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Autore: Nescio17    15/06/2020    0 recensioni
1920
L'Inghilterra è profondamente segnata dalla guerra, ma nell'ombra e tra i quartieri bui, una famiglia riesce a farsi strada.
Sono le sorelle Hall, rimaste orfane a causa della guerra. Questo non le ha scoraggiate dal portare avanti le attività storiche della famiglia: nei meandri di Liverpool, i Poison Absinthe, hanno costruito un impero attorno a scommesse, mercato nero, ma soprattutto vendendo il miglior assenzio di tutta la Gran Bretagna.
Il lavoro della banda sarà riposto nelle mani delle sorelle e gli affari nelle loro scelte.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dahlia quante volte ti ho detto che le tue cartacce le devi tenere sulla tua stra maledettissima scrivania!?” Ruth sbraitò verso la sorella che arrivò di corsa dopo aver sentito il richiamo del lupo. 

 

“Ruth non rivolgerti così a me, ricordati che sono uscita prima io dal grembo di nostra madre!” Disse inveendo contro alcuni santi di sua conoscenza. Prese i fogli che aveva appoggiato lì la sera prima e tornò nel suo reparto, dove i telefoni squillavano e gli uomini gridavano scommesse. Ruth la guardò andare via in tutta la sua bassezza e le rivolse un’occhiata di fuoco. 

 

Le sorelle Hall quella mattina aveva avuto un bel da fare: Mag arrivò con calma negli uffici lasciando la giacca a Miller che con un gesto rapido l’afferrò al volo e la ripose ordinatamente nell’armadio. Fece un tiro e poi si fermò di fronte all’ufficio aperto di Ruth, guardandola silenziosa e sorridendo amabilmente dopo aver assistito alla sfuriata tra le ragazze. 

 

“Non mi guardare con quella faccia Mag! - le puntò un dito addosso - non potete pretendere che tenga in ordine i conti quando questa scrivania diventa il cestino di tutti!” Ruth Hall, la tesoriera dei Poison Absinthe, era la migliore nei calcoli e soprattutto non le sfuggiva niente sotto al suo naso. Tornò a concentrarsi sui fogli che aveva in mano e poi si rivolse alla sorella prima che se ne andasse. 

 

“Quel coglione di Gregor ci deve ancora trecento sterline. O arrivano oggi o giuro che gli vado a incendiare personalmente quella baracca schifosa che si ritrova!” Disse non molto contenta che i conti non quadrassero nemmeno quella mattina: non era facile farsi dare tutti i soldi nei giorni previsti a causa delle condizioni economiche disastrose in cui versava la povera gente di Liverpool, ma i Poison Absinthe erano i più magnanimi in termini di scadenza. Questo però non significava che la gente potesse approfittarsene: un prestito è sempre un prestito. 

 

“Tranquilla Ruth, oggi vado io da lui - fece per andarsene, ma si ricordò un ultima cosa - dì alle ragazze che oggi pomeriggio facciamo una riunione al Savage e voglio tutte quante, niente scuse.” Detto questo salutò e tornò sulla sua strada: passò accanto all’ufficio di Dahlia e la vide impegnata nel prendere scommesse su una corsa di cavalli imminente. Anche i loro avrebbero corso quella mattina e la ragazza era occupata a tenere sotto controllo l’intera situazione. 

 

Nel suo ufficio controllò la posta arrivata direttamente quella mattina: niente di interessante attrasse la sua attenzione, ma quando giunse all’ultima lettera si fermò un attimo ad osservarla. La carta avorio era liscia come seta e leggera come una piuma: sembrava che dentro ci fosse solo aria: afferrò il taglia carte e con un gesto secco tranciò il delicato involucro. All’intero c’era un biglietto ripiegato, sopra, con una calligrafia curata, c’era scritto il suo nome: aprì il foglio e vi lesse velocemente il contenuto:

 

“A Magdalene,

i Black Hands desiderano avere un incontro con lei.

Renfrew street, 10 p.m.

MM”

 

Mason Mallory, quel bastardo senza madre: Mag si rigirò nelle mani il foglio e pensò che buttarlo nel camino fosse l’idea più intelligente che potesse avere, ma decise di discuterne con le sue sorelle quel pomeriggio. Ora doveva andare a fare visita a Gregor. 

 

La giornata non era delle migliori, come se Liverpool ne potesse offrire: il sole era nascosto dietro una coltre di nuvole bianche lattiginose, che non lasciavano presagire acqua però. Camminò rapida come era solita fare, senza guardare nessuno negli occhi, ma sopra pronta a cogliere ciò che non andava nel posto che la circondava: da quando aveva preso le redini degli affari di famiglia aveva dovuto farsi più furba, più attenta, come un segugio che viene usato per la caccia. In realtà era sempre stata dentro “l’impresa”, ma non aveva quel posto d’onore che ora le spettava per diritto di sangue: lei aveva sempre seguito il tutto da lontano, osservando e basta. Così aveva imparato che il mondo girava solo se eri capace di muovere i fili giusti e lei era una vera esperta. 

 

Finalmente giunse al Quaff, le finestre di vetro lasciavano trasparire poche immagini dell’interno, celando i suoi segreti, l’insegna rinnovata era stata un’ottima trovata di Ester che l’aveva resa più bella e attraente anche a chi prima non osava metterci piede: per quanto fosse il bar più famoso dei loro possedimenti, la famiglia Hall preferiva riunirsi al Savage, dove sapeva che Samuel Ross, fedele amico del loro padre, avrebbe tenuto ben chiusa la bocca. 

 

Entrò nel locale, l’odore di whiskey e gin che invadevano l’aria, alcuni uomini era seduti da chissà quale ora ai tavoli e qualcuno era accomodato al bancone dove stava ordinando il primo bicchiere di giornata: il miglior alcolico che però la famiglia Hall distillava era l’assenzio, talmente puro che rischiava di ammazzarti se ne bevevi un bicchiere di troppo, per questo motivo veniva venduto sotto banco. Si tolse il cappello e con pochi passe raggiunse il bancone, sedendosi a un posto di distanza da un uomo dai capelli bianchi che con cura assaporava l’assenzio mentre leggeva il giornale. Non sembrò far caso a Mag che con tutta calma appoggiò il cappello sul bancone: il segnale che chiunque si trovasse in quella stanza doveva levare i tacchi e spostarsi nel salone accanto riservato alle grandi serate dei giorni di pienone. L’uomo così come aveva fatto finta di non vederla, chiuse il giornale, scolò l’ultima goccia e se ne andò, ignorando completamente la situazione: a nessuno piaceva mettersi contro di lei. 

 

Gregor sbucò da dietro il magazzino appena l’ultimo cliente aveva deciso di lasciare la sala: Mag con una sigaretta stretta fra le labbra lo aspettava, sfogliando nel frattempo il giornale abbandonato dal vecchio. Nessuna notizia in particolare sembrò colpire la sua attenzione. Alzò lo sguardo verso l’uomo che si era congelato davanti a lei, il panno con cui asciugava i bicchieri stretto nella mano, lasciata a mezz’aria. 

 

“Magdalene, non aspettavo una vostra visita.” Disse titubante, la voce piena di preoccupazione e per niente aggressiva: Gregor non era un cattivo uomo, ma aveva il vizio del gioco e questo non andava d’accordo con i pagamenti arretrati. 

 

“Si lo so, scusa la sorpresa - disse Mag chiudendo il giornale e ripiegandolo con cura - ma sai, sono qui per un motivo preciso, che credo tu conosca.” Tolse la sigaretta dalle labbra dopo averne preso una boccata: gli occhi dell’uomo lasciavano trasparire il suo immenso terrore. 

 

“I-io domani vi pagherò gli arretra-…” Non fece in tempo a finire la frase che Mag lo fermò con un gesto secco della mano. “Non aspetterò la tua vincita ai cavalli per avere i soldi Gregor, te l’ho ripetuto più di una volta che i pagamenti vanno rispettati e con te sono anche stata particolarmente flessibile. Fuori i soldi o questa volta non sarò clemente.” Disse senza troppi fronzoli. La famiglia Hall era conosciuta anche per un altro aspetto importante: chi non rispettava i patti veniva avvelenato proprio con quella sostanza che tanta gioia poteva dare. L’assenzio puro era la loro arma vincente: niente stragi, niente sparatorie, ma una morte rapida e dolorosa. Tutti i Poison Absinthe erano forniti di armi, ma la loro firma era il veleno più buono e distruttivo di tutta Inghilterra. 

 

Gregor ebbe un fremito, tutti sapevano che fine faceva una persona se non pagava quando gli veniva chiesto: cercò con gli occhi una possibile via di uscita mentre Mag lo fissava, la sigaretta tra le labbra rosee e gli occhi diabolici di chi non si faceva ingannare tanto facilmente. Gregor cercò allora la via del dialogo.

“Magdalene dammi ancora qualche giorno, non sei l’unica a cui devo dei soldi…” Disse, ma subito se ne pentì quando notò il cambiamento nello sguardo della donna che divenne di marmo. Mag tirò l’ultima boccata del mozzicone e poi lo spense tranquillamente, calcolando ogni gesto, ogni minimo movimento era per lei un modo per comunicare agli altri e quando si faceva così tranquilla bisognava aver paura. Molta paura. 

 

“E a chi dovresti dei soldi per Grazia divina?” Disse alzando lo sguardo dal mozzicone spento: Gregor aveva costruito la tomba con le sue stesse mani, lo sguardo ormai al colmo della disperazione. 

 

“Ti prego Magdalene, sono venuti qui e mi hanno puntato la pistola alla testa, non potevo dirgli di no, ho famiglia, lo sai, chi li cresce quelle sei creature? Eh? Ti prego!” Gregor fece il giro del bancone e si inginocchiò davanti a lei, il volto rigato di lacrime, la paura che si riversava fuori come il fiume in piena delle sue parole sconnesse. Mag rimase tranquilla, il volto indecifrabile: non poteva lasciarsi coinvolgere dalle emozioni, non poteva far trasparire la sua apprensione per quell’uomo roso dal vizio, ma fedele a sua moglie come nessun uomo. 

 

“Gregor, erano i Black Hands?” Disse solamente, osservando il volto dell’uomo in cui affiorò una speranza. Si alzò di scatto e ricominciò con le parole, divenne quasi difficile seguirne il filo. 

 

“Sì sì, esatto, proprio loro, quei maiali dalle dita sudice. Sono venuti qui, mi hanno obbligato a comprare il loro whiskey pur sapendo che questo bar è sotto la tua protezione, ma non mi sono ritirato per paura, per viltà. Ti chiedo scusa Magdalene!” Ancora con le lacrime, Mag era arrivata al limite con quel piagnisteo insulso, le venne voglia veramente di sparargli un colpo in testa, ma si trattenne.

 

“Smettila Gregor - disse zittendo l’uomo con durezza - tira fuori i soldi. A conti pagati ci penserò io ad andare a parlare con loro.” Disse indicando la cassa: nessuno offriva favori senza ricevere in cambio pagamenti e siccome quello era dato, non vedeva dove potesse esserci una truffa ai suoi danni. Finalmente Gregor decise di collaborare, annuì freneticamente, le diede i soldi e la ringraziò ancora innumerevoli volte: Mag si sforzò di fare un sorrisetto di circostanza, ma non appena ebbe i suoi soldi levò le tende, avvisando Gregor di fare attenzione e avvisare subito se fosse arrivato qualcun altro a spacciargli altra roba. 

 

 

“Non ci posso credere - Ester afferrò il biglietto e se lo rigirò fra le mani - ha proprio una bella faccia tosta quello stronzo.” Disse passando il biglietto a Ruth che lo guardò schifata, lasciandolo immediatamente sul tavolo. 

 

Le sorelle Hall erano riunite al Savage come da richiesta di Mag, sedute al tavolo predisposto per le riunioni familiari, vicino al bancone cosicché Samuel avrebbe subito potuto servirle. Le gemelle, Ruth e Dahlia sedevano vicine, dall’altro lato Ester e Judith e infine Mag che fumava tranquilla su una sedia non molto distante. 

 

“Quello che mi chiedo è come abbiamo fatto a scoprirlo solo adesso che qualcuno vendeva sotto banco a Gregor - disse dubbiosa Dahlia, rivolgendo poi lo sguardo a Judith - Ju, perché non ne sapevi niente?” Judith si rigirò gli anelli uno a uno sulle dita: faceva sempre così quando era nervosa. Poi posò lo sguardo sulla sorella maggiore che continuava tranquilla a fumare senza rivolgere la parola a nessuno: stava aspettando anche lei delle spiegazioni.

 

“Io avevo sentito delle voci e stavo iniziando a informarmi, avrei usato questa riunione per avvertirvi.” Disse con il suono basso, ma mellifluo: era sempre un po’ spaventata da quello che le sorelle avrebbero potuto dirle. Mag si decise finalmente a parlare prima che scoppiasse la baruffa tra le sorelle minori. 

 

“Tranquilla Judith, l’importante era sapere che delle voci ti erano giunte - disse tranquillamente alla sorella, la più brava a carpire e ricevere notizie fondamentali per “l’impresa”- Ora ragazze però dobbiamo concentrarci su questi figli di puttana dei Black Hands. Non si devono permettere di attraversare così il nostro territorio.” Disse soffiando via del fumo, le sorelle annuirono convinte delle sue parole. 

“Ovviamente ho intenzione di incontrarli. Andrò da sola - un coro di proteste si levò dal tavolo - lo so che non vi sembra saggio, tranquille. Mi coprirete voi le spalle.” Le ragazze non sembrarono ancora convinte: Ruth scosse la testa, così come Dahlia, Judith la guardò con occhi spauriti. L’unica eccitata era Ester, la loro armaiola: era lei che si occupava delle sommosse, delle protezioni e delle armi, la migliore in circolazione. 

 

“Ester dovrai portare con te gli uomini migliori, prendi Nick, Jeremy e Dan. Due si metteranno nella locanda di Ruby, uno nel magazzino dei Looney e tu sarai alle mie spalle.” Disse Mag indicando la sorella che tutta gioiosa prendeva nota mentalmente di tutto il necessario e come posizionare al meglio gli uomini. Le altre però non sembravano ancora convinte: sonori sbuffi provenivano dalle fazioni contrarie e come contraddirle? A nessuna piaceva quando Mag si prendeva la responsabilità piena delle decisioni. 

 

“Non ho intenzione di mettere in pericolo anche voi, basto io, non mi servirebbe a niente portarmi la scorta, anzi sarebbe solo indicatore della nostra debolezza - disse osservando le loro reazioni sui volti. Era brava, fottutamente brava a convincere con le parole, non solo con le armi - e noi cazzo non siamo deboli giusto?” Un assenso venne da tutte, forse un po’ rincuorate che la sorella maggiore sapesse cavarsela contro tutti e tutto: la roccia era lei.

 

“Ottimo, ora tutte in ufficio che la giornata non è finita!” Fece l’ultimo tiro di sigaretta e poi le congedò tutte. 

 
   
 
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