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Autore: Henya    21/06/2020    5 recensioni
Salve a tutti :) questo è il proseguimento della mia prima fanfiction "Never Lose Hope".
Anya , dopo essere partita con Rai per la Cina, ritorna a Tokyo dopo avere ricevuto alcune notizie dalla sua amica Hilary. Da qui ha inizio una lunga e ingarbugliata serie di eventi che, per chi già mi conosce, non saranno certo rose e fiori ^_^""
Spero possa piacervi :) Buona Lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“A cosa serve?”.
“ Bevila, ti aiuterà ad alleviare i dolori”.
Kai osserva in modo perplesso il liquido nel bicchiere e, dopo qualche secondo di esitazione, chiude gli occhi e ingurgita in un sol sorso il suo contenuto, strizzando gli occhi e mimando un’espressione disgustata.
“ Per quanto tempo dovrò stare qui?”.
“Il tempo necessario per accertarci che tu stia bene” spiego sinteticamente, leggendo le varie cartelle e radiografie a cui è stato sottoposto.
“ Io mi sento bene” lamenta, seccato.
“ Lo vedremo!”.
Ormai rassegnato, chiude gli occhi e adagia la testa sul cuscino, espirando sonoramente.
“Ah, dimenticavo! Ci sono delle visite per te”.
“ E chi sarebbe?” mormora, ad occhi chiusi.
“ Tua figlia, Boris ed…Anya!”. Apre improvvisamente gli occhi, ridestandosi.  “Posso farli entrare?”.
Ci mette un po’ a rispondere, ma alla fine la sua espressione mi suggerisce una risposta positiva, a cui si aggiunge un “solo pochi minuti”.
Sissignore.
Faccio capolino dalla stanza, verso il corridoio e, con un cenno, invito i presenti ad entrare.
“Ciao Kai!” esclama allegramente la piccola, correndo verso il padre e buttandosi sul lettino.
“ Hope! Ma cosa fai?” le urla la madre, Anya, costringendola a scendere di forza.
“ Hai battuto quell’enorme zucca!” commenta sarcastico Boris, suscitando l’indignazione dell’altro.
“ Come stai?” domanda Anya, cercando di tener ferma la figlia.
“ Ho passato giorni migliori…” si limita a dire, atono.
“ Ti sei fatto la bua alla testa?” domanda la piccola, toccandosi col dito la fronte.
“ Più o meno…” risponde Kai, evasivo.
“ Non preoccuparti, Kai ha la testa più dura del marmo, non si sarà neanche scalfita, vedrai” ironizza Boris.
“ Idiota” sussurra l’altro, fulminandolo con lo sguardo.
“ Bene, l’ora delle visite è terminata!” annuncio ai presenti, che pian piano si dirigono verso l’uscita,  mentre la piccola in braccio alla madre, agita la manina per salutare Kai, il quale, a sua volta, ricambia con un gesto della mano e un accenno di sorriso.
Non appena gli altri vanno via, il suo sguardo e la sua espressione ritornano apatici e suoi occhi spenti si poggiano su di me, comunicandomi di lasciarlo solo.
“ Se hai bisogno di qualcosa, chiamami”. È il mio ultimo avviso, prima di chiudere la porta.

Nel tragitto in corridoio, verso il mio studio, incontro ancora una volta Anya e Boris.
“ Siete ancora qui?”.
“ Sì, volevamo sapere come sta Eva!”. È stata Anya a chiederlo.
“ Stiamo aspettando che si risvegli, ma crediamo che stia bene” mi limito a dire.
“ E il bambino? Sta bene?”. Questa domanda viene posta da Huznestov, con mia gran sorpresa.
Una domanda che fa incuriosire anche Anya, visto il modo in cui sembra pendere dalle mie labbra.
“Mi dispiace, ma non posso dirvi niente”. Spiego con fare evasivo.
“ Ma è tutto ok?” chiede preoccupata Anya.
“ Non posso dirvi niente, davvero ragazzi! Saprete tutto quando Eva si risveglierà. Adesso dovete andare. Ci vediamo!”. E con queste parole mi congedo, proseguendo disinvolto, per quanto difficile sia, il mio cammino, lasciandoli lì coi loro dubbi.
Mi dispiace, ma non posso comunicare quello che so già. Anche se siamo amici, in qualità di medico, devo mantenere la privacy dei miei pazienti. A questo si aggiunge il fatto che la situazione di Kai ed Eva è abbastanza delicata. L’incidente sta facendo venir fuori anche altro…




***





“ Pensi che abbia perso il bambino?” domanda Boris, guidando e tenendo gli occhi sulla strada.
“ Non so cosa pensare, a dire la verità, Yuri è stato molto criptico” affermo con aria pensierosa.
“ Tipico di Yuri…” commenta in un sussurro.
Mentre sono persa in questi pensieri, un messaggio fa vibrare il cellulare che tengo sulle gambe.
Aperta l’anteprima, i miei occhi avvistano un messaggio da parte di Takumi.

-    Ciao, come stai?

Decido di ignorarlo e continuare ad osservare la città attraverso i vetri dell’auto.

“Allora, il primo che riceve un aggiornamento avvisa l’altro, ci stai?” propone Boris, alla sottoscritta, che viene distratta dall’arrivo di un altro messaggio. Ancora una volta di Takumi.

-    Oggi giornata piatta…

E ancora una volta decido di ignorare i suoi messaggi. Credo sia il quinto della giornata.
“ Qualcosa non va?” chiede Boris.
“ No, è solo che…”.
Non so se dirglielo.
“ Solo che?” dice, incitandomi a proseguire.
“ Ho fatto come mi hai suggerito” inizio a dire, stringendo i pugni sulle gambe.
“ Ovvero?”.
“ Ovvero che… mi sono iscritta in una di quelle chat e sono uscita con un tizio” spiego sinteticamente, super imbarazzata, mentre le sue labbra si ricurvano in un ghigno sadico.
“ Davvero? E com’è andata?”.
“ è andata bene, ma…”.
“ Ma?”.
“ Ma non avrei dovuto farlo!”.
“ Perché?”.
“ Perché… ho lasciato mia figlia a Kai per uscire con queste perfetto sconosciuto e se Kai non avesse deciso di lasciarla a casa, sarebbe andata con loro a quella festa di non so cosa e probabilmente…”.
“ Hey hey hey!” esclama Boris, facendo segno di calmarmi. “Niente di tutto questo è successo! Hope sta bene, è qui dietro in macchina che dorme. Non puoi darti la colpa per delle cose che sarebbero potute succedere. Purtroppo l’incidente è avvenuto e, per fortuna, non è successo nulla di grave!”.
“ Lo so ma…”. Non so perché ma vorrei piangere.
“ Hey, guardami!” dice, prendendo il mio mento per farmi incontrare i suoi occhi. “ Guardami” ripete autoritario, costringendomi ad alzare gli occhi ormai lucidi. “ Ripeti insieme a me: Hope sta bene e non è successo nulla di grave!”.
“ Andiamo Boris!” lamento, cercando di liberarmi dalla sua presa.
“ No, sul serio!”. Ma lui me lo impedisce. Ma cosa gli è preso?? “ Dillo, avanti!”. Mi incoraggia ancora una volta.
Non so a cosa possa servire, ma decido di accontentarlo e dopo avere emesso un lungo respiro…
“ Hope sta bene e non è successo nulla di grave!”.
In fondo ha ragione. Hope sta bene e non è successo nulla di grave.
“ Visto? Adesso devi ripetere questa frase nella tua testa fino a quando non ti addormenterai!” suggerisce, liberandomi dalla presa.
Scendo dall’auto per prendere in braccio Hope ancora dormiente.
“ Sai, sai essere sensibile quando vuoi” commento, prima di salutarlo e chiudere la portiera.
La sua risposta è una faccia che finge modestia.
Lo saluto e mi avvio al portone.
“ Anya, ancora una domanda!”.
Ma le sue parole mi bloccano e mi costringono a voltarmi in sua direzione.
“ Dimmi”.
“Al tizio… gliel’hai data?”.
Idiota.
La risposta gli arriva dritta dal mio dito medio.
E con un sorrisetto malvagio stampato in volto, richiude il finestrino e se ne va.


Dopo cinque lunghi piani, arrivo finalmente a casa. Adagio la piccola sul divano, senza scuoterla troppo, dopodiché mi avvio in cucina, per preparare la cena.
Mentre taglio dell’insalata, i miei occhi puntano sullo schermo del mio cellulare, poggiato sul tavolino accanto a me. Un altro messaggio di Takumi:

-    Non mi rispondi più?

Santo cielo.
Perché continua a scrivermi?
Perché sono uscita con lui?
Dovrei rispondergli?
O ignorarlo?
In fondo è stato gentile e non merita di essere ignorato.
Gli risponderò più tardi… se ne avrò voglia.




***






Sono seduto sullo scomodo letto di quest’ospedale, guardando il panorama fuori dalla finestra, o almeno quello che riesco a vedere: un cielo limpido e qualche grattacielo in lontananza.
Tutto qui.
Ogni tanto mi alzo per sgranchirmi le gambe, vado in bagno, aspetto Yuri o l’infermiera per delle visite di routine e assaggio un po’ dello scadente cibo che portano a pranzo e a cena. Stop.
Tra una cosa e l’altra, un pensiero fisso tormenta la mia mente da ore: Eva.
Non si è ancora svegliata.
Yuri ha detto che fisicamente, a parte qualche ferita, sta bene.
Ma la mia preoccupazione vera è un’altra: il bambino. O meglio, il presunto bambino che diceva, fino a qualche minuto prima dell’incidente, di portare in grembo.
Non riesco a togliermelo dalla testa.
E ogni volta che Yuri varca quella porta, non aspetto altro che dica “si è svegliata”.

Passano alcuni minuti e, con mia grande sorpresa, quasi come si fosse avverato il mio pensiero, Yuri varca quella porta e pronuncia la fatidica frase:
“ Kai, Eva si è appena svegliata!”






***






Mi sento debole e dolorante. La testa mi pesa come un macigno e a stento riesco a tenere gli occhi aperti. Avverto dolori in ogni parte del corpo, talmente forti da impedire ogni movimento. Così decido di rimanere rigida nella posizione in cui mi sono svegliata, ad osservare il soffitto color bianco di questa triste stanza d’ospedale.
I ricordi delle ultime ventiquattro ore sono alquanto sfocati e, a dire il vero, la stanchezza mi impedisce di sforzarmi nel ricordare.
Quando richiudo gli occhi, il rumore della porta e l’arrivo di qualcuno mi costringe a riaprirli e
scorgo Yuri e poi lui, Kai, con una benda alla testa, che mi osserva preoccupato.
Pochi istanti dopo il mio corpo viene attraversato da un brivido. Viene pervaso da un’ondata di calore che contrasta con la freddezza di questo posto così bianco e gelido. Il tocco della mano di Kai su una mia gote mi fa sentire, ad un tratto, meglio. I miei occhi stanchi, che a stento riescono a stare aperti, scorgono, tra la sfocatura provocata dalle mie lunghe ciglia, un intenso sguardo ametista.
“ Come sta?” chiede, rivolgendosi a Yuri, che probabilmente sarà ancora qui in un punto della stanza.
“ Stiamo facendo degli accertamenti, ma supponiamo niente di grave”.
“ Ok…” emette in un caldo sussurro, osservandomi mentre mi accarezza i capelli. “Riposa, ci vediamo dopo”, conclude poi, scoccandomi un bacio sulla fronte e facendo rabbrividire il corpo.
Mi dispiace di non avere la forza per poter reagire come vorrei, ma mi sento così stanca e ho voglia soltanto di chiudere gli occhi e dormire.
Il rumore della porta mi avvisa che entrambi hanno appena abbandonato la stanza. Avrei voluto che rimanesse qui con me, ma evidentemente i medici lo hanno avvertito di andare via subito.







***







“ C’è un posto dove poter fumare, qui dentro?”.
“ Qui dentro no. Ti ricordo che è un ospedale, Hiwatari”.
“ Allora, un posto fuori dove poter fumare?” ripete, correggendosi con aria seccata, mentre cerca un qualcosa tra i suoi pochi effetti personali posti su una sedia della stanza.
“ Non dovresti riposare?” cerco di ricordargli con tono canzonatorio.
“ Sono le 3 del pomeriggio, se continuo a stare sdraiato su quel letto, giuro che mi butto da quella finestra!” replica con tono serrato, stringendo in mano il pacchetto di sigarette appena trovato.
Porto gli occhi al cielo e dopo aver emesso un lungo sospiro, gli faccio cenno di seguirmi.







***








“Fanculo. C’è troppo vento qui sopra” asserisco indignato, continuando a provare ad accendere questa sigaretta.
“ Dai qua, ti aiuto io”.
Ecco che il dottor camice bianco si avvicina e porta le sue mani intorno alla sigaretta, creando una barriera protettiva che la ripara dal vento.
Ci sono voluti alcuni secondi, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Finalmente.
Yuri si allontana e io aspiro a pieni polmoni una boccata di fumo, trattenendola dentro per qualche istante, per poi rilasciarla lentamente.
Ci voleva.
Con un gesto invito Yuri a fare un tiro, ma questo rifiuta con un lieve cenno della testa.
“ Ho smesso anni fa” si limita a dire, con le mani dentro le tasche del suo lungo camice bianco.
La mia risposta è un alzata di spalle che vuole dire – come vuoi-.
Io non sono mai riuscito a smettere. Forse in alcuni periodi mi sforzo di fumare meno, specialmente quando sono in compagnia di Hope, ma non potrei smettere così da un giorno all’altro, come ha fatto Yuri.
Siamo in un balcone dell’ospedale, posto così in alto da poter scorgere un bel panorama della città. Il vento accarezza i nostri volti e scompiglia i capelli. Arriva un po’ prepotente, ma è piacevole dopotutto. Non avrei resistito un altro minuto in quella specie di tugurio.
Senza accorgermene è andata via già mezza sigaretta e Yuri se ne sta lì, a pochi passi da me, in piedi ad osservare i palazzi che si ergono qui di fronte, imitato da me.
“ Quando glielo chiederai?” esordisce, rompendo il silenzio.
Non gli chiedo spiegazioni, perché so già a cosa si riferisce. Mi prendo qualche attimo prima di rispondere e mi godo fino in fondo gli ultimi istanti di questa sigaretta.
Ecco. Dalla mia bocca esala l’ultima nube di nicotina, che viene spazzata via, in un attimo, dal vento. Spengo la cicca a terra, ma Yuri, senza dire niente mi porge un fazzoletto, costringendomi con la forza del pensiero, a raccoglierla, di mio malgrado.
“ Quando arriverà il momento” inizio a dire, porgendogli il fazzoletto contenente il mozzicone, per poi andare via.
Lui era talmente confuso dalle mie parole, che senza rendersene conto, ha afferrato quel fazzoletto, che in teoria, avrei dovuto buttare io stesso nel cestino della spazzatura più vicino.





***










Stamani, in caffetteria, non ho avuto un attimo di respiro. Sotto lo sguardo controllore di Dana corro alla velocità della luce dal bancone ai tavoli, facendo attenzione a non inciampare, scivolare o far cadere il vassoio.
Inoltre, con il fatto che Kai si trova in ospedale, devo provvedere io a Hope in tutto e per tutto.  Infatti, più tardi dovrò prenderla all’asilo, tornare a casa, prepar..
Santo cielo, il telefono in tasca continua a vibrare.
Poggio il vassoio su un tavolino vuoto ed estraggo il telefono dal grembiule e mi accorgo con sorpresa che il continuo vibrare non è dovuto a una caterva infinita di messaggi inviati senza sosta, ma è una chiamata in arrivo il cui mittente è proprio lui, Takumi.
Mi osservo in giro, stringendo forte il cellulare in mano e decido di spostarmi in un angolo isolato del locale per rispondere, non prima di aver preso un lungo respiro, ovviamente.
“ Pronto!” esordisco, con fare disinvolto.
“ Ciao Anya, sono Takumi!”.
“ Oh, ciao Takumi!” esclamo, facendo finta di cadere dalle nuvole.
“ Ti disturbo?” chiede, preoccupato.
“ Ehm, no. Cioè, sono un po’ incasinata a lavoro, ma dimmi pure!” spiego, usando un tono di voce cordiale e allegro.
Se solo potesse vedere la mia faccia in questo momento! Ho appena notato che Dana mi fissa contrariata, vedendomi qui in disparte a parlare al cellulare.
“ Beh, volevo solo sapere perché non mi hai risposto ai messaggi”.
Giustamente.
E adesso cosa gli dico? Non ero psicologicamente preparata ad una telefonata.
“ Ehm, si, lo so e mi dispiace! Ma sono stata presa da… delle cose!”.
“ Delle cose, certo…”. Il suo tono mi fa capire che non se l’è bevuta affatto.
“ Mi dispiace davvero, so che ti sembrerà una scusa…” commento, stringendo occhi e denti, con fare colpevole.
“ Sì, sa molto di scusa! Beh, allora per dimostrare che non era solo una scusa, potremmo vederci più tardi” propone, con una certa astuzia nel tono.
Cacchio. Fregata, Anya.
E adesso che faccio? Cosa dico? Se dico che non posso, sembrerà un’altra scusa, no?
Inoltre, lo sguardo di Dana su di me, che mi ordina di non perdere tempo e tornare a lavoro, beh, non mi aiuta.
“Va bene!” rispondo di getto, senza pensarci ulteriormente.
“ Perfetto! Allora passo a prenderti a lavoro se vuoi. A che ora finisci?”.
Sarà una buona idea?
“ Alle 16.30”.
“ Ok, adesso devo tornare anch’io in ufficio. A dopo, Anya!”. Saluta e chiude la chiamata, lasciandomi per un attimo in uno stato di trans, ma per fortuna un messaggio mi riporta alla realtà.
È di Takumi: - domanda importante: dove lavori? XD-
No. la domanda importante è: perché sto facendo questo?









Qualche ora dopo…



“ Stai scherzando spero!”.
“ Per favore, Dana. Non ho a chi altro lasciarla!” le spiego, supplicandola nel tono.
“ Anya, io devo lavorare. Non posso badare ad una bambina!” ribatte duramente ed ha ragione, lo ammetto, ma…
“ E’ una bambina tranquilla. Basta metterla di là, in cucina, a colorare e sarà come invisibile. Tu dovrai solo tenerla d’occhio, ogni tanto, per sicurezza”.
Si ferma a pensare, per qualche secondo, fissandomi con occhi di fuoco.
“ Solo un paio d’ore…” aggiungo, cercando di intenerirla con lo sguardo.
Passano lunghi e interminabili secondi, finché...
“ E va bene!” accetta, tirando un sospiro. “ Spero solo ne valga la pena con questo Takumi!” conclude scocciata.
“ Grazie, grazie!”. Quasi saltello dalla gioia.
Non avevo alternative. Hilary ha già due gemelli a cui badare e non mi sembra il caso di accollargliene un’altra. Hiwatari, come sappiamo, è in ospedale insieme ad Eva e Boris l’ho scartato a prescindere, non mi fido a lasciargli una bambina.
Convinta Dana, corro alla velocità della luce a prendere Hope, andare a casa, prepararmi per l’appuntamento e ritornare in caffetteria per lasciare la bambina nelle mani di Dana. A dire la verità non so quanta dimestichezza abbia costei con i bambini, ma ha l’aria di una ragazza responsabile, nonostante i suoi modi un po’ duri.
“ Mi raccomando, Hope, fa’ la brava ok? La mamma torna subito!”.
Le scocco un bacio sulla fronte, sistemandole un ciuffetto ribelle. Dopodiché, con un cenno di intesa, faccio capire a Dana che sto per uscire e , tenendo ben stretto il manico della mia borsetta, mi avvio fuori dal locale per raggiungere l’angolo della strada, dove aspetterò l’arrivo di Takumi.
“Sono in perfetto orario”, sussurro tra me e me, controllando l’orologio al polso.







***








Immagini confuse attraversano la mia mente, come dei ricordi. Volti di persone conosciute ed altre sconosciute. Non so bene dove mi trovi. Mi sento come immobilizzata, con  piedi ben piantati a terra, impossibilitata a muovermi, mentre intorno a me oggetti e persone passano velocemente, senza accorgersi della mia presenza. Improvvisamente una strana sensazione attraversa la testa e la bocca dello stomaco e mi costringe e piegarmi su me stessa per cercare di proteggermi da non so nemmeno io cosa o chi. Poi boom. Il buio e qualche secondo dopo, di nuovo boom, apro gli occhi e mi rendo conto che stavo solo sognando.
Sono ancora ferma e distesa sul letto di quest’ospedale. Devo essermi addormentata di nuovo nel pomeriggio. Sposto la mia testa a destra, verso la finestra e mi accorgo della presenza di qualcuno.
È Kai, messo di profilo, lì in disparte, ad osservare il paesaggio oltre la finestra.  
“ Kai!” esordisco con voce fioca, richiamando la sua attenzione.
Senza scomporsi più di tanto, sposta gli occhi su di me e mi osserva. Passano alcuni secondi durante i quali  sembra che la sua mente stia viaggiando per altri mondi, ma subito dopo si riprende e, staccando la sua spalla dallo stipite della finestra, si avvicina a passo felpato, a me.
“ Hey…” sussurra dolcemente, avvicinandosi alla mia fronte. “ Stai bene?”, domanda poi sfiorandomi con un dito una guancia.
“ Sì, adesso va meglio” replico accennando un sorriso. “ Tu come stai?”.
“ Meglio…”, dice a bassa voce, come se non avesse la forza per parlare.
I suoi occhi cercano di reggere il mio sguardo, ma noto come se volessero fuggire. Non so. Sembra stia pensando a niente e a mille cose contemporaneamente. È strano, ma mi fa piacere che stia bene e che sia qui con me adesso.
Gli sorrido, ma lui abbassa lo sguardo, decidendo di sedersi qui, su una sedia accanto a me, mentre io sollevo leggermente la schiena per mettermi più comoda.










***










Sono stato quasi tutto il pomeriggio qui, nella sua stanza, ad aspettare che si svegliasse di nuovo ed ora che è sveglia, beh, non so cosa dire o fare. Sono sollevato che stia bene, ma non riesco a togliermi quel pensiero fisso che mi tormenta e credo sia arrivato il momento di chiederglielo.
Nell’istante in cui, dopo aver preso un lungo respiro, mi accingo a proferire la fatidica domanda, lei decide di prendere la mia mano e stringerla, mentre i suoi occhi diventano lucidi.
“ Kai, ho avuto paura…” mi confessa, intensificando la stretta di mano, nel vano tentativo di cercare un contatto più diretto col sottoscritto.
A queste parole, la mia bocca decide di tacere e il mio cervello mi suggerisce che forse non è il momento più adatto ad affrontare un argomento simile, nonostante una parte di me vorrebbe sapere la verità immediatamente.
“Per fortuna è finita bene” spiego, stringendo a mia volta la sua mano, mentre con l’altra le sposto i capelli dalla fronte e le accarezzo il viso, cercando di tranquillizzarla.
Ammetto di avere avuto paura anch’io per un attimo.
Non ricordo molto degli istanti prima di perdere i sensi. Nel momento stesso in cui ho perso il controllo dell’auto,  ho perso il contatto con la realtà, ho capito che non avrei più potuto fare niente, né fermare l’auto, né metterci in salvo. Forse l’unica cosa che ho sentito è stato l’urlo di Eva e l’infrangersi dei vetri dall’auto contro qualcosa. E subito dopo il buio.
Non ho mai avuto un incidente del genere, non lo augurerei a nessuno e non so come, ne siamo usciti vivi e quasi illesi.
Ho fatto tante cazzate nella mia vita, e sicuramente continuerò a farne, ma non mi sarei mai potuto perdonare se fosse successo qualcosa di veramente grave ad Eva, a me stesso, o al bambino che diceva di portare in grembo.
Per questo ho chiesto subito a Yuri cosa fosse successo al bambino, non appena mi sono svegliato. Sono sicuro che, se questo bambino fosse veramente esistito nel ventre di Eva, non ce l’avrebbe fatta, viste le dinamiche dell’incidente. Non so ancora bene come sia andata, ma dalle parole di Yuri ho appreso che l’auto si è ribaltata e schiantata contro un albero.
Per Yuri è stato un miracolo essere rimasti vivi.
Beh, sì. Credo sia la parola giusta: miracolo.
Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dall’arrivo di Yuri, che facendo capolino dalla porta, annuncia che ci sono visite.
“ Scusate ragazzi…” esordisce, credendo di aver interrotto un momento di intimità, “ Eva, ci sono i tuoi genitori che vogliono vederti”.
“ Oh, si. Falli entrare!” esclama allegramente, abbandonando la mia mano.
Perfetto, i signori Hernandez…


“ Tesoro! Santo cielo, come stai figlia mia?”
“ Sto bene mamma!” la rassicura, ricambiando l’abbraccio, a cui si unisce anche il padre.
“ Per un attimo ho temuto il peggio! Stavamo proprio per partire, quando ci è arrivato l’avviso di quel tuo amico dottore e, dopo aver abbandonato l’aeroporto, ci siamo precipitati qui!” spiega il padre, tenendo forte la sua mano.
“ Per fortuna stai bene” continua a pronunciare la madre, con viso affranto. “ E tu come stai Kai?” aggiunge, accorgendosi, infine, della mia presenza.
“ Bene” mi limito a rispondere atono.
“ E il bambino??”.
Questa domanda, pronunciata dall’ansiosa e preoccupata voce della signora Hernandez, arriva diretta e penetrante alle mie orecchie. In un contesto normale, a seguito di un incidente e alla perdita di un bambino, essa sarebbe stata prevedibile e, altresì, lecita, quasi scontata. Ma in questo preciso contesto, in cui questa gravidanza, a quanto pare mai esistita  mai esistita, beh, risulta alquanto inaspettata e ci coglie impreparati, soprattutto per una Eva che, a giudicare dalla sua espressione, si è appena ricordata di essere stata incinta, o meglio di aver finto di esserlo.
Non so bene quanti secondi siano passati dalla formulazione di questa domanda, so solo che il silenzio, all’interno di questa stanza, regna sovrano e mentre gli occhi di Eva, timorosi, cercano di sostenere il mio sguardo serio su di lei, i suoi genitori restano lì, in attesa di una risposta.
“L’ha perso” esordisco, cercando di usare un tono di voce fermo e deciso, rivolgendomi ai qui presenti suoceri, mentre sento su di me il peso dello sguardo di Eva.
“ Mio dio, è terribile!” esclama la madre, avvolgendo in un abbraccio la figlia, che per lo shock dovuto a causa delle mie parole, non riesce a ricambiare, quasi fosse diventata un pezzo di marmo.
“ Che tragedia” aggiunge il padre, prendendo la mano della figlia. “Ma questo non sarebbe successo se tu non avessi bevuto!” asserisce, in seguito, puntandomi  contro un dito minaccioso.
“ Papà!” interviene Eva, con tono ammonitore.
“Io non ero ubriaco” replico, fissandolo dritto negli occhi.
“ Ne sei sicuro?” sussegue a domandare con aria minacciosa.
“ Caro, ti prego. Non è il momento…” afferma la moglie, tirandolo a sé per farlo ragionare.
“ Già, non è il momento” ripete lui, cercando di calmarsi, ma continuando a fissarmi quasi volesse uccidermi. Non mi faccio di certo intimorire.
“Noi andiamo, Eva se hai bisogno chiamaci!”. Queste sono le ultime parole della madre, pronunciate proprio sulla soglia della porta, mentre tiene a braccetto il marito, troppo arrabbiato persino per salutare o rivolgere uno sguardo alla figlia. Qualche istante dopo la porta si chiude e all’interno di questa stanza rimaniamo solo io ed Eva.
Susseguono istanti di silenzio, durante i quali resto seduto a fissare un punto indefinito della stanza, mentre lei rende palese il suo nervosismo attraverso il contorcere delle sue dita.
“ Kai io…”.
 “ E’ quello che diremo a tutti” asserisco indignato, alzandomi e ignorando quanto stava per dire.
“ Kai io non…”.
“ Diremo che hai perso il bambino” aggiungo, interrompendola ancora una volta.
Non dice altro, forse perché troppo sconvolta o sorpresa o probabilmente non sa nemmeno cosa dire. Senza ulteriori indugi, raggiungo la porta e vado via, senza guardarmi indietro.
Se prima avevo fretta di sapere la verità, adesso non ce l’ho più. È meglio aspettare, aspettare che lei ritorni lucida e ponderi bene la situazione prima di darmi una spiegazione.
Nel frattempo diremo agli altri che il bambino non ce l’ha fatta.
Non voglio impiccioni e curiosoni.
Voglio solo capire perché mi ha mentito, se questa gravidanza è mai esistita.
La verità è che non so più cosa pensare.









***










Sono seduto al bancone della caffetteria a gustare il mio caffè, preparatomi con tanto odio da Dana, quando ad un tratto i miei occhi riescono a scorgere tra le tendine della cucina una piccola figura.
“ Un momento, ma quella non è Hope?”.
“ Sì e allora?” risponde seccata Dana, mentre versa il succo d’arancia nei bicchieri.
“ Dov’è Anya?” domando ancora, mentre raggiungo la cucina.
“ Hey hey, dove vai?” chiede, parandosi di fronte a me impedendomi di entrare.
“ Andiamo, mi conosce! Ciao Hope!!” la saluto, per richiamare la sua attenzione.
“ Ciao Bosir!” risponde la piccola, mentre colora sul pavimento.
“ Visto?!” le faccio notare, facendo una smorfia.
Guardandomi sospettosa, si scosta, facendomi entrare, non prima di raccomandarmi con tono duro “non farla piangere!”.
“ Tzè, ma ti pare! I bambini mi adorano!” dico urlando dall’interno della cucina, mentre mi siedo accanto alla piccola che senza darmi retta, continua a disegnare. “ Che cosa stai disegnando?”.
“ Una macchina” risponde con voce docile, mostrandomi orgogliosa il suo foglio.
Dopo alcuni secondi, decido di uscire di nuovo a importunare la cameriera più scontrosa del mondo.
“ E allora? Dov’è la mammina?” chiedo con aria sospetta.
“ Perché lo vuoi sapere?”.
“ Andiamo, Anya che lascia sua figlia a una sconosciuta!”. Dal modo in cui mi guarda, le mie parole devono averla offesa. Beh, in realtà qualunque cosa io dica la offende, dunque…
“ E’ uscita con Takumi” spiega evasiva, ignorando quanto ho appena detto.
Ah, dunque si chiama Takumi il famoso tizio conosciuto in chat.
“ Nuovi amori all’orizzonte per la mammina quindi!” commento sarcastico.
Sappiamo tutti che Anya la prenderà troppo sul serio e ci rimarrà male come sempre.
“ Ma quali amori…sta’ zitto!” conclude infine, andando a servire i clienti.

Chissà se Takumi sa che Anya ha una figlia…


















Salve a tutti! Eccomi ritornata, o per meglio dire, risorta dopo mesi XD

E’ stato difficile partorire questo capitolo, davvero davvero tanto. Quindi ho deciso di fermarmi qui e pubblicarlo. In realtà doveva essere più lungo e completo, ma alla fine ho optato per pubblicare, perché devo superare il blocco dello scrittore.
So che non succede niente di che, avrei preferito tornare con un capitolo col botto e scoppiettante. Diciamo che è un capitolo di transizione, dove si scorgono alcuni elementi.
Eravamo rimasti all’incidente, al risveglio di Kai e alla scoperta che Eva non aveva un bambino prima dell’incidente. E Kai, ansioso di scoprire la verità decide di farci penare (si, lui ha deciso…) e aspettare il momento migliore per farsi dare delle delucidazioni a riguardo.
Nel prossimo capitolo scopriremo se Eva ha detto effettivamente una bugia e perché l’ha detta.
Nel frattempo Anya continua ad uscire con Takumi. Ma questa storia, secondo voi, sa’ da fare? O per una volta ha ragione Boris?

Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi e i nuovi recensori. Spero che questa lettura sia ancora di vostro gradimento
Baci baci

   
 
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