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Autore: _Atlas_    22/06/2020    5 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo III
 
 
 


 
 
7 Gennaio 1997, Mismar (Georgia)

«Sono cinque dollari e sessanta» scandì Axel dopo aver battuto in cassa un flacone di detersivo e una confezione di guanti in lattice. La signora Brown, sforando di dieci minuti l’orario di chiusura del locale, prese a trafficare col suo portafoglio alla ricerca di qualche moneta e Axel ne approfittò per cambiare stazione radiofonica, smanettando sullo stereo alle sue spalle e interrompendo la sequenza di cattive notizie trasmesse dalla NPR. Fermò la sua ricerca quando riconobbe un pezzo degli Smashing Pumpkins tra una frequenza e l’altra, e un attimo dopo nel piccolo alimentari di Earl si sparsero le note di 1979.
«Tieni, ragazzo» lo richiamò la signora Brown, guardandolo spazientita mentre gli allungava una manciata di monete. Non era una novità che la donna fosse di cattivo umore, ma era già tanto che non si fosse lamentata, come suo solito, dei prezzi in aumento del negozio, che in realtà erano gli stessi di quando vi era entrata per la prima volta, circa cinque anni prima. Earl, il proprietario, aveva smesso di rispondere ai suoi reclami già da tempo, incassando le sue critiche e pregando Axel di fare lo stesso, tanto, sosteneva, era come convincere un cieco che l’erba fosse verde e non rosa shocking come l’aveva sempre immaginata. Una similitudine piuttosto bizzarra, riteneva Axel, ma Earl non era mai stato un tipo che la gente comune definirebbe “normale”, quindi annuiva e obbediva agli ordini.
Aveva iniziato a lavorare nel suo negozio un paio di anni prima, quando la morte di suo zio Davis lo aveva obbligato a rimboccarsi le maniche e aumentare il suo conto in banca per pagarsi bollette e tasse universitarie. Lo stipendio non era certo altissimo, ma aggiunto ai suoi risparmi gli permetteva di sopravvivere senza tirare troppo la cinghia.
La signora Brown nel frattempo aveva lasciato il negozio e Axel era già in procinto di chiudere la cassa e abbassare la saracinesca, quando il campanellino alla porta d’ingresso anticipò l’entrata di altri clienti.
«…e poi ci sarà anche Angie Sanders, non hai davvero nessun motivo per darmi buca» squillò contrariata una voce maschile. Axel stava per informare il ragazzo ancora fermo sulla soglia  che da lì a poco avrebbe chiuso, ma la cascata di capelli rossi che comparve dietro di lui gli incollò la lingua al palato lasciandolo a corto di parole.
«Angie Sanders? Quella per cui ho rischiato di finire in galera per colpa di quindici grammi di erba?»
Axel si accorse di avere gli occhi fissi su di lei solo quando la giovane volse lo sguardo nella sua direzione, forse per accertarsi che chi era dall’altra parte non avesse sentito le sue parole . Il suo aspetto decisamente poco austero parve tranquillizzarla, quindi gli rivolse un sorriso e tornò a girarsi.
«Sì, proprio lei,» confermò il ragazzo scrutando con attenzione le poche corsie del negozio «ma pare che abbia smesso di infrangere la legge. Ehi, ma non hanno gel per capelli, qui?»
«Pare? Mi ha infilato di nascosto dell’erba nella borsa, se mi avessero beccata…»
«…ti saresti fatta un paio di notti al fresco, ma invece sei ancora pulita e ti sei persino fumata un po’ di roba buona senza pagare. Direi che quella che ci ha rimesso è lei, no? Comunque non posso credere che non abbiano il gel, come accidenti faccio domani?»
«Tu sei tutto scemo, Jake» gli rispose la ragazza prendendo un barattolo di gel da uno scaffale e piazzandoglielo in mano.
Da dietro la cassa, Axel li sentiva battibeccare animatamente senza avere la forza di avvisarli sulla chiusura del negozio. C’era qualcosa, nel rivolgersi ai suoi coetanei con addosso un grembiule da cassiere, che lo metteva terribilmente a disagio; non che in genere fosse un ragazzo molto loquace, ma spesso pensava che quel grembiule avesse su di lui un effetto del tutto opposto a quello che il costume di Spider-Man aveva su Peter Parker.
Nel frattempo l’orologio in cassa segnava le venti passate e Axel tirò un sospiro di sollievo quando vide i due clienti avvicinarsi per pagare. Il primo stava ancora cercando di convincere la ragazza a seguirlo da qualche parte.
«Cosa non ti è chiaro della parola “no”
«Ssst, ascolta» le disse lui mettendole un indice sulle labbra mentre lei posizionava gli acquisti sul nastro della cassa «Smashing Pumpkins. Suoneremo anche questi domani. Sicura di non voler venire?» ammiccò accennando alle ultime note di 1979.
La giovane gli scostò le dita dal volto e portò gli occhi al cielo volgendo ad Axel un sorriso esasperato.
«Puoi fare in fretta? Prima vado a casa e prima mi libero di lui.»
Impacciato, ricambiò il sorriso e l’idea di dirle che avrebbe dovuto chiudere almeno un quarto d’ora prima svanì proprio come era arrivata.
«Oh, andiamo!» si lamentò il ragazzo. Col giubbotto di pelle e i capelli raccolti in un ciuffo che gli pendeva sulla fronte, sembrava appena tornato da una passeggiata negli anni Ottanta. « È il mio primo concerto dell’anno, mi farebbe piacere avere un po’ di sostegno da parte tua. Tu che ne pensi? Non ho ragione?»
Il cuore di Axel sobbalzò un paio di volte quando si rese conto che quelle domande erano rivolte a lui.
«Io? Uh, non vi stavo seguendo…» mentì abbassando lo sguardo e affrettandosi a passare sul ricevitore il barattolo di gel e una confezione di Doritos  «Sono tre dol-»
«No, aspetta» lo fermò il ragazzo «Puoi darmi anche un pacchetto di Lucky Strike? Rosse, se ce l’hai.»
Axel annuì e iniziò a trafficare sullo scaffale al suo fianco, mentre i due riprendevano a parlare.
«Non c’è bisogno che importuni la gente per convincermi a venire, sai?»
«Lo faresti anche tu se fossi la chitarrista di una band che intende sfondare.»
«Quindi il successo dei Losers Club dipende da me? Cielo, siete messi bene!»
«Sono otto dollari» si intromise Axel dopo aver battuto in cassa le sigarette e iniziando a sentirsi a disagio. Per fortuna la loro discussione sembrava essere giunta a un punto morto, con una vittoria schiacciante per la giovane ragazza dai capelli rossi.
«Fa’ come ti pare» borbottò il suo amico «ma sappi che quando aprirò i concerti dei Pearl Jam non ti venderò nessun biglietto sottobanco.» Fu con orrore che Axel lo vide avvicinarsi al suo grembiule per leggervi il suo nome sull’etichetta: «Ti chiami Axel, giusto? Stessa cosa vale per te, ma se dovessi cambiare idea il concerto inizierà domani sera alle dieci, nello scantinato del Lenox Blues. Hai presente? Non è lontano da qui.»
Distratto dai battiti fuori tempo del suo cuore, Axel ebbe giusto il tempo di ricordare i lineamenti afroamericani di un signore sulla cinquantina da cui ogni tanto andava a bersi un paio di birre; sua moglie, Margaret, era la proprietaria ufficiale del Lenox Blues, il locale più ambito dalle band emergenti di Mismar.
«Piantala di spaventare la gente, Jake» si scusò per lui la ragazza, pagando in fretta il conto per entrambi e rivolgendo ad Axel un lieve sorriso «Grazie per la pazienza, la prossima volta lo costringerò ad aspettarmi fuori» aggiunse a mo’ di scuse.
Axel non rispose e si limitò a ricambiare il sorriso, dopodiché li vide entrambi allontanarsi dal locale accennando un ultimo saluto con la mano.
«Au revoir!» gli urlò da lontano Jake.
 
 
 *
 
  
Nel vecchio sottotetto di zio Davis il picchiettio della pioggia proveniente dalle tegole era l’unica compagnia sonora di Axel, dalla quale a poco a poco si lasciò avvolgere del tutto.
La polvere di carboncino aveva lasciato l’impronta delle sue dita accanto al volto spigoloso di Damon Rivera; Axel ricalcò con cura il solco tra le due sopracciglia e gli zigomi alti che accentuavano l’espressione tesa del suo personaggio, un ex avvocato nelle vesti di un anti-eroe che inseguiva la mafia americana cercando vendetta. Dark Sirio agiva di notte smascherando i criminali di una New York distopica,  depressa, lontana anni luce dal sogno americano che l’aveva alimentata per anni; una città che aveva annientato la speranza di chi credeva nel futuro, abbandonandolo nell’oblio o nelle mani di chi non lo avrebbe lasciato vivere tanto a lungo.
Così era morto anche Kai Alden Arp, ucciso dal proiettile di una Heckler&Koch P7 destinato al suo amico Damon.
Axel aveva dedicato mesi alla stesura di quella trama, ma a volte sentiva ancora l’impulso di cancellarla interamente e ripartire da capo, cancellando passaggi poco originali o troppo complessi da raccontare per mezzo di un disegno. Anche adesso, sepolto da migliaia di bozze alla luce di un neon sull’orlo del collasso, provò l’impulso di stracciare tutto e abbandonare definitivamente il progetto.
 
 
 *
 
 
21 gennaio 2015, New York City
 
Diciotto anni non erano serviti a cancellare quell’ impulso post-adolescenziale e a tratti sembrava persino che ce l’avessero messa tutta per rafforzarlo, anche se gli eventi sembravano andare sempre nella direzione opposta.
Quei primi giorni del ’97 Axel li ricordava confusi, caotici, privi di quell’abitudinaria realtà che aveva sempre vissuto. Allora non ci aveva prestato molta attenzione, ma adesso percepiva in modo perfettamente chiaro quanto ogni piccolo evento di quei giorni, persino il più insignificante, gli stesse a poco a poco facendo imboccare la strada che lo aveva condotto dove si trovava adesso.
I capelli rossi di Jenna, quel pacchetto di Lucky Strike, l’invito a un concerto che aveva deciso di ignorare; i primi bozzetti di Dark Sirio e il concorso indetto dalla C.A.M., quello che gli aveva reso la vita un piccolo paradiso alimentato dalle fiamme dell’inferno.
«Non posso credere che frequentiamo lo stesso istituto, com’è possibile che non ci siamo mai incrociati?»
La voce di Jake aveva sempre lo stesso suono quando la necessità di ricordarla superava la voglia di dimenticarla per sempre. Era allegra, scanzonata e sempre piena di gentilezza, tutte qualità che erano aumentate quando si erano scoperti colleghi di università. Di quel momento Axel ricordava l’angoscia di essere riconosciuto come il commesso sfigato di un mini-market e di come Jake non sembrasse affatto sconvolto da quel particolare, ma semplicemente lieto di averlo incontrato.
Se solo fosse stata una persona più attenta, perspicace, avrebbe colto subito tutti i segnali che Jake aveva lanciato involontariamente nell’inconscia speranza che qualcuno potesse comprenderli, ma già in quel momento, intorno a loro, la forza di gravità era talmente potente che Axel non aveva avuto il tempo di rendersi conto che ad attenderlo all’orizzonte c’era qualcosa di molto diverso da ciò che immaginava.

 
 
 
______
 
 
Note:
1. La NPR (National Public Radio) è un ente indipendente americano che realizza programmi radiofonici trasmessi a livello nazionale.
 

 
 
 
 
NdA
Buonassssera :D
Con un po’ di ritardo, ecco il salto nel passato che vi avevo anticipato. Questi flashback continueranno ad essere presenti nella storia, ma non in maniera eccessiva perché ho l’impressione che spezzino un po’ troppo la narrazione, anche se in alcuni casi (molto più avanti) saranno fondamentali u.u
 
Come al solito, oltre a ringraziare la mia beta _Lightning_, ringrazio voi che passate di qui a leggere e a commentare <3
Purtroppo – o per fortuna – ho ripreso a lavorare, quindi gli aggiornamenti non saranno sempre puntuali, anche se mi sto sforzando a inserirli tra un impegno e l’altro…ma arriveranno sempre, questo ve lo garantisco :D
 
Un saluto e alla prossima,
 
_Atlas_
 

 
 
 
 
   
 
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