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Autore: Nanamin    20/06/2020    2 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
-
“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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SOLO POCHI CENTIMETRI

 

Piccola nota prima del capitolo: la storia è leggermente cambiata da come la ricordavate. Alcuni dettagli non mi convincevano e ho dato una bella potata. I capitoli cambiati sono il n°26 e il n°27. Vi consiglio di rileggerli.

 

 

 

 

Cyborg, seduto al terminale nella T Tower, rivolse uno sguardo serio a tutti i componenti della squadra.

"A questo punto, credo che l'unica cosa da fare sia andare a Markovia.”

Robin incrociò le braccia dopo quell’affermazione.

“Avvertirò Geo-Force in serata,” continuò, continuando a guardare lo schermo del computer.

“Non capisco cosa possano volere Slade e quella donna da tutto questo,” disse Starfire levitando a qualche centimetro da terra.

Cyborg si massaggiò le tempie con le mani.

“Come facciamo con Jump City?” 

Raven accavallò le gambe mentre pensava a una soluzione.

“Potremmo chiedere una mano ai Titans East mentre siamo via, non penso farebbero problemi.”

“Può essere un'idea, direi di partire subito per informali della situazione.”

Terra abbassò il volto, gli occhi fissi sulle sue gambe.

“Terra?”

La ragazza alzò gli occhi verso Beast Boy e accennò un sorriso.

“Sono solo agitata. Non ho un buon presentimento.”

Le prese una mano e la strinse leggermente.

“Andrà bene.”

Terra annuì.

“Ne sono sicura.”

Un rumore assordante echeggiò nella main room, accompagnato da una luce intermittente rossa.

“Perimetro violato! Perimetro violato! Perimetro violato!”

Terra balzò in piedi insieme a BB, aloni neri comparvero attorno alle mani di Raven, Star si posò vicino a lei con sfere di energia verdi.

Cyborg era in piedi, verso la porta, avanti a tutti gli altri, il cannone dritto avanti a lui.

“Robin, sei riuscito a localizzarlo?”

Robin stava digitando sulla tastiera del computer: sullo schermo erano comparse sei telecamere di sorveglianza, quattro rivolte all’esterno e due nell’ingresso.

“Sembra non ci sia niente.”

Il leader si morse il labbro, la sirena che gli si conficcava nel cervello come un chiodo. 

Aggrottò le sopracciglia, cercando di sopportare il dolore dato dal rumore.

Un secondo…

La foto in alto a destra dava sulla città, il mare calmo e gli uccelli in volo, immobili. Perché immobili?

Fissò quei piccoli puntini fermi sullo schermo.

“Ha manomesso la sorveglianza!”

Estrasse il bastone e lo allungò.

“Titans, tenetevi pronti!”

Terra strinse i pugni, mentre BB grugnì, pur mantenendo la forma umana.

Cyborg corse al computer ed estrasse un cavo dal suo petto.

“Cercherò di cambiare gli algoritmi e far finire questo inferno.”

Collegò lo spinotto all’hardware e iniziò a digitare sulla tastiera, veloce e concentrato sullo schermo.

Robin sentì il suo respiro rallentare, gli occhi socchiusi verso l’ingresso, i denti che mordicchiavano il labbro inferiore. 

Aveva le dita serrate attorno all’asta metallica, le ginocchia leggermente piegate per poter balzare in avanti. Che Slade avesse già deciso di far loro una sorpresa?

Improbabile. Chi sarebbe mai stato tanto stupido da attaccare la torre con tutti i Titans più uno dentro?

L’allarme cessò, le luci si riaccesero.

“Cyborg, è tutto a posto?” Robin non staccò gli occhi dall’ingresso, così come gli altri della squadra.

“Sembra di sì, Robin. Non rilevo alcuna minaccia nella torre. Non riesco a capire.”

Sospirò e accorciò il bastone, mettendolo alla cintura.

“Controllate se è stato rubato qualcosa. Occhi aperti, se ha eluso la sorveglianza potrebbe ancora essere qui.”

Gli altri annuirono e si divisero, ognuno diretto alle proprie stanze. Terra si girò, in attesa di direttive.

“Controlla l’infermeria e la palestra.”

La ragazza annuì e uscì dalla main room, seguita da Cyborg.

I secondi passarono, dilatati, ma nulla si mosse. Robin rilassò i muscoli e sospirò.

Attraversò il corridoio, con le orecchie tese e le mani vicino alla cintura. La porta della sua camera si spalancò.

“Eppure è come l’ho lasciata…”

Entrò nella sua stanza e fece scorrere la mano sul muro. Il letto era rifatto, la scrivania coperta di articoli di giornale. Sulla sua sommità, una valigetta.

Una?

L’aprì: aveva tutto, era quella che aveva recuperato durante la corsa.

“Figlio di…”

La richiuse. Si morse il labbro e sbatté un pugno sul legno. Gettò un occhio al luogo dove avrebbe dovuto esserci l’altra ventiquattrore, con le informazioni di Red X.

Al suo posto, un foglietto bianco, piegato a metà.

Alzò un sopracciglio e allungò la mano, lo aprì con l’indice.

 

 

Ehi, Dickhead. Attento al computer, hai il vizio di lasciarlo acceso!

Ps. Ti devo un favore.

 

“Robin!”

Il ragazzo si abbandonò con la schiena al muro e sospirò, chiudendo gli occhi.

“Cos’ha preso?”

Starfire aprì la bocca per rispondere, ma lui la bloccò alzando una mano. 

“No, non ti preoccupare. Arrivo.”

Accartocciò il foglietto che aveva tra le dita e lo buttò nel cestino. Raggiunse la ragazza, ancora sull’uscio, accostando l’anta dell’armadio socchiusa durante il suo percorso.

 

 

***

 


 

“Apprendista, sei pronta?”

Zero si girò verso l’uomo, smettendo di pulire la katana appoggiata sul sostegno di fronte a lei.

“Sono pronta.”

“Molto bene. Prendi la spada dall’impugnatura.”

La ragazza obbedì, tenendo la lama di fronte a sé.

Slade prese una boccetta e imbevve dei fogli di carta di qualche goccia.

“Questo è l’abura nuguishi,” disse, porgendole il foglio. “Fallo scorrere sul metallo, stando ben attenta a non tralasciare nulla.”

“A cosa serve?”

“Creerà uno strato protettivo per  proteggere la lama in vista della battaglia imminente.”

Zero annuì, lasciando che una ciocca di capelli le coprisse l’occhio.

“Perché me lo stai insegnando?”

Slade le appoggiò una mano sulla spalla. A quel tocco caldo la ragazza trasalì, poi chiuse gli occhi.

“Guardami, Zero.”

La ragazza appoggiò la katana e si girò. L’uomo era di fronte a lei, vicino, tanto che dovette alzare lo sguardo. Nonostante i capelli bianchi non aveva quasi alcuna ruga sul volto, le sopracciglia leggermente aggrottate, formando una piccola grinza sulla benda.

“Quando tutto questo sarà finito, voglio che non solo diventi la mia apprendista, ma sarai come mia figlia. Non ho mai visto nessuno con il tuo potenziale.”

Zero abbassò il volto.

“Terra.”

“No, bambina.” 

Zero si sentì sollevare il mento, preso tra l’indice e il pollice dell’uomo.

“Tu sei molto di più di Terra.”

La ragazza spalancò gli occhi e dischiuse le labbra. Era più di Terra? Era davvero così? Le stava dicendo la verità? Non era una… copia?

Strinse i pugni a quell’ultimo pensiero. C’era solo un’altra persona che le aveva detto quelle cose, di cui si fidava. Si morse il labbro, lui non l’avrebbe mai più considerata dopo quello che aveva fatto. Aveva dovuto.

Inspirò a fondo. C’era una cosa più importante al traguardo, la sua prima, unica amica. Sorrise al pensiero di 04 finalmente salva. 

Anche se…

“Rose.”

“Cosa, bambina?”

Slade le lasciò andare il mento, ponendole le mani sulle spalle. Zero si spostò una ciocca dietro l’orecchio.

“Posso chiamarmi Rose?”

L’uomo sorrise e le posò una mano sulla guancia.

“Certamente, Rose.” 

Sarebbe dovuta essere Terra in poco tempo, ma, in quel momento, sentirsi chiamare con il suo nome la rese felice.

 

 

 

***

 


 

"Sire."

Brion raggiunse il fratello a passo veloce, per poi fare un inchino una volta al suo cospetto.

Gregor si fermò e allacciò le mani dietro alla schiena.

"Brion, novità?"

"Sì, sire. I Teen Titans sono pronti a venire a Markovburg con Tara."

Il regnante annuì.

"Splendida notizia. Farò inviare un jet privato a Jump City giusto per loro. È ora di andare a calmare i mastini, vorresti farmi il privilegio d'accompagnarmi?"

"Credo che non mi abituerò mai all'etichetta che sussiste tra noi due, sire."

"Nemmeno io."

Brion aprì la porta che li divideva dal salone dei nobili e si fece da parte. Il re si schiarì la gola e raddrizzò la schiena ed entrò.

Il principe lo seguì e chiuse la porta alle sue spalle.

La stanza era gremita di persone, il conte Dalse aveva le dita strette sullo schienale della sedia di fronte a lui.

Brion si lasciò andare a una smorfia compiaciuta. Chissà quanto ci aveva sperato il vecchio…

Tutti nobili, uomini e donne, erano riuniti. I loro occhi si erano posati su suo fratello Gregor, in attesa. Il primo ministro Vittings sorrise e rivolse anche lui il proprio sguardo.

Il sovrano si fermò al centro della sala, in modo che tutti potessero vederlo.

"Signore, signori, nobili di tutti i casati, sono lieto di comunicarvi che domani Tara Markov rientrerà in Paese, scortata dai Teen Titans. Alloggerà nella residenza reale insieme ai suoi accompagnatori, fino a legittimazione ultimata."

Seguì un battito di mani.

"Ero sicuro, Vostra Maestà, che tutto si sarebbe risolto."

Il primo ministro Vittings continuò ad applaudire nei suoi guanti di velluto, presto seguito dal resto dei nobili. Le nocche del conte Dalse sulla sedia erano livide.

Un altro mezzo sorriso. Gli avevano rovinato la festa.

 

 

***

 


 

Tutta la squadra era nella main room, nell’aria solo il ticchettio delle dita di Cyborg sulla tastiera. 

“Non è possibile…”

Le immagini della sorveglianza erano sparite dallo schermo principale, sostituite da una gigantografia di Red X con il medio alzato.

“Cy, puoi far per favore sparire la faccia di Jason da qui?”

L’androide sbuffò.

“Ci sto provando, ma sa il fatto suo. Il computer sta lavorando nel frattempo, come se ci fossero dei processi ancora attivi. Ha messo una password a protezione, se non hai idea di cosa possa essere ci metterò il mio tempo a decifrarla.”

Robin sbuffò e incrociò le braccia. 

Starfire si portò di fianco a lui.

“Ma noi di tempo non ne abbiamo.”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e si girò verso gli altri.

Raven aveva il volto basso, coperto con il cappuccio; Beast Boy e Terra erano seduti sul divano, attenti allo schermo.

Le labbra della ragazza si contrassero in una smorfia. Stava trattenendo una risata?

“Cyborg…”

“Ci metterò qualche ora.”

Robin si prese l’attaccatura del naso tra indice e pollice.

“No, non volevo dirti questo.”

L’androide si girò verso di lui.

“Cosa?”

Il ragazzo lasciò cadere il braccio a peso morto al suo fianco e piantò lo sguardo a terra.

“Pra Diked,” mugugnò a denti stretti, stringendosi tra le spalle.

“Cosa? Non ho capito.”

Robin sospirò e s’irrigidì.

“Prova Dickhead.” 

“Dickhead,” ripeté lui.

Il ragazzo gli scoccò un’occhiata gelida. L’androide alzò le mani.

“Va bene,” disse e inserì la parola nel computer.

Una musichetta di vittoria si sparse per la main room, la foto di Red X scomparve, lasciando spazio alle immagini di sorveglianza, ora sbloccate.

Raven s’avvicinò al leader.

“Ma non aveva detto che non si sarebbe mai più fatto vedere?”

“E perdere l’occasione di mettermi in ridicolo e fare le sue scene teatrali?”

Robin si girò verso Raven e continuò.

“Ora non possiamo preoccuparci di lui. Devo contattare Geo-Force e comunicargli le ultime novità.”

Tirò fuori il trasmettitore dalla tasca e si girò di spalle, per uscire dalla stanza.

“Robin.”

Si fermò, ormai a metà strada.

“Dimmi.”

“Red X ha cancellato tutte le informazioni che lo citavano. Tutte quante: il nostro database è prosciugato e ha usato il computer per fare un attacco informatico a tutta la città. Non esiste più.”

“È un fantasma,” continuò Raven.

“Esatto. In più, ha preso la pillola che ci aveva dato Terra. Non so a cosa gli potesse servire.”

Robin abbassò la testa, rimanendo di spalle.

“Vorrei saperlo anch’io.” 

 

 

***

 


 

La cravatta scivolò sul pavimento, le dita allentarono il collo della camicia, sbottonandolo.

Tolse i gemelli; il suo riflesso lo guardava vuoto dalla finestra, disturbato dalle gocce di pioggia che battevano sul vetro.

Gli occhi arrossati, cerchiati, le guance scavate.

Si passò una mano tra i capelli e sistemò tutto nel portagioie. Il respiro si fece difficile nel petto, le palpebre pesanti.

Appoggiò le nocche sul tavolo, ricoperto da uno strato di pelle, al fianco della lettera.

Con un tintinnio il bicchiere si riempì di liquido arancione, che sollevò i due cubetti di ghiaccio facendoli urtare tra loro.

Lo portò alle labbra e mandò giù un sorso. Chiuse gli occhi mentre lo scotch gli bruciava la gola scendendo giù per l’esofago.

 

 

Per Tara Markov

Invito all’incoronazione di re Gregor I di Markovia

 

 

Richiuse la lettera, la carta tremò sotto le dita. 

 

“Stai scherzando? Non puoi non invitarla!”

Si risistemò la sciabola al fianco.

“Brion, sai che sarebbe la rovina del Paese, adesso ho delle responsabilità.”

Il fratello camminava avanti e indietro per la sua stanza, con le mani dietro la schiena. Si girò verso di lui e spalancò le braccia.

“È nostra sorella!”

Gregor tremò leggermente e si schiarì la voce.

“Sorellastra,” disse, alzando il mento.

Brion aprì la bocca per replicare, poi inspirò a fondo.

“Non ti riconosco più. Di lei non t’interessa?”

 

Appoggiò la lettera e prese un altro sorso di scotch, tirando indietro la testa e finendo tutto il bicchiere.

Si stese supino sul letto e lo lasciò sul pavimento, il ghiaccio vibrò all’urto.

Sul comodino i volti sorridenti di Brion e Tara lo fissavano, incorniciati.

 

 

***


 

 

L’acqua scese nera nel lavello. 

“Ah…”

Strizzò gli occhi, andati a contatto con la tinta e li risciacquò con altra corrente.

Affondò il volto nell’asciugamano e si frizionò la cute, i capelli gli ricaddero umidi sulla fronte.

 

 

***

 


 

Le nuvole si stavano addensando, grigie come il piombo. 

Un brivido le percorse la schiena, a contatto con il cemento freddo, i capelli biondi sparsi a raggiera sul suolo.

"Il divano è proprio troppo morbido per te, vero?"

Terra sorrise, mentre BB si sedeva accanto a lei e si prendeva le ginocchia fra le braccia.

"Volevo solo prendere un po' d'aria prima di tornare a casa.”

"Agitata?"

La ragazza tornò a guardare il cielo e sospirò.

“Noi stiamo per partire. Vedrai, presto Slade non sarà più un problema.”

“Mi dispiace non accompagnarvi ma... avevo bisogno di un po' di tempo.”

Con un rumore ovattato, il mutaforma si stese supino, rivolgendo lo sguardo avanti a sé, per poi chiudere gli occhi.

“Sta' tranquilla. Ci occupiamo di tutto noi, tu pensa a riposare e a prepararti. Se hai bisogno posso rimanere con te lo sai.”

Terra sorrise girandosi verso il suo amico. Voleva sembrare sicuro di sé ma tutti i suoi muscoli tradivano preoccupazione, tesi.

“Non preoccuparti, è meglio che andiate tutti. Io qui posso cavarmela per qualche ora.”

Il ragazzo ricambiò lo sguardo e sorrise, annuendo con la testa.

Rimasero lì per qualche minuto, in silenzio.

Terra si morse il labbro. L'indice destro si mosse, tremolante. Toccò con la punta il guanto di Beast Boy e lo fece scorrere sul suo dorso.

Deglutì.

Una stretta, calda, le avvolse la mano, le dita s'intrecciarono tra di loro. Il pollice del ragazzo l’accarezzò, piano, più volte.

"BB…"

"Dimmi, Terra.”

La ragazza si mordicchiò l'interno della guancia, un leggero calore affiorò sulle sue guance.

"Mi dispiace non averti riconosciuto quella volta."

"Terra-"

Strinse la mano più forte.

"E mi dispiace di averti allontanato dicendoti di essere solo un ricordo."

"Terra, non c'è nul-"

La strinse ancora e serrò le palpebre, strizzandole.

"Dopo tutto quello che è successo sei venuto lo stesso, dopo avermi visto solo di sfuggita, hai cercato di farmi ricordare."

Un rumore. Aprì gli occhi: Beast Boy ora era seduto e si era girato verso di lei, le dita intrecciate nelle sue.

Si morse il labbro, incise i denti nella carne finché il sapore ferroso del sangue non le bagnò la lingua.

"Terra, certo che sono venuto. Pensavi davvero che-"

"Io…"

Spostò il volto, gli occhi verdi del ragazzo la bloccarono.

"Io…" ripeté.

Beast Boy si passò l’altra mano sul collo.

"Dovevo provare. Non è stata colpa tua se mi hai detto quelle cose, non potevi ricordare."

"Se avessi ricordato."

Si mise seduta, lo sguardo fisso sulle sue gambe. Il ragazzo sciolse la stretta e l’accarezzò sulla spalla.

"Terra, ora sei qui, è passato."

Si girò verso di lui, le stava sorridendo. Il suo cuore si riscaldò, il respirò si calmò, fino a che anche dalle sue labbra non sfuggì un sorriso. Annuì e mise la mano sulla sua.

Rimasero qualche secondo a guardarsi, senza dire una parola, godendosi il silenzio mattutino. Il ragazzo sorrise ancora, questa volta distogliendo lo sguardo, imbarazzato, e massaggiandosi il collo con la mano.

Terra aggrottò le sopracciglia, incerta. In un secondo, le guance le avvamparono non appena il suo cervello ebbe decifrato la situazione. Sollevò il mento, le ciocche bionde le scivolarono silenziose sulla schiena mentre gli occhi verdi di BB si posavano sulle sue labbra e poi tornavano a immergersi nei suoi azzurri.

Il pensiero le tornò alla ruota panoramica, a quel giorno in cui Slade li aveva interrotti e tutto era precipitato nel baratro.

Forse, se solo avesse voluto questa volta avrebbe potuto essere felice. Sentì il suo cuore rimbombare nel petto alla visione di Beast Boy che accorciava la distanza a dividerli. Solo pochi centimetri e sarebbe potuta tornare a essere la vecchia Terra, prima che le cose cambiassero.

Socchiuse gli occhi.

Il trasmettitore squillò, facendoli sussultare. Beast Boy rispose alla chiamata e il volto di Robin si materializzò nello schermo rotondo.

“BB, ci stiamo preparando ad andare. Dobbiamo essere lì il prima possibile per tornare in tempo.”

Il ragazzo esitò un istante e le rivolse un breve sguardo. Terra gli sorrise di rimando.

“Arrivo”, disse, chiudendo la conversazione.

Con la mano ancora in quella della ragazza, Beast Boy si sporse e le scoccò un bacio sulla guancia.

“Ci vediamo dopo.”

Sciolse il contatto e si alzò, per poi sparire nella T Tower. Terra si toccò la guancia ancora calda e inspirò a fondo. L'aria fresca e la leggera brezza le provocò un brivido alla schiena.

Alzò un sopracciglio, in allerta, dai polpastrelli appoggiati al suolo percepiva una vibrazione, come una piccola scossa. Si alzò, tutto sembrava tranquillo vicino a lei.

“Aah!”

Si gettò a terra di colpo parandosi la testa con le braccia. Un cuneo di roccia passò sopra la sua testa e andò a schiantarsi a pochi metri da lei, frantumandosi.

"Ah…"

Terra si massaggiò il gomito, che aveva sbattuto contro il cemento, anche la schiena le faceva male. Nell'impeto aveva rotolato sul pavimento duro, ammaccandosi. Strizzò le palpebre per il fastidio della pelle scorticata sotto al suo stesso tocco.

“Mi dispiace.”

Si girò verso la fonte di quelle parole.

"Tu…"

Zero, Rose, il suo clone. La sua esatta copia era di fronte a lei, vestita di una tuta bianca, due katane sulla schiena e una S sul petto.

“Devo ucciderti.”

Terra aggrottò la fronte e s’alzò in piedi.

“Che cosa?”

La ragazza serrò i pugni. Non di nuovo. Cosa volevano da lei? Perché? Perché crearsi il disturbo di fare un suo clone e volere comunque l'originale?

I guanti le s'illuminarono di giallo, si mise in posizione da combattimento.

“Hai fatto del male a Red X, ora vuoi farlo a me. Non starò qui a farmi ammazzare, non ho il cuore tenero quanto lui. Cos'è che vuoi?”

Ebbe un groppo in gola al solo pensiero. Jason... si era ripreso? Chissà se stava bene. O se lei lo avrebbe mai saputo.

Rose sguainò una katana, e la pose con la punta rivolta verso di lei.

“Non parlare di cose che non sai.”

Terra digrignò i denti.

“Allora dimmelo tu.”

Una schiera di massi arrivò a coprirle le spalle, volteggiando dietro di lei, come un muro.

Il clone fece mulinare la spada sopra la sua testa e i suoi occhi s’illuminarono d’azzurro, glaciale. La rete macigni vibrò e passò dalla sua parte, circondandola.

“Cosa?”

Terra spalancò la bocca e urlò per riprenderne il controllo. Le pietre si spostarono, ma gli occhi di Zero diventarono più luminosi e i suoi capelli si alzarono, circondati da un alone bianco.

I macigni tremarono, cozzarono tra loro, si sgretolarono e caddero al suolo in polvere.

“Non è possibile…”

Il clone socchiuse gli occhi.

“Sono più forte di te. Non renderla più difficile, per favore.”

Un urlo, la katana volò in un arco per conficcarsi sul tetto con la punta. Nel braccio di Zero era piantato uno stiletto di roccia, conficcato da parte a parte. La ragazza fece una smorfia e tornò impassibile. Con l'altra mano lo afferrò e lo estrasse: il sangue che colava, imbrattando la tuta, si seccò subito.

“Smettila. Sarà meno doloroso se mi ascolti.”

“Hai detto la stessa cosa a Red X prima di infilzarlo come un pezzetto di carne?” Terra ringhiò, stingendo i pugni per richiamare a sé un altro masso.

Il volto di Zero si deformò in una maschera di rabbia. Schioccò le dita, ricoperte di azzurro. Il masso, docile, si frantumò in pezzi più piccoli e spigolosi.

“Sta' zitta. Tu non sai niente.”

Con un gesto della mano i frammenti iniziarono a cadere come uno sciame verso la ragazza, lasciando crateri nel pavimento.

Terra corse via: due frammenti la colpirono di striscio sulle braccia, incidendole dei tagli roventi. Corse a perdifiato, mentre con i suoi occhi gialli staccava una zolla dal fondale marino per usarla come piattaforma. Doveva raggiungere gli altri. Corse fino a che il suo piede un pestò il perimetro dell’edificio. La zolla, invece, non arrivò mai.

“Cosa ti ho detto?”

L’acqua era increspata, le onde colpivano la scogliera come se nulla fosse mai accaduto.

Terra gridò, raccogliendo a sé tutte le sue forze.

“Non farlo, non sai controllarlo.”

La voce di Zero le arrivò da dietro di lei, sul suolo vide l’ombra della katana pendere sulla sua testa.

“Io ho questi poteri, io ho scelto questi poteri. Te la farò pagare per quello che hai fatto a X, fosse l'ultima cosa che faccio.”

S’abbassò e le dette una gomitata nello stomaco. Con un rantolo soffocato Zero si piegò, abbassando la spada. Terra la colpì con un calcio alla caviglia sinistra, facendola cadere.

“I-,” tossì, per poi rivolgerle lo sguardo, “io so tutto. Sei dentro la mia testa da quando sono nata.”

“Che cosa stai dicendo?”

Terra aggrottò una fronte e la prese per il colletto, tirandola su vicino al suo volto.

“Smettila di dire cose senza senso,” continuò.

Gli occhi del clone si spalancarono, le pupille si dilatarono, la bocca si schiuse.

“04…”

Terra fece una smorfia disgustata.

“Ma di cosa parli?”

“Sei davvero come lei…”

“Lasciami in pace. Me e tutti i miei amici.”

La ragazza sillabò quelle tre parole, scandendole bene con le labbra e lasciò crollare a terra il clone.

“Tu non esisti più. Il tuo volto è il mio, il tuo corpo è il mio, i tuoi poteri sono miei. Sono una Terra migliore di te.”

“Tu non stai b-”

Occhi di ghiaccio, un alone azzurrino.

Il fiato le mancò: un dolore lancinante le trafisse lo stomaco, facendola piegare per l’impatto.

Tossì, gocce di sangue le imbrattarono le labbra fino al mento, brividi le percossero le membra, calore e umido si allargavano sul suo ventre. Terra abbassò il volto, sbatté le palpebre: rosso, tanto rosso, vedeva tutto rosso.

Le dita di Zero si serrarono attorno al suo collo e la sollevarono. Il clone camminò fino al perimetro dell'edificio, la katana nell'altra mano.

“Non è nulla di personale. Addio.”

I capelli le frustarono il viso, vide le nuvole scure, Jump City sottosopra, il mare avvicinarsi come un enorme muro grigio.

Cadde finché il freddo non l’avvolse. Non riusciva più a respirare.

 

 

***


 

 

Il corpo ancora dorato affondava, avvolto da un manto rosso che si sperdeva nella corrente gelida. Sospesa nel buio, sembrava una cometa scarlatta che squarciava il velo della notte.

Socchiuse gli occhi: il sale li bruciò facendole serrare la mascella. Nell'acqua, un piccolo ciottolo rotondo scendeva accompagnandola verso il suo destino.

No, non un ciottolo. Un ricevitore!

Digrignò i denti e allungò il braccio verso la trasmittente. Ogni movimento le mozzava il fiato, dal suo ventre fiumi di sangue uscivano come un fiore rosso.

Solo pochi centimetri, avrebbe potuto dare il segnale. Allungò l'indice e il medio, pesanti per i guanti imbevuti. Solo pochi centimetri, tutto sarebbe tornato come prima. Sentì il contorno metallico con i polpastrelli, solo pochi centimetri.

Un'altra fitta la fece piegare su se stessa. Aprì la bocca per urlare, il torace si contorse in spasmi, schiacciato dalla pressione. Incapace di espandersi.

A poco a poco, con ancora gli occhi spalancati, un’ultima scia di bolle si separò dal suo corpo come alito di vita. I muscoli si rilassarono, i pugni si aprirono. Il bagliore s’affievolì, lieve e soffuso nel nero degli abissi, avvolto da venature rossastre.

Ed è così che atterrò, sul fango molle, le dita solo a pochi centimetri dalla trasmittente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

Hey guys!

Mi sono presa un po’ di tempo, molto tempo. Quattro anni in realtà, nemmeno un'olimpiade. C'è voluta una pandemia per farmi aggiornare, insomma.

Questo capitolo, in realtà, non è nuovo, ma nel riprendere in mano la storia ho visto che molte cose non funzionavano o non mi soddisfavano più e ho dovuto apportare modifiche. Vi consiglio quindi di rileggere gli ultimi due capitoli, mentre questo è stato praticamente riscritto da zero. Spero di non aver perso lo smalto o di non aver cambiato troppo lo stile, anche se ormai molti dettagli saranno vaghi nella vostra mente.

Purtroppo l’università incalza, come sempre, ormai sono in dirittura d'arrivo, si spera almeno, quindi il tempo è quello che è, purtroppo. Anzi, già non mi sarei mai aspettata di riprendere in mano questa fic, quindi posso considerarla una vittoria.

La verità è che in questo periodo ho conosciuto, o meglio, riscoperto, persone che mi hanno fatto tornare la voglia di creare e hanno disintegrato il macigno che ormai da tanto tempo bloccava la mia ispirazione.
Neanche provavo più ad aprire la pagina di Word: la sola idea di dover riprendere tutto mi faceva venire il mal di testa.

Ho iniziato ad esercitarmi in scene diverse e spero che questo si possa notare nei prossimi capitoli. Per le persone di cui parlo, grazie. ❤ Sapete chi siete e non so dove sarei senza il vostro continuo supporto.

Spero che tutti i miei recensori abituali torneranno e alcuni nuovi s’aggiungeranno in futuro. Non posso fare promesse sulla cadenza degli aggiornamenti, ma spero di portare a termine questa storia, un giorno. Ormai è una sfida.

Beh, a questo punto spero che il capitolo vi sia piaciuto e non mi resta che augurarvi un buon fine settimana! Alla prossima!

 

x Carlotta

 

Ps. Non so quando avrò tempo di recensire le storie rimaste indietro, perdonatemi davvero. Spero che capirete.

   
 
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