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Autore: Mirty_92    12/06/2020    1 recensioni
"La notte insegue sempre il giorno ed il giorno verrà." (J.F.)
C'è sempre il sorgere di un nuovo giorno, ma la notte? Cosa succede quando le luci degli uffici di polizia si spengono, quando tutti (o quasi) se ne tornano a casa? Ci sono notti in cui si pensa, notti in cui avvengono o si risolvono omicidi, notti in cui si sta da soli e altre in cui si sta insieme. Ed ecco allora una raccolta di fic per tutte queste notti.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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JJJ

Dall’episodio 03x10 L’elfo Rosso

 

Ubriaco sì, ma quei complimenti?

LISBON


Inutile fingere. Sono preoccupata. La Roche ha chiesto di parlare con Jane ora, adesso, in questo preciso momento. E decisamente non è una buona cosa, per niente. Lo sapevo che Jane si sarebbe messo nei guai continuando ad evitare La Roche. E adesso sarà un casino. Mi allontano lasciando il mio consulente alla mercé del capo degli affari interni ma il problema è questo: Jane è ubriaco. Non ubriaco poco, è ubriaco tanto. Il suo brillante piano per prendere l’assassina l’ha portato un po’ troppo oltre. E noi, questa volta, siamo arrivati appena in tempo. Ok, questa clinica è davvero un labirinto e mi sono già scusata con Jane del nostro ritardo nell’intervenire ma, come se non bastasse, mi sento in colpa per averlo abbandonato con La Roche. Anche se, ovviamente, me l’ha chiesto lui.
“Oh, va tutto bene, Lisbon. Tranquilla. Ci penso io” così mi ha detto Jane. Anzi, così mi ha alitato praticamente in faccia. Accidenti, sapeva di alcol da qui a Chicago. Ho avuto quasi un conato di vomito, trattenuto solo dal fatto che Jane non ha bevuto di sua spontanea volontà ma l’ha fatto solo per incastrare la colpevole. Jane non è mio padre.
Sono vicina alle auto della polizia e la mia squadra sta sistemando per bene Leila, l’infermiera assassina. Dalla mia postazione cerco di sbirciare il colloquio per tenere sotto controllo la situazione. Jane a mala pena si reggeva in piedi tanto è ubriaco e si era appoggiato a me per sostenersi. Ora si sono seduti, almeno così non rischia di sfracellarsi a terra. Ma sono comunque inquieta. Spero solo che Jane non faccia o dica cazzate a La Roche.

“Aspetta, Jane. Ti apro la portiera e ti aiuto.” Siamo al parcheggio del CBI. Jane sembra uscito incolume dal colloquio con La Roche anche se non saprei dirlo con certezza dato che in macchina era mezzo addormentato e non mi ha detto nulla, ma almeno non è stato ammanettato o altro. La Roche mi ha permesso di ricondurlo a casa. Gli apro la portiera e faccio in modo che si appoggi a me lasciandogli mettere un braccio attorno alle mie spalle. Mi sento un po’ un bastone da passeggio in questo momento.
“Oh, Lisbon. Come sei gentile… ehm… come sei carina… no, aspetta. Come si dice? Premurosa forse?” Jane è decisamente ubriaco. Strascica le parole e poi non mi ha mai fatto così tanti complimenti come adesso. Sembra quasi sincero. Arrossisco involontariamente quando, preso forse da un capogiro più forte degli altri, si aggrappa meglio a me e la sua mano scivola un po’ troppo oltre la mia spalla, finendo pericolosamente vicino alla scollatura del mio maglioncino.
Lo guardo seccata. O almeno è quello che cerco di essere nonostante il mio cuore, per un motivo a me sconosciuto, abbia iniziato ad accelerare il suo battito. Lui ha quello sguardo vacuo di chi è già andato oltre. È uno sguardo che riconosco ma che allo stesso tempo mi è estraneo. Anche mio padre, quando beveva, aveva quello sguardo ma poi diventava piuttosto irascibile e allora i tratti del volto gli si indurivano mentre gli occhi diventavano due fessure iniettate di sangue. Jane invece sembra che mi stia chiedendo aiuto. I suoi occhi azzurri sono velati e i tratti del volto sono fin troppo rilassati.
“Lisbon, mi gira la testa…”

“Lo so, Jane. Ancora un piccolo sforzo e ci siamo.” Usciamo dall’ascensore e con un passo decisamente poco stabile riesco a condurlo sul suo divano malconcio. Lo faccio sedere e cerco di togliere il suo braccio dalla mia spalla ma, improvvisamente, lui mi trattiene la mano.

“Non hai risposto alla mia domanda.” Mi osserva con un sorriso così ebete che non riesco a non sorridere di rimando.

“Non mi hai fatto nessuna domanda. Sei ubriaco, Jane. Sdraiati e dormi. Domattina sarai devastato ma almeno abbiamo risolto il caso.”
“Certo che ti ho fatto una domanda. Ti ho chiesto se si può definire premuroso il tuo comportamento di ora nei miei confronti.”

Mi ha colto alla sprovvista e purtroppo non riesco a fingere perché sgrano gli occhi e questa volta il suo sorriso non è più ebete ma quasi malizioso. Non so cosa rispondere.
“Suvvia, Lisbon. Non ti ho mica chiesto di rilasciare un assassino per me” ha un singhiozzo lieve.

Mi indispettisco e gli pizzico il braccio, lo stesso che ancora mi tiene vicina a lui. Mi libero e sono decisa ad andarmene senza rispondergli. Se lo merita. Perché deve sempre comportarsi da bambino in ogni momento?
“Comunque grazie, Lisbon. Sei stata davvero gentile, carina e premurosa a prenderti cura di me. Anche se non lo vuoi ammettere.”

Sono arrivata all’ascensore ma è come se lo vedessi sorridere mentre mi ripete tutto quello che già mi ha detto. So che è lì, sdraiato sul divano con le braccia dietro la testa, gli occhi chiusi e quel sorriso impertinente sul volto serafico.
Va bene, Jane. Anche questa volta hai vinto tu: mi hai fatto imbarazzare.

 

JANE  


Sono ubriaco, sì. Ma non abbastanza da non volermi divertire un po’mettendo Lisbon in imbarazzo. Che poi mi sfugge ancora il motivo per cui si imbarazza così facilmente, a volte persino per un nonnulla. Mi gira la testa e mi sento leggero. Lisbon sarà andata via da dieci minuti buoni ormai e io ancora non solo non riesco a dormire, anche se sono praticamente in uno stato di dormiveglia catartico, ma non riesco nemmeno a smettere di pensare a lei. Non so perché. L’ho già detto che mi gira la testa? Sì, forse sì. Ogni tanto vedo la figura ingombrante di La Roche che, nella mia mente, tenta di scacciare l’esile figura di Lisbon. Ma la mia Lisbon è combattiva. Eccola, ora è di nuovo davanti a me. Indossa quel maglioncino bordeaux scuro con lo scollo a V e la collana con la croce che oscilla leggermente sulla sua scollatura. Mi sta porgendo la mia tazza azzurra ricolma di thè fumante e mi sorride. Ha un sorriso stranamente dolce e i suoi occhi verdi brillano di una luce nuova, intensa. Eppure mi sta solo offrendo una tazza di thè. Perché quello sguardo? Non capisco.
Faccio per sporgermi verso di lei quando un altro capogiro mi prende alla sprovvista e mi ricostringe a stendermi sul divano e Lisbon scompare. Ok, sono davvero ubriaco. Inizio a contare alla rovescia. 100… 99… 98… inspiro ed espiro. Con calma. 95…94…93… le mie palpebre si fanno sempre più pesanti. L’alcol sta facendo effetto. Forse riuscirò a dormire e forse sognerò Lisbon. Sono più tranquillo ora. Non so perché. So solo che domani non mi ricorderò più nulla e forse sarà meglio così.

  
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