Shadowhunter scena 39! Seconda!»
Di nuovo Magnus ed Alec continuarono a baciarsi per poi attraversare la porta. Magnus staccò una mano dal collo di Alec e schioccò le dita. Forza dell’abitudine. Di solito compiva sempre una magia alla porta per chiuderla e per rendere l’intera stanza insonorizzata. Amava sentire il suo Fiorellino in preda al piacere e non voleva che si contenesse. Ci aveva messo impegno per far capire ad Alec che non aveva bisogno di trattenersi, non con lui. E una volta che ci era riuscito, non voleva rinunciare a tutto quello per niente al mondo.
«STOOOOP!» Con un grugnito fu Alec a staccarsi dalle labbra di Magnus e guardò Amanda come avrebbe guardato il padre di Magnus in persona: con odio e disprezzo.
«Matt la devi chiudere tu la porta. Già dobbiamo cambiarvi il colore degli occhi, non fateci aggiungere altri effetti speciali. Rifacciamola.»
«Shadowhunter scena 39! Terza!»
Stavolta riuscirono ad entrare e Alec si ricordò di chiudere la porta e si stava anche togliendo uno stivale. Ovviamente rischiò di inciampare e se non fosse stato per Magnus che lo sorresse sarebbe pure caduto. Non erano abituati a fare le cose così… così velocemente. Di solito si prendevano sempre il loro tempo, Magnus era uno stregone, di nome e di fatto, e riusciva a rendere altamente passionale ed eccitante anche la sola fase di svestizione. Certo, avevano anche loro i momenti in cui la passione era alle stelle e volevano tutto e subito. Ma in quei momenti… bhe, bastava un semplice schiocco delle dita di Magnus per ritrovarsi subito entrambi completamente nudi e con addirittura il preservativo infilato.
Comunque non ricevettero nessuno stop. Quindi probabilmente quell’Alec imbranato piaceva. Come piaceva anche la risata sottile di Magnus. Perciò i due ragazzi continuarono a baciarsi. Alec tirava la maglietta di Magnus. Era chiaro che non sapesse bene come fare. Di solito era lui il primo a spogliare Magnus. Era una cosa che lo stregone aveva capito sin dalle loro prime esperienze. Sebbene lo Shadowhunter fosse perfettamente a suo agio con il suo corpo, lo metteva ancora in imbarazzo esporsi per primo. Sentiva il bisogno e la necessità di esporre prima Magnus e poi se stesso. Lo stregone glielo aveva sempre lasciato fare. Ma capiva che ora, in quella circostanza, dove doveva essere solo lui quello a trovarsi a torso nudo, Alec era profondamente a disagio. Così prese l’iniziativa e con la mano destra afferrò il bordo della maglia e cominciò a sollevarla da dietro. Per un breve momento si ritrovò a provare un pizzico di gelosia all’idea che quelle persone potessero ora vedere ciò che era suo e solo suo. Stranamente Alec fu collaborativo e aiutò lo stregone a sfilarsi la maglia restando a petto nudo. Magnus diede un rapido sguardo al petto del suo compagno. Non aveva mai amato i petti villosi e credeva che per uno Shadowhunter fosse addirittura impossibile averli. Insomma tutti li immaginano come esseri eterei e privi di imperfezioni. Ma alla fine gli Shadowhunter erano per metà umani e, in quanto umani, avevano i peli. Magnus aveva provato a farli sparire dal petto di Alec, aveva usato persino la magia ma Alec gli aveva urlato contro per giorni, privandolo addirittura del sesso per una settimana. Magnus non aveva capito bene perché il suo Alec si comportasse in quel modo finché non l’aveva vista. Una cicatrice. Non era una cicatrice causata da una runa. Era una cicatrice di una battaglia. L’aveva sentita spesso sotto i polpastrelli ma, siccome era coperta dai peli scuri, l’aveva sempre attribuita ad una runa. Ma non era così. Era una cicatrice. Una cicatrice anche molto recente. Piccola, non più lunga di cinque centimetri e sottile. Probabilmente una ferita di una qualche lama. Una cicatrice che Alec si era fatto quella notte. Quella maledetta notte che aveva lasciato Isabelle e Max da soli con Sebastian mentre lui correva a fare l’eroe per le strade di Alicante. Alec non aveva mai voluto cancellare quella cicatrice, perché cancellare avrebbe significato dimenticare. Ma non voleva nemmeno che altri la vedessero. Dopo averlo scoperto Magnus non aveva più insistito e si era fatto andare bene quel corpo anche se con un po’ di peli di troppo. Del resto, era questo che ti faceva l’amore, no? Ti faceva vedere al di là delle piccole imperfezioni.
Adesso fu il turno di Magnus che si sfilò la giacca. Alec non lo aiutò minimamente. Le sue mani continuarono ad essere ferme sulla sua maglia, i pugni stretti attorno alla stoffa sintetica, mentre le sue labbra continuarono ad unirsi a quelle dello stregone, riempiendo la stanza di piccoli schiocchi umidi. Alec si era dimenticato delle telecamere. Tutto intorno a lui era solo Magnus. Ogni senso era pieno di Magnus.
I suoi occhi vedevano solo lui, il suo sorriso e, per un momento, ad Alec parve di rivedere di nuovo un bagliore verde-dorato in quegli occhi marroni. Rivide per un momento quella pupilla allungata e stretta, simbolo del potere del suo stregone.
Le sue orecchie erano colme della risata di Magnus, della musica celestiale che gli schiocchi dei loro baci producevano.
Le sue labbra formicolavano per la pressione, morbida ma decisa, di quelle di Magnus. Il suo sapore che gli scendeva lungo la gola ogni volta che deglutiva.
L’odore di sandalo che gli inebriava i sensi. Quell’odore che lui amava a tal punto da aver cominciato ad usare anche lui quel particolare infuso al sandalo perché, ovunque si trovasse, voleva portare sulla sua pelle lo stesso odore del suo uomo.
Sentì poi Magnus che gli diede un colpetto sul piede e capì. Con un altro saltello, poco aggraziato ma per lo stregone totalmente adorabile, si sfilò l’altro stivale. E Magnus lo spinse sul letto. Un’azione che aveva compiuto così tante volte che gli venne praticamente istintiva. Intrappolò il corpo di Alec sotto il suo, le braccia stese e appoggiate ai lati delle sue spalle. Lo guardò negli occhi e vi lesse il desiderio.
Alec, totalmente perso, sollevò il bacino strusciandolo contro quello dello stregone e Magnus disse, davanti alle telecamere, qualche imprecazione che sarebbe bene non riportare per iscritto. Ma… Alec aveva una piena erezione e la stava sensualmente strusciando contro quella, nascente, dello stregone dopo aver allacciato le braccia attorno al suo collo per spingerlo verso di sé.
«STOOOOOOP!»
Alec sbarrò gli occhi e solo in quel momento si rese conto di quanto si fosse lasciato trasportare. Magnus lo guardò con dolcezza e cercò di posizionarsi in modo che la sua erezione fosse nascosta da occhi indiscreti e telecamere impiccione.
«Ragazzi… Va bene far impazzire i fans maaa… c’è qualcosa che dovete dirci?» Mentre parlava, Amanda continuava a roteare la mano destra e finì con l’indicare, con il dito indice, Alec, o meglio le parti intime di Alec!
Il cacciatore raggiunse tonalità di rosso che Magnus non credeva nemmeno esistere. Lo stregone si chiese quanto ci avrebbe messo una delle sue belle bistecche che mangiava dopo aver fatto troppo uso della magia a cucinarsi su quelle guanciotte così rosse che sembravano ardere dal fuoco dell’imbarazzo.
«I-io… i-io...» Alec si mosse imbarazzato sul letto, scivolando su quelle lenzuola di finta seta che stavano facendo venire l’ulcera allo stregone che era abituato a rotolarsi solo in lenzuola di seta purissima.
«Abbiamo lavorato tutto il pomeriggio per risultare più credibili. Abbiamo ideato un piano, sapete spogliarelliste, modelle. Mi sa che il nostro Matt si è isolato un po’ troppo in quel mondo.» Esclamò Magnus con la sua solita calma e la sua solita voce sensuale e pacata. Alec si ritrovò ad annuire concitatamente.
Amanda li guardò con un sopracciglio inarcato. C’era qualcosa di davvero strano. Le lentine. Lo strano comportamento di entrambi, come se entrambi continuassero a recitare, anche a telecamere spente.
«Ok, diamo a Matt cinque minuti per riprendersi, poi riprendiamo da quando cadono sul letto.»
Alec abbassò lo sguardo mortificato. In quel momento avrebbe voluto combattere contro un Demone Superiore piuttosto che essere lì. Guardò Magnus e in quel momento avrebbe tanto voluto prendere a schiaffi quell’adorabile faccia che amava tanto!

 

* * *

 

«Catarina, puoi riportarli indietro?» Jace era rimasto tutto il tempo dietro Catarina, lasciandole il giusto spazio per studiare quello strano varco luminoso che continuava ad ondeggiare nel bagno del loft.
Dopo aver curato Clary, la strega era corsa in casa dell’amico ed erano almeno dieci minuti che studiava quello strano varco.
«Max, tesoro, a cosa pensavi quando hai creato il varco?» Il piccolo, adesso passato tra le braccia di Isabelle, stava giocherellando con la collana che la ragazza portava al collo mentre mangiucchiava un biscotto che questa le aveva portato, fortunatamente non cucinato da lei.
«Io volevo solo che mettessero di litigare perché papi usa la magia...»
«E tu lo continui ad imitare.» Catarina si girò verso il nipotino sorridendogli con affetto. Questi gli restituì un piccolo ghigno paffuto, fatto di dentini mancanti, di briciole e di baffi di cioccolato.
«Puoi riportarli indietro e magari riportare questi due lì?» Chiese di nuovo Jace. Da quando Alec era sparito sentiva il suo legame parabatai più debole e confuso.
«Ehi! Non siamo mica dei pacchi postali.» Ribatté Matt offeso incrociando le braccia al petto e guardando male il vero Jace.
Catarina sospirò e riportò la sua attenzione verso quello strano varco. Aveva notato che la sua luce pulsava ma, man mano che il tempo passava, quella pulsazione diventava sempre più lenta. Era più che chiaro che il varco si stava chiudendo e sapeva che non avrebbe potuto riaprirne un altro, non senza sapere esattamente dove Max li avesse portati.
«Dobbiamo fare in fretta.» Esclamò la strega girandosi di nuovo verso gli altri. «Il varco si sta chiudendo e, anche se io avessi la magia necessaria ad aprirne un altro, non saprei comunque il luogo esatto in cui Max li ha spediti.»
«Bene, allora dai. Riportali indietro.» Esclamò Jace facendo un passo avanti verso la strega. Catarina lo guardò inarcando un sopracciglio. Capiva perfettamente perché Magnus trovasse il biondino irritante. Voleva sempre tutto e subito. Aveva il classico atteggiamento da Shadowhunter. Io sono un figlio dell’Angelo, io sono un Nephilim e ciò che voglio lo voglio subito.
«Non è così semplice, Jace.»
«Come sarebbe che non è così semplice?»
«Jace!» Isabelle richiamò il fratello. Era sempre così impulsivo. Ma quando si trattava di Clary o di Alec, era come se tirasse fuori il peggio di sé. La ragazza fece un passo avanti e poggiò una mano sulla spalla del fratello. Jace si volse verso la sorella, ma il suo sguardo venne catturato dagli occhioni blu del suo nipotino. Gli stessi occhi blu di Alec. Doveva mantenere la calma, non per Alec, non per Magnus. Lo doveva fare per Max.
«Catarina, cosa dobbiamo fare?» Domandò Isabelle guardando la strega negli occhi.
«Ascoltate, la magia di Max è molto forte. Dobbiamo fare in modo che lo scambio avvenga simultaneamente tra i due mondi se vogliamo che abbia successo. Posso rallentare la chiusura del varco, ma non so per quanto tempo ci riuscirò.» Gli occhi di tutti i presenti caddero su quello strano varco. Fluttuava nell’aria, una spaccatura tra due realtà che non sarebbero dovute venire a contatto.
«Come facciamo a sincronizzarci?» Domandò Isabelle. Catarina sospirò e volse di nuovo lo sguardo verso il varco.
«Purtroppo quello è un mondo senza magia da quanto ci hanno detto questi due ragazzi.» Catarina indicò Matt e Harry che annuirono con il capo. «Purtroppo c’è solo un modo. Devo mandare qualcuno lì e dobbiamo sincronizzarci con lui.»
«Vado io.» Esclamò subito Jace facendo un passo avanti. Non c’era nemmeno bisogno di chiederlo, sapevano che ci sarebbe andato Jace.
«Aspettate un attimo...» Matt, le braccia ancora incrociate al petto, sollevò un braccio e cominciò a gesticolare con una mano. Era una cosa che Harry aveva capito subito del ragazzo, gesticolava tantissimo. «… perchè loro due, e adesso Jace, possono andare in quella dimensione tranquillamente, senza preoccuparsi di ciò che noi stavamo facendo, mentre Harry ed io non possiamo fare lo stesso? Cioè, io e Harry potremmo di nuovo attraversarla e scambiarci con loro come è successo poco fa, no?» Harry annuì alle parole di Matt, avevano perfettamente senso. La strega, Catarina, guardò il ragazzo con un sorrisetto sghembo.
«A quanto pare non hai solo la faccia di Alec. Hai anche il suo cervello pragmatico.» Matt si accigliò, non capendo se lo doveva ritenere un complimento oppure no. «Il fatto è che la magia è in questo mondo, non nel vostro. Quando Magnus e Alec sono approdati nel vostro mondo avevano la magia con sé e sono riusciti a sostituirvi, stessa cosa accadrà a Jace. Ma con voi, non posso semplicemente spingervi dentro il varco. Voi non avete magia, vi perdereste in un limbo. Ecco perché devono essere i veri Alec e Magnus ad attraversare il varco. Una volta dentro Magnus riavrà i suoi poteri e sarà la sua magia a reindirizzare voi nel vostro mondo e loro nel nostro.» Matt e Harry guardarono la strega con la bocca spalancata. In tutta sincerità ci avevano capito poco o niente di tutto il discorso.
«La magia ha delle regole piuttosto complicate. Non basta semplicemente saper muovere le mani.» Disse Catarina divertita, rivolgendosi soprattutto al finto Magnus. Harry aprì la bocca, forse per dire qualcosa, ma un’occhiataccia di Matt lo fece tacere. Meglio non far arrabbiare l’unica persona che poteva consegnargli i biglietti per tornare a casa.
«Ok, diamoci una mossa.» Esclamò Jace stringendosi meglio la cintura alla vita. Sia Matt che Harry videro chiaramente delle spade angeliche penzolare alla cintura. Erano simili alle loro, ma potevano percepirne l’immenso potere anche in quel momento che erano disattivate.
«Abbiamo bisogno di un telefono.» Esclamò Catarina. Jace la guardò sbattendo le palpebre. Nonostante ormai frequentasse Clary, e Simon, da anni era ancora poco pratico di tutti quegli strani marchingegni mondani.
«Un telefono? Li dobbiamo chiamare adesso?» Domandò il biondo sarcasticamente.
«No, credo che tu voglia far partire un conto alla rovescia in modo da sincronizzarci, vero?» Esclamò Harry e al segno affermativo della strega sorrise soddisfatto. Forse non era un vero stregone, ma era un ragazzo intelligente. Sfilò dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni il cellulare che usavano sul set.
«Possiamo usare il mio e quello di Matt. Faremo partire un conto alla rovescia simultaneamente. Il mio lo consegno a Jace così saprà quando si azzera.» Matt estrasse anche lui il proprio cellulare dalla tasca della giacca nera. Si avvicinò ad Harry in modo da sapere quando il ragazzo avrebbe fatto partire il suo conto alla rovescia.
«Quanto tempo pensi che ti occorra?» Chiese l’asiatico guardando Jace. Il cacciatore stava per rispondere, sicuramente qualcosa di arrogante come mi ci vogliono pochi minuti, ma Catarina lo bloccò.
«Non sappiamo dove riuscirò a far comparire Jace. Diamogli almeno una mezz’ora.»
«Mezz’ora?» Gracchiò Jace offeso guardando male sia Catarina che i due ragazzi.
«Jace, ricordati che in quel mondo non hai magia. Niente poteri angelici, niente super forza o super agilità. Se dovrai correre, correrai come un mondano.» Jace fece una smorfia con la bocca, come se la sola idea di considerarsi un mondano lo disgustasse. E probabilmente era proprio così.
«Va bene, vada per mezz’ora.» Esclamò Jace. Matt e Harry si guardarono e annuirono con il capo. Impostarono un conto alla rovescia e, dopo che lo ebbero fatto partire nel medesimo secondo, Harry consegnò il suo telefono a Jace.
«Coraggio, sbrighiamoci.» Esclamò il biondo avvicinandosi al varco. Catarina si volse verso di esso. La sua pelle blu risplendeva di strane sfumature verdognole al riflesso dorato dello squarcio. Agitò le sue mani dal quale uscirono delle fiammelle di un azzurro chiaro, molto più chiare di quelle che solitamente uscivano dalle mani di Magnus.
«Tio...» Jace si girò nel sentire la voce del suo nipotino. Il piccolo, ancora in braccio ad Isabelle, aveva le sue manine strette attorno alla camicetta della zia. Aveva ancora i baffi di briciole e cioccolata attorno alla boccuccia blu. «Ripotami i miei papà, tio.» Nella sua voce c’era quella nota di paura che strinse il cuore di Jace. Se, anni fa, gli avessero detto che avrebbe avuto un nipotino tutto blu e che lo avrebbe amato più della sua stessa vita, si sarebbe probabilmente fatto una grossissima risata. Invece eccolo lì a sorridere a quel piccolo miracolo con le corna.
«Te lo prometto, puffetto. Ti porterò i tuoi papà sani e salvi.» Disse guardando il piccolo sorriso di Max e i suoi occhioni pieni di speranza e fiducia.
Poi, si girò verso il varco. La luce aveva preso a pulsare con maggiore insistenza. Sembrava che si stesse ingrandendo davanti a sé. Jace fece un passo avanti. Sentì una forza, misteriosa e irresistibile, che lo spinse in avanti. L’ultima cosa che vide fu il volto contratto di Catarina, poi tutto divenne luce. Una luce così abbagliante che Jace si chiese se fosse diventato cieco.

 

Quando Jace riaprì gli occhi era seduto ad un tavolo di un pub, con un’orrenda camicia blu con degli orribili fiorellini bianchi. Oddio, sembrava che avesse rovistato nell’armadio di Magnus. Si guardò attorno e vide quei volti così simili, e al tempo stesso così diversi, dei suoi amici, della sua famiglia. In mano stringeva il cellulare di finto-Magnus, Harry aveva detto di chiamarsi. Aveva ventinove minuti per trovare Alec e il vero Magnus e, dopo una rapida occhiata, notò che gli unici che mancavano lì erano proprio quei due. Perfetto. Iniziavano già male.
«Ehi, Dom! Tutto ok? Hai perso l’appetito?» A parlare era stato finto-Simon. Jace cercò di tenere lo sguardo basso. Gli era stato detto che il ragazzo di cui avrebbe preso il posto aveva una particolarità più unica che rara: i due occhi avevano colori diversi. Sapeva che non poteva nasconderlo a lungo, ma poteva ingannarli per un po’.
«Ehm… no, mi è venuto mal di stomaco. Perché non torniamo dagli altri?» Disse portandosi una mano sullo stomaco. Odiava quella sensazione. Senza le rune e senza la sua forza si sentiva impotente.
«Anche tu? Non è che tu e Matt avete mangiato qualcosa di strano?» A parlare era stato di nuovo finto-Simon. Jace ringraziò la sua connessione con il suo Parabatai, a quanto pare avevano avuto la stessa idea.
«Si, può essere. Sarà meglio che vada ragazzi.» Jace si alzò dal tavolo. Quell’hambuerger che aveva davanti in realtà era davvero invitante e lui era da poco tornato da una caccia molto pesante, ma non aveva tempo per il cibo. Doveva trovare il suo Parabatai.
«Ti accompagno, Dom. Poi torno indietro a prendere anche loro.»
«Sei sicuro Al? Devi fare avanti e indietro.» Disse finta-Isabelle e Jace sperò che si dessero una mossa perché lui aveva una corsa contro il tempo. Decise quindi di rincarare la dose. Emise un gemito agonizzante, uno di quelli potenti, di quando veniva ferito gravemente da un demone, e si piegò su se stesso, continuando a stringere entrambe le braccia sul suo stomaco.
«Ok, forse è meglio se lo riporto indietro.»
«Si, sarebbe meglio!» Gemette Jace fingendo dolore. Finto-Simon gli poggiò le mani sulle spalle e lo spinse fuori dal locale. Il biondo pensò di ritrovarsi dinanzi l’affollata New York una volta usciti, invece il paesaggio che si ritrovò davanti era si quello di una grande città, ma molto meno caotica della grande metropoli americana. Ringraziò mentalmente che gli avevano dato mezz’ora invece del poco tempo che aveva richiesto e giurò a se stesso di non raccontare mai niente ad Isabelle o Catarina! Già le poteva sentire nelle sue orecchie: sei il solito arrogante, Jace! Sei il solito sbruffone!
Jace scosse il capo come se volesse allontanare dalle sue orecchie e dalla sua testa la voce delle due donne.
«Coraggio, fortunatamente non siamo andati tanto lontani.» Disse finto-Simon mentre aiutava Jace a sedersi sul sedile del passeggero di un furgoncino e poi prendeva il posto accanto al suo mettendo rapidamente in moto. Il biondo continuò ad emettere versi agonizzanti per tutto il viaggio, tenendo il capo chinato in modo da non far vedere al ragazzo i suoi occhi.
«Diamine, Dom. Stai messo peggio di Matt. Ma scordati che io mi metto a farti l’infermierino come sta facendo Harry con Matt. Che poi… non ti sono parsi strani oggi quei due? Cioè, voglio dire...» Jace alzò gli occhi al cielo. Quel tipo era esattamente come Simon: logorroico, petulante e… anche appiccicoso! «… sono sempre andati d’accordo, insomma girano praticamente ogni scena insieme, ovvio che sia nata una certa complicità tra loro. Ma andiamo, oggi li hai visti? Harry aveva letteralmente gli occhi a cuoricino nel guardare Matt. Cioè Harry. Lo stesso Harry che è padre di una bambina da sua moglie...» Jace gemette in maniera più rumorosa solo nella speranza che l’altro la smettesse di parlare, ma ovviamente non poteva essere così fortunato, già lo era stato per il fatto che quel tipo lo stesse portando da Alec e Magnus, non poteva essere così tanto fortunato!
«Io davvero… e Matt? Tutto impacciato e che arrossisce in continuazione. Cioè, ok, devono girare la scena Malex ma, non sono sicuro che lì sia solo recitazione. Erano così strani, sembravano davvero intimi
Oh, non hai la più vaga idea di quanto sono intimi quei due! Tu non hai beccato il tuo parabatai inginocchiato davanti a Magnus con la bocca piena del suo cazzo! Ecco, fino a che punto sono intimi quei due! Pensò Jace mentre emetteva un altro gemito di dolore.
«Ecco, siamo arrivati.» Il ragazzo mostrò il pass ad un uomo posto in una piccola guardiola dinanzi ad un cancello metallico. Dopo che l’uomo ebbe guardato il pass premette un bottone e il cancello cominciò ad aprirsi. Finto-Simon parcheggiò il furgone vicino ad una fila di roulotte disposte in modo ordinato in due file.
«Ecc… ehi amico… va bene, vai a liberare il tuo intestino. Io torno a prendere gli altri.» Jace non lo stava più ascoltando. Si era letteralmente buttato fuori dal furgoncino ancora in moto. Non solo perché non ce la faceva più ad ascoltare i deliri di quel ragazzo, ma anche perché aveva visto i suoi polli.
«Ehi!»
Alec e Magnus si immobilizzarono. Avevano appena finito di girare quelle assurde scene. Alec voleva solo sotterrarsi per le continue erezioni che la vicinanza e la sensualità di Magnus gli avevano provocato e, tutto quello che voleva, era sfogare finalmente la sua frustrazione con il suo stregone. Ci mancava solo che quel biondino del suo finto parabatai tornasse a tormentarli. I due accelerarono il passo, cercando di raggiungere al più presto la roulotte di uno dei due.
«Ehi! Alec! Magnus!» Si fermarono. Alec si volse verso Magnus. Leggeva nei suoi stessi occhi la confusione che era certo si potesse leggere nei propri.
«Ragazzi!» Jace corse verso i due uomini. Per Raziel come si muovevano lentamente i mondani, possibile che quelle due gambe non potessero correre più velocemente.
Alec e Magnus si volsero lentamente. E Alec li vide. Gli occhi di Jace. Entrambi dello stesso colore. Dello stesso colore ambrato e caldo che lui associava sempre al caramello fuso. Il motivo per cui, odiava i dolci in generale, ma amava il caramello: perché gli ricordava gli occhi di Jace.
«Jace?» Domandò incerto, ma sapeva che quello era il suo Parabatai. Il biondo annuì con il capo e ad Alec tanto bastò per azzerare la distanza e abbracciare con forza suo fratello.
Magnus inarcò le sopracciglia. Odiava quando Alec abbracciava Jace. Potevano passare anche mille anni, ma sarebbe sempre stato geloso di quel maledetto legame runico che il suo Fiorellino condivideva con il biondino.
«Qualcuno ha vomitato la prima camicia che ha trovato dall’armadio.» Esclamò lo stregone con sguardo disgustato verso Jace. In realtà trovava carina quella camicia, era anche sicuro di averne una simile nel suo armadio, ma di certo non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce. E sicuramente a lui sarebbe stata diecimila volta meglio!
Alec si staccò dal corpo di Jace e guardò Magnus inarcando un sopracciglio. Avrebbe voluto arrabbiarsi con Magnus, per la sua gelosia, ma in realtà amava quando Magnus diventava geloso. Forse perché era abituato a sentirsi sempre lui costantemente geloso delle storie passate dello stregone e anche per quelle future, per quelle che sarebbero venute dopo di lui. Era piacevole vedere che però non era l’unico che si lasciava dominare da quel torbido sentimento.
«Come sei arrivato qui, Jace?» Domandò il moro tornando a guardare il suo Parabatai. Questi sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Dieci minuti. Dovevano sbrigarsi.
«Dobbiamo muoverci. Catarina mi ha fatto arrivare qui sfruttando il varco che Max ha creato in origine. Ma non abbiamo molto tempo. Dobbiamo raggiungere il corrispondente da cui siete arrivati voi e attraversarlo nell’esatto momento in cui lo attraverseranno i due tizi che sono voi in questa realtà.» Alec e Magnus videro Jace incamminarsi, ovviamente senza una meta precisa, lungo la fila di roulotte.
«Vuoi dire che, per tutto il tempo che siamo rimasti qui, i due tizi, Harry e Matt erano da voi?» Chiese Alec che si ritrovò tutto sommato curioso di sapere che aspetto aveva questo Matt. Gli assomigliava almeno un po’ caratterialmente? O la loro somiglianza era solo estetica?
«Si! Due palle al piede.» Esclamò Jace che, finalmente si rese conto di non sapere dove il portale che aveva condotto lì Alec e Magnus fosse, si fermò.
«Ah bhe, sul mio alterego ci metto la mano sul fuoco. Non ho trovato traccia di glitter o anche solo di un goccio di alcool in tutta la sua roulotte.»
«Ragazzi, dov’è il vostro portale?» Chiese Jace quasi urlando isterico. Non avevano molto tempo. Allo scadere del tempo i due ragazzi, ora diventati tre, avrebbero attraversato il portale e se loro non avessero fatto altrettanto, si sarebbero persi in un limbo e loro sarebbero rimasti per sempre bloccati in quella dimensione.
«Vieni, fortunatamente abbiamo imparato la strada.» Disse Magnus e, scavalcando il biondino, cominciò a correre verso la stanza dove fino a dieci minuti prima avevano girato le scene Malec.

 

* * *

 

Dominic continuava a guardare quella donna, interamente blu; il bambino in braccio a quella donna identica ad Emeraude, anche lui completamente blu e con due piccoli corni in crescita che gli stavano spuntando sulla testolina, pochi centimetri al di sopra dell’attaccatura della fronte.
«Dom, Dom stai bene?» Matt corse subito a sostenere l’amico che stava avendo la stessa reazione che aveva avuto lui.
«Matt?» Domandò incerto il ragazzo dagli occhi bicolore. Guardò il volto dell’amico: grandi occhi nocciola che lo guardavano preoccupati.
«C-Cos’è successo?» Dominic si alzò. La testa girò e, se non fosse stato per Matt e Harry che lo sostennero, sarebbe caduto.
«Forse è il caso che ti siedi.» Esclamò Matt spingendo Dominic verso il bordo della vasca.
«E’ una trovata dei registi, vero? Questo...» Dominic indicò con la mano quelle due strambe persone tutte blu e quello strano squarcio luminoso che continuava a pulsare davanti a loro riempiendo la stanza di strani bagliori dorati e rossi. «… è tutta finzione, vero?» Sfortunatamente per lui però i suoi due amici scossero il capo.
«No, Dom. E’ folle, sappiamo che lo è. Ci siamo passati anche noi. Ma a quanto pare siamo finiti in un’altra dimensione dove, a quanto pare, i Malec sono veri.» Dominic guardò Matt come se fosse pazzo. Ma forse il pazzo era lui, forse quella che aveva ordinato non era una normale birra come credeva.
«Ragazzi, davvero se questa è una vendetta per tutti gli scherzetti vi chiedo scusa, davvero...»
«Dom!» Matt prese tra le sue mani quelle di Dominic che continuavano a muoversi e a muoversi facendogli venire il mal di mare. «Non è uno scherzo. Ascolta, fra una mezz’oretta sarà tutto finito. Dovremo solo riattraversare il portale al momento opportuno e poi questa storia sarà finita.»
Dominic si guardò intorno. Non capiva come facessero Harry e Matt ad apparire così calmi, ma forse era dovuto al fatto che avevano già metabolizzato la cosa. Guardò i suoi amici. Erano vicini eppure distanti. Come due amici avrebbero dovuto essere. Gli scappò un sorriso.
«Sapevo che c’era qualcosa di strano in voi oggi. E sapevo che quando abbiamo beccato Harry...» A quelle parole indicò la figura del ballerino leggermente dietro Matt, le braccia incrociate al petto e lo sguardo fisso su di lui. «… mezzo nudo nella roulotte di Matt era perché stavano scopando.»
Contrariamente a come avrebbe reagito Alec, Matt scoppiò a ridere. Quel sorriso che faceva impazzire le fan, talmente tirato da creare delle adorabili fossette agli angoli della sua bocca, e gli occhi che si assottigliavano talmente tanto da apparire chiusi, con piccole rughette che increspavano la pelle attorno ad essi.
«Bhe se aveste scattato una foto degli Shumdario che scopavano… bhe, quello si che avrebbe fatto uscire di testa i fans.» Disse Matt prima di scoppiare di nuovo a ridere. E Dominic rise con lui, rimpiangendo però di non aver avuto la prontezza di fare davvero quella foto.

 

* * *

 

«Non c’è nessuno. Solo qualche tecnico qua e là.» Alec, il solito cacciatore esperto, stava ispezionando il perimetro alla ricerca di eventuali nemici che, in questo caso, non erano demoni o vampiri, ma persone con una cavolo di telecamera accesa in mano e puntata su di lui e sui suoi addominali!
«Io non vedo il varco.» Esclamò Jace guardando la stanza da letto di Magnus, così simile e al tempo stesso così diversa da quella che realmente lo stregone aveva nel suo loft a Brooklyn.
Magnus alzò gli occhi al cielo e cominciò ad aggirarsi per la stanza, le mani, con i palmi aperti, stese davanti a sé come se stesse cercando qualcosa.
«Ovvio che non lo vedi. In questo mondo non c’è magia, ergo il varco è solo un’ombra. Solo un’eco lontana della magia che invece permea nella nostra dimensione.» Magnus continuava ad aggirarsi per la stanza. Ricordava che quando lui e Alec erano comparsi in quella dimensione erano a metà strada tra il letto e la porta. Il varco doveva essere lì, doveva solo riuscire a percepirlo.
«Magnus, girando prima le scene siamo passati molte volte lì. Perché non siamo finiti dentro il varco, anche solo per sbaglio?» Contrariamente a come aveva guardato Jace, quando Magnus rispose ad Alec lo fece con il suo solito tono caldo, morbido, come se volesse accarezzare la pelle del ragazzo con il fiato che usciva dalle sue labbra. Jace sbuffò infastidito, ma dentro di sé era felice per suo fratello. Nessuno amava Alec più di Magnus e Jace era contento che, anche se non lo stava cercando, Alec aveva trovato quell’amore, quell’amore totale e devastante che era in grado di darti tutto.
«Perché non lo stavamo esattamente cercando. Come ho detto al biondino, questo varco è un’eco, un flebile ricordo. La sua magia non è forte. Devi vederlo, devi volerlo per poterlo attraversare. Mentre recitavamo eravamo troppo impegnati a succhiarci l’anima con le labbra per preoccuparci del portale.» Esclamò lo stregone facendo un occhiolino al ragazzo che, ovviamente, arrossì e abbassò rapidamente il capo, come se le sue scarpe malmesse fossero diventate improvvisamente la cosa più interessante presente in quella stanza.
«Bhe, dobbiamo muoverci. Ci resta solo un minuto.» Esclamò Jace che aveva di nuovo estratto il telefono. Continuava a fissare quei numeri che diventavano sempre inferiori di unità. L’ansia cominciava a sopraffarlo. Non dipendeva da lui e odiava quando le cose non dipendevano da lui, quando doveva dipendere da qualcun altro.
Alec fissava Magnus con un’intensità che pareva che stesse consumando, con i suoi occhi, la figura dello stregone. Quest’ultimo continuava a muoversi con la sua solita grazia per la stanza, le mani tese, pronunciando parole dal suono musicale e antico.
«Magnus, mancano venti secondi.» Lo stregone non reagì, ma Alec vedeva dal sudore che aveva cominciato a colargli sulla fronte quanto fosse teso. Il cacciatore non disse niente, ma cominciò a muovere le mani impaziente, un blando modo per cercare di sciogliere la tensione.
«Cinque secondi, Magnus.» Jace si avvicinò ad Alec. Il tempo stava per scadere.
«Tre secondi.»
Magnus si mosse alla cieca. Stava per perdere la speranza quando finalmente le sue dita vennero attraversate da una piccola scossa elettrica e, per pochi secondi, vide quella striscia sottile dorata.
«Trovato!» Magnus allungò una mano verso Alec che la strinse con forza. Si volse poi verso Jace e fece lo stesso con il suo parabatai.»
«Dobbiamo attraversalo, ora!» Urlò Jace. I tre ragazzi fecero un passo avanti con la sensazione che nulla sarebbe accaduto. Che si sarebbero semplicemente ritrovati un passo più avanti, ma sempre in quella stanza, sempre davanti a quel letto, sempre in quel mondo.
E, per un attimo, sembrò loro proprio così.
Poi ci fu un’improvvisa esplosione di luce e tutti e tre si sentirono trascinati in avanti da una forza così forte che ebbero quasi l’impressione che le loro viscere fossero rimaste alle loro spalle.
Un fortissimo fischio sembrò spaccargli i timpani delle orecchie.
Videro delle ombre, delle figure simili a loro, venire verso di loro. Si avvicinavano ad una velocità folle e sembrava che gli stessero per venire addosso. Fu proprio ciò che accadde. Quelle ombre si avvicinarono a loro fino a che non si scontrarono con loro. Ma lo scontro fu incorporeo. Fu come se quelle ombre si fossero disintegrate nel momento in cui erano entrate in contatto con i loro corpi. Non sentirono niente, solo una grande forza dentro di loro. Magnus sentì la magia scorrere di nuovo nelle sue vene, mentre i due Shadowhunter sentirono di nuovo le loro rune bruciare sulla loro pelle come se si stessero attivando.
E poi, dopo quella che gli parve un’eternità quella forza che li stava spingendo in avanti si bloccò e loro caddero a terra per inerzia.
«Papà! Papi!» Magnus, abituato a viaggiare tra i portali, fu il primo a riprendersi. Si alzò da terra e alzò lo sguardo. La prima cosa che vide fu il suo bambino, il suo Mirtillo, in braccio ad Isabelle, con le braccine stese in avanti e due grossi lacrimoni che scendevano dalle sue guance blu.
«Mirtillo.» Magnus coprì la distanza che lo separava da Isabelle con due lunghe falcate e prese il figlio dalle braccia della ragazza.
«Papi. ‘Cusa. Non bolebo usare la magia. Non bolebo.» Il piccolo cominciò a piangere disperato, nascondendo il visino tra i vestiti del padre. Sapeva che con lui non poteva permettersi di rovinare i suoi vestiti, ma aveva avuto così tanta paura di non rivedere mai più i suoi papà. E Magnus era stato troppo terrorizzato di non rivedere mai più il suo Mirtillo che dei vestiti, in quel momento, non gliene importava granché.
Lo stregone sentì il braccio del compagno avvolgergli la vita e vide la sua capigliatura scura nel suo campo visivo mentre questi si piegava per baciare la testolina del loro Mirtillo.
«Mirtillo, non piangere.» Il piccolo sollevò lo sguardo, le sue labbra tremavano di pianto e quella vista fu, per entrambi i papà, la visione più brutta della giornata, per Magnus più brutta addirittura dell’intero guardaroba di quel tale Harry Shum Jr.!
«Papà, prometto che non uso più la magia. Bata, non volio diventare uno ‘tregone.» Quelle parole pugnalarono al petto Alec. Non voleva che il suo cucciolo dicesse una cosa del genere. Non voleva che, crescendo, lui pensasse che non avesse voluto far usare la magia perché era uno stregone, un Nascosto.
«Mirtillo...» Alec prese il bambino dalle braccia di Magnus che le spostò sulla vita del compagno, stringendo la sua famiglia in un caloroso e protettivo abbraccio. «Tesoro, io non voglio che tu non usi la magia. Io voglio che tu diventi uno stregone, voglio che tu diventi lo stregone più potente e più saggio di tutti.» Il piccolo guardò con i suoi occhietti umidi di lacrime quelli del padre. Sbattè le sue palpebre e arricciò le sue labbra in un’adorabile smorfia.
«Più potente di papi?» Chiese con un tenero pigolio. Tutti i presenti nella stanza si sentirono un po’ degli estranei in quel piccolo quadretto familiare, ma erano tutti abbastanza ficcanaso per non avere la minima intenzione di andarsene.
«Si, Mirtillo. Più potente di papi e sicuramente voglio che diventi molto, ma molto più saggio di lui.» Esclamò e picchiettò con l’indice il nasino blu del figlio. Magnus emise uno sbuffo e guardò, fintamente offeso, Alec. Ma ovviamente non riuscì a mantenere uno sguardo offeso a lungo, nemmeno per finta. Stava guardando il suo Alexander che cullava nelle sue forti braccia muscolose il loro piccolo miracolo blu. Dinanzi a quella vista non poteva certamente mantenere uno sguardo offeso.
«Voglio solo che tu non ti metta ad imitare tuo padre ogni volta che lo vedi usare la magia, Max. Vedi cosa è successo oggi?»
«Io non bolebo...»
«Lo so, cucciolo. Lo so. Papi ed io lo sappiamo. Ma vedi che è pericoloso. Papi da oggi si impegnerà a non usare la magia per ogni minima cosa...» Alec guardò Magnus e lui riuscì benissimo a mantenere uno sguardo irato verso il compagno, che si limitó a sbuffare e a baciare dolcemente la guancia del suo Cacciatore che, però, non allentò il suo cipiglio corrucciato. «… però tu non devi fare magie senza che papi non te le abbia prima insegnate, d’accordo?» Alec guardò il figlio con dolcezza e il suo cuore tremò quando vide comparire la mano, piena di anelli, di Magnus ad accarezzare le piccole corna del loro piccolo scricciolo.
«Ba bene.» Disse Max allungando il visino e lasciando un bacio umido e bagnato, ma assolutamente perfetto, sulla guancia del padre.
Tutti i presenti si sciolsero a quella vista.
Il momento fu però interrotto da Jace che, completamente bianco e sudato, svenne e cadde sbattendo la testa contro il pavimento del bagno.
«Jace!» Isabelle corse verso il fratello.
«Jace! Magnus, che cos’ha? Sta bene?» Alec si girò verso Magnus che non si stava nemmeno degnando di guardare Jace, continuava ad accarezzare il visino paffuto del loro Mirtillo.
«Magnus!» Lo richiamò la voce severa di Alec. Lo stregone alzò gli occhi al cielo e si avvicinò al biondino tra le braccia di Isabelle. Catarina aveva già cominciato a curarlo in realtà. Era chiaro che Jace, il possente e potente Jace Herondale non sopportasse i viaggi intradimensionali.
«Non lo so. Di solito se ne sta disteso e immobile sul pavimento?» Esclamò Magnus riprendendo una frase che aveva detto molte volte riferito a Jace.
«Non è divertente, Magnus.» Tossì Jace quando si fu ripreso ed ebbe aperto gli occhi.
«Oh, non saprei. Per me è sempre un piacere vederti privo di sensi. Se non altro non devo ascoltare la tua petulante voce.»
Tutti i presenti alzarono gli occhi al cielo. Erano abituati ai battibecchi tra lo stregone e lo Shadowhunter.

Alec sorrise e affondò il volto nei capelli del suo bambino, inspirandone il profumo. Max alzò lo sguardo e guardò il suo papà negli occhi. Blu nel blu.
Alec aveva sentito una volta un’amica di sua madre dire che era un vero peccato che lui fosse gay, che nessuno avrebbe mai ereditato i suoi occhi blu. Invece eccolo lì il suo piccolo miracolo. Suo figlio.
Max sollevò un braccio e accarezzò con la sua piccola manina la guancia del padre. Alec si fece più vicino a quella manina così piccola e così morbida. Il piccolo sorrise e Alec sfregò la propria guancia contro quella manina.
«Devi metterti la panna in faccia papà. Pungi.» Pigolò il piccolo continuando ad accarezzare la pelle ruvida del padre.
«Dopo papà si fa la barba. Adesso vuole stringerti tra le braccia ancora un po’.» Mormorò Alec che strinse i denti su un ditino di Max che si era avvicinato alla sua bocca. Ovviamente non stava stringendo per non fare del male al suo piccolo, che scoppiò a ridere. Quel suono per Alec era tutto. Se la felicità avesse avuto un suono sarebbe stata la risata del figlio e quella di Magnus insieme.
Era a casa.
Stringeva il suo cucciolo tra le braccia.
Magnus era tornato a bisticciare con Jace.
Era tornato tutto come prima.
Ed era tutto semplicemente perfetto.

 

* * *

 

Intanto in un’altra dimensione due attori stavano guardando il risultato di quelle riprese che avevano fatto il giorno prima. Alla festa della sera precedente dovevano essersi ubriacati davvero tanto perché non ricordavano minimamente nulla di ciò che avevano fatto.
Guardarono i loro corpi, stretti gli uni agli altri. Videro la complicità dei loro sguardi, l’intimità dei loro corpi che si muovevano in perfetta sincronia. Videro l’amore che traboccava nei loro occhi. Videro le loro labbra che sembravano aver trovato il loro posto nel mondo lì sulla pelle calda dell’altra.
«Wao! Siamo stati davvero bravi, sembra davvero che stiamo per scopare.» Esclamò Matt quando vide le sue mani sfiorare il fianco di Harry e cercare di sfilare la sua maglia nera, esponendo la sua pelle ambrata alla vista della telecamera.
«Sembra? Matt hai una piena erezione nei pantaloni!» Matt e Harry sussultarono, non si erano accorti della presenza di Dominic alle loro spalle.
«C-Cosa? No! Quella non è un’erezione!» Esclamò Matt indicando con la mano il video davanti ai loro occhi. Harry seguì la mano dell’attore e guardò l’analogo Matt nei panni di Alec. Poi guardò di nuovo il Matt davanti ai suoi occhi. Effettivamente qualcosa lì in basso era veramente gonfio!
«Quella non è un’erezione?» Esclamò Dominic ridendo e indicando anche lui l’inguine di Matt nel video. «Come la chiami quella cosa così gonfia che sembra esplodere?»
«Quello...» Esclamò Matt battendo l’indice contro lo schermo del computer con talmente tanta violenza che quasi lo ribaltò. «… si chiama essere ben dotati!» Dominic e Harry inarcarono un sopracciglio praticamente in contemporanea, ma poi scoppiarono a ridere.
«Ah, mi stai dicendo che con tutta la tua statuaria altezza, tu non vai in base alla legge della 'L'?» Domandò Dominic tra le risate, suscitandone altre ad Harry.

Matt borbottò qualche parola che, alle orecchie degli altri due, sembrò un legge della proporzione e tornò a guardare il video cercando di sforzarsi di ricordare anche il minimo dettaglio, ma più si sforzava, più i dettagli gli sfuggivano sempre più.
In quella scena molti fans lessero amore e molti, erroneamente, pensarono che quell’amore fosse frutto del vero amore che legava i due attori.
Ma quell’amore era un amore più forte.
Un amore che aveva sconfitto molte barriere.
Barriere tra un mondo rigoroso e ligio alle regole come quello degli Shadowhunter e un mondo di perdizione e oscuro come quello dei Nascosti.
Barriere tra un mondo rigorosamente omofobo che pensava che un uomo per esprimere la sua virilità doveva per forza giacere a letto con una donna.
E ora anche barriere di un mondo diverso, un mondo dove tra loro non c’era amore. Ma adesso, incastrato in quella piccola pellicola, c’era un pezzetto del loro amore anche lì.
Adesso, l’amore di Magnus e Alec esisteva davvero in ogni dimensione possibile.





Quattro chiacchiere al "Drago Verde"
Salve a tutti,
eccomi qui in un nuovo fandom. Questa è la prima storia che scrivo sui Malec, perciò siate magnanimi. Non ho nemmeno finito ancora i libri, ho appena iniziato 'Città degli Angeli Caduti' ma, ehi, sono la Regina degli Spoiler, perciò fatemi causa se già so che adotteranno due bellissimi bambini e uno dei due è un piccolo stregoncino blu di cui mi sono perdutamente innamorata pur non avendo ancora letto di lui se non in qualche fanfiction.
Spero che la storia vi sia piaciuta e che l'idea non vi abbia fatto troppo schifo.
Questa quarantena ha portato qualcosa di buono. Ho scoperto i Malec e, come la mia cara beta ci ha tenuto a sottolineare, arrivo sempre alla morte dei fandom. Ma ehi, è tipo la mia maledizione. Sono arrivata praticamente alla morte del fandom Klaine e CrissColfer, alla morte degli Sterek e ora alla morte dei Malec. Ma vabbè, io mi diverto lo stesso a scrivere e spero che ci sia ancora qualcuno che voglia leggere i miei deliri e magari farmi sapere cosa ne pensa.
Ho una piccola precisazione da fare, per questa Malec e per quelle avvenire, i miei Malec saranno un misto tra i Malec dei libri e quelli del telefilm. So che il telefilm ha mooooooooolte differenze con i libri e che possono essere apprezzate o no. Ma non entriamo nella faida, dico solo che Matt e Harry sono comunque perfetti. Quindi i miei Malec saranno loro, ma avremo un Matt con gli occhi azzurri tipo quelli della sorella (maledetta, lei ha avuto la fortuna di slinguazzarsi per bene quel gran figone di Tyler Hoechlin nell’ultimo film... poro Dylan!) e un Harry con gli occhi da gatto. Ecco, spero che la cosa non vi turbi troppo.
Bene, come sempre, con ogni inizio di nuova avvenura, sono molto nervosa e spero di aver caratterizzato al meglio anche questi nuovi personaggi. *incrocio le dita ma, nel dubbio, vado in giro con un ombrello aperto per evitare i pomodori marci*
ahahhaha
ok, la smetto di rompere, ma mi conoscerete, sono pazza.
Spero di risentirvi alla prossima Malec ;)
A presto new fandom

Pagina d'autore: AmonAmarth - EFP
Profilo Twitter: AmonAmarth08

 



 
   
 
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