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Autore: Classicboy    12/06/2020    0 recensioni
Ambientazione: Galar
Personaggi: i 10 capopalestra + Dandell
Uso di nomi italiani dei personaggi e dei luoghi
Pre canon, uso di headcanons, lieve Canon Divergence, possibile OOC, angst con happy ending
Titolo storia dalla canzone “This is me” del musical “The Greatest Showman”
...
Onion era seduto sulla cima del tetto. In quel momento soffiò una folata d'aria calda proveniente dal deserto sulle soglie di Latermore, scompigliandogli i capelli neri come pece. Il bambino alzò gli occhi al cielo, verso la luna che splendeva pallida e lucente.
Gli piaceva la notte, era tranquilla e non c'erano rumori, se non quelli dei pokemon selvatici del percorso 6 e del Bosco Brillabirinto.
(...)
Laburno sentì il pugno colpire la guancia e un dolore cieco partire dalla mascella, unito ad un rumore che non prometteva nulla di buono. Il ragazzino cadde a terra, il sapore del sangue che gli riempiva la bocca. Dolorante alzò gli occhi e intravide sopra di sé la figura dei bulli che, dopo la fine della scuola, lo avevano circondato in quel vicolo deserto di Knuckleburgh.
Genere: Angst, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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THIS IS ME

 

 

 

 

 

Non arrenderti mai, perché quando pensi che sia tutto finito, è il momento in cui tutto hai inizio – Jim Morrison

 

 

 

Yarrow se ne stava seduto sotto ad un albero sui confini del bosco, le gambe strette al petto, il volto nascosto tra le ginocchia. Vicino a lui il suo Eldegoss lo osservava, insicuro sul da farsi.
Il giovane si strinse ancora di più in sé stesso, desiderando solo scomparire, mentre le parole sentite per sbaglio poche ore prima continuavano a risuonare dentro di lui.
Mi chiedo perché siate così sorpresi del fatto che abbia perso. Voglio dire: dopotutto è solo un contadinotto, nulla di speciale.”
“Non sei molto gentile, in fondo è pur sempre riuscito a completare il giro delle palestre...”
“Tutta fortuna. E infatti quando è che ha perso? Durante la prima battaglia del turno di qualificazioni. Cavolo, mi chiedo come faccia ad andarsene ancora in giro, se io fossi al suo posto mi sarei andata a nascondere. Tutta Galar ha visto la sua disfatta totale per mano di quella ragazza. Neanche fosse stato Dandel, in quel caso direi '
vabbè, è il nuovo campione di Galar, ha senso che io abbia perso', no: lui è riuscito ad essere sconfitto dalla seconda classificata. Ma in fondo c'era da aspettarselo, con una squadra del genere. Solo un perdente sceglierebbe di portarsi dietro così tanti pokemon di tipo erba.”
“Continuo a pensare che tu non gli stia dando i dovuti meriti.”
“Ma quali meriti e meriti! Statemi a sentire: Yarrow è un perdente, chiaro? Avrà avuto i suoi cinque minuti di gloria come uno dei partecipanti alla Coppa Campione, ma è, e rimarrà sempre, soltanto un semplice contadinotto di Turrfield che si è montato la testa e che ha pensato di poter essere speciale. Tra qualche anno verrà dimenticato, e in futuro nessuno si ricorderà di lui.”

A quel punto Yarrow era corso via, le lacrime che premevano con prepotenza per uscire.
Non era la prima volta che sentiva qualcuno dire quelle cose sul suo conto, ma spesso gliele dicevano in faccia, quando poteva cercare in qualche modo di controbattere. Sapere, invece, che anche persone che poteva considerare propri amici o conoscenti, come i suoi compagni di classe, la pensassero così... faceva male, e lo faceva in maniera diversa, più profonda.
Forse però avevano ragione, forse era davvero soltanto un povero contadinotto di Turrfield che si era montato la testa. Nulla di più, nulla di meno...


 

#####


 

Azzurra si bagnò con forza il viso con l'acqua fredda del lavandino, cercando di scacciare la stanchezza e le lacrime che rischiavano di uscire. Dopo averlo fatto spense l'acqua e alzò la testa per guardarsi allo specchio, cercando rassicurazione nella sua immagine. Quel semplice gesto, però, non fece altro che riportare alla mente quanto aveva letto pochi minuti prima su quel sito di appassionati pokemon, quelle poche parole sui suoi conti in cui mettevano bene in chiaro che, a loro parere, non era diventata la candidata per essere la prossima capopalestra di Keelford per le sue abilità ma per... altre doti, diciamo. La giovane strinse il lavello con tanta forza che le nocche sbiancarono, mentre soffocava a fatica i singhiozzi.
Non ce la poteva fare.
Era troppo: i servizi fotografici, gli allenamenti, i paparazzi che non la lasciavano in pace, il suo agente che la giudicava credendo che non ce l'avrebbe fatta a portare avanti due lavori così impegnativi contemporaneamente, il suo capopalestra che la incitava a dare sempre il massimo quando lei voleva soltanto sdraiarsi da qualche parte e dormire per una settimana di fila. E questa era solo la punta dell'iceberg!
Forse quando aveva intrapreso quell'avventura aveva davvero fatto il passo più lungo della gamba. Forse quanto dicevano i giornali era vero: lei era soltanto una ragazzina che voleva attenzioni e nulla di più. Non era una brava allenatrice, l'unico motivo per cui le avevano dato il posto alla palestra di Keelford, nonostante fosse stata buttata fuori al primo turno della Coppa Campione qualche anno prima, era per il suo bell'aspetto.
Una parte di lei provava rabbia ogni volta che sentiva o leggeva commenti del genere. Voleva urlare, dire al mondo che non era vero, che lei il posto se lo era meritato per la sua bravura come allenatrice! Ma un'altra parte continuava a sussurrarle all'orecchio che invece avevano ragione, che lei non aveva assolutamente nessun merito e che ben presto il resto del mondo l'avrebbe vista per ciò che era davvero: una frode.


 

#####


 

Kabu colpì con forza il punching bag nella piccola area d'allenamento del suo appartamento a Steamington.
Perso.
Aveva perso di nuovo, e questa volta l'avversario non aveva neppure un vantaggio di tipo, quindi non poteva neanche usare quella come scusa.
Era tutta colpa sua. Era un perdente, un pessimo allenatore.
Un altro pugno.
Eppure non aveva senso: aveva usato una buona strategia, aveva fatto attenzione, ormai non era più un novellino appena arrivato da Hoenn, sapeva come si usava la Dynamax. Quindi perché non ce l'aveva fatta?
Pugno.
Ricordava ancora gli sguardi di biasimo da parte di alcuni membri del pubblico, così come l'espressione combattuta degli allenatori della sua palestra, tutti che davano voce a quell'unico pensiero collettivo: ma lui era davvero adatto ad essere il nuovo capopalestra di Steamington? Lui, uno straniero?
Ancora un pugno.
Lo stesso sguardo che aveva suo padre quando era tornato a casa, tutti quegli anni prima, sconfitto, senza neppure essere riuscito ad arrivare all'ultima palestra di Hoenn. Lo sguardo carico di rimprovero e delusione, e le parole “in fondo dovevo aspettarmelo, mi hai sempre deluso, quindi perché questa volta sarebbe dovuto andare diversamente?” che risuonavano nelle sue orecchie, ora più forti che mai.
Pugno.
Crash.
Il rumore lo riportò alla realtà. Aveva colpito il sacco con tanta forza da mandarlo per terra. Si fermò e col fiatone. Doveva essere almeno mezz'ora che continuava a colpire quella punching bag senza fermarsi. Si guardò le mani: aveva le nocche sbucciate e sanguinanti.
Bene.
Il dolore almeno scacciava le lacrime.


 

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Fabia era seduta fuori dal dojo di Latermore, il borsone ai suoi piedi, la manica della divisa che sbucava triste oltre la zip.
I suoi genitori erano dentro ormai da dieci minuti, e non era rimasto nessun altro lì fuori oltre a lei. Alzò la testa e guardò verso le porte. Chissà, magari se si avvicinava poteva origliare e sentire cosa stavano dicendo...
Subito dopo che ebbe pensato queste cose però aggrottò la fronte, prima di riportare lo sguardo per terra e stringere forte il tessuto dei pantaloni tra le mani.
Perché disturbarsi? Sapeva cosa il sensei stava riferendo loro, glielo aveva anche detto prima chiaro e tondo in faccia.
Non penso che vostra figlia debba continuare il corso. Non è adatta alle arti marziali.
Fabia soffocò un singhiozzo.
Non sapeva perché il sensei lo avesse detto, non capiva. Si impegnava, si allenava, si sforzava ogni giorno per essere alla pari dei suoi compagni. Certo: continuava a essere sconfitta negli scontri di allenamento, ma si stava impegnando per cambiare le cose!
Quindi perché il maestro la stava punendo?
Quando sull'orlo delle lacrime glielo aveva chiesto lui aveva semplicemente risposto: “Lo faccio per te, se continui così rischi solo di farti male.”
Fabia non gli credeva, pensava che le stesse mentendo, che non la volesse tra i piedi, come facevano tutti a scuola.
Ma a lei il dojo piaceva, aveva degli amici, non voleva andarsene.
Si abbracciò le ginocchia.
Era ingiusto.


 

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Onion era seduto sulla cima del tetto. In quel momento soffiò una folata d'aria calda proveniente dal deserto sulle soglie di Latermore, scompigliandogli i capelli neri come pece. Il bambino alzò gli occhi al cielo, verso la luna che splendeva pallida e lucente.
Gli piaceva la notte, era tranquilla e non c'erano rumori, se non quelli dei pokemon selvatici del percorso 6 e del Bosco Brillabirinto. Inoltre di notte non c'erano persone in giro, persone che lo additavano, che sussurravano alle sue spalle, che lo evitavano per via delle voci sul suo conto, perché dicevano che vedeva i fantasmi.
Perchè dicevano che se i suoi genitori erano morti per colpa sua.
Onion abbassò lo sguardo, mentre stringeva tra le mani la sua nuova maschera.
L'aveva comprata qualche giorno prima, attirato dal suo colore bianco, così simile a quello della luna, e da quelle orbite nere e vuote che aveva al posto della bocca e degli occhi. Inoltre aveva scoperto che indossandola era più facile far finta di non notare le persone che lo additavano.
E poi con una maschera addosso poteva facilmente nascondere il fatto che fino a pochi minuti prima stava piangendo, mentre pregava di svegliarsi presto da quel brutto sogno che stava facendo.


 

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“Ma dico io: chi si creda di essere?”
“Davvero pensa di essere al livello di sua madre?”
“Un'allenatrice che sia capopalestra va bene, ma è un fatto straordinario.”
“Quella lì rinuncerà dopo due mesi te lo dico io.”
“Le donne non hanno certo il carattere per essere allenatori di pokemon.”
“Ma guardala come cammina, senza alcun pudore.”

Poppy avanzava a testa alta, fingendo di non sentire i commenti degli abitanti di Knuckleburgh. Erano passati pochi giorni da quando sua madre aveva annunciato ufficialmente il suo ritiro e l'aveva presentata come suo successore alla guida della palestra di Piquedilly, ed al momento si stava dirigendo verso il suo primo incontro ufficiale della Lega Pokemon. Peccato che questo avesse significato lasciare la sicurezza del suo paese natale, dove nessuno aveva battuto ciglio al sapere della sua nomina a nuova capopalestra della città e, anzi, erano stati più che felici ad accoglierla, per avventurarsi nel mondo esterno, molto meno gentile nei suoi confronti.
“Non dura, te lo dico io.”
“Basta vederla, non ha la forza della madre.”
“Già mettere quella là a capo di una palestra allora è stato un errore, a mio parere.”
“Le donne dovrebbero rimanersene a casa a badare alla famiglia, altroché!”
“A chi è venuto in mente di affidare un incarico così importante e delicato ad una donna?”
“Piquedilly è destinata alla rovina, anzi: tutta Galar finirà per andare in malora se continuiamo in questo modo.”

Poppy conficcò i denti nel labbro inferiore mentre si sforzava di ricacciare indietro le lacrime. Si era costruita una fama come attrice, come una donna che non si piegava a meno che non fosse lei stessa volerlo, ma quelle parole facevano male. Faceva male, sentire quanta poca considerazione potevano avere le persone nei suoi confronti, tutto per via del suo sesso.
“Debole...”
“Inutile...”
“Pazza...”
“Inadatta...”
“Dimenticabile...”

“Donna.”
 

 

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Milo se ne stava seduto sulla panchina dello spogliatoio della palestra di Chirchester. Era l'ultimo rimasto. Gli altri allenatori erano ormai andati via da un pezzo, e così anche sua madre. Il ragazzo guardò la pokeball tra le sue mani, il volto che si rifletteva distorto sulla superficie rossa della plastica.
Non era facile essere il figlio di un capopalestra, questo lo aveva sempre saputo, ma era ancora più difficile essere figlio e al contempo allenatore nella stessa palestra del proprio genitore, perché avevi costantemente davanti agli occhi il promemoria che non saresti mai stato grande quanto lui. O lei nel suo caso.
Melania era una capopalestra coi fiocchi, la migliore che Chirchester avesse avuto da decenni a questa parte. E lui chi era per potersi dire suo figlio? Nessuno, solo un ragazzino cicciottello che non sembrava neppure essere capace di legare coi propri pokemon di tipo ghiaccio.
Inoltre sapeva che non sarebbe mai stato capace di suscitare negli allenatori lo stesso rispetto che loro provavano per sua madre.
Milo non era stupido, sapeva che lo trovavano inadatto per essere il prossimo capopalestra. Sapeva che tutte le volte che si interrompevano bruscamente quando si avvicinava era perché stavano sparlando di lui e stavano dicendo quanto avrebbero voluto che rinunciasse una volta tanto, che capisse che non era adatto a diventare un capopalestra, e che lasciasse lo spazio a qualcuno più adatto per ricoprire quel ruolo, a qualcuno che non aveva problemi a farsi ascoltare dal proprio pokemon, ad uno di loro.
E sapeva che in fondo anche sua madre la pensava così. Glielo leggeva in quelle occhiate cariche di preoccupazione che gli lanciava ogni volta che pensava che lui non la stesse guardando.
Neanche si rese conto di stare piangendo fino a che una lacrime non cadde sulla pokeball.
Stava piangendo da solo in uno spogliatoio in preda all'autocommiserazione.
Era assolutamente patetico.

 

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Melania era seduta sul tavolo della cucina di casa sua, una tazza di té ormai freddo tra le dita. Inizialmente aveva anche pensato di tirare fuori una bottiglia di vino, ma, per fortuna, si era fermata in tempo. Non poteva certo lasciare che sua figlia la trovasse ubriaca a piangere o a fare chissà che cosa, non voleva deluderla. O, per meglio dire: non voleva deludere anche lei.
Con un sospiro tremante chiuse gli occhi e rivide, una per una, le immagini di quel giorno che si ripetevano di fronte a lei, come un film: l'arrivo di Milo con un sorriso che andava da parte a parte, la sua dichiarazione di voler diventare un allenatore di pokemon di tipo roccia, il suo fermo rifiuto, il litigio che era scoppiato tra di loro e che ben presto era degenerato, lui che la guardava con rabbia prima di scappare, il suo nuovo Rolycoly stretto tra le braccia, lei che dopo un paio di secondi lo chiamava in preda alla disperazione, supplicandolo di tornare indietro, ma era troppo tardi e ormai non si vedeva più da nessuna parte.
Erano passate otto ore da allora, e il ragazzo non era ancora tornato a casa. Melania voleva uscire, andare a cercarlo, ma c'era qualcosa che la fermava.
Aveva ancora fresca nella mente l'immagine del volto di Milo, che, da sorridente, diventava prima confuso e poi arrabbiato di fronte alla sua dichiarazione che non glielo avrebbe mai e poi mai permesso. All'inizio aveva pensato che lo stava facendo per lui, perché i pokemon di tipo roccia sono pericolosi, specie per qualcuno di delicato come suo figlio: se avesse provato a diventare uno specialista di quel genere sicuramente avrebbe finito per farsi male, o peggio!
Più ci pensava, però, più si rendeva conto di quanto quella fosse una scusa, e che in realtà l'unico vero motivo per cui gli aveva detto di no era per sé stessa.
Perché per lei alla fine non era una questione di pokemon di tipo ghiaccio o pokemon di tipo roccia; era il fatto che suo figlio si stesse allontanando da lei, e da tutto quello che gli aveva insegnato.
Per lei quello era un fallimento.
Strinse con forza la tazza tra le mani, mentre i ricordi di tutte quelle persone che le avevano detto che non sarebbe mai stata una buona madre, che era troppo rigida e fredda, che era troppo giovane quando aveva avuto la sua prima gravidanza, avevano ripreso a tormentarla non appena suo figlio aveva aperto bocca.
Melania ormai non aveva più lacrime, le aveva finite ore fa, ma se avesse potuto avrebbe continuato a piangere.


 

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Ginepro non era un tipo che normalmente se la prendeva per quello che le altre persone dicevano sul suo conto.
Era un fiero cittadino di Spikeville, la città che tutta Galar vedeva come un ritrovo di delinquenti e banditi, un posto in cui vivevano solo dei pochi di buono. Oltre a quello il suo vestiario in stile punk rock aveva più volte fatto sì che le persone gli lanciassero occhiatacce cariche di biasimo, mentre dentro di loro lo etichettavano come un ribelle attaccabrighe e fonte di guai. Infine, per coronare il tutto, la sua naturale affinità con i pokemon di tipo buio, considerati pericolosi dai più, bastava a completare l'immagine di soggetto da evitare a tutti i costi.
E a lui andava bene così.
Ginepro era un forte sostenitore della filosofia “chi non mi ama non mi merita”, pertanto se le persone lo evitavano tanto meglio per lui: non doveva neppure fingere che li piacessero.
Però c'erano anche giorni in cui le cose prendevano una piega inaspettata. I giorni in cui una persona di troppo lo guardava male, quelle in cui un gruppetto di troppo sussurrava qualcosa alle sue spalle, in cui un individuo in più cambiava direzione per evitarlo. Quei giorni in cui Ginepro diventava cosciente della sua esistenza e della sua condizione, in cui la realtà di essere un emarginato e una persona solitaria piombavano su di lui col peso di un macigno, soffocandolo, e facendogli pensare che forse, in fondo in fondo, gli altri potevano avere ragione. Lui era rotto, sbagliato, riuscito male.
C'erano giorni in cui Ginepro semplicemente sentiva di non riuscire più a respirare, e dentro di sé pregava che quella sensazione di soffocamento continuasse, fino a farlo stramazzare al suolo col volto livido.


 

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Laburno sentì il pugno colpire la guancia e un dolore cieco partire dalla mascella, unito ad un rumore che non prometteva nulla di buono. Il ragazzino cadde a terra, il sapore del sangue che gli riempiva la bocca. Dolorante alzò gli occhi e intravide sopra di sé la figura dei bulli che, dopo la fine della scuola, lo avevano circondato in quel vicolo deserto di Knuckleburgh.
“Ma guardatelo, il più grande allenatore di sempre.” Lo prese in giro uno, prima di sputargli addosso.
Il capo del gruppetto gli si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lui, un'espressione affabile sul volto: “Laburno, te lo ripeterò per l'ultima volta, ascoltami bene: rinuncia ai tuoi stupidi sogni. Ci sono almeno altre cinquanta persone in tutto il paese che vogliono diventare campioni della ragione, e la possibilità che tu, fra tutti, ce la faccia, è onestamente ridicola. Ti sto facendo un favore. Voglio dire: guardati. Il ragazzino sempre solo, quello che cerca sempre disperatamente le attenzioni di tutti ma che nonostante questo rimane sempre senza amici, la persona che neppure il proprio padre viene a prendere alla fine della scuola. Mi chiedo se ciò che dici è vero: che lui sta davvero lavorando ed è troppo impegnato per venirti a prendere, oppure se semplicemente preferisce passare meno tempo possibile con te.”
Laburno sentì il dolore scemare lievemente mentre la rabbia ribolliva dentro al suo petto.
“Mi domando poi. - Continuò l'altro con un sorriso crudele - Se tua madre sia davvero morta, o se in realtà sia anche questa solo una scusa. Che in realtà ti ha lasciato solo perché non ne poteva più di te.”
Il ragazzo si alzò con un ruggito, le mani tese in avanti, ma l'altro si limitò a spostarsi lievemente e a fargli lo sgambetto, facendolo di nuovo finire con la faccia a terra.
“Laburno, Laburno, Laburno. Tu non impari mai, vero? Te lo ripeto: rinuncia al tuo sogno di essere campione. Non ne hai il carattere. Anzi sai che ti dico: rinuncia completamente ai pokemon, non hai la stoffa per essere un allenatore. Dammi ascolto e un giorno mi ringrazierai.”
Il giovane poteva chiaramente sentire il sorriso di superiorità sul volto dell'altro, prima che prendesse i suoi compagni e se ne andassero, lasciandolo solo a faccia a terra nel vicolo, il sangue che si mischiava con le lacrime che stavano scendendo copiose lungo le guance
Il ragazzo si raccolse in sé stesso e pianse.


 

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Dandell non riusciva a metabolizzare a pieno quanto era appena successo. Il suo sguardo passò dal capopalestra, al suo pokemon che stava tornando alle dimensioni normali dopo aver usato il dynamax, per finire sul suo Charmeleon, steso per terra davanti a lui, privo di forze.
Lentamente i rumori della folla tornarono a farsi sentire e il ragazzo notò che il capopalestra lo stava osservando con un'espressione a metà tra l'incuriosito e il preoccupato. Dandell raddrizzò la schiena e richiamò Charmeleon nella pokeball, prima di dirigersi verso il centro del campo e stringere la mano al suo avversario. Neanche registrò che cosa l'altro stesse dicendo, probabilmente qualcosa come “sei stato bravo” o “vedrai che se ci riprovi ce la farai”. In quel momento per il ragazzo l'unica cosa che interessava era andarsene da lì, lontano da tutte quelle persone che avevano appena assistito alla sua sconfitta, che lo stavano giudicando, che lo stavano prendendo in giro, che stavano pensando che era vero che fino ad ora aveva attirato l'attenzione del pubblico, ma forse in fondo era tutto fumo e niente arrosto.
Dopo che si lasciarono l'allenatore si diresse verso l'uscita, facendo forza su sé stesso per non correre. Una volta raggiunto lo spogliatoio chiuse la porta a chiave, prima di buttarsi a sedere su di una panchina e piangere.
Certo, non era un atteggiamento molto sportivo, scoppiare in lacrime per una sconfitta, ma era più forte di lui. Credere di non essere abbastanza, anzi: che gli altri non lo credessero abbastanza, era troppo.
Lui si impegnava, si dava da fare, si spaccava la schiena allenandosi al massimo, e poi incontrava avversari come quello di oggi, che lo battevano senza neppure un apparente sforzo, mandando tutti i risultati che aveva conseguito fino a quel momento a monte.
Charmeleon all'interno della sua pokeball si agitava, probabilmente ansioso di poter uscire per consolare il suo allenatore, ma Dandell lo ignorò.
Voleva stare solo, era il modo migliore per poi fingere più tardi che una cosa del genere non fosse mai successa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Allora, salve.

Come potete vedere non sono morto (yay?) però la sessione estiva mi sta col fiato sul collo e la necessità di dover dare tutti gli esami per tempo mi sta facendo impazzire, ma non parliamo di questo. Parliamo del fatto che l'accumulo di stress mi renda prolifico e mi faccia scrivere storie in giro (iniziandone di nuove ignorando di brutto le decine che ho ancora in corso, ma vabbè).

Questa mini long/ mini raccolta mi è venuta in mente dal nulla, doveva essere inizialmente un'unica one shot, ma dopo un breve ragionamento e un confronto con un paio di persone ho optato per la suddivisione, già così è un casino di roba, quindi figuriamoci di più in un'unica volta. Questa prima parte, come potete vedere, si concentra su momenti neri della vita dei nostri capopalestra e del nostro campione preferiti (qui sotto vi darò più o meno una scaletta temporale delle vicende per personaggio e headcanon usati) tuttavia i prossimi due capitoli vedranno una loro rinascita, diciamo così, non vi voglio fare spoiler, ma prometto che sarà con happy ending.

Inoltre ci tengo a precisare che gli spunti per Poppy/Opal, sul fatto che subisse i pregiudizi dell'essere una capopalestra donna quando ha iniziato, e di Laburno, figlio unico orfano di madre e cresciuto da un padre impegnato a lavorare per poterli mantenere, mi sono venuti da questo blog di tumblr: https://pokemonswshbutionlyplayedsword.tumblr.com/.

Vi voglio poi far notare una cosa: per tutti la causa della tristezza sono i giudizi degli altri, sono altre persone che dicono o che fanno sentire i personaggi in questo modo. Solo una cosa che ci tenevo a farvi notare.

Detto questo non penso ci sia altro, vi lascio con la breve scaletta, se la storia vi è piaciuta lasciatemi una recensioncina se avete tempo, e per gli aggiornamenti conto di farli il prima possibile. Ci sentiamo gente, bye!

 

Scaletta temporale personaggi + headcanon usati:

- Yarrow: ambientata pochi mesi dopo la fine del suo giro delle palestre, è stato eliminato al primo turno della coppa campione da Sonia, che poi si classificherà al secondo posto dopo Dandell;
- Azzurra: ambientato un paio di anni dopo il suo giro delle palestre, durante il quale è stata anche lei sbattuta fuori al primo turno da Laburno, le è stato offerto un posto come una delle allenatrici della palestra di Keelford, e il capopalestra, vedendo il suo talento con i pokemon di tipo acqua e dopo un breve confronto con Kabu, ha deciso di iniziare ad allenarla perché diventi il suo successore, allo stesso tempo è in questi anni che la sua carriera da modella ha iniziato a ingranare;
- Kabu: è poco prima del periodo nero citato sul retro della sua card della lega, quando viene retrocesso in lega minore, headcanon: pessimo rapporto col padre, che non gli dava l'affetto di cui aveva bisogno e che anzi lo vedeva come un perdente, oltre a ciò non riuscì a sconfiggere tutte le palestre di Hoenn, fermandosi alla sesta;
- Fabia: momento imprecisato della sua infanzia, prima che i suoi genitori iniziassero ad allenarla a casa nelle arti marziali secondo quanto viene detto sul retro della sua card pokemon;
- Onion: ATTENZIONE: CANON DIVERGENCE PER ONION, nel mio immaginario sarebbe ambientato poco dopo l'incidente citato nella sua card della lega che gli ha dato i suoi “poteri soprannaturali”, il canon divergence è l'età, in quanto nel gioco è 4 anni, qui l'ho alzata a 7 circa, quando è quindi un pochino più grande;
- Poppy: appena nominata capopalestra 70 anni fa, visto che viene detto che Postwick ha assunto un ruolo di rilevanza solo con Rose ho messo che la sede della lega pokemon prima di lui fosse a Knuckleburgh, visto la posizione centrale nella mappa di Galar, oltre a questo, sempre visto che è 70 anni fa, la sfida delle palestre a Galar ha l'importanza che viene data nelle altre regioni: sì importante, ma non come è adesso;
- Milo: quando ha circa 16/17 anni, quindi più grandicello del giocatore, ma non ancora un adulto, prima che scopra il suo legame con i pokemon di tipo roccia e pertanto ovviamente capopalestra, non ho specificato se ha fatto o meno il giro delle palestre, vedete voi come interpretarlo in questo caso;
- Melania: di poco successiva rispetto alla parte di Milo, headcanon: è rimasta incinta per la prima volta quando era abbastanza giovane, della serie 20 anni o giù di lì, con tutti i pregiudizi che possono venire dall'essere una madre così giovane non sposata o fidanzata ufficialmente in maniera stabile con qualcuno;
- Ginepro: momento imprecisato del canon, prima che diventi capopalestra di Spikeville però, nulla da dire;
- Laburno: prima che partecipasse al giro delle palestre, durante le quali si farà conoscere come un buon allenatore pokemon, extra: sarà sconfitto nella semifinale della coppa campione da Dandell, non riuscendo per questo ad accedere alla finale (che sarà Dandell vs Sonia);
-Dandell: viene detto che non ha mai perso una lotta ufficiale da quando è diventato campione, tuttavia secondo me ha senso che prima di raggiungere quel traguardo ad un certo punto sia stato sconfitto durante la sfida delle palestre, è ambientato durante la quarta medaglia, quindi circa Latermore, il capopalestra appartiene alla generazione precedente di quella che conosciamo noi per questo ho evitato l'uso di un qualche nome, da qui il fatto che Dandell ha ancora un Charmeleon invece che un Charizard, che si evolverà poco dopo.

   
 
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