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Autore: Calipso19    22/06/2020    0 recensioni
Un viaggio infinito che racconta l'ormai leggenda di un mito troppo grande per una vita sola. Una storia vissuta sulle ali della musica, respinta dalla razionalità umana, colpevole solo d'essere troppo anomala in una civiltà che si dirige alla deriva. La rivisitazione di un esempio da seguire.
( Capitolo 4 modificato in data 14 marzo 2016)
Dalla storia:
- Sono cambiate tantissime cose da quando guardavamo le stelle nel guardino a Gary.
- E ne cambieranno altrettante Mike. Se fra quarant'anni saremo ancora insieme te ne accorgerai.
Insieme.
Michael ripetè nella mente quella parola più volte, come una lezione da imparare, e concluse quel bellissimo quadro con un sorriso.
- Certo che saremo ancora insieme, non dire sciocchezze.
- Ci credi davvero Michael? - lei lo guardò con occhi seri e sinceri. - Le persone attorno a te arrivano e se ne vanno come niente.
- Certo che lo credo, anche se non so dirti in che modo. E dovresti crederci anche tu Jackie, avere un po’ più di fiducia.
Abbassò gli occhi per vedere le proprie mani cingere la vita di Jackie, scorse una piccola macchia di pelle bianca sul polso.
Chissà quanto ancora si sarebbe allargata.
Tutto cambiava, senza sosta.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Porsi un obbiettivo è la più forte forza umana di auto motivazione.



La pioggia autunnale lavò via tutti i vecchi rancori, e presto Jackie imparò a provare pietà per suo padre, e non più odio.
'Non ne vale la pena' le diceva Albert, che faceva di tutto per farla sorridere sempre.
Non si poteva desiderare un fratello migliore.
Michael era rientrato nel suo vortice musicale, lasciandola di nuovo sola per la maggior parte del tempo.
Così Jackie si diede da fare per imparare ancora meglio a gestire il suo lavoro, aiutata dal fedelissimo Quincy.
Insomma, tutto sembrava scorrere senza alcuna notevole novità.
Eppure una sera, a un orario insolito per ricevere visite, Jackie udì suonare il campanello della sua silenziosa casa.
Confusa e un pò intimorita si accinse ad aprire con cautela.
Non appena lo riconobbe spalancò l'uscio, sorpresa.

- Oh ciao! - esclamò. - Che sorpresa! Come mai da queste parti?
 
---

- Voglio che tu chiuda gli occhi, e che non li riapra fin quando non te lo dirò io.

Jackie obbedì sorridendo.

- Un'altra delle tue assurde sorprese Mike? Ormai ti conosco. Quale malefico scherzo hai intenzione di appiopparmi stavolta?

- Alcuno. Devo farti conoscere un.. amico. - Rise come un bambino, poi sparì.

Jackie udì i suoi passi poco dopo, e percepì la presenza di qualcosa davanti a sè, mentre uno strano odore acre e paludoso le penetrava nelle narici.

- Posso aprirli ora?

- Prego.

Preparandosi a ricevere in faccia una torta o un qualsiasi altro dessert, Jackie vide un nodo di viscere verdastre e lucide che Michael reggeva fra le braccia con la stessa delicatezza con cui avrebbe retto un bimbo.

- Oh mio Dio Michael…

Il giovane le sorrideva con un briciolo di malizia, e con nonchalance le portò il serpente appena sotto il naso.

- Salutalo, mia giovane donna. Non vedi com'è contento di fare la tua conoscenza?

Qualsiasi altra persona si sarebbe scostata inorridita. Ma non Jackie, che dopo un attimo di disorientamento rise.

- Questa mi è nuova! - esclamò. - E da dove viene questo animaletto?

Dato il mancato spavento dell'amica, lo scherzo non poteva considerarsi riuscito, e Michael se ne dispiacque moltissimo.

- Ma.. Ma come? - le chiese deluso. - Non ne hai timore? Non ti salgono i brividi solo a guardarlo? Non ti si accappona la pelle appena ti si avvicina?

- Perché mai dovrebbe spaventarmi? E' pur sempre una creatura di Dio! - si avvicinò a lui e lo fissò con eloquenza. - E non potevo cascare di nuovo in un altro dei tuoi scherzi. - disse, facendogli la linguaccia.

Michael rise imbarazzato, mentre il serpente scendeva dalle sue braccia per essere accolto in quelle di Jackie.

- L'ho preso in uno zoo - le spiegò il giovane. - Era da solo nella sua vasca, allora ho pensato che un pò di compagnia non poteva certo nuocergli. Ho dovuto insistere un bel pò per ottenerlo. - Jackie sbuffò, immaginandosi le scene e i capricci tipici dell'amico quando voleva ottenere qualcosa. - E' un maschio, un boa constrigtor, ha 2 anni e si chiama Muscles.

- Muscles… - mormorò Jackie pensando alla canzone di Diana Ross.

- Non è bellissimo? - le chiese Michael, accarezzandolo sotto il muso.

- Veramente incantevole. - rispose ironica.

I due si misero a coccolare il serpente, che nonostante la natura rettile sembrò gradire quelle attenzioni e rimase immobile a farsi sfiorare con le dita.

- Mi piacerebbe avere un animale da tenere a casa… - disse Jackie.

- E perché non te ne prendi uno?

- Perché sono sempre a lavorare o qui da te, e avrei paura di non prendermene cura come dovrei. Per ora va bene così.

E mentre Jackie finiva di dire quelle parole, in Michael venne in mente la spontanea idea di regalarle un piccolo amico….  Un cane. Un gatto. Un geco. Una locusta. Sapeva che Jackie amava qualsiasi genere di animale.

- Santo cielo, com'è tardi! Grazie del pomeriggio Mike ma ora ti devo proprio lasciare. - esclamò lei dopo aver guardato l'orologio della parete.

Così brutalmente riscosso dai propri pensieri, Michael la fissò disorientato.

- Già te ne vai?

- Si. Stasera devo uscire e devo tornare a casa mia per prepararmi.

- Jackie che esce una sera? Durante la settimana? Uao! Questa mi è nuova! - La seguì fino alla porta d'ingresso, dove lei si stava mettendo il cappotto. - Pizza con Rose? - chiese eccitato. Sembrava un cagnolino che sta per essere portato a spasso, ed era agitato come dovesse uscire lui stesso.  

- Emh… no. - Le sue guance si colorarono leggermente, e si morse le labbra indecisa se rivelargli o no gli accadimenti di due sere prima.
 
---

- Che sorpresa! Come mai da queste parti?

- Albert mi ha detto che abiti qui, e perdonami se ho approfittato subito di questa informazione. - Thomas le sorrise volubile. - Spero di non disturbarti.

- Nessun disturbo. Vieni, entra. - Si accinse a prendergli giacca e cappello, servizievole ma un poco perplessa. Che ci faceva Lui lì? - Gradisci qualcosa da bere?

Thomas la fermò con un gesto gentile, si guardò intorno e rise. Una risata che trasmetteva dolcezza, nervosismo e, forse.. imbarazzo.

- Veramente sono passato perché ci tenevo a proporti una cosa di persona.

- Dimmi pure. - disse Jackie, incuriosita.

- Pensi… Pensi che sarebbe molto brutto se io e te, questo giovedì sera, uscissimo a cena? - chiese guardandola in volto e stropicciando il cappello fra le mani.

Jackie aprì gli occhi sorpresa. Non si sarebbe mai aspettata una proposta del genere da Thomas, a cui credeva di non interessare minimamente se non per lavoro. Finora non avevano fatto altro che chiacchierare amabilmente quando le pause di lui glielo concedevano, e nonostante lo abbia sempre trovato un uomo gentile, bello e simpatico, non le aveva mai fatto battere il cuore.
Quella proposta invece, lo fece in maniera impetuosa.

- Bè…

- Se non vuoi non è un problema, si può sempre fare un'altra volta.. - Si affrettò a dirle lui, preoccupato, accompagnando le parole a una impercettibile carezza sul braccio.

Jackie rabbrividì, ma poi si riscosse.

- Perché no? - esclamò di nuovo allegra. - Si.. Si, sarà divertente! - Gli sorrise, e lui si sciolse.

- Oh bene! - Si rimise il cappello e la guardò felice. Il luccichio dei suoi occhi risaltava sulla pelle scura. - Allora ti passo a prendere alle cinque?

- Certo, alle cinque è perfetto.

E si lasciarono così, con due sorrisi e un appuntamento.
Appena fu di nuovo sola in casa, Jackie si appoggiò all'uscio e rimase così per qualche minuto, a braccia aperte a guardare il soffitto.

- 25 anni, Jacqueline… - mormorò a sè stessa. - Il tuo primo appuntamento serio a 25 anni… Renditene conto.
 
---

- No, niente Rose stasera. - Si mise il cappello.

- Umh? E allora? - Michael le sembrava più confuso che mai. Cercò di seguirla, ma lei aprì la porta e lui si rintanò all'interno.

- Ti spiego domani. Notte Michael! - E gli piantò letteralmente la porta in faccia, pentendosi di lasciarlo in tal violenta maniera ma troppo imbarazzata per osare dirgli qualcosa.
Se avesse visto l'espressione dell'amico in quel momento, sarebbe corsa subito indietro con le lacrime agli occhi e l'avrebbe consolato ed abbracciato.

- Ma.. perché? - si domandò il ragazzo, fissando con dispiacere la porta.

Si affacciò a una delle sue finestre e scostò le tende il necessario per vedere il 'relitto da garage' di Jackie che spariva oltre la via.
In quel momento avvertì la patetica sensazione di non vederla mai più. Scocciato, lasciò andare la tenda e sbuffò, ridendo nervosamente e dirigendosi in cucina con la chiara intenzione di fare indigestione di gelati.

- Donne….  - borbottò, cercando di scacciare il fastidioso presentimento alla bocca dello stomaco.

Poco dopo, Jackie era già sulla soglia di casa sua.
Con cura si lavò, si pettinò e si vestì in maniera semplice ma elegante.
Stava considerando l'ipotesi per lei assurda di marcare maggiormente il trucco quando bussarono alla porta, e la serata ebbe inizio.
Thomas era impeccabile nel suo abito scuro.

- Pensavo di essere troppo elegante ma si è fatto tardi… Spero di non sembrare troppo formale. - le disse sorridendole amabilmente.

- Affatto. - rispose lei, guardandolo ammirata. - Sei.. Stai proprio bene.

- Anche tu. - Si guardarono per un lungo momento, poi lui ruppe intelligentemente il silenzio imbarazzante che si era creato fra loro. - Ho prenotato un posto in un ristorante di amici, spero ti piaccia il Jambalaya!

- Adoro il jambalaya!

- Allora che cosa stiamo aspettando?

E ridendo si avviarono alla macchina.
Per quanto riguarda le pubbliche relazioni, Jackie era un asso impeccabile: la sua simpatia e la sua allegria erano contagiose, la sua educata spontaneità ammirevole, e aveva un sorriso che scaldava l'anima al più gelido degli uomini.
Stavolta però era diverso: era sola con un uomo che le era interessato e che, forse, le interessava a sua volta. La sua spontaneità resistette, ma il suo sorriso divenne accennato, e il suo sguardo un poco più discreto.
Col passare delle ore però, Thomas la fece rilassare fino a farla morire dalle risate, e la serata passò nel migliore dei modi, condita da una buona dose d'allegria e dall'odore affumicato dalla carne.
Insomma, fu veramente una serata quasi magica, e a quella ne seguirono molte altre.

---

U.S.A.
Los Angeles
novembre 1983

Michael era in studio.
Stavano provando la parte strumentale di un nuovo pezzo e il giovane moro stava controllando che ognuno comprendesse a pieno la sua parte e non sgarrasse qualche nota.
Quella nuova melodia nascente gli era così cara come l'aveva pensata la prima volta che non intendeva modificarne nemmeno un ottava.
Se qualcosa non avesse suonato bene al suo orecchio, avrebbe assestato l'errore con la sua voce.
Da dietro il vetro Quincy verificava il contenuto del pentagramma che Michael gli aveva portato, concentrato.
Jackie, seduta accanto a lui, pensava a tutt'altro.
Il suo incontro con Thomas aveva risvegliato in lei delle sensazioni che negli ultimi anni non si erano mai approfondite a tal punto: agitazione, imbarazzo, rossore…
Sorrise pensando alla risata di Thomas e alla sua spontaneità, e si diede della sciocca pensando a quando lui si era chinato verso di lei per raccontarle un aneddoto sul proprietario del ristorante, e lei aveva dovuto abbassare lo sguardo imbarazzatissima da quella intima vicinanza.
Con grinta, Jackie pensò che avrebbe dovuto essere più forte e meno influenzabile dagli atteggiamenti dell'uomo.
Tuttavia, quel nascente sentimento le cosparse la mente di dolci note musicali e di un'intensa vena poetica che, decise, avrebbe manifestato in maniera professionale.

- Q - chiamò. - Hai un minuto per me?

- Dimmi mia cara. - Il produttore abbandonò immediatamente gli spartiti e la guardò in attesa.

Jackie ci pensò un momento prima di esporre la propria assurda domanda.

- Potresti… Potresti insegnarmi a comporre della musica?

Q la guardò, stupito fino a un certo punto. Aveva sempre intuito che prima o poi una tale richiesta gli sarebbe stata posta, ma non immaginava con tanta franchezza.

- Sai già comporre musica mia cara. Hai scritto Thriller e Baby Be Mine, e hai arrangiato innumerevoli altre melodie.

- Si, ma sono sempre andata a caso! Invece vorrei sapere tutto e conoscere i particolari del mestiere. Tu me li puoi insegnare.

- Sono solo un produttore mia cara, non un compositore di musica.. - replicò Q contrariato.

- Infatti. Il tuo orecchio è per me il miglior giudice.

Q la guardò negli occhi e ne studiò l'espressione. Era determinata, testarda, e non avrebbe cambiato idea nemmeno implorandola. Sorrise, pensando che non aveva nulla da insegnarle ma che poteva comunque metterla alla prova. Stimolare l'immaginazione dei giovani era un compito che gli era sempre piaciuto molto, soprattutto per i risultati e le belle idee che ne venivano fuori, ma in cui purtroppo non poteva cimentarsi troppo: l'avrebbero definito infantile e poco professionale per un uomo celebre come lui. Eppure, nessuno saprebbe fare meglio il suo lavoro.
Quincy non era un produttore come gli altri. Non voleva essere il primo fra tutti ma si metteva allo stesso piano di tutti quelli che lavoravano con lui. Non aveva potere su nessuno e lasciava al coro e allo staff la libertà di esprimersi durante la composizione musicale. Preferiva lasciare in mano all'autore di tutto, Michael, le redini dello studio per permettergli di lavorare come meglio credeva e per questo, spesso, mancava per diversi giorni. Non era uno scansafatiche, il suo lavoro veniva comunque svolto. E i suoi consigli erano come comandamenti.
 

- E va bene. - assentì. - Allora cominciamo.- le porse il pentagramma di Michael. - Guardalo, suonalo e dimmi cosa ti viene in mente.

Jackie prese il foglio e lo lesse attentamente. Poi si avvicinò al pianoforte dello studio e suonò qualche nota. Dopo qualche minuto si voltò verso Q ridendo.

- Il pianoforte non è lo strumento adatto per una simile melodia, Q! - rise, seguita a ruota dal produttore.

- Hai ragione. E' troppo rapida. Cosa pensi quando la suoni?

-  Bè.. è difficile da spiegare..

- Provaci. Il primo esercizio che ti propongo è di dare parole alla musica. Non guardarmi così mia cara, non sono ancora diventato pazzo. Sto solo cercando di colmare le poche lacune che possiedi. Vedi, se riesci a dare una spiegazione alla musica, ti riuscirà più facile anche comporla. Attenta però a non invertire le parti: prima la componi, anche senza che ce ne sia un motivo, poi ritorni sui tuoi passi e cerchi di capire cosa ti è passato per la mente quando l'hai creata. E' anche in questo modo che si creano i testi. Coraggio, ora dimmi: cosa pensi quando la suoni? Che colori ti vengono in mente?

- Colori dici? Mmh..  Jackie alzò lo sguardo e si perse nelle travi del soffitto. Effettivamente la musica la caricava di una certa ansia, a causa del ritmo forte ma affascinante, che le faceva scorrere denso il sangue. - Penso al contrasto fra buio totale e una flebile luce, credo… Rosso forse. E blu. E argento.

- Bene. Ora chiudi gli occhi. Dove ti trovi? Che cosa senti? - Jackie obbedì, e Q la guardò interessato.

- Fa freddo e c'è odore di alcool. Mi sento inseguita, probabilmente da un assassino. - Q sorrise.

- Che bella immaginazione!

- E se vuoi saperlo, non posso scappare più velocemente perché sono ubriaca e ho dei tacchi alti 12 centimetri! - I due risero insieme.

- Ok, non allarghiamoci troppo mia cara. Dunque, adesso armonizza queste sensazioni cercando di rendere questa musica adattabile al suono del pianoforte.

Jackie ci pensò un pò, provando qualche nota e rabbrividendo davanti alla difficoltà di quell'ultimo esercizio. Come avrebbe potuto rendere l'angosciante inseguimento del suo assassino attraverso quel dolce e innocente pianoforte?
Semplice, non avrebbe dovuto essere un inseguimento. La sua mente interruppe i pensieri per concentrarsi sulle note: la musica doveva cambiare radicalmente per adattarsi allo strumento, e ciò implicava dover cambiare anche il contesto che si era immaginata. Ispirandosi così a un pezzo classico composto unicamente a pianoforte, recitò le note di Smooth Criminal con una tonalità tutta differente, una melodia estremamente più lenta ma che si componeva integralmente con lo strumento che la suonava. Una musica nostalgica, amara, che sapeva di lacrime. Di pioggia. Di gocce perpetue che si schiantavano sul marmo del suolo, provocando continui scoppi e fragori luminosi. Una cascata intera di lacrime ghiacciate che si perdevano nel blu intenso del crepuscolo avanzato, avanzando e diminuendo di intensità con una regolarità appena percettibile. Un suono da maestro.

- Ottimo Jackie. - Si complimentò Q, affascinato. Sapeva che la ragazza aveva del talento naturale ma non si aspettava che arrivasse a tanto. - Prima lezione appresa.

- Bene! - esultò Jackie. Era troppo modesta per ammetterlo, ma la propria musica le piaceva, il proprio talento la entusiasmava e la musica l'aveva resa frenetica.- Il prossimo passo qual'è?

- Un compito a casa, come quelli per i bimbi della scuola primaria. - Q ridacchiò.

- Non prendermi in giro !

- Non l'ho fatto tesoro. Adesso ascolta: entro il prossimo mese voglio che mi porti tre melodie. Ti lascio decidere quali strumenti utilizzare (puoi farti aiutare dai ragazzi del coro per quelli che non sai suonare), ma esigo che siano musiche pure, senza arrangiamenti meccanici, e senza più di tre strumenti per traccia. Non devono durare più di dieci minuti e non meno di quattro. E ultima cosa fondamentale, devono esprimere i sentimenti e le emozioni.

- Che genere di sentimenti ed emozioni? - chiese Jackie, che si stava annotando tutto sul braccio sinistro con un pennarello indelebile.

- I sentimenti in generale. Ecco, fammi tre melodie che racchiudano tutte le emozioni dell'uomo in maniera percepibile.

- Ohi ohi… Sembra un compito abbastanza difficile.. - mormorò Jackie.

- Sono stato troppo severo?

- Assolutamente no. Va benissimo, rimarrai stupito. - Si affrettò a dire la ragazza, già affezionata a quell'ardua impresa. Sarebbe stata una sfida molto tosta da superare, ma lei avrebbe dato del suo meglio. Rilesse con calma la commissione affidatagli e per un attimo il coraggio venne meno. Pensò che avrebbe potuto farcela, ma avrebbe avuto bisogno di molto tempo. Sollevò lo sguardo sul produttore.

- Penso che… Penso che mi prenderò qualche giorno di ferie. - E Q, ridacchiando, la vide sparire in corridoio, appena prima che Michael ritornasse.

- Ho trovato il modo per addolcire la fine del ritornello, basterà aggiungere… Dov'è Jackie? - Il giovane artista si guardò intorno, confuso, e Q sogghignò.
Non l'avrebbero rivista per diverso tempo.
  
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