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Autore: Kim WinterNight    16/06/2020    7 recensioni
Sindy Schermann e Ade Visser, due nuove reclute della polizia di Rotterdam, sono di turno in un freddo pomeriggio di febbraio.
Allestito il posto di blocco sul ciglio della strada, si annoiano e quasi sperano che qualche auto passi di lì per poterla fermare.
Quando una macchina a noleggio gli si avvicina, occupata da due giovani americani, la giornata della giovane poliziotta prende una svolta inaspettata.
[In questa OS è presente Sindy, un personaggio appartenente a Sabriel_Little Storm, a cui dedico questo racconto con tutto il cuore ♥]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Martin&Joe'
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Three Fairies, One Heart







Dedicata a Sabriel, con la speranza di farla sclerare e di uccidere ancora una volta i suoi neuroni – o ciò che ne rimane XD
Buon compleanno ♥








L’agente Sindy Schermann fissava la strada illuminata dal pallido sole invernale, tenendo le braccia incrociate sul petto.

Il giovane partner, l’agente Ade Visser, camminava pigramente avanti e indietro di fronte alla volante, evidentemente annoiato.
«Essere di pattuglia è una fregatura, specialmente in questo periodo morto» brontolò il poliziotto venticinquenne, passandosi una mano sul volto che presentava ancora qualche segno di una fastidiosa acne giovanile.
Sindy sorrise. «A me non dispiace fare gavetta, vedrai che prima o poi avremo una promozione e rincorreremo i criminali.»
«Me lo auguro, non sono entrato in accademia per battere le strade come una puttana» sputò il collega.
«Che ragazzo gentile e a modo che sei, scommetto che se riferissi a Derek quello che hai detto, metterebbe una buona parola per te ai piani alti» scherzò la corvina.
Tuttavia non poteva dare torto al collega: Rotterdam a febbraio era un posto poco frequentato, specialmente entro settimana; era martedì pomeriggio e il loro turno sarebbe terminato alle diciotto, avevano ancora più di tre ore da trascorrere in quel posto di blocco e non sarebbe stato divertente. Passavano poche auto di lì, le persone stavano rintanate in casa o in ufficio per proteggersi dal freddo pungente di quell’inverno più che rigido.
A un tratto Sindy avvistò un’auto in avvicinamento e fece cenno a Visser di fermarla; il giovane sollevò la paletta e sbuffò annoiato, preparandosi a adempiere al suo dovere come un automa.
L’utilitaria che si fermò di fronte a loro era blu scura, anonima, fatta eccezione per il marchio di un famoso autonoleggio che operava nei pressi dell’aeroporto.
Sindy fece il giro del mezzo e si piazzò di fianco allo sportello del guidatore; il finestrino venne abbassato e due giovani ragazzi si mostrarono al suo sguardo severo e attento.
Alla guida c’era un tipo massiccio dai capelli corti, la pelle olivastra e un naso un po’ ingombrante, mentre sul sedile del passeggero se ne stava stravaccato un tipo dalla pelle chiara, i capelli ricci e castani – per la verità erano quasi biondi, Sindy non avrebbe saputo attribuire loro la giusta tonalità – e il viso inclinato verso sinistra.
La poliziotta comprese immediatamente che si trattava di un non vedente, aveva imparato a riconoscerli da quando aveva conosciuto Edith, la zia di Rickard.
«Prego, favorisca la sua patente e i documenti dell’auto.» Ade le si affiancò e parlò in tono perentorio, dandosi un tono autoritario che mal si addiceva alla sua giovane età.
Il guidatore lo fissò attonito e si grattò appena il mento.
Sindy si chinò appena e lo fissò negli occhi. «Parlate olandese?»
Il ragazzo riccio si schiarì la gola e intervenne, in inglese: «Non siamo del posto, scusateci».
Parlò senza sollevare lo sguardo, Sindy rimase a osservarlo per un attimo, poi si riscosse e ripeté l’ordine di Visser.
Allora il guidatore portò fuori la patente e frugò nei vari scomparti dell’auto alla ricerca dei documenti. «Scusate, l’auto non è mia…» borbottò con voce profonda.
Sindy osservò la patente e notò che era americana. «Martin Harris» sussurrò.
«Ecco a lei» disse infine il bruno, passandole un fascio di fogli ripiegati, dopo averli estratti dal portaoggetti.
La poliziotta passò tutto al collega, il quale grugnì e si diresse verso la volante per fare le verifiche di rito.
«Siete qui in vacanza?» domandò lei in un inglese dalla pronuncia più che imperfetta.
«Sì, ecco… festeggiamo il mio compleanno qui a Rotterdam» spiegò Martin Harris con un velo di imbarazzo nella voce.
«Capisco» replicò Sindy. Le venne in mente che in effetti sulla patente del giovane aveva letto la sua data di nascita: 2 marzo 1992. Aveva soltanto due anni in meno di lei, eppure dall’aspetto sembrava più maturo.
Poco dopo Ade tornò da loro e restituì con malagrazia i documenti al guidatore, per poi congedarlo con un cenno del capo; Sindy lo imitò, augurando ai due una buona permanenza a Rotterdam.
Una volta che si furono allontanati, i due colleghi si scambiarono un’occhiata complice.
Ade si accese una sigaretta e soffiò bruscamente il fumo dopo averlo inspirato. «Allora?»
Sindy sorrise: era arrivato il solito momento della scommessa, un giochino idiota che lei e il collega avevano intrapreso da quando avevano preso servizio insieme qualche mese prima. Si divertivano a scommettere in quali rapporti fossero i passeggeri delle auto che fermavano per i controlli, ma quasi mai avevano la possibilità di verificare chi avesse effettivamente ragione.
«Fratelli? No, non penso, hanno dei tratti completamente diversi, poi il moro aveva la pelle olivastra…» commentò pensosa lei, scacciando con la mano il fastidioso fumo emanato dal collega.
«Scusa.» Ade si spostò alla sua sinistra. «Secondo me se la intendono.»
«Dici che sono una coppia?»
Lui si strinse nelle spalle. «Certamente.»
«No, secondo me sono solo amici.»
«Io punto su scopate galattiche» ghignò Ade.
Sindy sospirò e si passò una mano tra i capelli neri come la notte, poi indicò un altro veicolo in avvicinamento. «Rimettiamoci al lavoro» concluse.
«Agli ordini, capo!»


Sindy fece il suo ingresso nel palaghiaccio e si diresse velocemente verso una delle panchine, per poi sedersi e indossare i pattini. Assicurò che fossero ben allacciati e si guardò attorno, controllando se ci fosse qualcuno che conosceva.
Si rese conto che la pista era quasi deserta, eppure ne fu grata: erano quasi le sette, aveva staccato dal turno da appena un’ora e voleva soltanto rilassarsi un po’ prima di tornare a casa a godersi un meritato riposo.
Non appena si ritrovò a scivolare sul ghiaccio, le lame affilate sotto i piedi, avvertì la familiare sensazione di sentirsi a casa. Ingenuamente, nonostante non fosse più una bambina, credeva ancora di poter assumere l’aspetto di una fata e di poter volare su quella distesa gelida che le scaldava il cuore più di qualsiasi abbraccio.
Affilò lo sguardo non appena intravide due figure maschili al lato opposto della pista: parlavano animatamente tra loro, mentre il più alto teneva le mani sui fianchi dell’altro. Fece alcuni eleganti passi in quella direzione e dovette trattenere una risatina sorpresa nel riconoscere i ragazzi che aveva fermato qualche ora prima insieme al collega.
Pensa che coincidenza, si disse, gironzolando discretamente attorno ai due.
Scambiavano battute concitate in inglese; il ragazzo riccio dai capelli chiari gesticolava con la mano sinistra, mentre con la destra si teneva stretto al braccio del moro.
«Dai, Joe, non devi avere paura. Sei caduto prima, e allora? Non ti sei mica rotto l’osso del collo!»
«Ci mancava poco! Non rimetterò più piede in quella pista o come cazzo si chiama!»
Sindy osservò la scena, profondamente divertita e incantata al contempo: l’intesa che c’era tra i due era evidente, forse Ade aveva avuto ragione nel pensare che stessero insieme. Si toccavano in maniera discreta e naturale, il moro – si chiamava Martin qualcosa – scrutava attentamente il compagno con premura e interesse, senza mai interrompere il contatto fisico.
Rickard mi ha detto tante volte che per una persona cieca il contatto fisico è molto importante, ricordò Sindy, senza riuscire quasi a staccare gli occhi dai due ragazzi americani.
Finché Martin non se ne accorse e la inchiodò con lo sguardo.
«Martin? Martin!» lo richiamò il riccio, stringendo appena la stretta attorno al suo braccio.
«C’è qualche problema?» chiese il moro, continuando a sostenere l’occhiata di Sindy.
Lei avvampò appena, ma fece appello alla professionalità da poliziotta per replicare.
Ma prima che potesse farlo, vide il riccio allarmarsi leggermente e sussurrare qualcosa all’altro.
«Scusatemi, nessun problema. Solo… vi ho riconosciuto, sono l’agente Sindy Schermann. Vi ho fermato prima, ero di pattuglia.»
Il viso di Martin si illuminò e al suo compagno si incresparono le labbra in un lieve sorriso. Rivolse il capo nella direzione da cui proveniva la voce di Sindy e la poliziotta per la prima volta incrociò i suoi occhi: ne fu per un istante spaventata, erano verdi e spenti, così brillanti eppure così privi di vita. Spesso la pupilla si spostava senza controllo, roteava e veniva quasi inghiottita dal bianco tutt’intorno.
Poi la ragazza spostò l’attenzione su Martin e si ritrovò a pensare che lui non aveva alcuna paura di scrutarlo negli occhi, forse perché – le costava ammetterlo – Ade aveva azzeccato e quei due erano innamorati.
È palese, sono io che non me ne intendo troppo di relazioni.
Sindy avanzò leggiadra nella loro direzione e porse la mano a Martin. «Puoi chiamarmi soltanto Sindy, piacere di conoscerti. Mi scuso se il mio collega prima è stato un po’ brusco, Ade è fatto così.»
Il moro ricambiò la stretta e sorrise cordiale. «Non c’è problema. Io sono Martin, mentre lui è il mio ragazzo, Joe.»
Cazzo, Ade aveva decisamente ragione, constatò Sindy, indecisa se rivelare al collega che aveva scoperto la verità sui giovani americani.
Vide Joe sollevare la mano destra, leggermente disorientato, così gli andò incontro e gliela strinse dolcemente. «Piacere di conoscere anche te, Joe.»
Martin la guardò con più attenzione. «Sei brava a pattinare?»
«Me la cavo» minimizzò lei, evitando accuratamente di accennare al suo passato da pattinatrice professionista. Ormai quelle esperienze non facevano più parte del suo presente, anche se mai e poi mai avrebbe rinunciato a quell’attività.
«Beata, io prima sono caduto» bofonchiò Joe.
Sindy rise appena. «Sapessi quante volte sono caduta io!»
«Adesso ha paura e non vuole più entrare in pista» spiegò Martin leggermente esasperato.
A Sindy scattò qualcosa dentro e si ritrovò ad allargare il sorriso. «Sai come ha fatto mio padre a farmi pattinare quando ero ancora troppo insicura? Mi ha fatto appoggiare i piedi sui suoi e mi ha portato in giro per la pista, tenendomi stretta perché non cadessi.» Non sapeva neanche perché aveva raccontato quell’aneddoto così intimo a due sconosciuti, ma quei ragazzi le facevano molta tenerezza e voleva che anche Joe, nonostante le tenebre albergassero perennemente nei suoi occhi, potesse vivere quell’esperienza come chiunque altro.
«Io non so se riesco a farlo» disse Martin mestamente.
«Certo che ci riuscirai» affermò la giovane.
«Non so pattinare molto bene, rischierei di cadere e portarmi Joe appresso!»
«Forse tu eri una bambina ed eri più leggera di me» intervenne Joe.
Sindy ci pensò su, poi replicò: «Beh, sì, però non importa. A guardarti non sembri così pesante, e poi ci sono qui io. Posso darvi una mano, se volete».
Martin la guardò dritto negli occhi, nei quali Sindy lesse riconoscenza e gratitudine.
«Non so se sia una buona idea» ammise Joe dubbioso.
«Ti fidi di Martin, non è vero?»
Joe annuì senza esitazioni.
«Allora andrà tutto bene» li rassicurò la poliziotta, posando delicatamente una mano sul braccio del riccio.
«Facciamolo, ti va?» sussurrò Martin, sfiorando appena il viso del compagno con un tocco leggero.
«D’accordo.»


Joe si era tolto i pattini e subito Martin lo aveva stretto da dietro, aiutandolo a poggiare i piedi sui suoi.
«Meno male che calzo quarantadue, altrimenti non potresti mai riuscire a sostenermi» scherzò il riccio.
«Hai i piedi di una fatina» lo punzecchiò Martin.
Sindy era profondamente intenerita: se ne stava di fronte a loro, sicura sui suoi pattini, intenta a osservare quanto fossero perfetti l’uno tra le braccia dell’altro. Raramente credeva nell’amore, eppure era contenta di trovare delle eccezioni a volte.
Sollevò le mani e le portò con cautela a sfiorare quelle di Joe. «Stringile forte, non permetterò che tu e Martin vi facciate del male» lo rassicurò.
Il riccio sorrise nella sua direzione, inclinò leggermente la testa verso sinistra e serrò le palpebre; sembrava concentrato, quella posa conferiva un po’ di durezza ai suoi lineamenti delicati.
Sindy sollevò gli occhi su Martin, il quale ogni tanto sembrava sul punto di perdere l’equilibrio, ma fortunatamente era ancora appoggiato alla balaustra che circondava la pista.
«Andiamo?» chiese la ragazza.
«Proviamoci» accettò il moro.
Sindy cominciò a indietreggiare a piccoli passi, portando con sé i due ragazzi. Teneva le mani di Joe tra le sue e procedeva lentamente, lanciando occhiate alle sue spalle per assicurarsi che non ci fosse qualcuno a intralciare il loro passaggio.
Martin pattinava goffamente, ogni tanto imprecava e rischiava di ruzzolare, ma Sindy era sempre pronta a riequilibrare i loro tre corpi, evitando problemi.
Joe non smetteva di sorridere e dopo qualche minuto si abbandonò completamente contro il corpo del compagno, lasciando cadere la testa all’indietro contro quella dell’altro.
Sindy si rese conto che anche lei aveva un sorriso enorme sulle labbra, incapace di spegnerlo. In realtà non voleva neanche farlo: era stupendo notare quanto quei ragazzi fossero felici e rilassati.
Stava facendo qualcosa di apparentemente sciocco, eppure la gioia che gli occhi vuoti di Joe sprigionavano non aveva prezzo.
Smise di provare soggezione nell’incontrare quelle iridi incostanti, verdi quasi come le sue.
Forse Martin ha imparato a leggervi dentro qualcosa che nessuno può vedere, si ritrovò a pensare.
Scivolarono sul ghiaccio con maggiore sicurezza minuto dopo minuto, ritrovandosi a ridere come vecchi amici; Joe non si spaventò quando Sindy lo lasciò andare e Martin dovette sforzarsi per mantenere l’equilibrio.
Sindy pattinò accanto a loro, senza mai perderli d’occhio, senza mai smettere di osservarli. Erano troppo belli, magici nella loro semplicità.
«Mi fanno male i piedi» esalò a un certo punto Martin.
«Va bene così, torniamo alla panchina» disse Joe.
Sindy li accompagnò e tutti e tre si sedettero; Martin si sfilò i pattini e si chinò a massaggiarsi appena le dita intorpidite.
«È stato magnifico» commentò Joe, passandosi le mani sul viso. Aveva un’espressione estasiata e ancora le sue labbra erano incurvate in un sorriso raggiante.
«Grazie, Sindy» mormorò Martin, rimettendosi dritto e avvolgendo la vita del compagno con il braccio sinistro.
Joe si appoggiò a lui. «Sì, grazie. Non avevo mai fatto niente di simile» concordò, allungando timidamente una mano.
Sindy comprese e gli porse la sua. «È stato un piacere.»
«Adesso andiamo, va bene?»
Joe annuì. «Sì, ho una fame!» esclamò.
Sindy si tirò nuovamente in piedi. «Io faccio un altro giro in pista. Sono felice di avervi aiutato.»
«Beh, magari ci rivedremo al prossimo posto di blocco… ops, volevo dire, vi rivedrete» scherzò Joe.
Sindy rimase interdetta per un attimo, poi notò che sia Martin che Joe ridacchiavano, e comprese che il riccio amava ironizzare senza problemi sulla sua disabilità.
Così si lasciò sfuggire un sorriso e strinse a entrambi la mano, per poi salutarli con calore e rituffarsi sul ghiaccio.
Lo sentì accoglierla, carezzarla, riscaldarla.
Dentro il suo cuore sentiva che non avrebbe dimenticato tanto facilmente quei due ragazzi americani e il loro rapporto speciale.
Non dirò a Ade che ha vinto la scommessa, decise.
Non voleva rovinare quel ricordo, non voleva che il collega facesse battute sconce su Martin e Joe.
Avrebbe semplicemente conservato quella bizzarra ed emozionante pattinata nel suo cuore.






♥ ♥ ♥

BUON COMPLEANNO SABRIEL *________*
E BUON COMPLEANNO ANCHE A SINDY, ANCHE SE IN RITARDO!!!!
Cari lettori, questa storia è molto speciale e sono veramente emozionatissima di averla scritta!
Far incontrare la Sindy di Sabriel con i miei Martin&Joe era tipo il sogno della mia vita da tempo immemore AHAHAHAHAHAH XD
Vi devo però delle piccole spiegazioni: ho inserito l’avvertimento AU perché in realtà, quando ho scritto questo racconto, non sapevo che nel periodo in cui Martin e Joe hanno fatto questo viaggio a Rotterdam, Sindy non fosse più in polizia; sì, perché in pratica i miei bambini si sono conosciuti nel 2016, quando Martin aveva 24 anni e Joe 26, e di conseguenza anche Sindy ne aveva 26 (lei e Joe sono entrambi del 1990 ^^). Ma Sindy a quei tempi – come ho scoperto solo dopo aver terminato la storia – aveva già lasciato la polizia da anni, per tornare a dedicarsi a pieno regime alla sua più grande passione: il pattinaggio sul ghiaccio *___*
Ora, questo viaggio dei due fidanzatini è ambientato a cavallo tra febbraio e marzo 2019, perché hanno deciso di festeggiare così il ventisettesimo compleanno di Martin (che è esattamente il 2 marzo)!
Invece, il personaggio di Ade Visser è di mia invenzione, ho pensato a un tizio così cretino come lui per fare da collega a Sindy, del resto si sono divertiti a scommettere sul legame tra i miei OC AHAHAHAH XD
Spero di aver spiegato al meglio ogni cosa, ma come sempre se avete dubbi/perplessità/domande, non esitate a pormele :3
Spero solo di aver scritto qualcosa di decente e di aver fatto piacere a Sabriel: cara, non so se ho reso giustizia alla tua bambina, però abbi pietà di me, ti prego!!
Grazie a chiunque ha letto, alla prossima e ancora tantissimi auguri alla mia dolce amica ♥
  
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