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Autore: Btsuga_D    19/06/2020    1 recensioni
[COMPLETA] Nello slang giovanile, "Hook-up" é il famoso rimorchio senza impegno. L'accordo riguarda la possibilità di fare sesso senza che ci sia un sentimento sottostante. Suga, famoso Idol e rapper del gruppo BTS, è conosciuto per le sue "scappatelle di una notte" con le sue fan. La sua regola numero uno: tutto è concesso, tranne i baci sulla bocca. Per delle sfortunate circostanze, Kang Yorin è costretta a dover andare ad un fan-sign dei BTS al posto della sua migliore amica, venendo subito notata dal bel rapper. Yorin accetterà la sua offerta o resterà fedele alla sua regola numero uno, donarsi solo all'uomo che ama?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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❖ Bulletproof





YORIN’S POV
 
Le luci dei riflettori mi abbagliavano al punto di esserne soggiogata. Era così strano essere al centro dell’attenzione, io che avevo sempre cercato di mantenere un profilo basso.
 
E ora eccomi qui, sdraiata su un fottuto divano e stesa fra le braccia di Jongin con indosso un maglioncino bianco e una gonnellina firmata che costa più della mia vita. Tutti gli occhi erano puntati su di noi, i fenomeni da baraccone al centro della scena. Il pettegolezzo del giorno e anche quello del mese.
 
Eravamo diventati la coppia per eccellenza, la più famosa della Corea del Sud. I nostri nomi erano costantemente sui giornali di gossip e non c’era giorno in cui non uscisse uno dei nostri tanto acclamati servizi fotografici. La gente si metteva in lista d’attesa per poterci scattare delle foto.
 
Avevamo feeling, dicevano. Fra me e Jongin a quanto pare c’era questa chimica pazzesca che bucava l’obiettivo della fotocamera e faceva impazzire i critici d’arte. Molti ci odiavano, ma altrettanti ci acclamavano e veneravano.
 
Grazie a Jongin, era stato così semplice raggiungere la popolarità. Mi bastava apparire al suo fianco per scatenare il putiferio, ma ciò non aveva fermato i paparazzi dal darmi un soprannome che stranamente avevo apprezzato. La regina dei ghiacci. Il cristallo splendente. Da qui il mio nome d’arte, Kristal.
 
Un cristallo. Una pietra perfetta e levigata secondo il gusto della gente. Una Yorin nuova, bellissima all’esterno ma marcia all’interno. Ecco cos’ero diventata per ottenere ciò che mi spettava di diritto. La mia vendetta.
 
Ma ogni volta che dovevo far finta di guardare Jongin con occhi innamorati per soddisfare le persone dietro la telecamera, pensavo a lui. Al mio tormento. A ciò che avevo amato e perso, desiderato, respinto e infine annientato.
 
Sì, avevo annientato Min Yoongi. E la colpa era mia. Solo e soltanto mia.
 

YOONGI’S POV
 
Non sapevo più che aspetto avesse la luce del sole. Erano mesi che non mettevo piede fuori dal mio studio nonostante i continui solleciti dei membri del mio gruppo. Jungkook era diventato sempre più insistente, al contrario di altri che si erano intelligentemente arresi per permettermi di affogare i miei dispiaceri nell’alcool.
 
E ogni fitta al cuore si trasformava in una melodia che poi rinasceva canzone. Ogni briciola di disgusto per me stesso era una nota amara che si univa ad un’altra per creare la melodia perfetta che avrebbe accompagnato i miei pensieri a dir poco osceni. Sì, ero osceno da far schifo perché pensavo di meritare il suo perdono e la sua fiducia.
 
Dovevo sfogarmi o sarei impazzito.
 
Afferrai le chiavi della mia macchina e mi diressi verso la porta. Non avevo ancora toccato il bicchiere che mi ero versato circa mezz’ora prima, perciò non avrei avuto problemi a guidare per le strade di Seoul. Era da una vita che non lo facevo.
 
Mancava poco al comeback e la nostra vita si era ridotta alla sala prove e agli studi di registrazione. Ironicamente, io ero quello che lavorava di più. Rimanevo giornate intere chiuso nel mio studio a strapparmi il cuore dal petto per infilarlo nella mia musica. Non ero mai stato tanto ispirato, e mi faceva ridere il fatto che fosse stata Yorin a permettermi di raggiungere un simile livello artistico e spirituale.
 
O avrei dovuto chiamarla Kristal?
 
Un cristallo. Splendente, freddo e bellissimo. Era proprio la sua descrizione. In Corea del Sud era ormai diventata una specie di fata nazionale. Tutti la conoscevano, tutti la adoravano, e le sue canzoni erano state persino in grado di eguagliare le nostre. Anzi, addirittura superarle. Ecco perché quella sera avremmo partecipato entrambi a una delle premiazioni più importanti di fine anno. I MAMA in Giappone.
 
Un finale di merda per un anno ancora più di merda.
 
Mi serviva una distrazione per prepararmi al lungo viaggio che mi avrebbe catapultato in uno dei miei peggiori incubi. Quello in cui Yorin e Jongin si sorridevano dolcemente, e io, inerme, rimanevo lì a guardarli. Era il mio castigo e la mia punizione per essere stato uno stronzo.
 
«Versami qualcosa di forte,» ordinai al barista dietro al bancone del locale di cui ormai ero diventato cliente abituale. «E stavolta niente di annacquato. Me ne accorgo se lo fai.»
 
«Come vuoi tu. Ma stavolta non chiamo nessuno per farti venire a prendere. L’altra sera hai quasi scatenato una rissa.»
 
Afferrai il drink che mi aveva appena versato e mi abbassai la mascherina nera per portarmelo alle labbra. Ne presi un piccolo sorso, gustando il sapore forte sulla punta della lingua. Arricciai il naso. «Mi aveva fatto incazzare.»
 
«Aveva solo insultato l’ennesima idol venduta, spuntata fuori da chissà dove solo per essersi scopata il tizio famoso di turno.»
 
Sbattei il bicchiere sul bancone e quest’ultimo vibrò come se fosse stato colpito da una scossa di terremoto. Il tizio mi guardò con sospetto mentre continuava a ripulire minuziosamente il bordo di un calice di cristallo.
 
«Che cazzo hai detto?» ringhiai guardandolo negli occhi, il pugno stretto intorno al bicchiere.
 
Il barista ebbe le palle di sogghignarmi in faccia. «Accidenti, amico. Ma quanti anni hai? Alla tua età te la prendi ancora con quelli che insultano la tua idol preferita? Sei una specie di fanboy di quella rossa o cosa? Devo ammettere che è uno schianto. Molte volte uso le sue foto per masturbarmi ma-»
 
Forse furono le mani di Dio a fermarmi. Mani grandi, forti e prive di delicatezza. Mani che con un singolo movimento m’impedirono di compiere un omicidio, lì, in mezzo a quel locale merdoso piena di gente ancora più merdosa. Che cazzo ci facevo lì?
 
«Che succede qui?» domandò una voce autoritaria e familiare. Fin troppo familiare. «Qualche problema?»
 
«Questo ragazzino è ubriaco ancor prima di cominciare a bere,» spiegò il barista guardandomi in cagnesco. Gli restituii lo sguardo da sotto gli occhiali da sole che mi coprivano gli occhi. «Sei qui per lavorare? Allora portalo via. Non voglio gente fuori di testa nel mio locale.»
 
Stronzo, figlio di puttana. Se gli avessi rivelato la mia vera identità, si sarebbe prostrato ai miei piedi per supplicarmi di rimanere in quel suo locale del cazzo. Gli avrei fatto una pubblicità tale da potersi permettere di non lavorare per il resto della sua vita. Peccato fossi troppo umile per compiere una bastardata del genere.
 
«Andiamo, piantagrane,» mi sussurrò l’uomo dietro di me. La sua stretta sulle mie spalle non accennava a diminuire. «Seguimi prima di metterti davvero nei casini.»
 
Mi trascinò in un luogo appartato tagliando fra la calca di gente che si stava scaldando sulla pista da ballo. Repressi il fastidio che provai nell’avere tutte quelle persone incollate addosso e mi feci guidare come un maledetto burattino, liberandomi dalla sua presa solo quando fui sicuro di essere lontano da sguardi indiscreti. Lo squadrai dalla testa ai piedi.
 
«Che ci fai qui?» domandai a In Guk, il bodyguard che mi stava fissando da dietro le lenti nere dei suoi occhiali. L’ex capo di Yorin, un tempo aveva avuto le palle di minacciarmi nel mio stesso studio, di fronte a tutti i miei membri. Me lo ricordavo ancora. «Stai mantenendo la tua promessa di tenermi d’occhio?»
 
«Cosa fai qui da solo?» Incrociò le braccia al petto e i suoi tricipiti per poco non esplosero. Dovetti sollevare il mento per guardarlo in faccia. «Dove sono gli altri del tuo gruppo? E il tuo bodyguard?»
 
Strinsi di riflesso il pugno e puntai lo sguardo da un’altra parte. «Si è licenziata un po’ di tempo fa.»
 
Il silenzio che seguì mi fece capire che aveva inteso a chi mi stessi riferendo. «Dovrei spaccarti la faccia in questo preciso istante,» sussurrò avvicinandosi di un passo. La sua stazza mi fece sentire davvero insignificante. «Ti avevo detto che se le avessi messo le mani addosso te l’avrei fatta pagare cara… ma tu non ti sei limitato a toccarla. Ti sei insinuato nel suo cuore come la più viscida delle serpi… e l’hai distrutta.» Il mio respiro accelerò. «Non puoi minimamente immaginare quanta voglia ho di staccarti la testa.»
 
Sogghignai nel modo più amaro possibile. «Allora fallo,» lo incitai senza un briciolo di timore. «Sarà comunque meno doloroso di quello che sto provando adesso.»
 
In Guk si tolse gli occhiali e si avvicinò al mio orecchio per sovrastare il rumore della musica. «Vorrei tanto farlo, ma purtroppo sono qui per lavorare. Ho un messaggio per te.» Mi feci più attento. «La mia cliente ti sta aspettando.»
 
 
Salii i gradini che mi portarono alla zona VIP e fui accolto da una serie di divanetti che erano stati tutti prenotati da una sola persona. Mi fermai prima di poterla raggiungere e In Guk mi passò di fianco dopo avermi fulminato con un’occhiataccia. Se ne andò, lasciandoci la privacy che meritavamo.
 
Dato che non c’era nessuno, mi abbassai la mascherina e mi tolsi gli occhiali da sole insieme al cappuccio della felpa. I miei capelli mogano fecero la loro comparsa da sotto l’indumento, rivelando ciò che non mi era ancora permesso far vedere ai fan. Squadrai la ragazza seduta sul divanetto mentre mi sistemavo i capelli rossi con una mano.
 
«Non abbiamo mai avuto la possibilità di presentarci, dico bene?» mi domandò accavallando le gambe. Aveva due cosce stratosferiche seppure non fosse ben carrozzata sul davanti. Era piccola e minuta ma aveva un corpicino da urlo.
 
«No, me ne sarei ricordato,» risposi tirando giù la zip della felpa. Faceva caldo lì dentro. «Tendo a non dimenticare quando mi presentano una bella ragazza.»
 
Lei sorrise. Un sorriso che le illuminò il volto truccato. «In Guk mi aveva detto che eri un playboy,» ridacchiò alzandosi in piedi. I miei occhi caddero immediatamente sulle sue curve. Si avvicinò e mi tese la mano. «Sono Jennie Kim.»
 
Le sfiorai le dita con le mie e mi portai la sua mano contro le labbra per lasciarle un casto bacio sul dorso. «Min Yoongi,» sussurrai contro la sua pelle profumata mentre la guardavo negli occhi. «Incantato.»
 
Jennie strinse la presa e mi trascinò verso il divanetto con lei. «Mi fai compagnia?» mi chiese senza aspettare una mia risposta. Mi fece sedere al suo fianco, ad un centimetro di distanza dalla sua coscia fasciata dall’abitino striminzito che stava indossando. Non opposi resistenza.
 
«Perché hai detto al tuo bodyguard di portarmi da te?» le domandai senza cercare di liberare la mia mano dalla sua. Lei sembrava così a suo agio mentre me la stringeva con delicatezza.
 
Fece spallucce mentre dirigeva lo sguardo verso le luci del locale. «Perché ti ho riconosciuto. Eri lì, da solo, e ho pensato che fossi nella mia stessa situazione.» Inclinai la testa per guardarla meglio. I suoi occhi brillavano a causa di alcune lacrime rimaste intrappolate. Aveva pianto? «Anch’io ho il cuore spezzato, proprio come te.»
 
Mi colse alla sprovvista, ma impiegai meno di un secondo a capire il significato delle sue parole. «È stato Jongin a lasciarti?» le domandai con un po’ di riluttanza, in fondo c’eravamo appena presentati.
 
«Sì, quando si è reso conto di amare la sua migliore amica.» Districai le dita dalle sue e mi chinai in avanti per posare i gomiti sulle ginocchia spalancate. Il mio sguardo era perso nel vuoto e sentivo il cuore battere freneticamente, preda di un sentimento che conoscevo fin troppo bene. «Tu invece?»
 
Sospirai con un mezzo sorriso di scherno. «Idem. È stata lei a lasciarmi.»
 
«Per Jongin?»
 
«No, perché sono uno stronzo figlio di puttana.»
 
Il silenzio sarebbe stata l’unica cosa che avrei sentito se non ci fosse stata quella musica spacca timpani. «L’hai tradita?»
 
Il cuore mi fece male come ogni singola volta, ma sentire quella parola uscire dalle labbra di una sconosciuta lo fece sembrare ancora più reale. Ancora più disgustoso di quanto già non fosse.
 
«Che cosa vuoi?» tagliai corto poggiando la schiena contro il divanetto di pelle. Incrociai le braccia al petto e diressi lo sguardo verso le luci che danzavano sul soffitto. «Vuoi fare una collaborazione con me? Perché se è così te lo sconsiglio. Le nostre agenzie si sono messe d’accordo per evitare qualunque tipo di contatto tra i nostri gruppi visto che la gente ha cominciato a spettegolare su delle possibili coppie.» Mi voltai a guardarla negli occhi scuri. «Sai che ti shippano un sacco con la mia maknae line?»
 
Le sue labbra premettero sulle mie prima che potessi realizzarlo o finire il discorso. Non riuscii a fare altro che fissarla mentre chiudeva gli occhi e appiccicava le mani al mio petto per spingermi ancora di più verso lo schienale del divano. Il suo corpo s’incollò al mio e potei sentire la morbidezza dei suoi seni che premevano contro la stoffa della mia felpa aperta. Continuai a tenere gli occhi aperti mentre muoveva le labbra contro le mie, alla disperata ricerca della mia lingua.
 
Era piccolina ma non per questo inesperta. Ci sapeva fare. Le diedi l’accesso alla mia bocca solo per controllare fin dove si sarebbe spinta, e fui piuttosto sorpreso di sentirla gemere in risposta. Mi accarezzò la lingua con la sua e iniziò una danza a cui non potei sottrarmi. Le afferrai la guancia con una mano e la tenni in posizione mentre le divoravo la bocca per assaggiare il tormento con cui mi stava facendo suo.
 
«Piano, dolcezza,» l’avvertii quando si allontanò per riprendere fiato. I suoi occhi da cerbiatta mi guardarono in modo lascivo. «Non sai in che guaio ti stai cacciando.»
 
«Lo so fin troppo bene,» mi rispose poggiandomi la mano sul cavallo dei pantaloni. «Lo sto facendo proprio perché ne sono consapevole.»
 
Mi stava incuriosendo. Quella ragazzina mi stava fottutamente incuriosendo, per questo non opposi resistenza quando cercò di sfilarmi la felpa e poi la maglietta bianca a maniche corte. Non le permisi di togliermi quest’ultima perché la spinsi contro il divano per farla distendere sotto di me, i miei occhi nei suoi mentre le afferravo un lembo del top per strapparglielo via senza pietà. I suoi seni coperti dal reggiseno si rivelarono ai miei occhi incuriositi.
 
«Che cosa vuoi da me?» le domandai ancora mentre esploravo con le dita la carne morbida delle sue rotondità. Le passai il medio e l’indice tra il solco in mezzo ai seni fino ad arrivare al gancetto in fondo. Adoravo i reggiseni con l’apertura sul davanti. Erano più semplici da togliere. «Tutte le donne vogliono sempre qualcosa da me. Tu non fai eccezione.»
 
«Aiutami a farmi sentire meglio,» mi rispose mentre le accarezzavo la pelle del collo con le labbra. Sollevai la testa per ritrovare i suoi occhi colmi di desiderio. «Anche tu ti senti uno schifo come me, vero? Tu aiuta me e io aiuterò te. Possiamo darci sollievo a vicenda.»
 
Storsi le labbra in un ghigno che feci morire contro una delle sue clavicole. Darci sollievo a vicenda? L’unica cosa che avrebbe potuto darmi sollievo era il fatto che l’ex donna di Jongin moriva dalla voglia di farsi scopare dal sottoscritto. Quanto piacere avrei provato nel vederla contorcersi sotto di me sapendo che tutto ciò era appartenuto a Jongin? Avevo la possibilità di saggiare con mano ciò che era stato suo, e farlo mio.
 
Lui mi aveva portato via una delle cose più importanti che avevo. Ora io avrei rubato una cosa a lui così saremmo stati pari. E non avrei perso l’occasione di rinfacciarglielo fino alla fine dei miei giorni.
 
Mi avventai sulle labbra di Jennie, che rispose a quel bacio con la mia stessa foga. Assaporai ogni centimetro del suo corpo per assicurarmi di eliminare ogni traccia di quel bastardo e imprimerle il mio odore sulla pelle. Volevo che lui si accorgesse di ciò che le avevo fatto semplicemente guardandola. Avevo bisogno di sentire la sua rabbia, il suo tormento dopo aver saputo che ero riuscito a mettere le mani su quello che un tempo era stato suo.
 
Lui aveva fatto lo stesso con me, e io gli avrei restituito quel dolore moltiplicato per mille. Non gli avrei perdonato tutte le notti insonni in cui le immagini di lui e Yorin, abbracciati e febbricitanti d’amore, mi avevano riempito la testa fino a farmi impazzire.
 
Mi staccai dalle labbra di Jennie con un odio che spaventò persino il sottoscritto. Le afferrai l’orlo del vestito e glielo tirai su fino alla vita per insinuare le dita sotto le sue mutandine. Un moto d’orgoglio mi gonfiò il petto quando la trovai completamente fradicia.
 
«Sei già bagnata per me, dolcezza?» le sussurrai contro le labbra dischiuse. Il mio ghigno non aveva alcuna intenzione di lasciare le mie labbra mentre la guardavo socchiudere gli occhi a causa di un’ondata di piacere che le provocai stimolandole il clitoride. «Ci hai messo poco a dimenticare il tuo ex fidanzato.»
 
La penetrai subito con due dita senza darle il tempo di prepararsi. Il suo gemito di piacere venne soffocato dalla musica del locale e dalle mie labbra che non le lasciarono via di scampo.
 
Iniziai a pompare senza pietà, fottendole quella stretta fessura che nascondeva in mezzo alle gambe. Ogni suo ansimo contro la mia lingua era un piccolo assaggio della mia vendetta verso Jongin. Ogni fremito del suo corpo faceva tremare il mio di desiderio, un desiderio che rispecchiava alla perfezione la mia voglia di sottomettere quella donna. Tutto per fare del male al pezzo di merda che si era impossessato della mia.
 
Le mie dita erano ricoperte dai suoi umori e ciò rese molto più semplice la mia intrusione. Gliele feci scivolare avanti e indietro, sopra e sotto fino a impossessarmi del punto che la fece impazzire. Urlò il mio nome. Mi fermai e le avvolsi l’altra mano intorno al collo per schiacciarla contro i cuscini del divano, poi sfilai il cellulare dalla tasca posteriore dei miei jeans e cercai il numero che m’interessava.
 
Poggiai il telefono di fianco al volto di Jennie e mi abbassai per sussurrarle all’orecchio, «Pronta a ricevere la tua vendetta?» Jennie mi guardò con due occhi pieni di aspettativa e curiosità. «Fai sentire al tuo Jongin quanto ti piace farti scopare da Min Yoongi.»
 
Premetti il tasto della registrazione e ricominciai da dove avevo interrotto. Le infilai le dita ancora più in profondità e la ragazza sotto di me inarcò la schiena nel modo più sensuale possibile, sfregando i capezzoli sulla stoffa pregiata della mia maglietta bianca. Ne presi uno in bocca e cominciai a giocherellarci con la lingua, facendola impazzire.
 
Invocò il mio nome come una suora in chiesa invoca il nome di Dio. Mi schiacciai contro di lei quando m’infilò le mani nei capelli per tenermi attaccata al suo petto, impaurita che potessi allontanarmi e negarle ciò che si stava godendo con tutta sé stessa.
 
Mi liberai dalla sua presa e scivolai con le ginocchia al suolo mentre le stringevo forte i glutei. La trascinai verso il bordo del divanetto, in corrispondenza della mia bocca che si chiuse proprio intorno al suo sesso fradicio e gonfio. Ne leccai ogni singola goccia e la penetrai con le dita e con la lingua, causandole un violento spasmo che si concluse con un gridolino soffocato.
 
«Yoongi,» mi pregò con voce rotta. Sì, dolcezza. Proprio così. Chiama il mio nome. Fai sentire a quel bastardo quanto ti faccio godere. «Yoongi, sto per…»
 
«Dillo ancora,» le ordinai staccando le labbra dalla sua intimità. Il suo sapore mi riempiva la bocca. «Urlalo. Quel nome voglio sentirtelo urlare.»
 
E lei lo fece. Lo urlò quando mi avventai sul fascio di nervi più in alto, in corrispondenza del clitoride. Lo mordicchiai, lo succhiai e lo leccai fin quando non le rimase più fiato neanche per contorcersi. Il mio dito venne avviluppato dalle pareti della sua intimità e subito dopo un urlo liberatorio mi avvisò che era finalmente venuta.
 
Feci scivolare la bocca più in basso e sfilai il dito per raccogliere con la lingua ogni goccia di ciò che mi ero faticosamente guadagnato. La pulii da cima a fondo senza lasciare alcuna traccia di ciò che io chiamavo vendetta. Non sesso.
 
Sollevai il capo e osservai Jennie in preda agli ultimi spasmi di piacere. La fissai mentre mi ripulivo le dita contro la stoffa ruvida dei miei jeans. Inclinai la testa quando lei sollevò le palpebre pesanti come due macigni.
 
«Che mi dici, dolcezza?» la spronai guardandola negli occhi. «Chi ti ha dato il miglior orgasmo della tua vita? Io o il tuo ex fidanzato?»
 
«Tu,» dichiarò con il fiato corto e un sorrisetto a trentadue denti. «Decisamente tu. Senza ombra di dubbio.»
 
Stoppai la registrazione e inviai tutto al diretto interessato. Mi ripresi il cellulare e cercai di sistemarmi i vestiti e i capelli scompigliati mentre mi rialzavo in piedi. Jennie mi afferrò per un lembo della felpa nera, costringendomi ad abbassare gli occhi per guardarla in faccia. La sua espressione dubbiosa non fu una sorpresa per me.
 
«Dove vai?»
 
«Ho un aereo da prendere. E anche tu, se non sbaglio.»
 
La mora cercò di coprirsi il seno, colta da un improvviso imbarazzo, forse a causa della mia freddezza inaspettata. «Abbiamo ancora un po’ di tempo.»
 
«No, ho già avuto quello che volevo.»
 
Gli occhi di Jennie si assottigliarono. «Il tuo piacere? Non mi sembra.»
 
«La mia vendetta,» la corressi a denti stretti. «O almeno una piccola parte. E comunque, lascia che ti dia un consiglio spassionato. Non cercare piacere in qualcosa che non potrà mai soddisfarti veramente. Io ti ho accontentato, ma tu non sarai mai in grado di accontentare me.»
 
«Perché io non sono lei?» domandò con un sorriso amaro. Odiai quello sguardo di pietà che intravidi nelle sue iridi scure.
 
Presi un profondo respiro. «Per me, nessuno potrà mai essere lei.»
 

YORIN’S POV
 
«Sei bellissima,» mi sussurrò Jongin all’orecchio per poi far scorrere la punta del naso contro il profilo del mio collo.
 
L’ennesimo complimento che per me non aveva alcun valore. Un tempo sarei andata in escandescenze nel sentire certe parole uscire dalla bocca del mio migliore amico. Ma ora le cose erano cambiate. Nulla era più lo stesso, a cominciare dal mondo luccicante che mi circondava.
 
Le mani di Jongin si strinsero intorno alla mia vita mentre le sue labbra mi lasciavano una scia di caldi baci lungo il collo. Mi spostò di lato i lunghi capelli rosso fuoco per avere accesso al profilo della mia mascella e risalire fino alle labbra, che mordicchiò possessivamente nonostante la presenza dello staff.
 
Era questo il bello di essere una coppia famosa, idolatrata dal pubblico e presa di mira dagli haters. C’era chi ci amava e chi ci odiava. Nel mondo dello spettacolo era così. Ma almeno potevamo fare tutto alla luce del sole senza preoccuparci di essere giudicati. Anzi, ogni nostro bacio era un nuovo scatto che avrebbe fatto scalpore il giorno dopo, sovraccaricando l’aura dorata che già ci avvolgeva.
 
E io non desideravo altro. Più quell’aura abbagliante aumentava, più mi avvicinavo al mezzo per ottenere la mia vendetta. E quel giorno era finalmente arrivato.
 
«Krystal, Kai. Siamo in onda,» ci avvertì un membro dello staff mentre altri due ci passavano i nostri rispettivi microfoni.
 
Due truccatrici mi ritoccarono al volo il rossetto e una terza diede una veloce sistemata ai capelli di Jongin. Fui la prima a mettere piede sul palco, acclamata dalle urla dei fan a cui risposi con una scrollata di mani. Jongin era proprio dietro di me.
 
«Toglimi una curiosità, Kai,» dissi al microfono mentre mi voltavo verso il vasto pubblico. In quanto presentatori della serata, il palco era interamente nostro. «Questo è il palco dei MAMA. Qual è l’esibizione che attendi con più ansia?»
 
Il moro si avvicinò di un passo e mi sfiorò la spalla con la propria. Il pubblico andò in visibilio quando mi guardò dritto negli occhi. «Non c’è neanche bisogno di chiederlo, amore mio. Ovviamente quella dei Bangtan Sonyeondan.»
 
Le urla si centuplicarono e Jongin ridacchiò divertito. Era davvero un bravo attore. Abbassai lo sguardo per dare un’occhiata al programma che tenevo fra le mani e accennai anch’io un sorrisetto.
 
«Beh, non dovrai attendere a lungo,» lo confortai. «Ma per il momento accontentati di vederli solo parlare. I vincitori della categoria “best male group” sono proprio i Bangtan Sonyeondan.» Jongin mostrò il foglio con il loro nome scritto sopra. «Congratulazioni, BTS.»
 
Il mio cuore stava battendo all’impazzata nonostante continuassi a ripetermi di mantenere un atteggiamento distaccato. L’ultima volta che li avevo visti gli avevo giurato che li avrei trascinati sul fondo insieme a me. E ora stavo per consegnargli un premio, solo per vederli inabissarsi subito dopo.
 
Quanto era ironica la vita.
 
I Bangtan si alzarono dai loro posti a sedere e camminarono lungo la passerella, acclamati e idolatrati dai loro fan. Dal loro scudo impenetrabile. Ma per quanto ancora avrebbe retto? Ora la mia spada era ben affilata.
 
Il primo a raggiungerci fu RM. Mi avvicinai per consegnargli il premio, ma all’ultimo momento lui, Jimin e Taehyung si fecero da parte per far spazio all’ultima persona con cui avrei voluto instaurare un contatto. Min Yoongi.
 
Mi odiai, ma non potei fare a meno di squadrarlo dalla testa ai piedi. Indossava una giacca nera e dei pantaloni dello stesso colore che gli calzavano a pennello. E aveva i capelli rossi. Proprio come i miei, ma di un colore molto più scuro. Mogano. Il suo viso era bello come me lo ricordavo, e i suoi occhi… I suoi occhi erano due falci scure e affilate, marcati dal trucco nero intorno alle palpebre.
 
Era bello. Era sempre stato bello, e questo era un dato di fatto. La gomitata di Jongin mi riportò alla realtà e mi resi conto che Yoongi non mi stava più guardando, ma lanciava occhiate di fuoco al ragazzo di fianco a me, che contraccambiava con lo stesso fervore. Ancora un altro po’ e si sarebbero inceneriti a vicenda.
 
«Carino l’audio che mi hai inviato,» mormorò Jongin allontanando il microfono per non farsi sentire dal pubblico. «Ti sei divertito con la puttana?»
 
Trasalii. Di cosa diavolo stavano parlando?
 
«Era la tua puttana,» rispose Yoongi senza quasi muovere le labbra. «Io ne ho semplicemente approfittato.»
 
Vidi Jongin tremare sul posto. Era livido di rabbia. «Fottuto bastardo.»
 
«Potrei dire lo stesso.»
 
«Suga!» Namjoon affiancò il suo Hyung nel modo più naturale possibile. «Non è il momento. Yorin, ti dispiace?»
 
Abbassai lo sguardo, rendendomi conto che si stava riferendo al premio che stringevo fra le mani. Incrociai lo sguardo con quello di Yoongi e potei giurare di aver sentito una maledetta scossa attraversarmi la spina dorsale. Un brivido che cercai di rimandare subito indietro.
 
Mi facevo ribrezzo. Mesi e mesi passati a diventare quella che ero, e un suo semplice sguardo mi aveva riportato alla mente il momento in cui c’eravamo persi l’uno nell’altra, ubriachi d’amore fra le coperte.
 
La rabbia s’impossessò del mio cuore e approfittai dell’inchino per nascondergli i miei veri sentimenti. Lui contraccambiò, così come il resto dei membri alle sue spalle. Un piccolo gesto cortese che nascondeva una tempesta pronta ad abbattersi sulle nostre teste.
 
Porsi il premio a Suga e lui nel prenderlo sfregò volontariamente le dita contro le mie. Fu un attimo. Un attimo che durò un’eternità.
 
Distolsi lo sguardo dal suo per incontrare quello triste di Jimin e Taehyung. Jin era impassibile, mentre Hoseok e Jungkook sembravano aver perso il sorriso nonostante avessero vinto un premio. Namjoon picchettò la spalla di Yoongi quando quest’ultimo sembrò non avere la minima intenzione di staccare gli occhi dal mio viso.
 
Il Leader gli indicò il microfono al centro del palco nello stesso momento in cui Jongin mi afferrò il polso per farmi fare un passo indietro e allontanarmi da coloro a cui ero stata tanto affezionata.
 
«Niente ripensamenti,» mi sussurrò all’orecchio. «Ricordati per chi lo stai facendo.» Per Yoona. «Questa sera avrai finalmente la tua vendetta.»
 
Yoongi avvicinò le labbra al microfono ad asta, circondato dagli altri sei membri che aspettavano di sentire il suo discorso che avrebbe incluso anche i loro pensieri. Nelle mani stringeva il trofeo placcato d’oro, di solito centro della sua attenzione, ora trasformatosi nel semplice oggetto che era.
 
«Forse non ve l’ho mai detto,» iniziò senza preavviso. Si rivolse all’auditorium, ma i suoi occhi erano fissi nel vuoto, come se stesse parlando con sé stesso. «Ma tanto tempo fa, subito dopo il debutto, ho perso una delle persone più importanti della mia vita.» Mi vennero i brividi lungo la schiena. «Ed è stata tutta colpa mia.»
 
Strinsi il cartoncino del programma e per poco non lo ridussi a brandelli. Che cosa diavolo stava facendo? Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi ma dovetti fingere di stare bene per non esplodere su quel palco di merda. Che cazzo stava facendo? Che stronzate stava dicendo?
 
Yoongi si schiarì la gola e Jungkook gli posò una mano sulla spalla. Ma non per fermarlo. Per incoraggiarlo. «Non sto cercando di impietosirvi dicendovi che non ho potuto fare niente per evitarlo. Non ho scuse. Questa persona aveva bisogno di me e io le ho voltato le spalle facendola precipitare nel vuoto.» La rabbia che stavo cercando di trattenere cominciò a farmi tremare il petto e i pugni. I miei occhi erano più affilati di due coltelli. «Ecco perché non ripeterò più lo stesso errore. I Bangtan, le persone che ho a cuore…» voltò la testa per guardarmi, «Chiunque esse siano, non le lascerò più indietro. Sarò sincero con loro e con voi, così come lo sono sempre stato per la maggior parte della mia carriera. Grazie a tutti.»
 
Le urla della folla mi fecero tornare alla realtà mentre le luci sul palco si abbassavano per lasciarci nel buio. Jongin mi afferrò per un polso, scortandomi dietro le quinte insieme al gruppo che aveva appena tenuto quel discorso. Cercai di liberarmi dalla sua presa per sorpassarlo, ma Jongin mi spinse nuovamente contro di lui. Gli occhi nei miei.
 
«É una trappola,» sospirò contro le mie labbra. «É una maledetta trappola, Yorinie. Lasciali perdere. Fa quello che ti sei prefissata di fare e va’ avanti per la tua strada. Non distrarti.»
 
«Stava parlando di mia sorella,» ringhiai contro il suo viso. «Ha osato parlare di Yoona davanti ai miei occhi. Ha detto che è stato lui a farla cadere nel vuoto. Lo ha ammesso. E adesso tu mi dici di lasciar perdere?!» urlai liberandomi dalla sua presa. Jongin mi guardò seriamente ma non mi toccò.
 
«Sì. Adesso hai la certezza che è stato lui. Cos’altro ti serve per annientarlo?! Fallo e basta. Vai su quel fottuto palco, accendi il microfono e di’ davanti a tutta quella gente che Min Yoongi è il fottuto assassino di tua sorella! Distruggilo con le tue stesse mani!»
 
«Voglio che me lo dica in faccia,» affermai senza alcuna esitazione. Non ero mai stata tanto sicura di me stessa. «Voglio che quel bastardo sia sincero con me visto che lo ha appena promesso davanti a una folla di trentamila persone. Dopo sarò più che felice di darlo in pasto ai suoi fan e al mondo intero.»
 
Lo sorpassai, ma Jongin mi trattenne un’altra volta. Gli lanciai un’occhiataccia. «Non farlo, Yorinie. Quel figlio di puttana mi ha inviato gli audio della sua scopata con Jennie. Come puoi pretendere di fidarti di lui?»
 
Udii l’ennesimo colpo di fucile che mi trapassò il cuore. La mia forza venne meno ma riuscii a liberarmi dalla sua presa. «Non voglio fidarmi di lui. Voglio mandarlo al diavolo una volta per tutte.»


YOONGI’S POV

Ovviamente non riuscii a coglierla di sorpresa. Si accorse della mia presenza non appena mi avvicinai a lei. Mi afferrò per un braccio e mi trascinò nel suo camerino stracolmo di trucchi, vestiti per le esibizioni e accessori per capelli. Si chiuse la porta alle spalle dopo aver udito qualcuno dello staff urlare: “In onda fra quindici minuti!”
 
I nostri occhi s’incontrarono per la terza volta quella sera. La squadrai da capo a piedi, così come avevo fatto da quando mi ero seduto al mio posto fino a quando non mi ero alzato per ritirare il premio insieme a tutti gli altri.
 
Era da togliere il fiato.
 
I suoi lunghi capelli rosso acceso le incorniciavano il viso pallido, reso ancora più bianco a causa del contrasto con le sue lenti a contatto rosse. Notai che stava indossando un abbigliamento piuttosto casual per una serata di gala. Era poco comune vedere la presentatrice di un evento tanto importante indossare una semplice canottierina nera che lasciava scoperta la pancia e dei pantaloni rossi super attillati, infilati in un paio di stivaletti neri. Dopotutto, Yorin rimaneva sempre Yorin. Nessuno avrebbe mai potuto costringerla a indossare un vestito elegante pieno di pailettes.
 
Quando tornai a guardarle gli occhi, li trovai freddi come il ghiaccio nonostante fossero del colore del fuoco. «Mi stavi aspettando,» dedussi infilando le mani nelle tasche dei pantaloni neri eleganti. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che c’eravamo visti. Forse sei mesi? E in sei mesi quella ragazzina aveva raggiunto la stessa popolarità che noi avevamo ottenuto in cinque anni di sacrifici. Sbalorditivo.
 
«E ti ho aspettato fin troppo. Parla e vedi di dire le cose come stanno perché questa sarà l'ultima volta che ti ascolterò.» Le sue parole erano come frecce appuntite che si conficcavano una dopo l'altra nel mio cuore pieno di cicatrici. «Te lo chiederò senza troppi giri di parole. Hai ucciso tu mia sorella?»
 
Pendeva dalle mie labbra. La guardai negli occhi prima di dischiuderle e dire, «L'ho spinta io a farlo. È stata colpa mia.»
 
La maschera d’indifferenza che portava sul viso si disintegrò a poco a poco, rivelando un'espressione afflitta che mi avrebbe perseguitato per sempre. Il mio cuore stava soffrendo con lei. Il suo dolore era il mio.
 
«L'hai spinta a farlo... o l'hai spinta giù da quel cazzo di ponte?» Il suo dolore svanì e venne rimpiazzato da un'ondata di rabbia e odio che m’investì in piena regola. Ne fui sopraffatto. «Parla, maledetto bastardo! C'entrano qualcosa anche i tuoi amichetti o hai fatto tutto da solo?! Ti giuro che stasera ti distruggo, fosse l'ultima cosa che faccio nella mia cazzo di vita!! Rimpiangerai di avermi incontrata, Min Yoongi! Rimpiangerai quel maledetto giorno in cui hai pensato di portarmi nel tuo fottuto hotel e scoparmi!»
 
Il mio cuore si stava spezzando in due. Non potevo più vederla in quello stato. Mi mossi verso di lei e Yorin si mise subito sulla difensiva, pronta a respingermi per vietarmi in tutti i modi di toccarla. Le facevo ribrezzo.
 
«Era una fredda sera di Dicembre,» iniziai cogliendola di sorpresa. Il mio sguardo era nel suo, il mio cuore nelle sue mani. «Era quasi Natale. Ricordo ancora i brividi di freddo prima dell’esibizione. Quell’esibizione che non avrebbe mai dovuto esserci.» Le sue sopracciglia tinte di rosso s’incresparono. «Quella mattina, avevo mandato un messaggio a Yoona per dirle d’incontrarci al nostro solito posto visto che aveva detto di volermi parlare. L’appuntamento era fissato per le 22.»
 
«L’orario della sua morte,» m’interruppe con uno sguardo carico di disprezzo. Era livida di risentimento. Annuii.
 
«Sì.» Non lo negai. Le mie forze diminuivano man mano che andavo avanti con il racconto. Ricordare quel giorno mi stava prosciugando di tutte le energie. «Ma quella sera non potei essere puntuale perché la nostra esibizione del pomeriggio venne spostata proprio alle 22. A causa dei vari impegni, non riuscii neanche ad avvertirla che avrei fatto tardi.» Mi passai una mano tra i capelli, gli occhi che fissavano il vuoto, perso nei ricordi. «Rimase ad aspettarmi al freddo, e io arrivai sul ponte solo un’ora dopo. Mi accompagnarono gli altri con il nostro SUV privato.»
 
«E?» m’incalzò.
 
Puntai i miei occhi nei suoi. Erano gonfi di lacrime che si rifiutava di lasciar andare. «E lei non c’era,» rivelai con un filo di voce. La sua espressione sorpresa rimpiazzò quella addolorata.
 
«Cosa…?»
 
«Non c’era… perché il suo corpo stava già galleggiando nel fiume Han.»
 
Fece un passo indietro e per poco non perse l’equilibrio a causa dello shock. La raggiunsi, offrendole il mio braccio per sostenersi. Lo scostò via da sé. «Non raccontarmi stronzate.»
 
«Non lo sto facendo,» affermai senza smettere di guardarla negli occhi. Abbassai il capo per ritrovarmi allo stesso livello delle sue iridi rosse. «Era già morta quando sono arrivato. La strada era deserta e nessuno la vide buttarsi di sotto. Sono quasi impazzito, Yorin. Ho provato a lanciarmi nel fiume per salvarla, ma gli altri mi hanno fermato prima che potessi fare una stronzata. Sarei morto congelato prima di riuscire a trascinarla fino alla riva.»
 
«E allora che cosa hai fatto?» domandò quasi senza fiato. Mi guardava come se volesse cavarmi le parole di bocca. «L’hai lasciata lì?» aggiunse con un moto di disprezzo.
 
«Certo che no. Namjoon-»
 
La porta si spalancò proprio in quel momento. Ci voltammo entrambi verso il Leader che era appena entrato, seguito dagli altri cinque membri del mio gruppo. Rimasero dietro le sue spalle mentre Namjoon prendeva la parola.
 
«Feci una telefonata anonima al 119,» terminò la mia frase precedente. «Sono stato io a portare via Yoongi. Li ho portati via tutti perché sapevo che saremmo stati nei guai se ci avessero trovati lì, sulla scena del crimine. Ho impedito a Yoongi di buttarsi nel fiume perché era palesemente troppo tardi… e perché non potevo permettere che le sue impronte rimanessero sul corpo di Yoona. Sarebbe stato il primo sospettato.»
 
«I soccorsi sono arrivati quasi subito,» s’intromise Taehyung. I suoi occhi non erano mai stati tanto profondi ed espressivi. Ci potevi sguazzare dentro. «L’hanno tirata fuori mentre noi guardavamo la scena dai vetri oscurati del nostro SUV. Sì, eravamo lontani, ma non ce ne siamo mai andati. Siamo rimasti con lei.»
 
Mi si spezzò il cuore quando udii il singhiozzo di Yorin. Si tappò la bocca per nasconderci il suo dolore, il suo tormento… ma poteva fare ben poco. Morivo dalla voglia di avvicinarmi e stringerla forte fra le mie braccia. Non lo feci. Sapevo bene che mi avrebbe respinto.
 
«Yoongi-hyung era distrutto,» disse tristemente Hoseok. «Pensavo sarebbe morto lì con lei. Dico sul serio. Nel SUV si sentivano soltanto i suoi singhiozzi disperati. Fu uno strazio.»
 
«E poi arrivò Jongin,» disse Jimin incrociando le braccia al petto. «Lo chiamarono quando ritrovarono il cellulare di Yoona. Probabilmente il suo numero era in cima alla lista delle chiamate.»
 
Jungkook si grattò il retro della testa. «Ecco perché cancellammo il messaggio di Yoongi-hyung. Era la cosa migliore da fare per evitare che qualcuno potesse metterlo in mezzo a quella storia. É da secoli che i paparazzi cercano di coinvolgerci in uno scandalo. Questa sarebbe stata l’opportunità perfetta.»
 
«Le persone famose non possono soffrire come le persone normali,» mormorò Jin dall’angolo. «Dobbiamo farlo in silenzio, al buio… dietro il vetro oscurato di un SUV così nessuno potrà usare quel dolore contro di noi.»
 
«Perciò non è stata colpa di Yoongi-hyung,» chiarì subito Namjoon. «É stato solo un incidente. Nessuno di noi poteva evitarlo.»
 
«Ti sbagli,» affermai con i pugni stretti e gli occhi ridotti a due fessure. Yorin si voltò a guardarmi con gli occhi ancora lucidi e increduli. «Io potevo evitarlo, ma sono stato così stupido da non capirlo.» Jungkook tentò di negare le mie parole. Battaglia persa in partenza. «Sono andato a letto con la sua migliore amica e l’ho lasciata da sola in mezzo a quel mare di squali. E immagina quanto deve essersi sentita sola su quel ponte, in mezzo al freddo e alla neve mentre io ballavo e cantavo su un fottuto palco di merda.» Presi un profondo respiro rabbioso. Mi bruciavano gli occhi. «Avrei dovuto mandarle un messaggio… Anzi, sarei dovuto correre da lei e mandare tutto e tutti al diavolo. Se l’avessi fatto, Yoona sarebbe ancora viva.» Mi asciugai gli occhi nonostante non ci fosse nemmeno una lacrima da nascondere. «É morta per colpa mia. L’ho uccisa io.»
 
«No,» affermò Jin a denti stretti. «Yoona soffriva di depressione. Non potevi saperlo. Non è colpa tua.»
 
«Non le sono stato vicino quando ne aveva bisogno!» ringhiai, gli occhi rossi a causa del pizzicore delle lacrime. «É questa la mia colpa!»
 
«Allora siamo colpevoli in due.» Abbassai lo sguardo su Yorin. Lei mi stava guardando con una strana luce negli occhi. «Anch’io l’ho abbandonata quando aveva più bisogno di me. É morta anche per colpa mia.»
 
Il silenzio ci avvolse come una coperta fatta di spine. Nessuno sapeva cosa dire. Cosa fare. C’erano solo tante parole non dette che pregavano di poter uscire fuori. Cercavano di manifestarsi per rimettere tutto a posto e sistemare le incomprensioni rimaste. La prima a iniziare fu proprio Yorin.
 
«Jongin mi ha detto che sei andato a letto con Jennie.»
 
Ovvio. Sapevo che quel bastardo l’avrebbe fatto. Mi ero preparato psicologicamente a quel colpo basso, ma non fui abbastanza coraggioso da sostenere gli sguardi inorriditi dei miei amici. Guardai altrove.
 
«Non l’ho scopata. Non ci ho nemmeno fatto sesso. Era solo vendetta.»
 
«Vendetta?» domandò lei inarcando un sopracciglio. «Anche la tua quasi scopata con Soo Jin era una vendetta?»
 
Ok, questa aveva fatto malissimo. Mi passai una mano sulla faccia e mi appoggiai al tavolino pieno di trucchi. Se non avessi saputo che sarebbe stato inutile, mi sarei buttato ai suoi piedi implorando il suo perdono.
 
«Yorin… sai bene che ero dipendente dal sesso.»
 
«Eri?»
 
«É da sei mesi che non tocco una donna, okay?» la implorai con gli occhi. «Quello che stava per farmi Soo Jin non è paragonabile a un secondo di quello che tu hai fatto a me. E quello che ho fatto a Jennie… non può essere paragonato a quello che muoio dalla voglia di fare a te.» Lo sguardo disgustato di Taehyung mi fece quasi sorridere. «Non ti sto chiedendo di perdonarmi. Ti sto chiedendo di credermi.»
 
«Credere a cosa?»
 
«A ciò che ti ho detto su Yoona. A quanto ti amo,» le dissi col cuore in mano. Yorin tremò impercettibilmente sul posto. «Una volta mi hai detto che sono bravo a fare sesso, ma che sicuramente sono pessimo a fare l’amore.» Mi persi nei suoi occhi di fuoco, così come lei si perse nelle mie parole piene di sincerità. «Insegnami tu come si fa a fare l’amore. Oppure distruggimi come avevi in mente di fare. Stavolta sei tu ad avere il microfono dalla parte del manico. La decisione spetta a te.»
 
Abbassò lo sguardo sul microfono rosso che stringeva fra le mani. Il mezzo per distruggere me e i Bangtan Sonyeondan. Non doveva fare altro che avvicinarvi quelle bellissime labbra pitturate di rosso e pronunciare poche, semplici parole. “Min Yoongi ha ucciso mia sorella, e il resto dei Bangtan Sonyeondan lo ha aiutato a insabbiare tutto.”
 
Distrutti in un sol colpo. Chi avrebbe mai pensato che la regina di ghiaccio potesse mentire? Lei che non aveva peli sulla lingua.
 
«Fai ciò che ritieni giusto,» dichiarò Namjoon con una calma inaspettata. «In questi mesi ho capito che non serve a niente nascondere la verità. Ci faremo solo più male. Perciò sfoga la tua rabbia. Vendicati per il tradimento di Yoongi.  Noi saremo in prima fila ad attendere il tuo verdetto. Ma ricorda,» aggiunse puntandole il dito contro. «Non ci affonderai così facilmente. Siamo pur sempre a prova di proiettile.
 

YORIN'S POV
 
L'esibizione dei Bangtan Sonyeondan era appena terminata e l'auditorium era quasi crollato su sé stesso a causa delle urla. I sette ragazzi si tolsero i microfoni e scesero dal palco per tornare ai loro posti nella zona VIP, madidi di sudore e con i vestiti appiccicati alla pelle. A momenti riuscivo a sentire i loro respiri affannati.
 
Jongin era al mio fianco mentre aspettavamo di tornare sul palco per annunciare la prossima esibizione. Per un divertente scherzo del destino, toccava proprio alle BLACKPINK.
 
Le quattro ragazze erano dietro di noi, ma Jennie mi raggiunse per sistemarsi di fianco a me. Jongin non la guardò neanche di striscio. Lei invece fissava me. Riuscivo a percepirlo con la coda dell'occhio. La guardai a mia volta e scoprii che mi stava fissando con un sorrisetto che non seppi decifrare.
 
«Che hai da ridermi in faccia?» le domandai gelida. Più gelida di quanto avrei voluto. Non per niente mi chiamavo la regina di ghiaccio.
 
«Sei molto bella questa sera,» mi disse gettando un'occhiata all'abitino con lo strascico nero che mi avevano costretto a indossare. I tacchi alti mi stavano uccidendo i piedi. «Lui ha occhi solo per te.»
 
Non feci in tempo a chiederle di chi stesse parlando perché ci comunicarono che dovevamo salire sul palco. Jongin mi passò il microfono come se mi stesse consegnando un'arma. Mi guardò negli occhi facendomi capire che era arrivato il momento di fare ciò che andava fatto. Niente ripensamenti.
 
Mi seguì fino al centro del palco, aiutandomi a salire i gradini come avrebbe fatto ogni vero gentiluomo. Accettai il suo aiuto solo per non fargli fare una figura di merda davanti a tutte quelle persone. Sapevo camminare da sola. Con chi diavolo credeva di avere a che fare?
 
«Amore,» disse rivolgendosi a me. Mi passò un braccio intorno alle spalle. Il pubblico urlò fino a spaccarmi i timpani. «Che ne pensi dell'esibizione dei Bangtan Sonyeondan? Si meritano proprio il titolo di star internazionali, non trovi?»
 
Stava facendo esattamente ciò che pensavo avrebbe fatto. Stava pilotando il discorso verso i BTS per lasciarmi campo libero. Avvicinai le labbra al microfono.
 
«Non sono mai stata una loro fan,» dichiarai senza scompormi di un millimetro. Alcune persone urlarono il loro dissenso. Sicuramente gli ARMY. «E uno di loro mi è sempre stato sul cazz-»
 
Jongin mi coprì la bocca prima che potessi inveire in diretta nazionale. Qual era il problema? Stavo solo dicendo la verità.
 
Esatto, la verità. Avrei detto tutta la verità.
 
«Amore mio,» disse Jongin divertito e un po' a disagio. Lo guardai male. «Sai che ti amo perché dici sempre tutto quello che pensi. Ma non mi sembra il momento di essere così diretta.»
 
La folla scoppiò a ridere, e poi urlò all'improvviso quando inquadrarono i BTS. Li guardai attraverso lo schermo gigante e l'occhio mi cadde su Yoongi, seduto in prima fila con tre suoi compagni a destra e tre a sinistra. Aveva ancora il fiatone, e i capelli umidi di sudore gli si erano appiccicati alla fronte.
 
Era chino in avanti, i gomiti poggiati sulle ginocchia e lo sguardo tagliente fisso su di me. Mi stava scrutando mentre si passava la lingua sulle labbra per inumidirle. Potevo percepire il suo odio per Jongin, la sua preoccupazione per quello che avrei detto e il suo desiderio di essere perdonato. Mi portai di nuovo il microfono alle labbra.
 
«Io non ti amo.» L'auditorium si congelò. Mi voltai a guardare Jongin che sembrava non aver inteso il senso delle mie parole. La verità. Avrei detto solo la verità. «Amo il membro dei Bangtan Sonyeondan che mi è sempre stato sul cazzo.»
 
Non so cosa successe dopo quel momento. So solo che non capii più nulla. Lasciai cadere il microfono a terra, proprio come avevo visto fare a Yoongi in Mic Drop, mi tolsi i tacchi e li abbandonai lì sul palco, poi mi sollevai lo strascico del vestito e cominciai a correre a piedi nudi giù per i gradini. La telecamera mi venne dietro mentre la folla urlava e bisbigliava.
 
Intorno a me c'era il caos.
 
Corsi verso la zona VIP senza sapere esattamente cosa fare. O forse lo sapevo fin troppo bene. Mi fermai di fronte ai Bangtan Sonyeondan, di fronte a Yoongi che aveva raddrizzato la schiena e mi scrutava con uno sguardo indecifrabile, così come il resto dei BTS. Gli altri gruppi dietro di loro stavano sicuramente pensando che fossi uscita di senno. EXO, WANNA ONE, SEVENTEEN, GOT7, MAMAMOO, TWICE.
 
Presi un profondo respiro, ancora stanca a causa della corsa, e mi chinai su Yoongi. Gli agguantai il viso con entrambe le mani e schiantai le mie labbra contro le sue, come se lui fosse la mia riserva d'ossigeno. Chiusi gli occhi e continuai a baciarlo nonostante fosse diventato rigido come un pezzo di legno. Allontanai dalla mia testa tutte le urla, tutte le telecamere e gli sguardi increduli e sorpresi delle trentamila persone che avevamo intorno.
 
La verità? Stavo urlando al mondo intero che Min Yoongi era soltanto mio. Mio e di nessun altro. Stavo dicendo a Jennie di stargli alla larga. Stavo minacciando Soo Jin di tenere quelle sue fottute mani lontane dal mio uomo. Stavo confessando a Jongin che non avrei mai potuto amarlo perché il mio cuore, nonostante tutto, apparteneva ancora a quel bastardo.
 
Stavo dicendo tutte quelle cose senza aprire bocca, muovendo quest’ultima su quella di Yoongi per ottenere una risposta che arrivò senza preavviso, bloccandomi il fiato.
 
Il rosso avvolse le mani intorno alla mia vita e mi attirò sulle sue ginocchia. Mi ritrovai seduta sul suo grembo, con le mani intorno al suo collo e le sue labbra che divoravano le mie con una passione che mi fece quasi girare la testa. Il suo sapore m’invase la bocca e il suo respiro divenne un’eco che mi solleticò piacevolmente le orecchie.
 
Non m’importò delle telecamere che ci stavano filmando. Non m’importò dello sguardo frustrato e imbarazzato di Namjoon, ma tuttavia sorridente, così come quello degli altri cinque ragazzi al nostro fianco. Erano tutti lì per combattere quella battaglia che io avevo deciso di iniziare. Ma non contro di loro. Per loro. Per me stessa e per Yoongi. Una battaglia in cui stavo urlando a gran voce la nostra libertà.
 
Mi staccai dalle labbra di Yoongi, che mi rincorse per evitare di perdere quel bellissimo collegamento fra di noi. Mi posò le mani sulle guance e mi riportò sulla sua bocca, assaporandomi come se fossimo stati soltanto noi due.
 
«Non ti lascerò mai più andare,» sussurrò sulle mie labbra gonfie. Il mio cuore batteva in sincrono con il suo. «Mai più.»
 
Posai la fronte sulla sua. «Portami via di qui,» lo supplicai. «Voglio stare da sola con te.»
 
“Avevo deciso di credergli. Avevo deciso di dare a entrambi una seconda possibilità. E stavolta gli avrei insegnato ad amare. Gli avrei insegnato a fare l’amore. Stavolta per davvero.” -Yorin



Angolo.Autore

E' passata una vita dall'ultimo aggiornamento. Scusate se vi ho fatto aspettare così tanto ma ero troppo presa dall'altra mia storia, Be My Knight 🙏

Ho deciso di fare una piccola pausa e riprendere questa, anche perché vi avviso che stiamo per avvicinarci al finale di Hook-Up (mi mancherà davvero un sacco questa storia 😭)

Parlando del capitolo, Yoongi si è approfittato di Jennie per vendicarsi di Jongin. Ancora una volta ha usato il sesso per sfogare le sue frustrazioni, ma speriamo che ora Yorin sia in grado di guarirlo definitivamente. Voi che dite? Lui sa di amarla ma non riesce a dimostrarglielo come si deve. A quanto pare manca ancora qualcosina che potrebbe farlo capitolare una volta per tutte 👀

E finalmente abbiamo scoperto che cosa è successo il giorno della morte di Yoona. Pensavate che fosse andata in modo diverso? Scrivetemelo pure, sono curiosa ❤

Personalmente ho amato scrivere la scena finale. Ditemi voi 😂 E se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi pure un commentino. Sapete che lo apprezzo tantissimo ❤ Un bacione e alla prossima!

P.s: Ne approfitto per avvisarvi che ho continuato a tradurre Per Amarti e Onorarti, il sequel di Nel Bene e Nel Male che trovate sempre nel mio profilo.

Instagram: btsuga_d
   
 
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