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Autore: Sheep01    11/06/2020    2 recensioni
[IT, Principalmente Movieverse, possibili accenni a Doctor Sleep]
Ogni giorno gli sembrava andasse un po' meglio, fino a quando non si trovava di nuovo a pensare a cosa avrebbe potuto fare per impedire quell'orribile, definitivo epilogo.
Se solo quel drammatico giorno avesse interpretato in modo fulmineo quello che le luci gli avevano suggerito. Quello che aveva visto, attraverso l'infinito mistero dei Pozzi Neri. Ma Eddie lo aveva strappato al suo tragico destino troppo presto, troppo rapidamente perché potesse assorbire appieno quello che la sua coscienza sul futuro gli stava rivelando.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4

 

1989

 

Era un pomeriggio autunnale. I barren erano assolati e mantenevano residui di quell'estate che si era portata via l'infanzia di molti ragazzini a Derry, quell'anno.

Ma l'orrore era terminato e quel posto non faceva più così paura, non a tutti almeno. Ad altri non ne aveva mai fatta veramente.

Eddie si era fatto strada attraverso stradine che solo alcuni di loro conoscevano nel fitto di quelle sterpaglie e, una volta raggiunta la radura dove si era ritrovato per mesi con i suoi amici, trovò Richie inginocchiato sulla riva del fiume. Quel fiume dalle acque sporche che vomitavano il putridume delle fogne cittadine.

«Che stai facendo?» Lo richiamò.

Lo vide trasalire debolmente, prima di barcollare per rimettersi in piedi, drizzare la testa e assumere quella sua postura spavalda.

«Mi faccio bello per tua madre!»

Eddie rilasciò il fiato, scuotendo la testa in segno di esasperazione. Un rituale piuttosto collaudato ormai.

Quando si avvicinò però si rese immediatamente conto che qualcosa non andava proprio. La mano che Richie stava cercando di nascondere era arrossata sulle nocche, e tutt'intorno c'erano tracce di quello che sembrava il patetico tentativo di una fasciatura improvvisata.

«Oddio ma che hai fatto?» gli fu subito accanto, osservando quello sfacelo con sincera preoccupazione.

«Niente che un po' d'acqua non possa lavare via.»

Eddie inorridì al pensiero: «Dimmi che non ti sei lavato la ferita in questa acque schifose!»

«Non è una ferita, è solo un graffio.»

«E poi come diavolo te la sei fasciata? Ma cos'è?» lo raggiunse in pochi passi incerti, sui sassi della riva. Raccolse la sua mano con una certa urgenza, in un gesto piuttosto brusco, vagamente autoritario.

Richie cercò di sottrarsi ma Eddie possedeva una rara forza, quando era determinato a farsi valere.

«Carta igienica?», alzò su di lui uno sguardo quasi indignato. «Hai cercato di fasciarti con la carta igienica?»

«Non c'era altro nel bagno dei ragazzi a scuola, che vuoi? Sarebbe stato strano andare in quello delle ragazze e chiedere in prestito un assorbente.»

«Fai schifo, Richie. Avresti dovuto andare in infermeria. Guarda qui...» non toccò la ferita ma si rese conto che in alcuni punti sembrava profonda, sebbene avesse smesso di sanguinare da un pezzo. La carta igienica però aveva aderito sulla pelle a creare una patina affatto igienica.

«E confessare di aver distrutto lo specchio del bagno dei ragazzi con un pugno? No, grazie.»

«Perché cavolo hai distrutto lo specchio del... oh, lascia perdere, prima sistemiamo questo schifo.» Gli lasciò andare brevemente la mano e aprì quel marsupio che si portava sempre appresso, da qualche anno a quella parte.

«Pensavo te ne fossi sbarazzato, Eds...» commentò Richie, perplesso.

«Non chiamarmi così», puntualizzò prima di tutto, poi avvertì su di sé il suo sguardo sentendosene immediatamente giudicato «Sì, bé, sono tornato a prenderlo. È comodo, che vuoi? Posso metterci un sacco di cose qui dentro...» per darne dimostrazione, estrasse dalla tasca un sacchetto con delle salviette umide.

Recuperò di nuovo la sua mano, senza che Richie avesse chiesto alcuna collaborazione. Senza che, di contro, sollevasse alcuna protesta a riguardo. Dopotutto non era anche quello un rituale collaudato? Come concedere a Eddie di pulire le lenti dei suoi occhiali o di passargli un fazzoletto di carta ogni volta che ne aveva bisogno.

Eddie cercò di essere il più delicato possibile: prima sbarazzandosi della carta igienica disintegrata e poi a ripulire il sangue rappreso attorno alle piccole ferite sulle nocche.

«Perché hai tirato un pugno allo specchio del bagno dei ragazzi?» gli chiese, assorto nel suo lavoro, senza aver affatto dimenticato il punto focale della questione.

Richie poteva imbarcarsi nelle sfide più assurde e spericolate, se stimolato a sufficienza. Non si sarebbe sorpreso di scoprire che qualcuno lo avesse sfidato a farlo e lui non ci avesse messo che un istante a cimentarsi nell'impresa. Il più delle volte finiva in modo disastroso.

«Perché il ragazzo dall'altra parte mi ha provocato», rispose Richie distrattamente, più di quanto si sarebbe atteso. Perché Richie era solito stemperare qualsiasi situazione con battute sferzanti.

«Dall'altra parte di cosa?»

«Dello specchio...», rispose infine e fu solo allora che Eddie rialzò lo sguardo, un po' confuso. A scrutare Richie negli occhi, nascosti dietro le lenti di quei suoi enormi occhiali. Rimasero a fissarsi per qualche istante, la mano di Eddie ancora stretta attorno alla sua, il calore: tiepido e confortevole. Per un momento passò qualcosa di strano negli occhi di Richie e ancora più strano fu quello che capitò allo stomaco di Eddie. Un attimo sospeso che sembrava presagire qualcosa di inaspettato. Un languore che avrebbe richiesto più tempo per essere identificato.

Poi Eddie sembrò ridestarsi dal torpore, perché le labbra di Richie si erano piegate in un mezzo, sardonico sorriso e il gesto indispettito che ne seguì, disintegrò l'attimo così come si era creato.

«Questa è la peggior battuta che tua abbia mai fatto, Boccaccia!», tornò ferocemente sulla sua mano, dimenticando la delicatezza di qualche istante prima, improvvisamente consapevole di quel contatto e ben deciso a sbarazzarsene rapidamente.

«Ahia! Mi fai male. Eddie, sei un bruto! E se fosse stata la mia prima volta?»

«Vai a cagare!» gli rispose, lasciandolo andare una volta per tutte.

«Brucia.»

«Bene. Te lo meriti per essere un completo deficiente», disse, guardandolo osservarsi la mano, sorpreso del risultato. Il senso di colpa dietro l'angolo, «un po' di bruciore è meglio di un'infezione per esserti lavato le mani nei liquami fetidi degli scarichi di Derry.»

«Non sono così fetidi.»

«Abbastanza da prenderci l'epatite.»

«Grazie Dottor Kappa. Le sue consulenze sono sempre così estremamente rassicuranti.»

«Se servono a metterti un po' di sale in zucca allora ben venga il terrorismo.»

Come mai Richie Tozier avesse preso a pugni uno specchio della scuola nel bagno dei ragazzi, Eddie non ebbe modo di scoprirlo mai.

Ma la sensazione di completo smarrimento, nella consapevolezza di star tenendo stretta la sua mano, se la portò appresso a lungo.

 

-

 

2016

 

Attraverso il vetro di quella porta, però, Eddie non riusciva a sentirlo il calore della sua mano.

Richie era appena oltre quel fragile strato di cristallo e non riusciva a sentire il calore della sua mano.

Richie.

Come aveva potuto dimenticare Richie? Come aveva potuto dimenticare Derry, Pennywise, i Perdenti? Che strano scherzo aveva voluto giocargli la sua stessa mente? O era colpa della tartaruga? Ma la tartaruga lo aveva salvato. Lo aveva aiutato ad uscire da quel posto oscuro oltre il tunnel. Non poteva essere colpa della tartaruga.

L'ondata di ricordi lo aveva investito nell'esatto istante in cui aveva guardato Richie negli occhi. Nel momento in cui, finalmente, qualcosa di concreto era riuscito a stuzzicare gli ingranaggi della sua memoria inceppata.

«Io sto uscendo di cervello...» mormorò a se stesso, più che al riflesso dall'altra parte. Lo sguardo fisso alla propria mano che aderiva alla superficie del vetro, che combaciava con quella del suo migliore amico. Ricordava che significava tenere Richie per mano. E quello non ci si avvicinava nemmeno per sbaglio.

«Eddie. Eddie guardami...» rialzò lo sguardo solo per ritrovare quello dell'uomo dall'altra parte, l'immagine un po' confusa ma abbastanza chiara da potergli riconoscere una malsana afflizione «non stai uscendo di cervello.»

«E come lo sai?» disse facendo per allontanare la mano, ma Richie batté sulla superficie in modo abbastanza convincente dal persuaderlo a lasciarcela. Come se servisse poi a qualcosa: continuava a non sentire niente.

«Perché altrimenti significherebbe che sto uscendo di testa anche io.»

Restò ad osservarlo per qualche istante, di nuovo, alla ricerca di un indizio che ciò che stava dicendo fosse vero, che fosse tutto reale e non una stupida proiezione della sua mente, dei suoi desideri.

«Ma quella non sarebbe una novità», gli uscì, prima che potesse frenarlo, prima che potesse realmente pensare a un modo efficace per rassicurare Richie e se stesso che tutto poteva, in qualche modo, essere sotto controllo.

Lo vide sgranare gli occhi e quella sua espressione preoccupata rilassarsi in modo del tutto comico.

«Cristo santo, se avevo dei dubbi che fossi proprio tu Spaghetti, adesso ne ho l'assoluta certezza.»

«Scusami, non so perché l'ho detto», sentì il bisogno di specificare.

«Non ci provare nemmeno a scusarti, Eds, sai esattamente perché lo hai detto.»

«Sì, forse so perché l'ho detto. Ma tu non chiamarmi Eds... lo sai che...»

«Lo odi. Sì, cazzo, lo so che lo odi!» sbuffò una risata sorpresa.

Sì, Richie sembrava sorpreso. Forse un filo troppo entusiasta per uno stupido scambio di battute che non era che una consuetudine. Che Eddie ricordava essere una stupida consuetudine, anche dopo ventisette anni.

«Che... cazzo sta succedendo?» domandò all'improvviso, consapevole, adesso più che mai, dell'assurda situazione in cui si era infilato. Troppe domande a cui non vedeva l'ora di dare finalmente una risposa.

«Speravo potessi dirmelo tu...»

«Una pretesa per uno che fino a cinque minuti fa nemmeno ricordava chi diavolo fossi...»

«Questo sì che è un colpo basso... un po' più in basso di così e avrei avuto un futuro nel coro delle voci bianche.»

«Beep beep...»

Lo guardò sorridere, di nuovo. Cominciava a diventare un po' surreale.

«Dove ti trovi adesso, Eddie? Riesci a raccontarmelo?»

Eddie si guardò attorno, spingendo le dita su quel vetro nel patetico tentativo di cancellare il freddo del vetro che li separava.

«Che significa dove mi trovo? Sono a... Derry», lo guardò, «sono a Derry, sì. Alla biblioteca.»

«Questo non ha alcun senso, cazzo, non ce l'ha...»

«Che vuoi dire?»

«Che sono nello stesso identico posto. Alla porta della biblioteca di Derry. Eppure... non sono lì. E tu non sei qui...»

«Credevo ve ne foste andati. Che mi aveste abbandonato...» si ritrovò a confessare, una paura alla quale ancora non aveva avuto modo di dar voce. Nel momento in cui aveva ricordato, si era chiesto come mai nessuno ancora avesse messo in giro le voci della sua scomparsa. Su Derry sembrava vigere un clima di omertà a riguardo.

«No, Eddie, non... non ti avremmo mai... Cristo Santo. Ricordi cosa è successo?»

«Successo, quando?», si portò la mano libera alla fronte, un principio di mal di testa, forse dovuto al digiuno forzato per troppe ore. Forse alla stanchezza.

«D'accordo, ascoltami Eddie. Guardami un momento», la sua voce insistente, urgente, come se non avessero tutto il tempo del mondo a disposizione, «Raccontami quello che ricordi. Quello che ti è successo nelle ultime ore. Negli ultimi giorni. Più dettagli mi dai, più facile sarà capire come aiutarti.»

Lo guardò negli occhi, di nuovo. E nonostante non potesse ancora percepire il calore della sua mano, gli credette con ogni fibra del suo essere.

Così cominciò a raccontare.

 

*

 

Richie aveva capito solo una cosa, durante il lungo, doloroso monologo di Eddie. Che l'uomo non ricordava nulla dell'affatto trascurabile dettaglio di essere morto. Ricordava Richie, intrappolato nelle luci, ricordava qualcosa di nebuloso riguardante un crollo ma poi il nulla. Il nulla fino alla sua pseudo fuga attraverso un tunnel, guidato da una tartaruga, e gli inquietanti dettagli della sua resurrezione, in una Derry che non sembrava affatto il luogo in cui erano cresciuti.

Cosa significasse, Richie non ne aveva la minima idea. Ma il pensiero che l'aldilà o qualsiasi altro posto in cui Eddie si trovasse assomigliasse a Derry, lo percepiva più come una minaccia d'inferno che la promessa del paradiso.

«Ora voglio sapere cosa sai tu, Richie...»

La domanda arrivò inaspettata, durante le elucubrazioni senza uscita in cui si era infilato. Per tutto il tempo in cui Eddie aveva parlato, non aveva mai scostato la mano. Il vetro ora era caldo, sotto al suo tocco, ma sentì, impellente, il desiderio di interrompere il contatto. Non perché non desiderasse più parlare con Eddie, vedere Eddie, percepire Eddie, ma perché non era certo di essere pronto a raccontargli la sua versione dei fatti. Lo avrebbe distrutto. E vedere Eddie, sconvolto da una realtà che avrebbe turbato chiunque, anche il più insensibile figlio di puttana sulla Terra, era l'ultima cosa che desiderava.

«So che sono a Derry, ma questa è decisamente la nostra Derry. Il posto più malsano dell'universo.»

«Sì, c'è sempre stato qualcosa di malato in questa città, non è così, Rich? Non mi sorprenderei se questo fosse uno degli ultimi scherzi che ci sta giocando.»

Qualcosa di malato.

Qualcosa di demoniaco, sì. Il fatto che Pennywise avesse piantato le sue radici in quelle che sarebbero state le fondamenta della città, doveva essere un dettaglio affatto trascurabile. Eppure... non ci aveva ancora pensato.

«Ma Pennywise è morto, giusto?», lo sentì incalzare. Non avrebbe dovuto sorprendersi se Eddie avesse continuato su quella scia di pensieri. Non gli stava dando alcuna spiegazione.

Annuì distrattamente, serrando appena le labbra.

«Pennywise è morto, sì. Lo abbiamo ucciso. Ci siamo riusciti.»

Non glielo aveva già detto? Non era già corso da lui, con la vittoria in pugno, per metterlo al corrente di aver finalmente sconfitto quella stronza? Ma qualsiasi cosa avesse avuto da dire in quel momento, Eddie non aveva avuto orecchie per poterlo ascoltare. Eddie era morto prima.

Ma aveva il diritto di saperlo ora. E allora perché aveva paura di raccontargli come erano andate le cose?

«Sei stato tu a suggerirci come farlo, come sconfiggerlo», pronunciò a mezza voce, la mano sempre sulla sua ma che adesso si stava richiudendo a pugno, per darsi forza.

«Io?»

«Già... devi ricordarlo, Eddie, perché un momento di simile genialità, nella tua vita, credimi amico mio, sarà difficile da eguagliare.»

«Vaffanculo».

Richie sorrise. Quella patina di normalità in una situazione che di normale non aveva un bel niente. «Non lo ricordo, non ricordo...»

«Provaci. È importante», si detestò per quello che stava facendo: scaricare su Eddie la responsabilità di comprendere. Non trovare le parole per farlo lui stesso.

Lo vide scuotere la testa.

«Cosa non mi stai dicendo, Richie?»

Evitò di guardarlo negli occhi l'ennesima volta. La vergogna nascosta dietro le lenti dei suoi occhiali.

Però abbassò lo sguardo: il petto di Eddie era intatto. Come aveva potuto non notarlo prima? Non vi era traccia di sangue, non sulla maglia, non sulla giacca. Non la traccia di quello squarcio maledetto che aveva sognato ogni notte, che era convinto di sognare ancora, di tanto in tanto, quando si svegliava all'improvviso, trattenendo un grido strozzato, soffocato in gola.

E non vi era nemmeno traccia di quel grosso cerotto che Eddie aveva sul volto per coprire lo sfregio di quello psicopatico di Bowers. Non vi era traccia di alcun taglio, nemmeno un graffio. Solo il volto pallido di Eddie, spaurito e confuso così come lo ricordava, il giorno che lo aveva rivisto alla Giada dell'Oriente.

Cosa non mi stai dicendo, Richie? La cosa più importante: la sofferenza più grande che aveva provato dacché ricordasse.

E se parlandogli della sua stessa morte l'avrebbe resa definitivamente reale? Se quella visione, che ora gli stava di fronte, si fosse trasformata in polvere? Pulviscolo onirico? Se tutto ciò che stava vivendo in quello stesso istante, fosse l'unica occasione concessa dalla tartaruga per dirgli addio?

Non poteva sapere se c'era davvero un modo per riportarlo indietro, dopotutto. Se c'era davvero un posto dal quale... poterlo portare indietro.

«Dimmi che sei reale, Eddie...» gli scivolò dalle labbra, la disperazione improvvisa che gli stringeva lo stomaco.

«Sono reale. Certo che sono reale», la sua mano batté sul vetro, gli sembrò quasi di percepirne l'onda d'urto o forse era solo una suggestione. «Rich, che cosa stai cercando di dirmi? Per favore. Ho il diritto di saperlo.»

Un altro pugno.

«Richie! Dimmi che cosa diavolo è successo! Metti via quelle tue cazzo di premure e dimmi che cosa è successo.»

La nota di panico, Richie riuscì a percepirla eccome; in un modo come un altro, stava solo peggiorando la situazione.

«Richie!»

L'ennesima onda d'urto.

«Che sei morto, Eddie! Tu sei morto!» la voce che gli uscì non fu niente altro che un singulto strozzato. Istigato dalla sua insistenza o meno si pentì immediatamente di come aveva riecheggiato alle sue stesse orecchie.

E quando si rese conto che la mano di Eddie non era più poggiata al vetro, si ritrovò investito di un'ondata di panico non richiesta.

«Eddie. Eddie, guardami», ma Eddie non lo stava più guardando. Si era portato una mano al petto e stringendo le dita alla stoffa della t-shirt sudicia che indossava. Eddie non aveva mai indossato t-shirt sudice, l'immagine così come si presentava era così orribilmente sbagliata.

«Richie...» lo sentì pronunciare con una voce tanto flebile che il richiamo a quel terribile giorno di qualche settimana prima divenne incredibilmente reale.

Non era pronto a vederlo sparire di nuovo, a vederlo morire di nuovo.

«Eddie, ascoltami per l'amor di Dio, guardami e ascoltami», farfugliò con urgenza, «ti riporterò indietro, hai capito? Qualsiasi cosa significhi, in qualsiasi modo, ti riporterò indietro. Guardami!»

Eddie rialzò lo sguardo, ora colmo di dolorosa consapevolezza.

«Dimmi che hai capito. Dimmi che mi credi», la voce di Richie risuonava stonata alle sue stesse orecchie. Era solo un'impressione o gli sembrava di vederlo meno nitidamente?

«Ti prego, Eddie... Spaghetti? Eds...» i suoi occhi erano umidi sotto gli occhiali ma non volle interrogarsi sull'impressione che stava dando di sé in quel momento.

La mano di Eddie si allungò di nuovo sulla sua.

«Ti credo, Richie, certo che ti credo...»

E fu in quell'istante che lo vide svanire.

L'impronta calda della sua mano a sbiadirsi lentamente sul vetro.

 

***

 

Derry era una città sbagliata.

Questa fu la prima impressione che ebbe Danny Torrence, nel momento esatto in cui superava in macchina il cartello di benvenuto della città.

L'atmosfera, l'aria che si respirava. Echi indistinti che portavano brividi di terrore e morte. Echi passati però. Questo Danny poteva dirlo con assoluta certezza. Gli strascichi di un orrore ormai finito, un orrore che avrebbe lasciato impronte perpetue sulla superficie di quel posto e le grida dei bambini a riecheggiare per sempre per chi avesse saputo ascoltarle.

Ma per quanto cercasse di ignorarlo, di certo non poteva negare che avrebbe fatto volentieri dietro front se non avesse avuto l'impressione che incontrare Mike Hanlon fosse l'unica cosa giusta da fare.

Poteva negare questo ultimo favore ad Halloran? Era da tempo che non lo percepiva, ma questo gli sembrava un buon modo per sentirlo vicino ancora una volta.

Fermò la macchina nei pressi di una piazzola, scrutando il navigatore che indicava la strada per la biblioteca. L'indirizzo che Mike gli aveva fornito. Quando rialzò lo sguardo, l'edificio se ne stava proprio lì di fronte, un po' austero e antiquato così come ti saresti aspettato una qualsiasi biblioteca di una città di provincia.

Scese dalla macchina, indeciso se avvisare Mike del suo arrivo o se presentarsi direttamente da lui. Dopotutto lo stava aspettando.

Lo stavano aspettando.

Nessuno gli aveva parlato di un gruppo di persone, ma la cosa gli risultò immediatamente chiara. Le loro immagini confuse gli si materializzarono nella mente ancora prima che potesse concretizzare il pensiero.

«In che razza di storia mi stai trascinando, Dick... ?» mormorò tra sé e sé, avviandosi lungo la strada che conduceva all'ingresso.

Era mattina inoltrata ma la biblioteca non sembrava ancora aperta al pubblico. Alcuni nastri di una scena del crimine della polizia sventagliavano aggrappati ai tronchi di alberi e sulla staccionata, come i fantasmi di una festa terminata da tempo. Derry sembrava essersi macchiata di diversi crimini, alcuni più recenti di altri. Questo sembrava piuttosto fresco. Ma molto meno spaventoso di molti altri che aveva percepito, durante il tragitto per le strade della città.

Fu durante uno di questi terribili pensieri che cinque persone emersero dal retro dell'edificio, camminando fianco a fianco, come una squadra di individui inseparabili.

Danny si fermò a guardarli, affascinato. Percepì un'aura di assoluta forza sprigionare da ognuno di loro, accresciuta da quel senso di unione che ben raramente aveva percepito in un qualsiasi altro gruppo di individui. Si muovevano come un unico essere, cinconfuso di luce. Ne fu sopraffatto per qualche istante. Eppure convinto che quello che percepiva non era che lo strascico di qualcosa che, un tempo, era stato molto più potente di così. Molto più spaventoso. Molto più fatidico.

Riconobbe Mike immediatamente. Perché fu anche il primo a scorgerlo e distaccarsi dal gruppo, disintegrando, in parte, l'aura che aveva riconosciuto poco prima.

In un modo o nell'altro era sicuro di averlo immaginato esattamente così quando gli aveva solo parlato al telefono. Pochi dettagli da aggiustare all'immagine che gli si era dipinta in testa.

«Danny?» lo sentì pronunciare e la sua voce spezzò definitivamente l'incantesimo che lo aveva inchiodato al terreno, frenando il suo passo.

«Mike», gli riconobbe l'azzardo. Gli andò incontro per stringergli la mano, sentendo su di sé lo sguardo curioso di tutti gli altri.

«Non credevo arrivassi tanto presto, stavamo giusto andando a fare colazione...»

«Mi sono svegliato di buon'ora. Posso unirmi a voi, se non è un problema.»

Allungò lo sguardo ai quattro alle sue spalle. Un paio di loro sorridevano, gli altri si limitavano a fissarlo sospetti. Era convinto di doversi, in qualche modo, guadagnare la loro fiducia. In più fu improvvisamente certo che mancasse qualcosa a completare il quadro generale.

«Oh, no, nessun problema. A dire il vero credo sia giusto dirti che siamo tutti coinvolti in questa faccenda. Sarà più facile spiegarti le cose ora che siamo tutti insieme. Loro sono amici miei: Bill, Beverly, Ben e... Richie.»

Richie.

Che lo guardava pallido come un morto con due occhiaie bluastre sotto le lenti degli occhiali.

«Molto piacere. Io sono Danny Torrance», disse nel modo più affabile possibile, e poi d'istinto il suo sguardo scattò oltre, a cercare qualcuno oltre ai cinque del gruppo che si trovava di fronte. Ne percepì l'assenza con forza straordinaria.

«Dobbiamo aspettare qualcun altro?» domandò a Mike, un po' turbato.

«Come prego?»

Nitido come una fotografia gli fu chiaro cosa c'era di sbagliato nell'immagine del gruppo che aveva percepito un attimo prima: una mutilazione.

Quell'essere circonfuso di luce che prendeva vita dall'unione di quei cinque individui, aveva subito una mutilazione.

«Sette», disse, passandosi una mano sulla fronte, «ero convinto foste in sette.»

Il silenzio che seguì la sua bizzarra affermazione fu più eloquente di qualsiasi spiegazione.

 

Continua...

 

 

Nota: un capitolo un po' più corto del previsto. Ma volevo dare spazio all'incontro fra Eddie e Richie, senza diventare troppo prolissa.

E dopo aver introdotto Danny ai Perdenti, nel prossimo capitolo qualche spiegazione in più, promesso.

  
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