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Autore: Riflessi    13/06/2020    7 recensioni
Draco lo sapeva che quella donna -prima o poi- l'avrebbe fatto morire...
D'odio, o d'amore.
Che, in un modo o nell'altro, lei non sarebbe mai uscita dalla sua vita, per tormentarlo deliziosamente fino alla fine dei suoi giorni.
Hermione Granger era nel destino di Draco Malfoy come Tom Riddle era stato in quello di Harry Potter: una persecuzione costante, continua, perenne, che l'avrebbe portato alla pazzia totale... o forse chissà, l'avrebbe invece salvato dal profondo abisso della solitudine!
SEQUEL DE "LE FIABE OSCURE"
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 30
-Il filo rosso del destino-


 

Ministero della Magia. Ufficio Misteri.

L'ultimo frammento del quadro maledetto di Gellert Grindelwald, si carbonizzò, cadendo a terra in uno sfrigolio di scintille aranciate.

Era tutto finito.

L'Obscurus, o quel poco che era rimasto di lui, si ritirò improvvisamente, liberando pure il corpo di Hermione Granger dal suo terrificante abbraccio.
Egli, con le ultime forze malefiche, aveva provato a prendersi gioco di lei un'ultima volta, catapultandola in un sogno delirante in cui le aveva fatto credere di non aver mai vissuto l'ultima parte della sua vita.
E sarebbe riuscito ad immergercela così completamente, in quell'incubo, da non farla mai più svegliare... ma Harry Potter aveva capito come distruggerlo, ed era stata la fine.

Le sue spire fumose svanirono nell'aria; l'elettricità che di solito lo accompagnava scomparve; la sensazione di gelo e di angoscia che provocava di solito negli esseri viventi, si volatilizzò.

Era tutto finito.

Harry chiuse gli occhi, ringraziando mentalmente Dio, mentre la risata demoniaca del bambino riecheggiò nella sala sempre più debole, fino a non sentirsi più.
L'Ardemonio si era placato: gli Auror erano riusciti a domarlo.

Era tutto finito. Per davvero, stavolta.

Io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene o nel male, mettere a posto.

Dopo tutto il caos, un silenzio pacifico aveva invaso l'Ufficio Misteri, un silenzio calmo, tranquillizzante: la quiete dopo la tempesta.
Hermione si svegliò dalla trance sbattendo gli occhi rossi di pianto. Che diavolo era successo? Aveva sognato?
Boccheggiò sconvolta.
Era stata tutta un'allucinazione?
Forse quella creatura infame aveva provato a giocarle l'ultimo scherzo prima di morire, entrando nella sua mente provata, per farla impazzire. Cercò di riprendere il contatto con l'ambiente circostante sbattendo le palpebre: era confusa ed incredula.
Hermione non capiva quasi più quale fosse la realtà. Quando provò a guardarsi attorno però, riconobbe l'Ufficio Misteri, e la verità le crollò addosso impedendole quasi di respirare. Era stato tutto autentico, fino alla fine... fino al momento in cui era arrivata di corsa al nono livello del Ministero ed aveva sentito un Auror dire: "E' morto? E' morto o no, dannazioneee?!" Ed un altro rispondere: "Credo di sì!"

Sì, era stato solo un sogno quello di ritrovarsi a casa, con Pepper che svolazzava in salotto e lei che mandava un gufo di convenevoli ad un Malfoy quasi estraneo.

Hermione era ancora premuta contro il petto caldo di Harry che cercava di rassicurarla come sempre. Ricordò che una scena simile era avvenuta anche il 2 maggio del lontano 1998, sullo sfondo di un castello semi-distrutto e pieno di morti: si erano abbracciati per farsi forza, sigillando il patto di un'amicizia eterna come l'universo stesso. Allora però era ancora una ragazzina con tanta voglia di ricominciare, perciò le era stato piuttosto facile rimboccarsi le maniche per andare avanti; ma adesso... non sarebbe stato come quella volta! Ora rialzarsi in piedi ed affrontare di nuovo il futuro, era molto più difficile.
Hermione, questa volta, aveva perso nella battaglia qualcosa di più: aveva perso un pezzo di cuore.

Aveva perso l'amore della sua vita.

Le cedettero le gambe, nel momento esatto in cui la realtà la travolse in tutta la sua spietatezza: Draco era davvero morto.
D'ora in poi non avrebbe più potuto lottare per quel loro sentimento tormentato, o sbuffare per il suo carattere difficile, per il suo lato così arrogante, asociale, menefreghista, irascibile, sprezzante; o mandarlo al diavolo quando lui prendeva malignamente per il culo i babbani; o sbattergli in faccia la sua ottusità da aristocratico purosangue; o consolarlo nei suoi momenti di depressione più nera; o farlo incazzare quando gli chiedeva di stipendiare il suo elfo domestico liberandolo di fatto dalla schiavitù! O amarlo disperatamente, ogni volta come se fosse l'ultima.
Quasi quasi avrebbe preferito rimanere intrappolata in quella specie di incubo che il bambino maledetto (per pochi minuti) era riuscito ad instillarle nella mente... perché lì almeno, Draco era ancora vivo, anche se la disprezzava come al solito.

Da qualche parte della sala intanto, si sentì Shacklebolt iniziare ad abbaiare ordini con voce profonda:
"Sigillate l'entrata dell'Ufficio Misteri! Impedite a tutti di entrare. Confondete con un incantesimo chi è troppo insistente. Rimettete in ordine e riparate ciò che può essere riparato! MUOVERSI! MUOVERSI!"

Hermione ascoltava le disposizioni di Kingsley come se esse arrivassero da molto lontano, attutite, un po' ovattate, e si lasciò trascinare da Harry verso l'uscita senza più alcuna energia. A cosa sarebbe servito dibattersi, in effetti? Aveva perso perfino la forza di camminare, tanto era il dolore.
Si sentì talmente vuota che di colpo comprese VERAMENTE quale potesse essere la sensazione di venire baciati da un dissennatore. Ne percepì tutta sciagura, la tristezza, la vacuità, il concetto del NIENTE che ti aspetta da vivere fino all'ultimo respiro.
Forse d'ora in avanti si sarebbe crogiolata in una sorta di apatia continua, di disillusione, di gelo profondo. Sarebbe divenuta una di quelle donne spietate votate solo alla carriera, senza affetti, senza alcuna compagnia.
D'altronde, come poteva tornare ad amare ancora?! Amare di nuovo?! Follia.
No, no no no. Mai più.

Si ama davvero, profondamente, con tutta l'anima, una sola persona nella propria vita. E lei questo amore lo aveva già provato.

Hermione ricordava che c'era una leggenda babbana, da qualche parte dell'oriente... essa narrava di un filo rosso che legava le anime gemelle indissolubilmente. Un filo indistruttibile, lunghissimo ed invisibile, allacciato al mignolo della mano sinistra di ognuno, e che non teneva conto né della distanza, né dell'età, né della classe sociale! Quel filo, da solo, era capace di tenere unite le persone destinate a stare insieme... anche se esso, a volte, era così lungo da aggrovigliarsi ed intrecciarsi in strani nodi.
Lei lo aveva visto, il LORO filo, con gli occhi della mente: era sottile, carminio, in apparenza fragile, e talmente lungo ed attorcigliato, da farla disperare. Eppure, con estrema pazienza, quei nodi era riuscita sempre a scioglierli. Cos'era successo all'improvviso?!
Si era spezzato irreparabilmente. Così, di colpo. Perché, maledizione??? Forse non era vero allora che quel filo fosse poi così resistente come la leggenda narrava! Aveva ceduto troppo presto... non aveva resistito alle continue pressioni.
Dov'era, adesso, l'amore eterno? L'amore che supera ogni scoglio, l'amore che dà pace all'anima?

Tutto finito.

Hermione ora aveva bisogno solo di andare a casa. Voleva chiudersi nel suo dolore, al buio della sua camera, senza parlare, senza mangiare, senza dormire, e magari senza respirare.

Si lasciò trascinare senza neppure notare che il grande Capo degli Auror era distrutto tanto quanto lei: la morte di Malfoy gli aveva lasciato un buco in mezzo al petto che difficilmente si sarebbe rimarginato!
Draco Malfoy, in fondo, era stato il suo miglior nemico...


"Per tutto il treno vanno dicendo che Harry Potter si trova in questo scompartimento. Sei tu?"
"Sì!" Disse Harry.
"Io mi chiamo Malfoy. Draco Malfoy."
Ron diede un colpetto di tosse che avrebbe potuto benissimo dissumilare una risatina. Draco Malfoy lo guardò.
"Trovi buffo il mio nome, vero? Non c'è bisogno che chieda a te come ti chiami. Mio padre mi ha detto che tutti i Weasley hanno i capelli rossi, lentiggini e più figli di quelli che si possono permettere."

Si rivolse di nuovo ad Harry: "Non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono migliori di altre, Potter. Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate?! In questo posso aiutarti io."
Allungò la mano per stringere quella di Harry, ma lui non la prese.
"Credo di esser capace di capire da solo chi sono le persone sbagliate, grazie." Gli rispose gelido.


Era iniziato tutto così, fra loro: con una mancata stretta di mano ancora indelebile nei suoi ricordi.
Chissà cosa sarebbe successo se quella mano gliel'avesse porta, pensò ora: forse tante cose, o forse proprio niente! In fin dei conti, erano stati smistati comunque in due case diverse, uno a Serpeverde, l'altro a Grifondoro.


"H-Harry... Harry aspettate un attimo!"
Mentre gli Auror correvano a destra e manca per affrettarsi ad eseguire gli ordini del Primo Ministro, la voce di Ron si elevò un po' timida sul rumore sommesso che essi stavano facendo.
Aveva gli occhi sgranati, e puntava il dito verso un punto preciso. Il suo amico non se ne curò particolarmente, e continuò a guidare Hermione verso la porta.

"HARRY!" Tuonò Ron più forte.

"Porto via Hermione Ron, torno subito!" Gli rispose il cognato leggermente snervato.

"NO, CAZZO! Devi darmi retta ORA!"

Harry si voltò di scatto per dirgli di non fare il cretino, per dirgli che non era il momento di impuntarsi come un ragazzino, di non essere petulante, ma... ciò che Ron gli indicò -con la faccia stravolta dallo stupore- lasciò senza fiato anche lui: sul pavimento pieno di cenere, cocci, resti di oggetti ormai indefinibili e scaffali crollati... proprio lì dove Malfoy giaceva TEORICAMENTE morto, c'era un uomo vivo.


Draco era seduto per terra con i gomiti poggiati stancamente sulle ginocchia, e si teneva la testa fra le mani, esausto. Non si era neanche accorto che tutti si erano fermati a guardarlo come fosse un fantasma appena uscito dal suo corpo mortale. Lui stava soltanto cercando di riconnettere, di capire cosa diavolo gli fosse successo: si sentiva così male che era certo che qualcuno lo avesse riempito di botte. Tremava, era sudato, scottava, ed era estremamente confuso.
Si strofinò il viso stanco, cercando di schiarirsi la vista e le idee, finché ricordò di essere stato travolto dall'Obscurus, alla fine della battaglia: ecco il motivo dei tremori e del sudore! Sollevò gli occhi di corsa per sapere come fosse andata a finire, e quel che vide lo confuse ancor di più: Weasley era sconvolto e lo guardava come si guarda un dissennatore in procinto di baciarti; Hermione -bianca come uno straccio- aveva il viso inondato di lacrime e sembrava aver appena assistito alla resurrezione del Signore Oscuro; Potter invece gli stava puntando la bacchetta di sambuco contro, accompagnato da un'espressione indecifrabile ma determinata.

-Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d’infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere.

Forse è inutile dire che il cuore di Hermione Granger ebbe un tuffo nel vederlo respiare e muoversi. E che tutto intorno a lei divenne inconsistente per un momento, come se nient'altro fosse importante.


"D-Draco!"
La voce infatti, le era uscita dalla gola incerta, timida. Quasi incredula.
Chi ama, crede nell’impossibile. E per lei, l'impossibile era successo.


Dio santo! Stava pensando intanto Draco: poteva, il pianto, renderla ancora più bella di ciò che era?
Aveva una maledetta voglia di alzarsi da quel cazzo di pavimento e stringersela addosso fino a farle male. Però non ce la faceva, gli mancavano le forze, e lei continuava a piangere, mentre lui non capiva il perché: gli Auror stavano rimettendo a posto i danni, e il quadro era completamente bruciato, per cui... doveva essere per forza tutto finito! Si disse.
Poi la vide scattare verso di lui, con gli occhi gonfi ed un impercettibile sorriso ad incresparle le labbra... e Draco la attese, pronto a prenderla fra le braccia e dirle che non sarebbe più scappato da lei, da loro. Dall'amore in generale. Che era stufo di tormentarsi per un passato di cui non importava più niente a nessuno; che non gli faceva più paura vivere alla luce del sole; che la voleva con tutta l'anima; e che se ci fossero stati ancora problemi fra loro, fanculo...  li avrebbero risolti insieme!

"FERMATI HERMIONE!"
Potter la bloccò, afferrandola per un braccio con un movimento brusco e facendola quasi sbilanciare.

Scese il silenzio.

Ma che cazzo voleva quel deficiente? Draco digrignò i denti, provando a sollevarsi. Ci riuscì con fatica, e si rimise in piedi barcollando, instabile.

Hermione era allibita, aveva le guance rosse ancora rigate di lacrime. Li guardava alternativamente, lui e Potter, senza sapere cosa fare.
Perché mai doveva fermarsi? Si stava chiedendo lei, mentre prendeva ampi respiri per calmarsi.
Draco era vivo. VIVO!
Era come se il sangue avesse ricominciato a circolarle nelle vene dopo un lungo stop.
L'Obscurus NON lo aveva ucciso; lo aveva soltanto travolto e poi lasciato crollare a terra senza sensi. E tutti loro, come stupidi, si erano convinti l'avesse ammazzato! CHE IDIOTI.
Si asciugò il viso bagnato con la manica della camicetta chiara, sporcandola un po' di mascara, e dopo provò a liberarsi dalla presa ferrea dell'amico, che ancora la teneva ferma.

"Lasciami andare da lui, Harry!" Affermò, determinata.
"Non posso, Hermione!"
"Ma perché, dannazione?!?!?" Si innervosì lei.
"Devo essere sicuro!"
"Sicuro di COOOSA?!" Sbraitò la ragazza, disperata. "Non lo vedi?! Ha bisogno d'aiuto!" Gli occhi le si erano di nuovo riempiti di lacrime.

In effetti, Draco riusciva malamente a reggersi in piedi, aveva le occhiaie, ed il suo volto normalmente già pallido, era del tutto cadaverico.
Harry però non poteva lasciare nulla al caso: ricordava ancora la capacità del bambino maledetto di mutare forma e di diventare umano, come quella volta che aveva picchiato Hermione nel suo ufficio, spacciandosi per Malfoy. E se fosse stato ancora lui? L'Obscurus!?!
Era sicuro che il demone fosse stato distrutto insieme al quadro, ma aveva bisogno della certezza assoluta! Allora si voltò di scatto verso Malfoy e gli abbaiò contro:
"Chi sei?" Puntandogli la bacchetta di sambuco contro.

Draco sgranò gli occhi, allibito.
"Che vuol dire chi sono, Potter?!" Gli rispose infatti, interdetto. Si sentiva stanco, tremava ancora leggermente, e quell'insinuazione lo stava seccando parecchio.

"Tu non sei Malfoy!" Tuonò l'Auror più forte.

"Harry... ti prego!" Gemette Hermione. "E' lui, certo che è lui! Non preoccuparti, non corro alcun pericolo. Lasciami andare, ti scongiuro."

"Tu sei pazzo, Potter." Sputò Draco, nero di rabbia. "E abbassa quella dannata bacchetta!" Disse con il fiatone.

"Prima dammi una prova che sei tu!" Insisté Harry, senza minimamente accennare a rinfoderare l'arma.

"E che cazzo vuoi che faccia, eh!?" Gridò Draco, che si stava già stancando di quel teatrino ridicolo.
Dopotutto, Potter aveva sempre avuto la fantastica capacità di farlo uscire dai gangheri: non era affatto una novità per lui.

"ABBASSA. QUELLA. DANNATA. BACCHETTA." Ripeté quindi con voce profonda ed alterata.

"Tu provami la tua identità." La voce di Harry era estrememente risoluta.

"Falla finita." Ribadì l'altro.

"No!"

Erano ai ferri corti, sarebbe bastata una parola di troppo a far scoppiare il putiferio.

Ron ed Hermione avevano indietreggiato, guardandosi sbigottiti negli occhi.

"ABBASSALA, ho detto!"

"Non mi fanno paura le tue patetiche minacce, Malfoy! Io devo appurarmi che sia davvero tu, e non cederò solo perché ti senti leso nell'orgoglio."

"Io non ho da dimostrarti proprio niente!" Sputò furibondo Draco, che aggiunse, velenoso: "Dio.... Che sia mille volte maledetto il giorno in cui ti salvato le chiappe a casa mia facendo finta di non riconoscerti!"

Si riferiva al periodo della guerra, rifletté Harry. A quando i Ghermidori lo avevano catturato insieme a Ron ed Hermione in mezzo alla foresta, per portarli subito a villa Malfoy. Era vero: erano scampati da morte certa solo grazie a lui, che -chissà perché- aveva finto di non averli mai visti.

"Vaffanculo, Potter... sei sempre stato un manico di scopa ficcato su per il culo!" Aggiunse il ragazzo, stizzito.

Sì! Era lui. Era davvero Malfoy! S'illuminò l'Auror, mentre senza troppa preoccupazione adocchiava il biondo piegarsi sulle ginocchia ed afferrare la propria bacchetta abbandonata sul pavimento.

Draco era un fascio di nervi. Purtroppo, vedere Potter che lo teneva sotto tiro come se fosse stato un Asticello indifeso, gli aveva annebbiato il cervello a tal punto che (proprio mentre l'altro si rilassava, ormai certo che Malfoy fosse davvero Malfoy) si ritrovò a gridare:
"EXPELLIARMUS!"

Draco si era rotto il cazzo di quella bacchetta puntata contro neanche fosse stato un evaso di Azkaban! Si era rotto il cazzo di dover dare sempre spiegazioni a qualcuno! Si era rotto il cazzo di sopportare e sottostare all'autorità di Potter e del potere che aveva sugli altri; e si era rotto il cazzo pure di stare lì dentro, quando tutto ciò che il suo corpo stremato gli stava chiedendo, era di andare a casa per buttarsi sul letto. Lo aveva disarmato, senza stare troppo a pensarci su. Un gesto istintivo, che risultava spesso ordinario di fronte ad un nemico. Quasi involontario. IMPULSIVO.

Un Expelliarmus... e come al rallentatore, la bacchetta di sambuco volò via dalle mani di Harry, seguendo un'ampia parabola sotto gli sguardi scioccati di tutti. Ci vollero un paio di secondi, prima di vederla cadere sul pavimento di pietra pieno di cenere e resti indefinibili di manufatti bruciati.

Poi, calò il gelo.
Nessuno aprì più bocca. Kingsley Shacklebolt smise addiritura di abbaiare ordini, e decise di seguire le scena.

Gli altri erano rimasti immobili a guardare Malfoy con gli occhi leggermente sgranati; e per un tempo apparentemente lunghissimo, Draco non capì affatto il motivo di quella bizzarra reazione. Perfino Potter aveva smesso di blaterare le sue idiozie!
Si sentì d'improvviso fuori posto, come se avesse fatto qualcosa di profondamente errato che andava oltre il semplice disarmo.
Era letteralmente circondato da persone che lo guardavano male! Oddio... non che non fosse abituato a ricevere trattamenti simili! Solo che era palese ci fosse qualcosa di sbagliato in ciò che aveva fatto, anche se non sapeva bene cosa.

Fu travolto da un senso di totale impotenza.

Era forse quella l'impressione che provava Toby ogni volta che veniva rimproverato da lui e da suo padre?
Poteva pure sembrare assurdo ma, per un istante, il ricco, potente, e altezzoso Draco Malfoy empatizzò con il suo elfo domestico, capendo perfettamente la tendenza che quello aveva di piangere e di darsi pugni sulla testolina spelacchiata quando sbagliava a servirlo. Se non avesse rischiato di farsi prendere per pazzo da Hermione, anche lui si sarebbe andato a chiudere le orecchie nel forno, in quel momento!!! Così si ripromise solennemente di schiavizzarlo un po' meno, e magari di allungargli un paio di zellini a settimana, giusto per mettersi in pace con la coscienza.

"Draco!!!"
Una voce lo chiamò. Era lei. Lo aveva invocato con l'aria turbata. O forse no, non lo stava propriamente invocando, gli sembrò più che altro che lo stesse SGRIDANDO, sì!
Ok... era arrivato il momento di capire cos'era che aveva fatto, di tanto oscenamente sbagliato.

"T-Tu... tu hai disarmato Harry!!!" Gli disse lei, spalancando gli occhi per lo shock.

Lui si guardò attorno, aggrottando le sopracciglia e, nello stesso tempo, stringendo i denti per un giramento di testa dovuto alla debolezza.
"E con questo?! Non gli ho mica lanciato una Cruciatus!" Le rispose attonito.

"Ooh Merlino!" Si intomise Ron, sbuffando in direzione del soffitto. "E' deficiente, parola mia!" Mormorò poi, convinto.

Draco riacquistò di colpo tutto il colorito perso e, a fatica, sputò: "Ripetilo, Weasley!" Pronto pure ad un duello, se fosse stato necessario.

"Certo che te lo ripeto! Sei un defic..."
"SMETTETELA!" Tuonò Harry, che dopo essersi passato le mani fra i capelli più e più volte, era riuscito a darsi una calmata. Intanto aveva raccolto la bacchetta da terra e, senza dire nulla, l'aveva offerta a Malfoy...

"C-Cosa significa, Potter? Come mai la stai dando a me!?!?" Gli domandò lui, frastornato. Poi guardò Hermione negli occhi, e si accorse che aveva un'espressione strana, come se avesse timore di lui; e ciò lo mandò in bestia: "Si può sapere che cazzo avete tutti quanti?! E perché siete impalliditi?!"
Non gli rispose nessuno sulle prime, solo il silenzio.

Il Ministro della Magia intanto, prese a riflettere sull'eventualità di arrestare tutti quanti, soprattutto Malfoy, per i danni che avevano procurato all'Ufficio Misteri...

Dopo qualche secondo, con un sospiro profondo, Hermione si decise a parlare: "La bacchetta di sambuco, Draco! Disarmando Harry, sei tornato ad esserne il proprietario. E' così che funziona."

Cazzo.
Draco era di nuovo il proprietario dell'arma più potente che da secoli circolava in tutto il mondo magico. Ma il problema, era che lui non aveva minimamente pensato di disarmare Potter per appropriarsene! Se n'era dimenticato. Non l'aveva fatto di proposito. Ed ora non sapeva cosa fare.
Era stordito.
"E'... p-per questo che... c-che all'improvviso avete paura tutti quanti!?" Balbettò, indignato. "Voi... Voi siete convinti che io l'abbia fatto apposta, non è così?"

Gli altri abbassarono lo sguardo, colpevoli; Hermione invece, un pochino più determinata, farfugliò qualcosa senza senso: "N-No, Draco! Non... è solo... cioè..."

In realtà, Hermione era stata investita da una profonda inquitudine; era CERTA che lui non avesse minimamente pensato alle conseguenze di quel gesto impulsivo: in ciò gli credeva ad occhi chiusi. Ma il rischio era che il potere immenso della bacchetta gli desse alla testa... lui che era così debole, solo, e criticato da tutto il mondo magico.

Draco però non capì, e la guardò malissimo. Poi, rosso in volto, strepitò:
"Cosa credete che ci debba fare con la bacchetta di sambuco, eh??? Il novello Signore Oscuro!?!"

"No, Draco... ovvio che no." Gli disse Hermione timidamente, avvicinandosi a lui. Sorrise appena, per trasmettergli sicurezza, e provò a spiegargli cosa la turbava davvero: "Noi quest'arma la conosciamo molto bene... e lo sappiamo QUANTO è pericolosa! Nel corso dei secoli, in nome di essa, sono stati commessi i peggiori crimini, Draco! E chiunque l'ha posseduta è stato costretto a prendersi responsabilità il più delle volte troppo grandi da sopportare, oltre ad accettare tutti i rischi che comportava esserne proprietari. Molti maghi sono morti, per colpa sua. La sua storia è costellata di dolore, violenza, e sangue. Silente è stato l'unico mago della storia a riuscire a gestirla!"

Draco fuggì il suo sguardo, interdetto, ed ancora troppo offeso per quella mancanza di fede che tutti avevano ancora nei suoi confronti. Era davvero così difficile dargli un minimo di fiducia? Eppure aveva cercato in tutti i modi di dimostrare che non desiderava più il male, quello vero.

"Ho bisogno di andare via." Disse allora, in tono basso, cupo. Non ce la faceva più a stare in piedi, con i tremori che ancora gli scuotevano il corpo... ed aveva un estremo bisogno di riflettere.
Hermione accennò a volerlo seguire, ma lui la gelò, scuotendo il capo: "No. Da solo."

Da solo.

E se ne andò così, in silenzio, le spalle curve, la bacchetta di sambuco ancora fra le dita, ed una profonda delusione nello sguardo.

Kingsley Shacklebolt non lo fermò. Dopo aver meditato intensamente, aveva deciso di lasciarlo andare dall'Ufficio Misteri con un sospiro comprensivo. Non lo avrebbe arrestato. E non avrebbe arrestato nessuno di loro. Non lo meritavano.



Continua...






-Io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene o nel male, mettere a posto. (Niccolò Ammaniti)

-Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d’infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere. (Luigi Pirandello)
   
 
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