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Autore: Juliet_Stories    20/06/2020    0 recensioni
Quando l'obiettivo è la salvezza del mondo e il fallimento la sua distruzione, cosa si è disposti a rischiare? Quante vite, quanto dolore? Anche se solo all'inizio del suo viaggio, Katie deve già imparare una dura lezione di vita. Costretta a farsi carico di un ruolo, quello della Prescelta, che non ha mai voluto, dovrà lottare con le unghie e con i denti contro nemici agguerriti e anche contro sè stessa. Sorretta da compagni di viaggio alquanto insoliti, si troverà a viaggiare nel tempo, fino al Medioevo, facendosi strada in mezzo a battaglie sanguinose e trappole oscure e crudeli. Un viaggio difficile, con un'alba tinta di rosso e fosche nubi all'orizzonte.
“Stava piangendo. I fantasmi delle sue vittime lo tormentavano e non riusciva a perdonarsi il fatto di aver spento tutte quelle vite, di aver spazzato via tutte le loro speranze... Me ne andai perché non avrei saputo cosa dirgli, come consolarlo. Non avevo risposte alle sue domande. I fantasmi che lo torturavano erano gli stessi che popolavano i miei incubi, il suo tormento uguale a quello che non mi faceva dormire la notte…”
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9
Il dolore dei ricordi
                                                                              
“Cosa stai facendo?”
Nel riconoscere la voce di Flair dietro di lei, Katie smise di opporre resistenza e di lottare contro quello che fino a poco prima credeva essere un rapitore. Quando lui la lasciò andare, si voltò, infuriata, gli occhi che mandavano lampi.
“Cosa credi di fare? Mi hai fatto prendere un colpo, per poco non ci rimanevo secca!”
“Rischiavi che ti vedessero, nonostante la pioggia. Pensavo fosse superfluo dirti che se vedi dei soldati devi cercare di evitarli, per quanto possibile.”
“E tu dimentichi che sono umani, non elfi dalla vista incredibile. Così come io non riuscivo a vedere loro, loro non riuscivano a vedere me.”
“Non darlo mai per scontato, non possiamo permetterci certi errori da principianti. Se c’è una regola d’oro in una situazione come la nostra, è di diffidare di tutto e tutti.”
Lei sospirò, con il sangue che ancora ribolliva. Tuttavia più guardava quel volto dall’espressione indecifrabile, più capiva che non ci sarebbe mai stato verso di fargli capire che aggredire la gente alle spalle non era il modo migliore di proteggerla.
Sospirò di nuovo, sedendosi contro il muro di legno della locanda. Poco dopo Flair si sedette accanto a lei e per qualche minuto rimasero in silenzio, ascoltando il rumore della pioggia scrosciante, finchè il vento non cominciò ad alzarsi. Katie cominciò presto a rabbrividire, mentre le fredde folate tormentavano la sua pelle bagnata. Strinse a sé i vestiti impregnati d'acqua, la sua unica protezione contro quel vento. Quanto avrebbe voluto che Lyer le avesse rubato dei vestiti più caldi…
“Hai freddo?”
Flair la fissava, preoccupato dal suo tremore. Lei gli rivolse uno sguardo incredulo.
“Tu non hai freddo? Voglio dire, anche tu sei bagnato fradicio.”
Lui le sorrise.
“Io sono più resistente di te.”
“Già, tu sei un elfo.”
Lui sorrise di fronte al tono acido di quella risposta. Rimase un attimo a fissarla, pensieroso, poi le passò un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé. A quell’abbraccio Katie si immobilizzò, sconcertata. Flair avvertì la sua tensione e si mise a ridere.
“Non vogliamo certo che la Prescelta si congeli qui, no? Su, cerca di scaldarti. La tempesta finirà tra poco.”
Lei cercò di rilassare i muscoli, senza molto successo. Nel tentativo di distrarsi, cercò di elaborare quanto avevano appreso quel giorno.
“Tu pensi che l’uomo che ha con sé la Pietra sappia del suo reale potere?”
Lui sospirò.
“Non lo so, non dovrebbe avere modo di saperlo con esattezza. Persino noi, dopo tanto tempo, non abbiamo una percezione chiara del suo enorme potere e non vedo come lui possa superare in così poco tempo secoli di studi e teorie. È probabile però che lo immagini. Chissà quali folli idee ha creato nella sua testa.”
“Quindi se anche solo ne immagina il potere l’avrà messa sotto una sicurezza piuttosto stretta. Non sarà facile riuscire a prendergliela.”
“Forse sì, forse no. Dopotutto questa non è la tua epoca, il sistema di sorveglianza più efficace disponibile in questo periodo sono due guardie non ubriache all’ingresso. Non credo abbiano un nascondiglio in grado di mettere in difficoltà qualcuno con i nostri poteri.”
“In effetti non hai tutti i torti.”
Alzò lo sguardo, pensierosa.
“A questo punto visto che siamo bloccati qui, posso chiederti di raccontarmi cosa accadde dopo che Laerys venne uccisa? Arkel aveva iniziato a raccontarmi la storia dell'Ilyes e della prima Prescelta, ma è stato interrotto prima che potesse…”
Alzò gli occhi verso il volto di Flair, bloccandosi, sorpresa. Era come se quel nome lo avesse impietrito; le sue braccia erano rigide attorno a lei e i suoi battiti erano improvvisamente accelerati.
“Va tutto bene?”
Lui annuì, teso. Si voltò verso la pioggia, evitando il suo sguardo, ma Katie aveva già notato la rabbia e il dolore nei suoi occhi. Si chiese cosa potesse essere accaduto di tanto grave da lasciare una sofferenza del genere a distanza di così tanto tempo. Continuò a fissarlo, sempre più preoccupata, ma lui non si voltò.
“Lyer non te ne ha parlato?”
Lei non rispose, continuando a fissarlo, aspettando che si voltasse. La voce di Flair in quel momento era piatta, neutra, troppo controllata; non aveva dubbi che si stesse sforzando di nascondere le sue emozioni, di mostrarle ancora una volta la sua maschera indecifrabile, ma grazie a quell'unico spiraglio di poco prima sapeva che in quel momento stava soffrendo e non avrebbe lasciato che glielo nascondesse di nuovo.
“Flair… Flair voltati, per favore.”
Lui non rispose e non si mosse. Lei cercò di spostarsi, ma quelle braccia la trattenevano.
“Flair, ti prego!”
Flair attese un minuto ma poi, riluttante, si voltò. Katie lo fissò negli occhi; della rabbia di poco prima non c'era più alcuna traccia. L'unica cosa che ormai riusciva a scorgere era un profondo e immenso dolore.
“Mi dispiace di aver detto qualcosa che ti ha riportato alla mente brutti ricordi, davvero, mi dispiace tanto. Non lo sapevo... Ti prego, fai finta che non ti abbia chiesto nulla.”
Lui scosse la testa, stringendola un po' di più a sè.
“Non hai nulla di cui scusarti. Hai fatto bene a fare quella domanda, è giusto che tu conosca la storia dell'Ilyes. È solo che ricordare quel periodo è… difficile.”
Prese un profondo respiro, dopodichè chiuse gli occhi.
“Quell’unico evento cambiò completamente le nostre vite. Con la morte della Prescelta, morì anche l’ultima speranza di evitare una guerra sanguinosa.”
Sospirò.
“Battaglia dopo battaglia, sembrava non esserci mai fine al massacro, per quanto lottassimo. Non c’erano favoriti o sfavoriti in quella guerra, perché i nostri eserciti si equivalevano. Nessuno riusciva a prevalere sull’altro e ci trovammo presto invischiati in una situazione di stallo, dove l’unico cambiamento era il continuo aumento del numero dei morti. Anche l’aiuto degli umani, in cui alcuni avevano sperato, non riuscì a capovolgere le nostre sorti.”
Katie aggrottò la fronte, confusa.
“Pensavo che le creature di Ghalad odiassero gli umani.”
“Infatti, ma eravamo talmente disperati da accettare qualsiasi tipo di aiuto. Il re di una potente nazione umana, che sapeva dell’esistenza di Ghalad ed era riuscito ad ottenere la nostra fiducia, decise di fare il possibile per aiutarci. D’altronde non era uno sciocco ed era perfettamente consapevole che se il nostro mondo fosse caduto, il suo sarebbe stato il prossimo. Così ci mandò quanti più uomini poteva e noi, dopo averli legati con la magia ad un giuramento di segretezza, li facemmo entrare nelle nostre fila.”
“Ma non era inutile? Voglio dire, nessun umano può competere contro creature così forti.”
Lui sorrise.
“È vero, contro di noi non avrebbero avuto possibilità, ma anche Heirood aveva avuto la stessa idea. Facendo leva sull’avidità di alcuni potenti umani si era fatto inviare diverse centinaia di uomini.”
“Quindi gli umani si combattevano tra loro?”
“Esatto, lasciandoci liberi di concentrarci esclusivamente sui Ghaelediani davanti a noi.”
Lei lo fissò, pensierosa.
“Nonostante questo però eravate in parità.”
“Esatto, e fu allora che la situazione cambiò. Anche Heirood era stanco di quella parità, di quella guerra che non vedeva né vincitori né vinti. Cominciò a partecipare attivamente alle battaglie e, con l’enorme potere delle Essenze dalla sua parte, noi cominciammo a retrocedere. La situazione era adesso a nostro svantaggio e il numero dei nostri morti salì vertiginosamente.”
Chiuse gli occhi, stringendola ancora di più a sé, tormentato da quei ricordi.
“Eravamo stanchi, provati… Non avevamo neppure il tempo di riprenderci, eravamo continuamente sotto pressione. Vedevamo i nostri amici morire sotto i nostri occhi, vedevamo l’esercito di Heirood avanzare senza che potessimo fare nulla per fermarlo. Ci sentivamo impotenti, frustrati, e la situazione non poteva che peggiorare. Cominciarono a dilagare le liti. La diversità tra umani e creature non era mai sembrata così grande e mai così rabbiosa. Tutta la frustrazione che ci eravamo tenuti dentro per tutto quel tempo improvvisamente esplose, non contro il nemico, ma contro i nostri stessi compagni. Mantenere la disciplina e l’ordine divenne impossibile. L’esercito cominciò rapidamente a disgregarsi, a dividersi in piccoli gruppi autonomi, ognuno fine solo a sé stesso. Nonostante lottassimo tutti per la stessa causa, la convivenza divenne impossibile e così ci indebolimmo sempre più, giorno dopo giorno. Heirood, che non aspettava altro, ne approfittò, e cominciò ad attaccare i vari gruppi, che divisi non avevano alcuna possibilità di difendersi. Gli uomini erano pochi e mal equipaggiati e gli ordini si facevano sempre più confusi e contraddittori. Per l’esercito di Heirood non fu difficile decimare in poco tempo il già esiguo numero di uomini che lo ostacolavano, e, se le cose fossero continuate così, in breve non sarebbe rimasto nessuno a contrastarlo.”
Sospirò.
“Fu per questo motivo che decidemmo di riprovare a creare un fronte unito. I capi dei gruppi rimasti si riunirono per discutere i termini della nuova convivenza e per ricostituire il nuovo esercito che avrebbe dovuto portarci alla vittoria, ma non fu così facile come avevamo sperato. Fu una riunione molto concitata e gli insulti non vennero risparmiati. Molti di quei “capi” mettevano i propri interessi al di sopra del bene comune e non accettavano l’idea di tornare ad essere semplici soldati. Chi avrebbe guidato il nuovo esercito, chiedevano? Ovviamente volevano essere loro i nuovi comandanti, ma questo non sarebbe stato possibile. Avevamo bisogno di un animo forte, capace di ispirare gli uomini e che avesse come unica priorità la sconfitta di Heirood, ma nessuno di noi aveva i requisiti necessari e soprattutto non li avevano quei vigliacchi.”
Serrò la mandibola, furioso.
“La tensione tornò a farsi sentire, ancora più forte di prima e le cose cominciarono presto ad impantanarsi. Non riuscivamo a metterci d’accordo, ad andare avanti, e si rimase a discutere lo stesso punto per molti giorni di seguito, finchè l’irritazione ebbe la meglio e molti furono sul punto di abbandonare le trattative. Fu… una lunga settimana.”
Katie abbassò lo sguardo sulle braccia che la stringevano, pensierosa.
“E non c’era nessuno che potesse obbligarli?”
Lui scosse la testa.
“No, nessuno. Lo stesso Consiglio degli Anziani, l’unico che forse poteva avere una qualche autorità, era diviso in fazioni. Un giorno ad una di quelle sedute parteciparono anche tutti i suoi membri, nella speranza che la loro presenza potesse dare una svolta alle trattative, ma finì che furono loro a gridare più forte di tutti.”
Sospirò.
“Ricordo bene quel momento. Eravamo tutti in piedi, infuriati, pronti quasi ad aggredirci a vicenda. Ognuno cercava di esporre le proprie ragioni, ma in mezzo a tutto quel rumore e a quella confusione anche urlando non si sarebbe riusciti a capire nulla. Sarebbe finita nella solita rissa se non fosse arrivato qualcuno che sapeva come rimetterci in riga.”
Sorrise al ricordo.
“Lo vidi entrare di sfuggita dalla porta principale e restare lì, fermo e impassibile. Rimase appoggiato alla porta, tranquillamente, come se nemmeno si accorgesse della confusione che c’era in quella stanza. Nessun altro a parte me si accorse della sua presenza e neppure io all’inizio ci feci molto caso. Diciamo che avevo altro per la testa in quel momento.”
Lei ridacchiò, voltando la testa contro il suo petto per fissarlo, divertita.
“Urlare, ad esempio? Immagino che tu non ti sia risparmiato.”
Lui alzò gli occhi al cielo, facendo finta di non averla sentita.
“Come ti stavo dicendo, nonostante tutti i nostri sforzi la lite cominciò presto a degenerare. Eravamo tutti molto combattivi a quell’epoca, e devo dire anche abbastanza impulsivi. Ci stavamo già avvicinando gli uni agli altri, pronti a lottare, quando all’improvviso un lampo bianco attraversò la sala con un sibilo, andando a conficcarsi esattamente nell’unico scranno libero, l’unico rimasto vuoto per tutto quel tempo. Lo scranno di Arkel.”
A quel nome Katie spalancò gli occhi, sorpresa.
“Arkel?”
Lui annuì, sorridendole.
“Proprio lui. A quel tempo faceva parte del Consiglio, ma quel giorno nessuno lo aveva ancora visto. Era l’unico che mancava ed era anche uno dei pochi in grado di ricondurci alla ragione.”
“E cos’era quel lampo?”
“Be’, all’inizio nemmeno noi lo sapevamo. Eravamo rimasti in silenzio, senza parole. Lo sguardo di tutti era puntato su quel posto e in particolare sul brillante coltello che vi era conficcato. Fu solo allora che la presenza di Arkel, ancora immobile sulla soglia, venne notata.”
Rise, divertito.
“Non mi stupii più di tanto quando vidi che la fodera del pugnale che Arkel era solito portare alla cintura era vuota. Solo lui avrebbe potuto escogitare un espediente del genere per ridurci al silenzio.”
Lei lo fissò, incredula.
“Seriamente? Arkel?”
Flair ammiccò.
“Non dovresti esserne così sorpresa. Prima ancora che uomo di cultura, Arkel è sempre stato un uomo di azione. Sa avere la pazienza di un santo, ma quando la sua irritazione raggiunge il limite è meglio essere molto lontani. Sa essere davvero spietato, quando è necessario.”
Katie abbassò lo sguardo, incredula. Spietato? Quello che le aveva detto Flair non si conciliava affatto con il ricordo di Arkel nella sua mente.
“Comunque, con quell'espediente Arkel era riuscito ad avere la nostra completa attenzione. Fu solo allora, dopo esserci finalmente calmati, che ci accorgemmo che non era solo; accanto a lui c'era un giovane uomo, che avrebbe cambiato per sempre le nostre vite.”
Lei lo fissò, sorpresa.
“Un uomo? Davvero? Non un elfo?”
“No, era un umano, esattamente come te.”
Lei osservò sospettosa quell’espressione candida.
“Conoscendo te e conoscendo Maki, se è vero che era un umano, non dovete averlo accolto proprio a braccia aperte.”
Lui aggrottò la fronte, confuso.
“Perché pensi che io sia come Maki?”
La ragazza sbuffò.
“Perché dovrei pensare che sei diverso? Hai detto a Maki, proprio di fronte a me, che eri d'accordo con lei, ma che non l'avresti mai detto così apertamente. Un sotterfugio molto elfico, devo dire.”
Lui sospirò, alzando gli occhi al cielo.
“Ho detto se. Se l’avessi pensata come lei, non l’avrei ostentato così chiaramente.”
“Gran bella differenza.”
“La differenza c'è invece, ed è enorme. È vero, all'inizio avevo anche io le mie riserve; dopotutto vista sei molto, troppo giovane, per il compito che ti sei trovata ad affrontare, ma ciò non vuol dire che io ti consideri inutile. Tutto ciò che ti serve è l'esperienza.”
Lei abbassò gli occhi, rifiutandosi di credere a quelle parole.
“Katie.”
Flair la inchiodò con lo sguardo, serio.
“Devi credermi quando ti dico che sono molto lontano dal pensare che tu sia inutile. Tu sei la Prescelta e questo fa di te una persona molto speciale; ma sei anche umana e in quanto tale riconosco i tuoi limiti. È ovvio che tu non possa fare le stesse cose che facciamo io o Lyer, ma neppure il più forte degli umani potrebbe stare al nostro passo. Maki… Lei non riesce ancora a comprenderlo chiaramente, ma sono sicuro che dopo aver acquisito un po’ di esperienza anche tu capirai che non devi per nulla sentirti inferiore a noi. Siamo semplicemente diversi.”
Lei cercò di sorridergli.
“Diversi nel senso che tu puoi alzare una macchina con una mano e io no.”
Lui ridacchiò.
“Qualcosa del genere. Ed è per questo che i tuoi sospetti sul tipo di accoglienza che riservammo a quel ragazzo non sono esatti; eravamo diffidenti ovviamente, ma non completamente ostili. E d'altronde lui era un umano molto particolare. Sai, qualche volta me lo ricordi: ingenuo e completamente incurante della sua sicurezza.”
Sorridendo le posò un dito sulle labbra, per prevenire le sue obiezioni.
“Lasciami finire, prima di offenderti, così capirai a cosa mi riferisco. Ti ho raccontato che c’erano grandi tensioni negli accampamenti; ora immagina un giovane umano, inesperto ma molto curioso, che vuole mettere il naso dappertutto. Non passò molto tempo che la sua fastidiosa curiosità lo fece diventare la valvola di sfogo per la rabbia e la frustrazione di alcuni soldati. Non ricordo esattamente per quale questione stessero litigando, ma ad un certo punto questi soldati lo accerchiarono, cominciando a provocarlo, cercando di fargli perdere le staffe. Speravano che fosse lui ad attaccare per primo, così avrebbero potuto reagire e spiegare che era stato solamente per autodifesa.”
“Perché?”
“Perché le regole nell’accampamento erano molto rigide su questioni del genere e proibivano qualunque lotta. Chi attaccava volontariamente un compagno veniva punito molto severamente e loro volevano aggirare la questione costringendo Endal, il ragazzo, ad attaccarli. Ma l’avevano sottovalutato. Lui non era come loro, sempre pronto alla lotta e traboccante di rabbia repressa. Lui era… be’, non saprei come definirlo. Forse noncurante, ecco. Rimaneva lì fermo, immobile, ascoltando tutti quegli insulti e quelle insinuazioni con il sorriso sulle labbra. Sembrava che quasi non se ne accorgesse, come se tutte quelle parole scivolassero su di lui senza lasciare traccia. Puoi immaginare la frustrazione di quei soldati quando lui non raccolse la sfida. Anzi, quando finirono di provocarlo, lui chiese loro se gentilmente potevano indicargli la tenda di Arkel.”
Ridacchiò, divertito.
“Fu una scena memorabile. Quei soldati stavano lì immobili, troppo stupiti e confusi per dire una sola parola. Forse stavano cercando di capire se Endal li stesse prendendo in giro o se fosse proprio stupido come sembrava. Immagino che abbiano creduto alla prima ipotesi, perchè cominciarono a scaldarsi. Non erano abituati a non essere presi sul serio e quell’atteggiamento tranquillo li mandava su tutte le furie.”
La ragazza sorrise, immaginando la scena.
“Però perché Endal li aveva provocati così? Doveva immaginarsi che non sarebbe andata a finire bene.”
“Endal era nuovo nel campo, era appena arrivato e non aveva ancora idea di quanta frustrazione aleggiasse tra i soldati. Bisogna però dargli atto che, nonostante fosse un umano, si batté bene per la sua giovane età. Riuscì a stenderne almeno un paio prima di essere sommerso dagli altri, e non sarebbe affatto finita bene se Arkel in persona non fosse intervenuto.”
Lei lo fissò, curiosa.
“Arkel era una delle massime autorità in quel periodo e un guerriero che nessuno si sarebbe mai sognato di sfidare. Ognuno di quei soldati sapeva perfettamente di non avere nessuna possibilità contro di lui. Sarebbe stato in grado di neutralizzarli tutti con un solo dito e non ci avrebbe messo più di un minuto.”
“Ma era pur sempre un umano.”
Lui annuì.
“Certo, rimaneva un umano. È ovvio che sto facendo un paragone con quelli della sua stessa razza, ma anche se fossimo stati noi ad attaccarlo avremmo avuto difficoltà anche solo a bloccarlo. In ogni caso non arrivammo mai ad uno scontro. Diverbi verbali, certo, discussioni, ma mai combattimenti fisici. Arkel godeva del nostro massimo rispetto e di tutta la nostra ammirazione e la cosa era reciproca. Nessuno di noi avrebbe mai alzato un dito contro di lui, a differenza di altri umani, che non vedevano l’ora che si togliesse di torno.”
“Vuoi dire quelli che stavano con Heirood?”
“Oh, non solo loro. Arkel era molto popolare e molto potente, e alcune persone questo non lo accettavano. Avevano paura che lui diventasse troppo forte e che potesse prendere il comando, o più semplicemente il loro posto.”
Scosse la testa, disgustato.
“Erano delle inutili sanguisughe e dei codardi, ecco cos’erano. Ricordo che in quel periodo Arkel dovette sventare più di una decina di attentati alla sua vita.”
“Una decina?!”
“Sì, ma erano talmente mal organizzati che per lui erano solo una seccatura. Eppure ancora adesso non capisco perché non abbia mai preso provvedimenti. Sapeva perfettamente chi erano i cospiratori, eppure non si rifece mai su di loro. Sai, conosco Arkel da moltissimi anni e ancora non sono riuscito a comprenderlo. È un umano con una profondità molto rara tra la tua gente.”
Alzò lo sguardo verso la pioggia, perso nei suoi pensieri, prima di riscuotersi.
“Comunque, come ti ho detto Endal venne salvato dal suo provvidenziale arrivo e da allora venne preso sotto la sua protezione. Ovviamente nessuno si azzardò più ad alzare un dito sul ragazzo e per oltre un mese Arkel si dedicò anima e corpo al suo addestramento. Lo rese un perfetto spadaccino, forte, ma veloce e agile, e riuscì anche a insegnargli le nostre tradizioni e i nostri costumi. Tuttavia, naturalmente, ci furono delle conseguenze.”
Scosse la testa.
“Il suo addestramento così duro ebbe un prezzo, come tutto del resto. Endal cambiò, non era più lo spensierato ragazzo che avevamo conosciuto al suo arrivo. Sembrava essersi congelato nel guerriero che Arkel aveva plasmato, come se l’umano che era un tempo non esistesse più, ma i suoi progressi furono talmente impressionanti che anche noi, nonostante fossimo ancora restii a fidarci, cominciavamo a riporre delle speranze in quel giovane. Tuttavia molti di noi erano ancora dubbiosi su di lui. L’addestramento era una cosa, ma come si sarebbe comportato nel mezzo di una vera battaglia?”
“Siete stati molto esigenti.”
Flair la osservò, preso in contropiede. Si era aspettato uno scatto di rabbia e di indignazione, e invece…
“Non sei arrabbiata?”
Lei scosse la testa, un’ombra sul viso.
“Immagino sia perché non posso giudicare il vostro comportamento. Perché non avevate altra scelta. Perché con tutte quelle persone che morivano non potevate aspettare…”
Flair la fissò a lungo, una strana espressione sul volto. La strinse forte a sé.
“Non mi aspettavo tutta questa comprensione. Mi hai preso alla sprovvista, ma immagino che… sì, che non avessimo altra scelta. Noi lo mandammo in battaglia, Katie, ma quello che tornò non era più lo stesso Endal che era partito. Odiava dover uccidere, eppure non poteva evitarlo, nessuno di noi poteva. Era quella la regola in battaglia, o loro o lui, ma vedere in faccia la morte, vederla veramente riflessa negli occhi degli uomini che uccideva, aveva spezzato qualcosa dentro di lui. Uccidere lo aveva reso un uomo tormentato. Divenne taciturno, pensieroso, ma nonostante questo, finalmente anche i più orgogliosi tra noi lo riconobbero come loro eguale. Nonostante tutto in battaglia era stato il migliore. Molti di noi dovettero cambiare opinione su di lui e io fui uno di loro.”
Le sorrise, un sorriso triste e senza gioia.
“Ricordo che una sera andai da lui con l’intenzione di scusarmi per il mio comportamento diffidente e a volte un po’… be’, un po’ prepotente. Ricordo che arrivai fino alla sua tenda e che stavo per entrare quando dovetti fermarmi. Avevo sentito qualcosa che non avrei mai dovuto sentire. Me ne andai senza voltarmi.”
Lei lo fissò, triste.
“Endal stava piangendo. I fantasmi delle sue vittime lo tormentavano e non riusciva a perdonarsi il fatto di aver spento tutte quelle vite, di aver spazzato via tutte le loro speranze... Me ne andai perché non avrei saputo cosa dirgli, come consolarlo. Non avevo risposte alle sue domande. I fantasmi che lo torturavano erano gli stessi che popolavano i miei incubi, il suo tormento uguale a quello che non mi faceva dormire la notte…”
Prese un profondo respiro, gli occhi chiusi. Katie lo fissava in silenzio, angosciata, non sapendo come fare ad alleviare quel dolore. Si strinse ancora di più a lui e dopo qualche minuto Flair sospirò, affondando il volto nei suoi capelli.
“Fu una notte difficile, ma passò, come sempre. La guerra reclamava la nostra attenzione e l’unico modo per scacciare i fantasmi del passato era concentrarsi, mettere tutte le proprie energie in un obiettivo e raggiungerlo. E il nostro obiettivo era Heirood.”
Fissò lo sguardo verso la pioggia, un’espressione amara sul volto.
“Endal sapeva bene che divisi in quel modo non saremmo durati a lungo e, non appena ne ebbe la possibilità, riunì di nuovo tutti i comandanti dei vari gruppi. Quelle discussioni durarono giorni e giorni e furono dannatamente esasperanti. Quegli uomini erano… Maledizione, erano testardi come muli. Sembrava che tutto dovesse finire come l’ultima volta, ma Endal fece la differenza e seppe essere molto convincente.”
Cercò di sorriderle, togliendole pensieroso una ciocca bagnata dal viso.
“Fu una trattativa difficile, ma alla fine ottenne ciò che voleva, ciò di cui il nostro esercito necessitava: l’unità. Con la sua innata capacità di incantare le persone, di trascinarle con sé, di accendere il loro entusiasmo, riuscì finalmente a riottenere quella compattezza che avevamo perso. Distrusse alla radice tutti i pregiudizi che si erano formati, ridandoci fiducia.”
“Arkel aveva visto giusto.”
“Sì, lui nel profondo sapeva di potersi fidare di Endal ancora prima di conoscerlo. In fondo ho sempre pensato che quel vecchio avesse una fortuna sfacciata.”
Katie alzò gli occhi al cielo, un sorriso sulle labbra e fu allora che si accorse che la pioggia stava cominciando a diminuire. Ormai il temporale si stava allontanando. 
“Guarda, sta smettendo di piovere.”
Lui si voltò, continuando a tenerla stretta tra le sue braccia, osservando pensieroso il cielo.
“Sì, hai ragione. Ancora poco e potremo riprendere il cammino.”
Lei annuì, lo sguardo perso nel grigiore di quel paesaggio. Si sentiva triste. Non capiva perché, ma sapere che presto tutto sarebbe tornato come prima la lasciava malinconica. Quei momenti sotto la tettoia, quella strana atmosfera che si era creata, quasi di… Ah, non lo sapeva nemmeno lei di cosa. Sapeva però che non appena quelle braccia che la stringevano l’avessero lasciata andare Flair sarebbe tornato quello di prima, distante e sarcastico.
Sospirò, un sospiro talmente lieve che era sicura che lui non fosse riuscito a sentirlo. Eppure quelle braccia, invece di allontanarsi da lei, la strinsero ancora di più.
“Tra poco finirà…”
Lei annuì, ma sapeva che non si stava riferendo solo alla pioggia.
Rimasero così, immobili, uno accanto all’altra, finchè la pioggia battente non lasciò il posto ai tiepidi raggi del sole. Con un sospiro Katie si rialzò, un po’ impacciata nei movimenti. Aveva i muscoli intorpiditi e si stiracchiò, cercando di rimettersi in sesto. Flair sorrise, scuotendo lievemente la testa e alzandosi anche lui.
“Dai, ti scioglierai camminando. Abbiamo ancora un po’ di strada da fare.”
Si allontanarono dalla locanda tornando sulla strada, o meglio, sul pantano che era diventato. Come prima Flair le indicava la strada, mentre lei faceva del suo meglio per seguirlo, cercando di fare attenzione a dove metteva i piedi.
“Non hai ancora finito la storia.”
“Vuoi sentirla fino alla fine?”
Lei si fermò, incerta.
“Non dovrei?”
Flair ridacchiò, sostenendola per aiutarla a superare una pozza d’acqua.
“Non dicevo questo, ma mi chiedevo se saresti riuscita a prestarmi attenzione mentre cercavi di non cadere nel fango.”
Lei alzò gli occhi al cielo di fronte alla sua espressione divertita, rifiutandosi di rispondere.
“Te la racconterò, te lo assicuro, non appena avremo un altro momento tranquillo. Dopotutto è importante che tu la conosca, che tu sappia quello che è successo con Heirood la prima volta, ma è anche importante che tu possa rivolgere a questa storia tutta la tua attenzione.”
“In effetti hai ragione… Ma sappi che non me ne dimenticherò.”
Lui le sorrise, annuendo. I minuti successivi passarono in silenzio; ognuno era immerso nei propri pensieri e Katie apprezzava quella tranquillità. Non era un silenzio pesante o imbarazzato, anzi, era quasi confortante.  
“Siamo quasi arrivati. Vedi quella debole luce laggiù? È il fuoco dell’accampamento.”
Lei annuì, un velo di malinconia. Nonostante i suoi timori quell’uscita si era rivelata più piacevole del previsto e le dispiaceva che fosse già finita. Con un sospiro liberò la sua mano dalla stretta che l’aveva sorretta fin lì, mentre la luce davanti a loro si faceva sempre più nitida.
“Flair, Katie, finalmente! Ero preoccupato!”
Katie sorrise a Lyer, grata per quella calda accoglienza, e andò a sedersi accanto al fuoco, lasciando a Flair il compito di raccontare ciò che avevano scoperto. Non ci fu uno sguardo tra di loro, nulla. Era tutto tornato come prima.
“Scusa il ritardo, ma siamo stati rallentati dal temporale e ci siamo riparati sotto una tettoia finchè non ha smesso di piovere.”
“Anche qui la pioggia si è fatta sentire, ma abbiamo tenuto questa radura al riparo, altrimenti in questo momento saremmo tutti immersi nel fango. Avete fatto bene a cercare un riparo, non era prudente continuare.”
“Infatti. Abbiamo evitato per poco un intero plotone di guardie.”
Lyer aggrottò la fronte, preoccupato.
“Un intero plotone, davvero? Qualcosa si sta muovendo, me lo sento. Ho paura che le cose non saranno molto facili.”
Flair alzò le spalle, disinvolto.
“Non credo. Siamo nel Medioevo, ricordatelo.”
“Sì, ma ci sono dei particolari che non mi sono chiari. I soldati che hanno preso la Pietra non l’hanno trovata per caso, la stavano aspettando. Come facevano a sapere il punto esatto? E ne conoscono il reale potere?”
“È probabile che non lo conoscano, ma che lo immaginino soltanto. Come dicevo prima a Katie, non hanno la possibilità di avere queste informazioni…”
La ragazza sospirò, stiracchiandosi, annoiata da una conversazione che aveva già sentito. Maki le lanciò un’occhiata di disapprovazione, ma lei non le badò. Stava imparando ad ignorarla, finalmente.
“Sentite, non vorrei interrompere, ma si ragionerebbe meglio a stomaco pieno, non credete?”
Lyer si voltò verso di lei, sorpreso, poi scoppiò a ridere.
“Hai ragione, hai perfettamente ragione. Maki, accompagnami, andiamo a cercare qualcosa da mangiare prima che la nostra Prescelta muoia di fame.”
La ragazza sorrise, ma non rispose. Rimase seduta per qualche minuto, in silenzio, poi il suo sguardo si fissò su Flair.
“Avrei un favore da chiederti.”
Lui la fissò, sorpreso.
“Dimmi pure.”
“Ecco, volevo sapere se eri disposto ad allenarmi. Arkel aveva iniziato ad insegnarmi a combattere con la spada, ma ha avuto il tempo di farmi solo una lezione.”
Flair rimase immobile, studiandola.
“Sarebbe utile che tu sapessi come difenderti, ma questo richiederebbe una grande costanza e soprattutto molti sacrifici. Pensi di farcela?”
Lei sbuffò, irritata.
“Ho tutte le ragioni per impegnarmi al massimo. Gli Scarlatti non si fermeranno finchè non mi avranno catturata e piegata al loro controllo. Devo essere in grado di affrontarli anche da sola, non posso sempre affidarmi a Lyer. Se dovesse ferirsi nel proteggermi…”
Abbassò lo sguardo, poi si alzò, decisa.
“Comunque, sono motivata a fare del mio meglio, ma da sola non posso fare granchè. Cosa ne dici?”
Lui le sorrise, divertito.
“Perché no? Non vedo l’ora.”
   
 
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