Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: time_wings    21/06/2020    2 recensioni
[In revisione]
Da… un capitolo:
“Ci siamo trovati sotto un cielo – certo, era simulato, ma questo conta poco – e ti avrei raccontato la storia più bella del mondo, quella che nessuno si prende mai la briga di raccontare perché la tranquillità e la pace forse non fanno la fama. Peccato che, al crescere della gioia, cresceva la più complessa e particolare delle emozioni: la fiducia.
Questa storia è tragica e il mio più grande rimpianto resta quello di averci creduto.
Forse, semplicemente, per noi non c’era speranza."

Questa storia, come molte altre, parla di una grande amicizia, di un amore nascosto, di un fratello abbandonato, di difficili addii. Certe cose nascono alla stazione di un treno, altre finiscono nello stesso posto. Dove ci porteranno? Be', avanti.
O… la storia di come “alla fiera dell'angst per due soldi un malandrino mio padre comprò”.
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Regulus Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The Kids From Yesterday


 
 

0. Lo scherzo memorabile



“È stata una vera fortuna!” trillò il ragazzo, negli occhi quel luccichio di pacata estasi che precedeva una grande idea. Lo trovò riflesso, proprio uguale, nelle pupille del fratello.
“Puoi dirlo forte. Non l’avremmo mai trovata senza tutte quelle detenzioni.” George ridacchiò e alzò le sopracciglia con fare eloquente. Sollevò la pergamena e le diede una rapida occhiata, mentre Fred sussurrava incantesimi uno dietro l’altro, serrando gli occhi per concentrarsi.
“Beh, direi che hanno dato i loro frutti,” Fred si rialzò, sorridendo sghembo e spazzolandosi i vestiti. “Ci siamo,” soffiò poi, tornando a voltarsi in direzione del fratello e trovando sul suo viso la stessa impazienza e trepidazione.
“Nessuno nei paraggi?” domandò Fred, alzando un sopracciglio.
George abbassò lo sguardo sulla pergamena e scosse la testa. “Via libera.”
“A te l’onore, fratello.”
Fu il turno di George di inginocchiarsi. Osservò il lavoro del fratello e annuì soddisfatto, inumidendosi le labbra. Sollevò lo sguardo su Fred e sorrise, tendendogli la mappa con una mano.
Puntò la bacchetta sul tubo incrostato e inspirò a fondo l’aria fetida dell’impianto idraulico della scuola. Adorava quell’attimo prima di combinare un disastro, quel silenzio adrenalinico che gli faceva venir voglia di ingegnarsi ancora e pensare a qualcosa di più grande, più spettacolare. Mormorò un incantesimo e sentì subito il ferro creparsi, allargarsi e rimodellarsi.
 
“È andata?” James alzò un sopracciglio e si voltò a dare un’occhiata alle sue spalle. Sospirò teso, osservando l’altro ragazzo chinato ancora a terra. “Ehi,” lo richiamò, appallottolando un pezzo di pergamena e lanciandogliela dietro la testa. “Sirius?”
“Ci sono quasi, James, se solo stessi zitto un attimo…” Sirius si curò solo di riafferrare la palla di carta e rispedirla al mittente, ma non lo degnò di uno sguardo.
“Devi darti una mossa, si sta avvicinando…”
“Lo so,” tagliò corto Sirius, alzandosi di scatto e osservando con un po’ di timore la sua opera. “James?”
“Mh-mh?” il ragazzo teneva lo sguardo puntato sulla mappa e, di tanto in tanto, si sistemava gli occhiali sul naso, in un gesto dovuto più a tensione che necessità.
“James,” lo chiamò ancora Sirius, che adesso lo fissava, in attesa di una risposta.
“Che c’è?” domandò lui, seccato, distogliendo lo sguardo dalla mappa per puntarlo sul suo amico. Si fissarono per un paio di secondi, poi un rumore metallico costrinse James a gettare un’occhiata al tubo incrostato.
Sirius si morse il labbro inferiore. “Corri, se scoppia siamo fregati,” parlò poi, afferrando il ragazzo per il polso e tirandoselo dietro.
Il corridoio attraverso cui scapparono non gli era sembrato così lungo all’andata. Una luce angolata colpiva pigra la svolta che avrebbero dovuto prendere. “Ha funzionato?” ansimò James, percependo la stretta sul suo polso aumentare di intensità.
“Credo di sì.” Sirius rise divertito, una vena di adrenalina gli striava esaltata la voce e James lo seguì a ruota, mentre i mantelli svolazzavano pericolosamente attorno alle suole delle loro scarpe.
Svoltarono alla fine del corridoio e salirono le scale di pietra così in fretta che se Gazza li avesse visti li avrebbe messi in punizione solo per quello.
James sussurrò qualcosa alla pergamena, tra gli ansiti, e la infilò in fretta nella tasca posteriore dei pantaloni. Sirius si voltò verso di lui, un sorriso divertito ancora stampato in faccia. Ricambiò l’occhiata, senza alcun bisogno di aggiungere altro, e insieme accelerarono. “Dovremmo farcela,” considerò James, erano praticamente arrivati alle porte della Sala Grande.
“Ce la facciamo sicuro, Ramoso,” lo prese in giro Sirius, fermandosi a riprendere fiato e soffiandosi un ciuffo di capelli via dagli occhi. James poggiò stanco entrambe le mani sulle ginocchia e respirò a fondo, poi alzò lo sguardo su Sirius e sorrise.
Non passò molto prima che i ragazzi si decidessero a entrare. Il solito vociare concitato li accolse non appena varcarono la soglia, come se fosse stato impaziente di esplodere.
Peter alzò lo sguardo su di loro, sgranò gli occhi e attese ansioso che James e Sirius li raggiungessero al tavolo dei Grifondoro.
“Un successo,” lo informò Sirius, alzando un angolo della bocca e sedendosi tranquillamente.
James lo imitò e puntò uno sguardo sicuro negli occhi di Peter. “Spero vi siate lavati, stasera, perché non vi consiglio di usare il bagno,” commentò disinvolto, strizzando l’occhio a Peter, che ricambiò con una risata.
“Avanti, non fare l’innocente.” Sirius diede di gomito a Remus, seduto al suo fianco. “L’idea è tua.”
“L’idea non è mia,” puntualizzò Remus, roteando gli occhi come se l’intera faccenda lo avesse seccato, “io vi ho solo detto che le tubature potevano essere incantate e riempite d’acqua.” Remus alzò finalmente lo sguardo sui suoi amici, ma un sorriso appena accennato gli incurvava già le labbra.
“Noi ne abbiamo solo tratto fuori il meglio.” Sirius scrollò le spalle e ricambiò il sorriso.
“Se il meglio è allagare la faccia dei nostri compagni…” si intromise James, sbuffando divertito.
Sirius alzò un sopracciglio e gli rifilò una gomitata leggera nelle costole. “Ma da che parte stai?”
“In effetti è una buona idea,” considerò Peter, cacciandosi in bocca una generosa porzione di stufato di carne e patate.
“Avete sentito? Pete è dalla mia parte.”
“Ehi, ho fatto da palo, ma sei scemo? E poi non vedo l’ora di vedere la faccia di Mocciosus quando finalmente sarà costretto a lavarsi.”
“Tu sei fissato.” Sirius alzò gli occhi al cielo e si decise a prestare attenzione al suo stufato. James era fissato. Davvero, aveva sempre avuto un problema con Severus Piton e a volte era ingestibile. Non che si fosse mai fatto troppi problemi a imbottirlo anche lui di incantesimi, specialmente… nell’ultimo periodo. Semplicemente, lui non era fissato. “Ragazzi,” annunciò poi, alzando drammaticamente il cucchiaio, come se stesse elaborando una sentenza di morte, “questo scherzo ce lo ricorderemo per sempre.”
 
La sera in cui tutti coloro che usarono i lavandini furono investiti da una quantità d’acqua ben più sostanziosa di quella per serviva per lavarsi i denti passò alla storia… dei Malandrini. L’intera scuola era fradicia e nessuna prova che li incolpasse fu mai trovata, a parte ovviamente la fama di combinaguai.
James, Peter, Sirius e Remus passarono la serata nella Sala Comune della loro casa, coi denti già lavati da tempo e un sorriso enigmatico stampato in faccia ogni volta che un nuovo compagno bagnato passava loro davanti, sempre provvisto di occhiatacce e accuse silenti. James, di tanto in tanto, cedeva a una risata un po’ troppo ovvia.
I ragazzi, loro malgrado, furono costretti a dare ragione a Sirius: quello scherzo se lo sarebbero ricordato per sempre.
Il calore familiare di un ricordo felice gli fu asportato brutalmente. La sensazione gialla nel petto fu sostituita da un gelo appuntito. Non sentiva più le dita, non riusciva a muoversi, a stento rantolava e gli sembrava di fluttuare.
In un primo momento, le immagini gli scorrevano davanti e aveva la sensazione che non appartenessero al suo passato, ma forse a quello di qualcun altro, qualcuno che non esisteva più. Vedeva i volti dei suoi amici, ma non gli sembrava di essere mai stato lì, non riusciva più ad afferrare la connessione che c’era tra quel ricordo e la sua presenza. Allo stadio successivo quei volti mutavano, si distorcevano, sembravano di gomma e allo stesso tempo di cartapesta. Poi prendevano altre forme, quelle di sua madre con un cipiglio deluso e meschino, quelle di suo fratello, che a stento riconosceva, nonostante la somiglianza, quelle del suo migliore amico, ma senza il solito sorriso storto – il volto immobile e gli occhi spalancati in una maniera innaturale tipica solo della morte.
Un’angoscia immane lo pervadeva e gli sembrava di non percepire solo il suo dolore, ma quello dell’intero pianeta, dell’intera galassia, se fosse stato possibile. Un concentrato di pesantezza che gli si annidava nello sterno e infine il silenzio, l’inconscia consapevolezza che quell’inferno era finalmente passato, ma un’incapacità di fondo di sentirsi sollevato. Convalescente, ma in via di una guarigione destinata a interrompersi. Era attaccato dal dubbio continuo che, in effetti, quei ricordi non fossero suoi, che quelle persone non fossero mai esistite, che fosse tutto frutto dello stadio avanzato di follia in cui era convinto di versare.
Un grido acuto gli bruciò le orecchie. Sarebbe potuto provenire da qualunque luogo, non avrebbe fatto differenza.
Delle volte credeva di poter sentire il ronzio delle mosche a chilometri di distanza, altre gli pareva di non riuscire a percepire nemmeno il suo respiro, anche quando questo era scosso e rumoroso.
In quei casi doveva mettercela tutta e ricordarsi che stava ancora respirando, che in fondo doveva farlo per forza, perché i polmoni gli bruciavano e la gola era secca. E, anche se non vedeva niente e la mente gli si annebbiava, si concentrava sulle poche percezioni certe.
Si concentrava sulla pietra fredda e inospitale, sulla puzza intollerabile di urina e di escrementi, sul retrogusto ferroso del sangue e sulla testa che gli pulsava. Riusciva a sentire i lamenti e i mormorii che parevano impregnarsi nella pietra, scorrere come veleno, a renderlo meno umano. Alcuni di loro parlavano tantissimo, tutto il tempo, senza preoccuparsi se fosse notte o giorno, facevano discorsi accavallati, a volte litigavano, certe altre urlavano. Altri non parlavano affatto, delle volte si alzavano e prendevano a camminare freneticamente, nei pochi metri quadri della loro miseria. Il suono dei piedi nudi che si scontravano con pozze d’acqua gelata di condensa in continuazione, come un ticchettio assordante che sembrava provenire da tutte le direzioni e nessuna, scandiva un tempo sempre più infinito.
Certe volte, invece, la luce della luna si allineava alla sua finestra e capitava che fosse piena, che lo accecasse e che gli occhi disabituati lo tradissero e gli facessero vedere strane cose, come i rami annodati del Platano Picchiatore e le imposte di una finestra distante probabilmente anni luce da dove si trovava in quel momento. 
In quegli istanti si costringeva ad aprire gli occhi, combatteva il peso sulle palpebre e la necessità impellente di sdraiarsi e smettere di respirare, e la fissava. La luce gli rimbalzava negli occhi, ma non glieli lasciava spenti, solo stanchi. A guardarli sarebbero sembrati trasparenti.
In quei momenti c’era silenzio, un silenzio irreale. A volte chiudeva anche gli occhi e il respiro gli aumentava a dismisura, c’era odore di muschio e il cuore gli batteva forte, lo sentiva tamburellare. Pensava a spazi enormi e gli veniva voglia di mettersi a correre e ridere, ridere fortissimo. E lo faceva eccome. Una risata acuta gli scappava dalle labbra, rotolava mezza rotta e risuonava tra le mura mentre la fronte gli si distendeva. Delle volte giurava, ne era sicuro, di sentire un lupo ululare.
Spesso apriva gli occhi di scatto, perché gli pareva di perdersi, di non respirare, di scoprirsi disorientato e di non capire cosa ci facesse lì tutta quella pietra né perché ci fossero sbarre spesse di contenimento a impedirgli di ammirare come si doveva la luna.
In quei momenti inclinava la testa di lato, le sopracciglia gli si incontravano in una smorfia di autentico e puro dolore e si inginocchiava, realizzava, capiva in un secondo. Una brezza gelida gli attraversava le ossa e una serie di nodi gli si attorcigliavano nello stomaco fino a raggiungere la gola. Di solito tossiva, salutava la luna e, con un briciolo di forza, si concedeva una trasformazione di un minuto, il pelo incrostato riluceva sotto la luce argentea ed eterea.
Ad Azkaban c’erano quelli che camminavano, quelli che gridavano, c’erano anche quelli che piangevano fino a perdere la voce.
Sirius Black, una volta al mese, era quello che rideva come un pazzo tra le mura di pietra.






 

 


Un paio di note sulla storia e sul parto che è stata e che tutt’ora è:
FERMI.
Lo so, questa storia l'hanno scritta tutti, tutti a fare le stesse cose, gli anni che passano, tutti che schioppano male, la gente che sclera, la gente che piange, le fisse, le cose fanon che a furia di ripeterle sono diventate canon. LO SAPPIAMO, però vi giuro, io non lo faccio per la gloria, l'ho scritta per la gioia di scriverla e invece di passare il tempo a chiedermi: "oddio, copio qualcuno?" poiché TUTTI CI COPIAMO perché la storia è sempre la stessa, ho detto "sai cosa? Io me la scrivo come mi pare, ciao belli", quindi niente, è esattamente quella storia che hanno scritto tutti, PERÒ, ora io non ho letto tutte le storie del fandom, a dire il vero sui malandrini ne ho letta una, PERÒ ci metto quasi-la-mano-sul-fuoco che questa è l'unica strutturata così. Forse dovrei chiedermi perché? Rendermi conto che se nessuno l'ha fatto è perché fa schifo? Forse, verissimo. E vabbè. 

Ora possiamo presentarci. 
Ciao, gente. Voi non mi conoscete, ma spero di avervi convinti con questo mezzo prologo e che ci conosceremo in questo tempo.
DUE ANNI.
2 A N N I, due sono gli anni che ci ho messo a trovare il coraggio e il modo per scrivere questa cosa. Ogni volta che dovevo toccare uno di questi quattro ero così: 
Capito come? Così: 
Ho un block notes da due anni, con due semplici frasi: inizio e fine storia, ma nessuna idea per riempirla. Me lo rimangio: non è stata un parto, un parto è più breve.
Quindi eccoci alla cosa a cui forse inizierò a tenere più di qualunque altra su questo profilo, anche per il solo fatto di aver scritto la prima pagina ed essere riuscita ad andare avanti.
Vabbè, mo’ non vi voglio ammorbare, però ci tenevo a fare una breve introduzione alla storia, perché voi non potete capire come mi senta a pubblicare questa cosa, non potete capire. Tra l’altro non so che mi sia preso, non era neanche il momento migliore per farlo, però oggi ho detto “è il giorno” e il giorno è diventato.
Ho 13 capitoli da parte, ma dovrebbero essere anche più del doppio in totale, non voglio fare promesse, quindi ci provo ad aggiornare regolarmente, ci provo, se non sento la pressione ci riesco pure.
Mo’ le cose serie.
1. 
Forse da qualche parte c'è qualcosa di cambiato, nel caso ve lo dico, ma io avevo delle necessità. Vabbè.
2. 
Questa storia ha un'unica regola, io ve lo dico così ci facciamo pace subito, non voglio illudere nessuno: ogni gioia ha un prezzo. Ci vogliamo divertire? Ci divertiremo, ma ci ammazzeremo di angst periodicamente, capirete col primo capitolo in che modo. Spero con tutto il cuore di essere riuscita a bilanciare questa cosa nel modo giusto, perché, sarò onesta, è quello a cui punto. 
È tutto, queste note sono super lunghe, vi giuro che è l'ultima volta che le scrivo così. Buona permanenza e grazie di aver letto <3
Adieu,

El.


 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: time_wings