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Autore: Corydona    13/06/2020    1 recensioni
Alla vigilia delle Olimpiadi a Roma, gli allenatori delle nazionali di calcio erano stati molto chiari: niente relazioni tra la squadra maschile e quella femminile. Per molti non era stato un problema accettare l’imposizione; ma non per Serena Villa, che si ritrova ai Giochi insieme al suo ragazzo, un calciatore dell’under23, con cui ha una storia che tiene segreta persino alla sua migliore amica e compagna di squadra.
Inoltre, sta pensando di lasciare la Roma, squadra per cui gioca e in cui è cresciuta, se si dovesse presentare quell’offerta in cui da quando ha iniziato a giocare. La vetrina internazionale la può porre sotto i riflettori e magari può attirare proprio quel club che sogna e per cui tifa sin da bambina.
Riuscirà a disputare una buona Olimpiade, o le sue questioni personali avranno la meglio?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olimpiadi Romane'
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Prisca se ne sta in silenzio, mentre beve il suo solito cappuccino scuro. Non ha ancora spiccicato una parola, anche se ormai siamo qui da diversi minuti. I tavoli intorno a noi si stanno riempiendo: non è più tanto presto, anche se la squadra è rientrata tardi e noi due nello specifico abbiamo fatto le ore piccole.

Come sempre, sorseggio un po' del mio cappuccino, mentre lei gira il cucchiaino nella tazza. Mi sembra nervosa.

«Senti, Seré, non so come dirtelo» esordisce. Neanche mi ha dato il buongiorno quando ci siamo viste. Parla ora per la prima volta e mi sembra che stia per far scoppiare una bomba.

«A parole tue» le rispondo, forse un po' stupidamente.

Lei si guarda intorno, come volendosi accertare che nessuno faccia caso a noi. I tavoli intorno sono poco affollati, qualcuno fa colazione in silenzio, qualcun altro chiacchiera a bassa voce. Solo in un angolo distante da noi sento che qualcuno alza il tono, ma si capisce anche da qui che stanno ridendo e scherzando.

«Ieri c'era davvero qualcuno dalla Francia per guardare la partita» sputa fuori lei. «Alessia aveva ragione.»

«E tu che ne sai?» ribatto io, iniziando a imburrare il mio pane.

«Erano lì per me.»

Il coltello mi cade di mano e finisce sul pavimento, rimbombando. So che qualcuno si sta voltando verso di noi, ma non mi interessa. Prisca si è portata le mani al viso, come nascondendosi.

«Sei sicura?» le chiedo. Potrebbe essersi sbagliata Alessia, potremmo esserci sbagliate tutte… d'altra parte nessuna di noi conosce ogni singolo personaggio del nostro mondo, soprattutto quelli che si occupano delle trattative.

«Serena, ti è caduto questo» mi fa un ragazzo dalle braccia muscolose. Solo in un secondo tempo mi ricordo che si tratta di Rodolfo Pianesi, un ginnasta. E ricordo anche il commento di Prisca sul suo conto: "Un figo della Madonna con un nome brutto quanto la fame."

«Grazie, ma mi sa che dovrò prenderne un altro» gli rispondo con un sorriso, cercando di essere cortese.

«Tranquilla, ci penso io… rischi di far cadere anche l'altro, addormentata come sei!»

Scoppio a ridere, un po' per la sua considerazione, un po' per il nervosismo che sento ribollire dentro di me.

Rodolfo si allontana e io guardo Prisca, che si toglie le mani dal volto.

«Ecco, magari non incazzarti» mi dice.

«Io non mi incazzo, ma tu devi dirmi le cose come stanno.»

La mia voce è fredda, molto diversa da come lo è stata poco fa con il ginnasta. Ma con Prisca ho quel tipo di rapporto che permette tutto a entrambe.

«Lo sto facendo. Mi hanno chiesto loro di tenere il silenzio.»

«Prì, ndì stronzate. Nun sei capace a tené i segreti.»

«Per questo è stato difficile e per questo mi sento una merda.»

«Un po' lo sei.»

Le parole escono dalle mie labbra prima che riesca a fermarle. Forse dovrei connettere bocca e cervello prima di parlare, perché ora mi sento rossa quanto un pomodoro. Anzi, forse al confronto un pomodoro è pallido.

Ma lei sembra non aver sentito, anzi: prende il telefono e apre qualche app.

«Ecco qui.»

La voce di Rodolfo mi scuote appena. Lui mi sta porgendo un coltello pulito per il mio burro.

Lo ringrazio e lui se ne torna al tavolo dove aveva lasciato la sua colazione. Avrei apprezzato la sua gentilezza con più riconoscenza, se non fossi imbufalita con la mia migliore amica.

«Se ne è andato?» chiede Prisca, come se io non avessi emesso un suono.

«Sì» le rispondo.

«Bene, magari ora stai zitta e mi stai a sentire.»

Annuisco, anche se di malavoglia. Ma almeno lei non si è offesa.

Punta i suoi occhi azzurri su di me, seria.

«Mi hanno contattata a giugno. Sono settimane che sto prendendo tempo, perché io lo so, come lo sai benissimo anche tu, che nessuna di noi due rimarrà alla Roma per una stagione in più. E io voglio prima sapere che tu abbia una squadra di ottimo livello, perché altrimenti io pongo come unica condizione che tu venga con me.»

«Io non voglio essere raccomandata» ribatto. Certo che non vorrei allontanarmi da lei, certo che mi piacerebbe essere in una grande squadra insieme a lei… ma non in questo modo. «Non è neanche detto che poi lì ci troveremmo entrambe bene. A Roma io sono a casa, potrei anche rimanere un altro anno.»

«Ma nun dì cazzate, a tte basta solo ch’a Juve faccia davero quaa telefonata e piji il primo aereo pe' Caselle.»

In realtà quell'aereo lo prenderei volentieri per un'altra destinazione. E lei lo sa benissimo: anche se il loro interesse mi lusinga, il mio sogno è altrove.

Il mio sogno. Per quanto ho intenzione di limitarmi a sognare e basta, senza provare a raggiungerlo?

Scrollo le spalle. In più ho il pensiero di Lorenzo, che lei non ha… ma come le posso spiegare anche questo?

«Non è così semplice.»

Prisca si butta sul sedile. Sta trattenendo un'imprecazione, lo so.

«Certo, Seré, non è semplice. Per te niente è semplice. Ma ora stammi a sentire.»

Addento il pane con la marmellata e le faccio un cenno per dirle che la sto ascoltando.

«Sono abbastanza sicura che sono arrabbiati con me, perché ancora non ho dato una risposta.»

«Ma che squadra è?» le chiedo. Anche se temo di sapere già la risposta.

«Lione» sussurra lei.

Sospiro. Lione. Una delle squadre più importanti d'Europa – o forse la più prestigiosa in assoluto del continente – la sta cercando e lei non risponde subito di sì. Avranno pensato che è matta.

«E la Roma che ha detto?»

Lei butta fuori un grosso respiro. «Hanno ricevuto un'offerta bella pesante… ma se voglio rimanere, loro hanno tutti gli interessi a tenermi, visto quanto sono importante. Anche se sanno già come sostituirmi… dovrei solo dire di sì e andare, almeno secondo loro.»

«Vai, Prì

Mi fa male il cuore a dirlo, ma è giusto che lei vada all'OL. È giusto che lei abbia l'occasione di giocare grandi partite. È sempre stata molto più forte delle altre, ma non è mai voluta andare via dalla Roma.

Perché c'ero io.

«Se devi stare a pensare a me, butti il tuo tempo» continuo. «Devi pensare a te e a quello che è giusto per la tua carriera. Io ci sono e ci sarò sempre… ma possiamo pensarci quando avremo smesso, no?»

Lei sorride. «Sere, io… non voglio che ci perdiamo di vista. Non voglio che con te succeda quello che è successo con altre ex compagne di squadra, che sento solo per gli auguri di Natale o del compleanno.»

«Non succederà. Non sei solo una compagna di squadra.»

Una morsa mi stringe il cuore. È la mia migliore amica da una vita… e io non le ho detto di Lorenzo.

E le ho dato della merda, poco fa. Forse lo sono più io di lei.

«Oh, raga!» esclama la voce di Simona alle mi spalle. Sul vassoio della colazione ha un giornale ancora intonso.

Solleva il quotidiano, su cui campeggia il titolo: "Azzurre da favola".

In primo piano c'è una foto della nostra esultanza al gol di Carlotta, proprio nel momento in cui le ho raggiunte.

«Dove lo hai preso?» le chiede Prisca.

«Alla hall sono pieni!» ride Marisa, arrivata qui insieme alla punta interista.

«Dai, leggi!» dico io, curiosa di cosa ci sia scritto.

Le ragazze prendono posto, Simona spiega il giornale e legge il sottotitolo: «Il sogno olimpico inizia con le Sorelle d'Italia

«Dài qui, tu fai colazione» la incita Prisca.

Lei le passa il quotidiano con un sorriso, e gira il cucchiaino nel suo cappuccino.

«Volevano partire con il piede giusto, ma si è già trattato di un piccolo trionfo» inizia a leggere il numero dieci della Roma e della nazionale. «Dopo una partita sofferta e contro un avversario più qualificato e, sulla carta, molto temibile, le Figlie d'Italia…»

Trattengo una risata con uno sbuffo. Giornalista e titolista non si sono neanche messi d'accordo su come chiamarci!

«... hanno fatto una vera e propria impresa. Se durante il riscaldamento l'infortunio di Bastioni aveva complicato i piani di coach Rondelli, la grinta e i mille polmoni di Villa non ne hanno fatto sentire la mancanza. La centrocampista romana, infatti, si è resa protagonista del match, con ben due assist, e tanta qualità…»

«Non ho capito, ho i polmoni o la qualità?» esclamo. Ma sento il mio viso andare a fuoco. Ho già letto degli articoli sul mio conto, questa non è certo la prima volta… però sentire da altri che io sono stata "protagonista" della partita mi riempie di orgoglio.

«Tutti e due!» ride Marisa.

«Vai alle pagelle, vediamo che dicono!» incita Simona. Con uno sbuffo allontana un ciuffo blu dal viso e addenta il suo cornetto con la crema, mentre Prisca volta la pagina del giornale.

«Legati: sei e mezzo. Nulla poteva il nostro portiere sulla deviazione decisiva di Torrisi. Nelle altre occasioni ha sempre risposto presente. Allasio: sette e mezzo. Il terzino dai polmoni d'acciaio è letteralmente ovunque, sulla corsia di destra. Difende con ordine e attacca con i tempi giusti. Macis: sei…

«Su di voi che dice?» insiste Simona, con un gran sorriso.

Prisca scorre l'articolo con lo sguardo. «Cicero. La torinese è ormai una garanzia. Non ha bisogno di guardare le compagne per sapere dove sono piazzate: la palla finisce sempre precisa sui loro piedi

«"Sono Marisa Cicero, ma potete chiamarmi Andrea Pirlo!"» scherza Simona, strappando una risata a tutte e tre.

«Mi manca qualche trofeo per essere come lui!» esclama la Mari, continuando a ridere.

«Come lui chi?» chiedono da un tavolo vicino.

Simona saluta il ragazzo dalle spalle larghe che ha fatto la domanda. «Buongiorno, Giù

Lui ricambia con un cenno.

«Qui il tipo che ha fatto le pagelle ha detto che lei» e Simona indica Marisa «è come Pirlo, in sostanza!»

«Beh, se vincete, il paragone ci può stare!» esclama quello.

«Mi manca tipo qualche Champion's League» commenta la regista della Juve. «E anche qualche scudetto… lui ne ha vinti parecchi.»

«Dai, Prisca, continua!» esclama ancora l'attaccante dell'Inter.

«Allora… Villa: otto. Non prevista nello schieramento iniziale, la centrocampista fa subito valere le sue ragioni, mordendo più di una volta le caviglie della Ryan. Sempre presente in fase di attacco, utile anche in difesa.»

Strabuzzo gli occhi. «Utile in difesa? Ma che si sono bevuti?»

«Hanno ingigantito un po', ma ci sta» fa Prisca, ammiccando. «Non dovevi giocare e hai fatto una buona partita.»

«Sì, infatti» concorda Simona.

«Poi, poi, poi…» riprende la mia migliore amica. «Ah, ecco. Parino: otto. Un primo tempo giocato discretamente, da lei ci si aspetta sempre quella scintilla in più. Sempre pericolosa quando tira in porta, ma è riuscita a fare gol solo alla fine. Bene, quindi mi ha dato un bel voto, ma a sentire il giudizio avrei un sei striminzito!»

«Era solo la prima partita, avrai il tempo di fare a tutti il culo a strisce» commenta la Mari.

«E su Marta, che dicono?» chiedo invece io. Dopo la lavata di capo che si è presa dalla zia…

«Colachini: sei e mezzo. Dopo un primo tempo incolore, la juventina sblocca il punteggio. Poteva sfruttare meglio i cross di Leonardi e Allasio. Simpatico.» Prisca poggia il giornale facendo una smorfia di disappunto.

«Io sono senza voto, vero?» le chiede Simona, prima di finire di bere il suo cappuccino.

«Sì, dice che sei entrata quando la partita era già decisa» sbuffa Prisca. «Spero che Colachins non legga questa merda.»

«Eh, però un po' ha ragione…» sussurra Marisa, prima di guardarsi intorno. Anche se non si fa mai nessun problema nel parlare degli altri, appare indelicato anche a lei che Marta ci ascolti.

«Ma è bastata la ramanzina della zia, no?» chiedo io, scrollando le spalle. Il problema della centravanti è sempre stato quello di lasciarsi abbattere un po' troppo dal giudizio altrui. Anche nelle under della nazionale era così.

«In teoria sì, è bastata… ma conosci Marta» dice Prisca. «Lo sai che si butta giù con un nulla.»

«Oh.»

Simona accenna con la testa all’ingresso della mensa. Prisca e Marisa si voltano in quella direzione, io devo solo allungare un po’ il collo.

Marta sta entrando ora, chiacchierando con il tipo di ieri mattina e con un ragazzetto con la testa rasata a zero. Poverino, sicuro è una matricola… negli sport acquatici gliene fanno fare davvero di tutti i colori.

«Come si chiama lui?» chiedo, per stemperare la tensione.

«Andrea Comini» risponde prontamente Prisca. Non dimentica mai un nome, né una faccia; a meno che non sia ancora intontita dal sonno, come ieri quando non si ricordava di chi fosse quel ragazzo…

«Perché, chi è?» si impiccia subito la Mari.

«Un tuffatore, simpatico» le dico prima che Prisca possa combinare un danno dei suoi. Conosce benissimo la Mari, lo sa che se lei sa un pettegolezzo, questo si diffonderà alla velocità della luce…

«Nascondiamo il giornale?» chiede Simona.

Scuoto la testa. «Sarebbe da ipocriti. Preferisco che lo sappia da noi, piuttosto che scopra da sola che non glielo abbiamo mostrato.»

L’attaccante dell’Inter si volta. Alle nostre spalle ci sono Elena, Carlotta e Livia che fanno colazione in silenzio.

«Oh, raga, potete far vedere questo a Marta?» dice Simona. «Il giornalista è stato un po’ stronzo con lei, mentre invece ha elogiato tutte quante…»

«Da’ qua» le fa Elena, con la sicurezza che le è propria in campo e fuori. «Gliene parlo io.»

Noi la ringraziamo.

«Comunque io un’altra copia alla reception me la frego» commenta Prisca. «E mi tengo i ritagli.»

Scambia uno sguardo con me e io le sorrido. Sappiamo entrambe che la nostra discussione ancora non è finita, ma per il momento sotterriamo l’ascia di guerra. Siamo qui per vivere una favola, proprio come dice quell’articolo. Non mettiamo in mezzo le stronzate che vengono da fuori.

 

   
 
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