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Autore: Paridoso1    22/06/2020    0 recensioni
Pensate originariamente come storia singola, le Cronache raccontano del vaggio attraverso le dieci Ere di Loren e i suoi compagni alla ricerca di dieci leggendari artefatti che sarebbero in grado di cambiare il passato.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Josse, o La guardia del corpo in cerca di avventure


Tavish irruppe nel laboratorio indossando nervosamente il camice. Si era scordato di indossare i guanti e non aveva avuto il tempo di cercare una maschera protettiva, optando quindi per un paio di inaffidabili occhiali affumicati. Era di cattivo umore: si era svegliato troppo tardi, aveva dovuto correre per arrivare in tempo e nel farlo era caduto di faccia nel fango fresco. Il soggetto avrebbe fatto meglio a prestarsi agli esperimenti, altrimenti… già, altrimenti cosa? L’uomo con il corpo meccanico sembrava impervio al dolore, se non nelle ben poche parti umane, ed anche in quel caso aveva dimostrato una resistenza straordinaria alle classiche torture basate sul dolore. Tra l’altro, pareva incapace di provare fame, sete e sonno.

Collegato mediante una moltitudine di tubi metallici, ganci e cinghie improvvisate all’apparato principale, il Soggetto Tredici sembrava quasi sospeso all’interno del macchinario, pur essendo tenuto ben saldo dallo stesso. Tavish non si capacitava di come riuscisse ad apparire così rilassato anche dopo mesi di quella routine: al suo posto sarebbe impazzito dopo un solo giorno. Stava per impazzire lui stesso, ed era lui ad eseguire gli esperimenti! No, si disse, non devo simpatizzare con il soggetto. Era per quello che gli avevano assegnato un numero, benché avesse insistito fino allo sfinimento per sceglierselo lui.

-Dottor White, è in ritardo. - rise il soggetto, accortosi della presenza di Tavish.

-Non sfottere, Tredici. Stamattina facciamo i controlli di rito e poi una prova sotto stress. -

Era la seconda quella settimana, gli scienziati stavano davvero perdendo la pazienza. O forse era solo Tavish.

Lo scienziato armeggiò con un pannello di controllo, e l’impressionante macchinario si mise in moto in una danza di pistoni ed ingranaggi, forzando i giunti metallici che componevano lo scheletro del soggetto a movimenti repentini ed innaturali volti a trovare un modo per aprire il duro guscio meccanico dell’uomo e carpirne i segreti. Il Soggetto Tredici sembrò addormentarsi, cosa che destò l’ira del ricercatore il quale aumentò l’intensità degli stimoli al massimo. Non ottenendo una risposta soddisfacente, Tavish White si diresse, sconfitto e inviperito, verso la dispensa per farsi un tè.

 

 

-Penso proprio che dovrò ricredermi, signorina… -

-Toosa. Mi chiami Toosa, la prego. -

Claire si sistemò vezzosamente una ciocca di capelli che le nascondeva l’occhio sinistro. Vista da fuori poteva sembrare una semplice, giovane inserviente sorridente, ma dentro di sé smaniava dalla voglia di urlare. Odiava quel nome, quella gonna, quella stupida acconciatura e tutto quello stupidissimo cerone per nascondere il suo occhio mancante, odiava quel maledetto periodo in cui si era ritrovata senza una guida, senza i suoi amici e senza saperne il perché.

La donna che era con lei, incurante dei suoi progetti di lasciare quell’epoca misogina dando fuoco a più cose possibile, ricambiò il suo sorriso e annuì entusiasta.

-Bene, anzi, benissimo. Direi che può considerarsi assunta, e può cominciare anche subito. -

Ovviamente Claire non si sentiva portata per fare la domestica - era il capitano di una fottutissima nave, per l’amor del cielo! - ma almeno una vita passata sul filo dell’illegalità le aveva insegnato qualche trucchetto… tra cui falsificare qualsiasi tipo di documento, comprese le esagerate referenze di nobili, organizzazioni e ricchi privati che l’avevano fatta arrivare al servizio del re di Castilion. La Prima Cameriera la condusse attraverso una serie di corridoi secondari brulicanti di servitori, fino ad una specie di magazzino colmo di casse di legno contenenti ogni tipo di merce.

-Qui è dove teniamo la merce che ci arriva come tributo dai vassalli confinanti. Dopo che avrai fatto l’inventario- la Prima Cameriera indicò un piccolo banco con un calamaio -porterai la lista al capo consigliere e ti farai consegnare un nuovo incarico.

Una volta finito di dare gli ordini la Prima Cameriera si allontanò sorridendo, e Claire rimase da sola con quell’enorme numero di casse da catalogare. Dovevano venire da una delle città marittime protette da Castilion, dato che la maggior parte era piena di pesce conservato. Chi cavolo avrebbe consumato quelle dieci tonnellate di sgombro sotto sale? E le sei di aringhe affumicate? E ancora, perché c’era un gigantesco pesce luna impagliato?

Già dopo due ore di lavoro, Claire voleva mettersi le mani nei capelli. Non solo si era rivelato un incarico più difficile del previsto, ma aveva anche decisamente sottostimato la quantità di articoli da catalogare. Stava passando febbrilmente in rassegna le casse restanti per decidere cosa farne quando un oggetto in particolare attirò la sua attenzione: abbandonato in un angolo della stanza giaceva, coperto di polvere e ragnatele, il carapace di un gigantesco granchio di un arancione brillante, grande quanto un uomo e con un’unica chela lunga quasi due metri. Più Claire lo guardava, più si chiedeva come diavolo aveva fatto a non accorgersene fino a quel momento.

Incuriosita dal misterioso crostaceo, Claire vi si avvicinò cautamente, scavalcando una cassa qui e un barile lì. Man mano che attraversava la stanza, la ragazza si sentiva sempre più attirata dall’animale, come se la stesse attirando a lui. Negli ultimi metri, a questa sensazione si aggiunse un formicolio nella sua orbita sinistra che si accentuava man mano che si avvicinava all’enorme granchio, placandosi invece mentre si allontanava.

-Cosa cazzo sei, tu?- mormorò Claire, chinandosi per osservare meglio il crostaceo. Chiaramente non si aspettava una risposta. Ma la ebbe comunque.

-Un amico.- fece il granchio. La sua bocca non si era mossa, ma quando Claire saltò via per la sorpresa e il terrore, fu la gigantesca chela a muoversi verso di lei, schioccando nel tentativo fallito di acchiapparla al volo.

Claire osservò incredula mentre il carapace del granchio si contraeva e si sollevava e degli spasmi ripetuti sfiguravano l’animale, finché non si trovò di fronte un alto uomo dai corti capelli biondi, vestito di tutto punto e con il braccio destro sostituito dalla mostruosa chela.

-Sembra che ovunque vada finisca sempre per incontrarti, Claire.- Osservò Mikahil.

 

 

-Allora, ingegnere? Come andiamo?-

Josse si sedette su un tavolo, osservando incuriosito Richard al lavoro. Fosse stato per lui, avrebbe strappato direttamente quel mezzo cadavere via dalla macchina ma, a quanto gli aveva detto il suo complice, fare ciò avrebbe significato tutto tranne aiutare il famoso Soggetto Tredici a fuggire.

-Male, Josse. Qualcosa non mi torna.-

Richard osservò il macchinario che imprigionava il Soggetto. Se un meccanico avesse deciso di comporre un’opera di arte astratta, il risultato forse si sarebbe potuto avvicinare a ciò che i due avevano davanti. Mentre armeggiava con il pannello di controllo, l’ormai ex pilota cercò di ipotizzare come potesse funzionare una macchina del genere in un’epoca dotata di una tecnologia così poco avanzata da trasformare il Kostchtchie in un’inutile macchina volante di legno e tela: tutto quel marchingegno richiedeva decisamente troppa energia per funzionare, e senza una fonte energetica comparabile almeno al carbone non avrebbe potuto rimanere accesa neanche per un secondo. Eppure, quando abbassò una leva contrassegnata da una cordicella rossa, qualcosa si mosse all’interno del meccanismo, e il corpo del Soggetto Tredici si contrasse per un attimo. Adesso la macchina era accesa, ed emetteva un sonoro ronzio dall’interno mentre un’enorme quantità di bielle metteva in movimento una serie di ingranaggi con chissà quale funzione. Richard si voltò brevemente verso Josse e gli intimò -Controlla che non ci sia nessuno.- prima di tornare ad analizzare il macchinario.

Rassegnato per l’ennesima volta davanti alla dedizione maniacale del suo compagno di lavoro per le macchine, Josse smontò con slancio dal tavolo e si diresse con ostentata noncuranza verso la porta del laboratorio. -Do un’occhiata per i corridoi.-, annunciò, ed appena sentì l’altro accennare un distratto “va bene” afferrò la sua lanterna e si avviò verso lo stretto passaggio che collegava i vari laboratori.

 

Onestamente, a Josse non importava molto di venire scoperto. Non appena fu sicuro che l’ingegnere non potesse sentirlo, si mise a canticchiare tra sé e sé. Guardie? Che venissero pure: al contrario di Richard, era ben preparato a mettere al tappeto tre o quattro uomini, anche senza l’aiuto di quelle macchine meravigliose di cui l’altro raccontava sempre con aria sognante. Gli sarebbe piaciuto vederne una, però: un’armatura alta più di cinquanta metri, in movimento e completamente al comando di un singolo uomo seduto nell’elmo, sarebbe certamente stato qualcosa da raccontare alle feste.

Mentre Josse fantasticava di guidare un mech dell’Ottava Era, la sua attenzione fu catturata da un rumore proveniente da dietro una svolta del corridoio: dei passi. Si trattava di più guardie, probabilmente due. Avevano almeno una lanterna con loro, dato che subito dopo i passi arrivò un vago bagliore traballante. Josse si preparò ad accoglierli spegnendo la sua ed acquattandosi contro il muro, pronto a colpire. L’attesa del bersaglio era sempre la parte più delicata, dato che un solo attimo di anticipo o di ritardo poteva rovinare tutto, ma anche la più interessante: per esempio, osservando le due guardie – era sempre contento quando riusciva ad indovinare – aveva potuto notare che una zoppicava leggermente, e che il ridicolo taglio di capelli dell’altro uomo, che se ne stava lamentando col suo collega, era dovuto ad un litigio con il barbiere. Magari non si trattava di informazioni importantissime, ma era comunque divertente raccogliere questi stralci di vita altrui.

Non appena le due guardie furono a meno di un braccio da lui, Josse entrò in azione. Il primo colpo fu alla gola, portato con il taglio delle mani per zittire entrambe le sentinelle. Il secondo fu un colpo ai piedi, con un movimento circolare mirato a far cadere quello zoppicante su quello dai capelli orrendi. Il terzo e il quarto furono infine diretti alla nuca dei due, per metterli fuori combattimento velocemente e senza troppo rumore.

Il quinto colpo fu il quadrello di una balestra, mirato perfettamente al collo di una guardia, la quale era riuscita a rialzarsi e minacciava di colpire Josse. Perfetto, si disse l’uomo, un lavoro pulito. Peccato che non si fosse portato nessuna balestra. Guardando nella direzione da cui era arrivato il proiettile, riuscì a scorgere una figura incappucciata nell’atto di correre a nascondersi, trascinando con sé una balestra decisamente troppo pesante per la sua statura mingherlina. Un aiuto inaspettato, certo, ma decisamente ben accetto. Sempre che il misterioso figuro non stesse invece mirando a Josse. Il mercenario rabbrividì, ma poi si disse che, dato il colpo così preciso, era poco probabile che fosse qui per lui. Tanto valeva ringraziare. Facendo il più possibile attenzione a non far rumore, corse verso il suo salvatore per trovare soltanto una balestra ed una faretra abbandonate sul pavimento. La faretra era vuota: possibile che l’individuo avesse avuto a disposizione un colpo solo?

Seguendo i corridoi, Josse sentì di starsi avvicinando man mano al suo obbiettivo. Da come ansimava correndo sembrava una donna, una ragazza probabilmente, non particolarmente abituata a correre a lungo. Dopo un’ultima svolta il rumore cessò del tutto, e Josse si ritrovò con un pugno di mosche in un vicolo cieco. Eppure aveva studiato molto bene le planimetrie fino a qualche giorno prima, com’era possibile che fosse sparita in quel modo? Dopo aver indagato per un po’, mettendo a soqquadro il cubicolo a cui era arrivato e scrutandone ogni angolo e perfino il soffitto. Inquietato, decise infine di raggiungere Richard per fare rapporto. Qualcosa gli puzzava, e non solo in senso figurato: in quello stanzino c’era un persistente odore di frutti di mare andati a male.

 

Quando Josse tornò dal suo strano inseguimento, Richard giaceva seduto in una pozza di liquido giallastro e oleoso. Sembrava sfinito, e attorno a lui erano sparpagliati ovunque pezzi del marchingegno che era servito a contenere il Soggetto Tredici. L’uomo con parti del corpo di legno se ne stava accasciato per terra, appoggiato sgraziatamente a un muro e riverso sulle gambe, come senza vita. In tutto il laboratorio aleggiava un odore pungente e nauseabondo.

-Cosa mi sono perso?- chiese Josse. Era abituato ritrovare Ricahrd in situazioni assurde quando si parlava di ingegneria, soprattutto quando cercava di replicare una delle sue macchine.

-Vedi questa?- gli rispose -Questa è benzina. Puoi farci fior di soldi, con questa e i miei disegni. Quanto a me, credo proprio che mi ritirerò.- Richard emise un gemito. Sembrava sfinito. -Non vedo l’ora di andarmene da qui. Dammi una mano ad alzarmi, poi prendi la fialetta che ti ho dato e versala in gola a quell’idiota.-

Mentre Josse lo aiutava a rialzarsi, Richard non poté fare a meno di chiedersi perché, se gli abitanti di quell’Era conoscessero la benzina, la loro tecnologia fosse così primitiva, almeno al di fuori di quel laboratorio infernale. Dannazione, il Kostchtchie sarebbe potuto diventare un veicolo a benzina, e la cosa gli avrebbe risparmiato un sacco di tempo. Per non parlare di Loren: come cavolo si era conciato? Era legno, quello?

-Giusto per curiosità, boss,- chiese Josse, stappando la fiala che Richard gli aveva dato quella mattina -cosa c’è qua dentro? Ha un odore familiare.-

-Grappa. - rispose secco Richard. -Bada bene che la beva tutta.-

Josse obbedì senza discutere. Se doveva far bere l’uomo di legno, allora avrebbe fatto bere l’uomo di legno, anche solo per vedere cosa sarebbe successo. Chissà, magari ci sarebbe stato da divertirsi. Una volta vuotata la provetta, Richard si caricò Loren in spalla e i due si avviarono fuori dal laboratorio.

 

 

Era sera, e Claire si godeva la fresca brezza della sera che entrava dalla piccola finestra della sua stanza. Da quando era stata nominata capo-cameriera aveva più libertà, ma non riusciva a godersele davvero data l’enorme responsabilità che la carica comportava, quindi quel piccolo momento solo per lei le sembrava quasi un sogno. Un sogno dalla quale fu malamente destata da un pungente odore di salsedine e alghe proveniente dalla finestra, accompagnato dalla voce calma di Mikahil che la salutava.

-È già passata una settimana?- chiese Claire, scocciata. Non le dispiaceva ricevere quelle visite, ma la giornata era stata particolarmente estenuante e voleva soltanto riposarsi. -E dov’è la tua amica?- aggiunse.

-La sua assenza è parte delle notizie che ti porto. Notizie spettacolari, direi.- iniziò Mikahil, dondolandosi da seduto sul davanzale. -Non siamo gli unici ad esserci messi all’opera. Ho trovato Richard.-

Claire rimase a bocca aperta per la sorpresa. Richard! Finalmente aveva notizie di uno dei suoi amici, dopo più di un anno di separazione!

-E non è tutto, oh no. Richard ha trovato Loren.-

Claire si sentì le gambe deboli, e fece appena in tempo a sedersi sul letto. Calde lacrime di gioia le riempirono gli occhi mentre si abbandonava a un pianto liberatorio, pensando che presto si sarebbe ricongiunta ai suoi unici amici in quel mondo schifoso.

-Nem è andata ad aiutare Richard a recuperare il vostro amico infiammabile.- riprese Mikahil -Pare che sia tenuto prigioniero in uno stato confinante.-

Claire voleva quasi abbracciare Mikahil per la gioia: ora non restava che ritrovare la Reliquia della Quarta Era, e finalmente sarebbero potuti andarsene. Si ritrovò ad aggrapparsi al letto per combattere l’impulso di mettersi a ballare.

L’uomo crostaceo fece per andarsene, lanciandosi dalla finestra, e quando Claire si azzardò a guardare di sotto non vide altro che una grossa macchia d’acqua sul piazzale esterno. Bene, si disse. Sarà meglio che mi metta all’opera anche io.

 

 

Erano ormai passati due mesi dall’ultima visita di Nem. A quanto pare, Mikahil aveva perso di vista Richard e Loren e, dopo essersi ritirato a lavorare ad un processo personale, aveva tagliato quasi del tutto i contatti con Claire, dapprima mandando solo Nem a conferire con lei, e poi privandole anche quelle brevi ma sollevanti visite. Come se non bastasse, aver trovato la reliquia – e in un luogo conveniente come gli archivi personali del re, a cui poteva avere accesso in ogni momento – non stava aiutando per niente: quel raccoglitore pieno di fogli scritti, tabelle e disegni era custodito da almeno dieci guardie in ogni momento tranne quando, ogni festa del primo giorno d’estate, veniva messo in mostra in una sala del palazzo reale. La sua idea era, una volta radunati i suoi amici, penetrare negli archivi e recuperare insieme la reliquia, ma da sola era sicura che non ce l’avrebbe fatta. Doveva giocare d’astuzia: così le era venuta l’idea di agire durante la festa, che si sarebbe tenuta a giorni, nascondere la reliquia e procedere a cercare i suoi amici dopo essersi nascosta per un po’, in modo tale da far calmare le acque.

Quando il giorno della festa arrivò, tuttavia, il suo piano sembrò crollare ancora prima di poter essere messo in azione. Al contrario dell’anno precedente, i fogli non erano esposti in una camera dedicata, ma sotto gli occhi di tutti nel bel mezzo della sala grande, custodita da un drappello di guardie. Impossibilitata a rubare il raccoglitore e fuggire di nascosto, Claire si rassegnò a vagare tra la folla, trasportando vivande e bibite ai nobili invitati.

 

Durante il servizio del primo giorno d’estate, Claire si sorprese a fissare in più occasioni un ospite in particolare, un uomo alto e longilineo dal volto coperto con una maschera. Non era l’unico ad averne una, dato che portarla alle feste era diventata abbastanza recentemente un qualche tipo di moda, ma in ogni caso risaltava per il suo comportamento, decisamente poco a suo agio in quell’ambiente. Quando le si avvicinò, Claire si convinse di aver scocciato l’ennesimo nobile e si preparò al conseguente rimprovero, ma con grande sorpresa l’uomo le chiese semplicemente -Sarebbero quelli i famosi Piani per il Futuro?-, indicando il piedistallo al centro della stanza.

-Così si dice, mio buon signore.- rispose Claire, nel tono sottomesso che da quanto aveva imparato piaceva tanto ai nobili.

-Molto bene. Mi faresti compagnia mentre li studio?-

-Non credo di…- cominciò Claire, ma l’uomo la fermò. -Non c’è problema,- le disse -puoi prenderti una pausa.-

Detto questo, l’uomo la prese per mano e la portò al perimetro delimitato da guardie attorno alla reliquia quasi trascinandola. Terrorizzata, Claire non poté che seguirlo.

Una volta arrivati, l’uomo si sistemò la maschera e si rivolse di nuovo verso Claire.

-Spero di non averti spaventata troppo.- fece. -Claire, giusto?-

Sempre più confusa, la ragazza si rese presto conto di essere circondata da un gruppo di quattro persone mascherate, tutte vestite in ampie tuniche e con dei cappucci tirati sulla testa. I loschi figuri rimasero silenziosi per un attimo, poi uno parlò. Si trattava della figura più bassa, probabilmente una donna.

-Pronta ad andartene, Claire?- le chiese. Claire riconobbe subito la voce squillante di Nem.

-Non so cosa cazzo stia succedendo,- cominciò Claire -ma se posso fare qualcosa, dimmi solo cosa e quando.-

-Lancia un paio di queste sulle guardie.- le rispose l’uomo che l’aveva portata fin lì, passandole alcune fialette. -Ora.-

Claire e tutti i figuri mascherati scagliarono una grandinata di fialette addosso alle guardie e alla base del piedistallo sul quale erano esposti i Piani, creando rapidamente una nube di fumo denso e acre che ricoprì una buona porzione del salone. Uno degli uomini mascherati, il più alto del gruppo, si tolse la maschera rivelando un volto composto di carne e legno. Claire sussultò: solo una persona, che lei sapesse, poteva avere un aspetto simile. I suoi sospetti furono confermati quando l’individuo generò una fiammella dalla bocca, che fece esplodere il fumo proveniente dalle fialette mandando al tappeto le guardie e generando ancora più commozione nella sala. La maggior parte dei nobili era ora impegnata a cercare di fuggire in qualche modo, rendendo molto difficile l’arrivo di altri membri della guardia reale.

-Sono contento di rivederti, Claire.- salutò l’uomo. Ora Claire era definitivamente certa di star parlando con Loren. Quindi uno degli altri doveva essere…

-Richard!- chiamò la Guida -Tra quando arriva?-

Da dietro la maschera, Richard contò alla rovescia ad alta voce. Tre… due… uno…

allo zero, un ornitottero sfondò una finestra, piombando nella sala e atterrando di fronte al gruppo. Stranamente, nonostante la caduta non sembrava essersi minimamente rovinato, nemmeno le sottili membrane di stoffa che componevano le ali. Alla coda della macchina volante era stato legato un enorme striscione figurante la scritta “LOREN”, anch’esso intonso.

-Direi che ci siamo tutti.- esortì Richard togliendosi la maschera. -Josse, sei sicuro di volerlo fare?-

L’uomo che aveva trascinato Claire si tolse il suo travestimento, rivelando il volto di un giovane di bell’aspetto. -Sicuro come la morte, Rick.-

-Dammi la mano, allora.- lo istruì Richard, e poi porse la mano a Claire. La ragazza la strinse, e fece lo stesso con Loren. Con sua grande sorpresa, notò che quest’ultimo stava tenendo Nem per il polso.

Quando tutti furono finalmente a contatto, si avvicinarono al piedistallo e, mentre Claire si lasciava andare a una risata liberatoria, Josse afferrò la reliquia.

   
 
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