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Autore: chemist    10/06/2020    0 recensioni
"Hai aspettato".
"Certo che si".
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maeve Wiley, Otis Milburn
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
In orario è tardi


Maeve Wiley stava sistematicamente sfogliando le pagine di un libro e distrattamente ascoltando le domande di un quiz televisivo, e fin qui non ci sarebbe nulla di strano…se solo non lo stesse facendo nella sala d’attesa di una clinica per aborti.
Sapeva che gli incontri occasionali con Jackson Marchetti avrebbero potuto portarla a quello. Lo sapeva, cazzo. Ma se n’era fregata e aveva lo stesso fatto sesso con lui senza prestare la giusta attenzione alle precauzioni.
Si odiava per essere stata così imprudente…e per molte altre cose.
Quel flusso di coscienza fu interrotto dalla percezione di una voce limpida ma balbettante in lontananza. Una voce che lei conosceva bene.
“S-salve, io, ehm…sto cercando…”.
Il ragazzo appena entrato si guardò intorno, e quando si voltò nella sua direzione poté finalmente vederne il viso.
Non che ce ne fosse bisogno. Era ovvio che fosse Otis.
“Maeve!” esclamò quest’ultimo notando la ragazza che gli andava incontro a rapidi passi. “C-ciao, ehm…non mi avevi detto se entrare o aspettarti fuori, q-quindi…”.
“Che ci fai qui, Otis?” lo troncò lei, visibilmente infastidita.
“Beh, potrei farti la stessa domanda…perché siamo in una clinica per aborti?” domandò Otis, riuscendo finalmente a parlare con un tono più basso e controllato.
L’espressione di Maeve, invece, era eloquente e non ammetteva repliche.
“Oh…io non…non immaginavo che…”.
“Ti avevo detto di venire alle sei e mezza, Otis. Te lo chiedo un’altra volta: perché sei già qui?”.
“Beh…i-in orario è tardi, no?” se ne uscì il ragazzo, con una citazione che aveva sentito più volte da suo padre ma che fallì nell’intento di smorzare la rabbia dell’amica.
“Che cazzo dovrebbe significare? E perché quel vestito?” inveì Maeve, focalizzando solo in quel momento l’attenzione sui suoi abiti insolitamente eleganti: giacca e pantaloni marroni, camicia grigia e persino una cravatta.
“È…è casual…” improvvisò Otis, citando stavolta il suo migliore amico Eric.
Maeve raggiunse il limite: “vattene, Otis. Fa’ come se non t’avessi chiesto niente”.
Quindi se ne tornò al suo posto, mentre al povero ragazzo non restò che uscire dall’edificio, dannandosi il cervello per capire dove avesse sbagliato.
 
 
Quando riaprì gli occhi, la testa le doleva atrocemente e si sentiva ancora stordita per l’anestesia ma provò anche un gran sollievo: prima dell’intervento, anche se non voleva ammetterlo, aveva avuto una paura lancinante che qualcosa potesse andare storto…invece tutto era filato per il verso giusto.
Più tardi si avviò verso il bancone, riflettendo già sull’assurda scusa che avrebbe dovuto inventare affinché la donna che vi lavorava le permettesse di andar via da sola.
“Salve, ehm…”.
Neanche fece in tempo a formulare una frase che si sentì chiamare da qualcuno: “Maeve! Eccoti!”.
Sussultò e si girò di scatto, scoprendo che si trattava nuovamente di Otis. Questa volta, però, la sua reazione fu ben diversa.
Era incredula. Lo aveva fatto venire, senza preavviso, in un luogo in cui non era mai stato prima e in cui certamente avrebbe preferito non venire mai. Lo aveva trattato di merda davanti a tutte le altre donne lì presenti. Erano trascorse probabilmente delle ore in cui forse non aveva avuto alcuna notizia di lei. Eppure…
“Hai aspettato”.
“Certo che si”.
 
 
Dopo le raccomandazioni di rito, finalmente la lasciarono libera. Otis accettò di buon grado di accompagnarla fino a casa, e lei fu segretamente felice di avere qualcuno accanto in quel momento difficile.
Lungo il tragitto, ne approfittarono per chiacchierare e conoscersi meglio.
“Come stai?” chiese Otis per rompere il ghiaccio.
“Sono stata meglio…ma va bene così”.
“Oh, quasi dimenticavo” aggiunse il ragazzo, porgendole solo in quel momento il sandwich confezionato che aveva in una mano, mentre nell’altra stringeva un mazzo di rose. “Mentre aspettavo ti ho preso questo nel minimarket affianco alla clinica. Magari hai fame…”.
Maeve accettò volentieri: in effetti sentiva un certo languore allo stomaco. “Grazie” disse allora, masticandone un pezzo.
“Figurati, ma…perché hai chiesto a me di venire alla clinica? Non avevi nessuno disposto ad accompagnarti?” azzardò Otis.
“No, nessuno” tagliò corto Maeve. Poi, notando che l’amico ancora la fissava in cerca di dettagli, spiegò: “non ho nessuno della mia famiglia qui. Mia madre è una drogata: ha provato molte volte ad uscire dal giro, ma non ce l’ha mai fatta. Non la vedo da un bel po' di tempo, e lo stesso vale per mio padre. Ho anche un fratello di nome Sean, ed è un tipo simpatico, davvero…ma anche lui ha questa tendenza a scomparire, di tanto in tanto”.
“Capisco. Non sapevo…”.
“Non dire che ti dispiace”, lo ammonì lei. “Riesco a cavarmela anche da sola, non ho bisogno di loro”.
“Certo, va bene” si ritirò Otis.
Infine arrivarono a destinazione: un parco pieno di camper, uno dei quali era proprio la ‘casa’ di Maeve.
“Bene, sono arrivata” annunciò, tenendo lo sguardo basso per l’imbarazzo.
Otis però sembrò non dare molto peso alle condizioni in cui la sua amica viveva, anzi si comportò in maniera ancor più educata: “vuoi che ti accompagni dentro? Sai, potresti avere un’emorragia o cose simili…”.
“No, non è necessario” lo tranquillizzò Maeve, che poi iniziò a grattarsi la nuca come se avesse qualcosa da dire ma che non riusciva a tirar fuori. “Otis, ehm…volevo solo ringraziarti per la pazienza che hai avuto nell’aspettarmi e nell’accompagnarmi a, ehm…a casa. Sei stato gentilissimo, motivo per cui vorrei anche scusarmi con te per ciò che ti ho detto alla clinica. Sono stata molto scortese”.
Otis si rese conto di quanto fosse a disagio nell’ammettere quelle cose, dunque rispose: “non c’è problema. L’importante è che tu stia bene”.
La ragazza si sciolse definitivamente, andando ad avvolgerlo in un sincero abbraccio che lui ricambiò all’istante.
A quel punto, c’era solo un particolare che ancora la incuriosiva: l’altro oggetto nelle mani del ragazzo.
“Il sandwich era per me…e questi fiori invece?”.
“Ah, beh…a dire il vero anche quelli sono per te” balbettò Otis, preso alla sprovvista. “Forse però sono un po' fuori luogo adesso…”.
“No, tutt’altro. Mi piacciono molto” disse invece Maeve, ricevendo il mazzo. “Niente è meglio di un bel bouquet per dire ‘buon aborto’”, ridacchiò, e lo stesso fece anche Otis.
“Oh, e mi piace anche il vestito. Ma posso sapere che bisogno c’era di mettersi in giacca e cravatta per andare in una clinica per aborti?”.
Le guance di Otis andarono a fuoco: “i-io, ecco…n-non sapevo che fosse una c-clinica per aborti…”.
Maeve alzò un sopracciglio: “e cosa pensavi che fosse?”.
Otis stava andando nel panico: “non lo so, ma…ho dato un’occhiata su Internet e ho letto che…che c’era anche un ristorante di sushi, così…”.
Maeve strinse le labbra in un piccolo sorriso: “aspetta…pensavi che fosse un appuntamento?”.
“N-no! No, io…non dire sciocchezze…”.
“Otis, non c’è nessun problema” chiosò la ragazza. “Anzi, per farmi perdonare il brutto pomeriggio che ti ho fatto trascorrere, uno di questi giorni potremmo davvero andare a cena insieme. Che ne dici?”.
L’altro sembrava paralizzato. “Co…come, scusa?”.
“Buona serata, Otis” lo salutò Maeve, sfilandosi la chiave di casa dalla tasca. “Ti scrivo se muoio!”.
Solo quando la porta si richiuse Otis si allontanò.
Terrò il telefono spento, pensò fra sé e sé.



Nota dell’autore: ringrazio chiunque abbia letto fino a questo punto; la storia (ovviamente ve ne sarete accorti) inizia dalla 1x03, che infondo è l’episodio che ha cambiato completamente la percezione che avevo di Sex Education: una serie che tratta argomenti tanto importanti e delicati in modo così leggero e divertente, senza per questo snaturarli, non posso che ritenerla geniale. Per quanto riguarda i personaggi, ho voluto introdurre una Maeve più disinvolta fin dagli albori del suo rapporto con Otis. Chiudo ricordandovi che, per un autore, ogni commento o recensione è roba preziosa. Alla prossima! ✌️
   
 
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