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Autore: mask89    15/06/2020    18 recensioni
Naruto è in esilio auto inflitto, ma un omicidio, legato a delle circostanze misteriose, lo costringe a ritornare a Konoha, dove sarà costretto ad affrontare il suo passato.
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Jiraya, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno | Coppie: Minato/Kushina, Naruto/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Chapter III

 
Kakashi odiava il caldo asfissiante. Non sopportava il sudore che usciva da ogni poro della sua pelle e che irrimediabilmente faceva aderire i vestiti al corpo. Quella sensazione lo infastidiva parecchio. Voleva andarsene il più presto possibile da quella fornace a cielo aperto che era Suna. Si guardò intorno alla ricerca di un taxi, quello doveva essere il suo giorno sfortunato, non ve ne vide neanche l’ombra. Da quando quel buco d’inferno era diventato una meta turistica? Oppure per festeggiare la sua venuta, tutti i tassisti avevano deciso di scioperare in blocco? Optò di aspettare la circolare, che doveva portarlo dall’albergo vicino l’aeroporto in centro, sotto la capannina preposta ma, dopo trenta secondi passati lì sotto, scartò l’idea. Era peggio di una sauna. Preferì crogiolarsi sotto il sole. Finalmente la fortuna sembrava arridergli, l’autobus stava arrivando, ma appena fu salito si dovette ricredere, ovviamente l’impianto di condizionamento era fuori uso. Si chiese se ultimamente avesse pestato i piedi a qualche divinità per meritarsi quella giornata e non si poteva dire che il tutto stava per concludersi, tutt’altro, era ragionevolmente sicuro che il peggio doveva ancora venire. E se il buongiorno fosse stato quello, avrebbe fatto bene ad armarsi di molta pazienza e sangue freddo, virtù che, fortunatamente, non gli mancavano.
Nonostante fosse lì ormai da alcuni giorni, non riusciva a capacitarsi di come quella città fosse così fiorente, letteralmente un’autentica oasi del gioco d’azzardo nel deserto. Come poteva la gente accettare con tanta tranquillità il fatto di perdere soldi in quella robaccia? Certo, a Jiraiya sarebbe piaciuto e non poco essere in quel posto, una volta tanto il destino aveva deciso di essere clemente con lui, altrimenti la missione si sarebbe complicata e non di poco. Il telefono vibrò, lo stava avvisando che era quasi vicino alla fermata che gli interessava. Spinse il pulsante per prenotarla. Inspirò ed espirò lentamente, quello che stava per affrontare non gli piaceva per niente. Si guardò intorno, per essere in pieno centro la zona non era messa bene, le facciate dei palazzi che svettavano prepotenti contro il cielo, erano molto deteriorate e le insegne di molti negozi erano malandate. Ma la cosa non lo preoccupava più di tanto, la sua attenzione era focalizzata nel cercare un piccolo negozio di informatica. Le ricerche, durate diversi giorni, avevano dato i loro frutti. Diede uno sguardo sullo smartphone per ricontrollare il civico, quello che cercava era qualche metro più avanti. Dopo una breve camminata arrivò davanti alla porta del negozietto che gli interessava, fatiscente anche quella. Si chiese come diavolo poteva aver accettato di vivere in quel buco dimenticato da Dio.


Sakura Haruno se lo sentiva che quello era il giorno sbagliato per arrivare tardi a lavoro, non che fosse una ritardataria abitudinaria, tutt’altro, le piaceva arrivare puntuale ad ogni appuntamento, se non in anticipo. Quella era stata una mattinata particolare, eufemismo di una notte travagliata, passata sulla tazza del wc a rimettere anche l’anima. Nessun malessere dovuto al cibo ingerito la sera prima, almeno se lo si intende come qualcosa di solido. Però, tecnicamente, anche l’alcool è un alimento, visto che ha un buon potere calorico, e lei, la sera precedente, ne aveva un tantino abusato; se per un tantino abusato, ovviamente, si intende una sbornia di dimensioni bibliche. Si sentiva tutta indolenzita e la testa le pulsava dolorosamente, ma doveva sbrigarsi, quelle dieci chiamate, a cui malauguratamente non aveva risposto e che aveva ricevuto da parte della sua professoressa, nonché suo capo, le avevano messo addosso uno stato di agitazione non indifferente. Salì le scale che portavano all’ufficio alla massima velocità e al maggior sforzo che le sue gambe le consentivano, rischiando non poche volte una caduta rovinosa. Arrivò finalmente davanti alla fatidica porta, aveva il cuore a mille e il fiatone; senza indugiare oltre aprì l’uscio. L’espressione che aveva la vecchia Tsunade Senju non presagiva nulla di buono ma, nonostante tutto, non un filo di rughe poteva intravedersi su quel volto. Com’era possibile che quell’ultra cinquantenne fosse del tutto immune allo scorrere del tempo? Come faceva il suo seno, una sesta coppa D, ad essere ancora ben sodo come quello di una ventenne? Come poteva la sua bionda chioma ad essere così lucente e in perfetto ordine ogni giorno? Scacciò quelle stupide domande dalla testa, non era il momento adatto. Eppure, ogni volta che la vedeva, ovvero ogni giorno, le ritornavano puntualmente in mente. Chiuse lentamente la porta, come a voler ritardare il più possibile l’inevitabile sfuriata che l’avrebbe colpita.
“Hai esattamente cinque secondi per trovare una scusa plausibile per il tuo ritardo mostruoso” disse la donna visibilmente alterata.
“Ecco io…”
“Tu?” La incalzò la bionda.
“Io…io”.
“Sono già passati quattro secondi, faresti meglio a giocarti l’ultimo in un modo migliore.”
“Ieri sera ho esagerato con l’alcool e stamattina non ho sentito la sveglia…”
Vide la sua professoressa alzare il sopracciglio destro in un modo quasi innaturale, se la situazione non fosse stata seria si sarebbe messa a ridere.
“Dimmi, per caso, in un modo del tutto casuale, ha a che fare con il tuo quasi marito, nonché ex fidanzato?”
Il silenzio che seguì quella domanda, accompagnato dalla testa china di Sakura, fu una risposta molto eloquente. Tsunade si portò la mano al viso, incredula. L’ira che aveva provato poco prima verso la sua discepola, fu sostituita da una rabbia cieca verso Sasuke Uchiha, ovvero quel “grandissimo stronzo”, come amava definirlo lei, dell’ex della sua miglior allieva, nonché pupilla.
“Quante volte devo ripeterti che struggersi per quel grandissimo deficiente è la cosa peggiore che possa fare a te stessa?”
“Professoressa, vede, io…”.
“Nessuna scusa Sakura, lasciarvi è stata un’autentica fortuna!”
“Se per lasciata intende scaricata una settimana prima del matrimonio, allora sì, sono stata proprio fortunata.” Disse sarcasticamente.
“Preferivi scoprire dopo il matrimonio che ti tradiva con un’altra?” ribatté acidamente la donna più anziana.
“No…” rispose flebilmente.
“Allora smettila di piangerti addosso, ormai sono passati quasi sei mesi. Sei una donna bella, ma soprattutto estremamente intelligente. Vedrai che c’è qualcuno lì fuori che non vede l’ora di conoscerti e passare la vita assieme a te!” Accarezzò il volto della sua allieva. “Bene, visto che il ritardo è giustificato a causa del traffico e siamo in super ritardo, direi di andare direttamente alla morgue, saltando la nostra colazione rituale.”
“La morgue? Ma non sono specializzata in medicina forense!”
“Lo so, ma Shizune ha bisogno di aiuto, quindi ti tocca venire.”
Sakura deglutì nervosamente. Nonostante fosse un medico, la vista di un cadavere riusciva ancora a disturbarla, preferiva di gran lunga aver a che fare con i pazienti, ma Tsunade era sta inamovibile. Mentre si avviava con il suo mentore verso la sala per le autopsie, sentiva la nausea sconvolgerle lo stomaco.
 

Kakashi constatò che l’interno del negozio di elettronica in cui era entrato era in perfetta sintonia con l’esterno. Si guardò intorno, sugli scaffali era presente merce vecchia già di diversi anni. Lo spesso strato di polvere confermava quella prima impressione, per non parlare dell’ordine, completamente assente.  Aguzzò la vista in quel marasma per vedere se vi fosse qualcuno. Osservò che al bancone vi era un ragazzo dai capelli rossi, con degli occhi azzurri contornati da profonde occhiaie e con un tatuaggio sulla parte sinistra della fronte. Mentre si avvicinava alla postazione, constatò che il ragazzo lo guardava con un’espressione indifferente, come se la sua presenza in quell’ambiente non fosse significante. Di rimando lui contraccambiò quello sguardo, sfoderando una delle sue migliori espressioni neutre, di certo un ragazzino non poteva intimidirlo.
“Cerco Naruto Uzumaki, so che lavora in questo negozio, potresti gentilmente chiamarlo?”
Il ragazzo continuò a ignorarlo, cosa che lo irritò non poco, ma doveva mantenere la calma, per la buona riuscita della missione, d’altronde, nessuno gli aveva detto che sarebbe stato facile. Riprovò a formulare la domanda, ma il risultato rimase identico, il ragazzo rimane impassibile, cose se la sua figura fosse stata evanescente. Mandò tutti i suoi buoni propositi a farsi benedire, in un impeto di rabbia gli afferrò il braccio, che era posato comodamente sul bancone. Finalmente ottenne la reazione sperata, vide l’espressione del ragazzo farsi dura, ostile.
“Fossi in te mollerei la presa su quel braccio, almeno se ci tieni ad uscire con le ossa tutte integre da questo posto.” Lo avvertì una voce proveniente dal laboratorio, situato dietro il bancone.
 “Vedo che ti sei deciso ad uscire allo scoperto” disse Kakashi, lasciando andare il braccio del ragazzo dai capelli rossi.
“Scusami se non muoio dalla voglia di rivederti” rispose un ragazzo biondo dagli occhi azzurri, con una voce pieno di risentimento “Cosa ci fai qui?”
“Ti cercavo”.
“Questo è evidente, ma ancora non hai risposto alla mia domanda.”
 “Abbiamo un problema. Vorrei parlarti in privato.”
“Gaara è una persona di cui mi fido ciecamente. Se desideri tanto parlarmi devi farlo in sua presenza.”
L’uomo guardò lo strano duo che aveva di fronte, alzò le braccia come ad indicare la resa a quelle condizioni. Se Naruto aveva detto che dello strano ragazzo rosso ci si poteva fidare, non vi era motivo di dubitare. Aveva fiducia in quello che un tempo era stato il suo allievo.
“Come vuoi tu, per me non ci sono problemi. Come ho già detto abbiamo un problema e tu sei l’unico capace di risolverlo.”
“Se pensavi di venire qui e fare qualche complimento, che per altro poco si adatta al tuo stile, e convincermi a tornare, ti sbagli di grosso, io a Kumogakure non ci torno.”
“Nessuno ha parlato di Kumo, non siamo più operativi lì, siamo andati via di da poco più di un anno, poco dopo che tu sei andato via ci siamo trasferiti. La nostra sede attuale è Konoha.”
Vide gli occhi sgranarsi dallo stupore, sapeva molto bene del suo particolare rapporto con quella città, ed era a conoscenza di quanto lui non ci volesse mettere più piede.
“Devi essere completamento impazzito per venire qui e chiedermi di rientrare nei ranghi e, a Konoha addirittura. Non se ne parla minimamente, la questione si chiude qui.”  Diede le spalle al suo interlocutore pronto a tornare in laboratorio.
“Aspetta, c’è altro che devo dirti.”
“Cosa non ti è chiaro? Ho detto chiaramente che la questione finisce qui.”
“Non riguarda il motivo per cui sono venuto qui. È per ciò che è successo un anno e mezzo fa.”
Naruto lo guardò con uno sguardo pieno di rabbia, non lo aveva mai visto così, ma capiva che far riferimento ad un certo evento non poteva che causare rabbia e dolore.
“Ricordi cosa ti dissi il primo giorno di addestramento?”
“Di certo, in questo mondo, chi infrange le regole è feccia. Ma quelli che abbandonano i compagni sono peggio della feccia.” Rispose il biondo con tono sprezzante.
“Esattamente. Io sono peggio della feccia.” Vide il biondo sgranare gli occhi. “Un anno e mezzo fa dovevo esserti vicino come maestro e come amico; avrei potuto, anzi, avrei dovuto fare di più e invece non ho fatto nulla…per quanto tardive, voglio porgerti le mie scuse.”  
Portò una mano alla tasca destra del giubbotto che indossava e tirò fuori una lettera.
“È di Jiraiya, mi ha detto di consegnartela, sono all’oscuro del suo contenuto” e poggiò il plico sul bancone. “Io sarò fuori al locale per la prossima ora. Se scaduto quel tempo non sarai uscito, prenderò atto della tua decisione e ritornerò a Konoha, è stato un piacere rivederti Naruto.”
L’ora era quasi scaduta. Cominciò a mettere lo zaino in spalla, per potersi così avviare verso la fermata del bus, quando sentì la porta del negozio aprirsi. Vide nella mano destra del suo ex allievo il suo ormai storico borsone, di un colore improbabile: arancio e nero.
“Sei sicuro della scelta che hai fatto Naruto?”
“Sarà meglio sbrigarsi” rispose in un tono asciutto. “Se non riusciamo a prendere l’autobus che passa fra dieci minuti, saremo costretti a rimanere due ore sotto il sole ad aspettarne un altro e non ne ho voglia.”



Angolo autore

Ciao a tutti! Eccomi qui con il terzo capitolo.
Vorrei ringraziare chi ha deciso di mettere la storia nelle seguite e chi ha deciso di lasciare un commento, grazie per il tempo che mi avete dedicato.
Spero che il capitolo sia stato piacevole da leggere.
Resto in attesa di un vostro commento, per capire se la storia è di vostro gradimento o meno o se gradite o meno lo stile della narrazione.
Ancora grazie e a presto!
   
 
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