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Autore: _Cthylla_    22/06/2020    1 recensioni
“Tutto lascia una traccia e ha la sua importanza”, soprattutto le piccole cose in una relazione a due.
Raccolta che verrà aggiornata nei momenti di “noia”, probabilmente destinata a restare incompiuta. Verranno mostrati momenti casuali della relazione tra Nickel, alias la minicon della Decepticon Justice Division, e il mio OC Bustin, il tutto ambientato prima della distruzione della colonia di Prion (il posto dove Nickel è nata e cresciuta).
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nickel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Carpe Diem
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



«Cosa cazzo prende adesso a questo coso?!» sbottò Nickel, guardando sconfortata la schermata blu del suo datapad munito di tastiera olografica.
 
La povera minicon iniziò a scuotere il dispositivo sperando in un miracolo che risolvesse il suo problema. Era andato tutto benissimo durante le lezioni del mattino, ma adesso che aveva riacceso il datapad per studiare i suoi testi e i suoi appunti sui tessuti connettivi tecnorganici -oltre ad approfondirli con varie ricerche così da ottenere un buon voto all’esame che avrebbe dovuto dare a giorni- riusciva a vedere solo la dannata schermata blu, per quante volte avesse provato a spegnere e riaccendere.
 
Sempre più sconsolata, poggiò la testa sopra il datapad con uno sbuffo. Si trovava in un luogo pubblico, per la precisione nel bar di quello che in termini terrestri sarebbe stato un grande campus universitario, ma non si curava di nascondere la frustrazione: quel tavolino ormai le era diventato familiare quanto la sua stanzetta singola nel dormitorio, e comunque era normale veder aggirarsi nel campus persone infinitamente più isteriche di quanto lei fosse mai stata.
 
Sentì qualcuno schiarirsi la voce a pochissima distanza da lei.
 
«A volte i datapad fanno scherzi poco simpatici, ne so qualcosa anche io».
 
Dopo aver aggrottato un attimo la fronte, Nickel sollevò rapidamente la testa dal tavolo e alzò lo sguardo, trovandosi a incrociare i due candidi ovali fatti interamente di pixel che erano al posto dei sensori ottici del suo interlocutore; un dettaglio bizzarro, al punto che impiegò qualche istante prima di riuscire a distogliere le ottiche e vedere il resto.
Di altezza considerevole, accentuata dalla postura dritta di spalle e schiena, il minicon che le aveva parlato presentava un design carino, estremamente semplice e perlopiù rotondeggiante. Il corpo bianco era parzialmente coperto dal grembiule con il logo del bar e, mentre un braccio era ripiegato dietro la schiena, l’altro sorreggeva un vassoio con sopra il cubo di energon liscio che lei aveva ordinato poco prima. Nickel notò solo di sfuggita la targhetta - recitava “Bustin”- appuntata al lato sinistro del grembiule, perché in breve tempo la sua attenzione venne catturata nuovamente dal volto, che comprese essere del tutto celato da una maschera. Ciononostante non era inespressivo, anzi, grazie ai pixel le stava sorridendo.
 
«Credo che il caso peggiore che ho visto sia stato quello di un pad “finito in mano a delle scimmie elettriche che lo hanno usato per andare in siti sadomaso discutibili”: mai visti tanti virus in un solo sistema. Dovevano essere bestiole davvero terribili... o una scusa pessima» proseguì il minicon, poggiando sul tavolino un tovagliolo di carta e poi il cubo di energon.
 
«Probabilmente era la seconda» disse Nickel, con la sensazione che la lingua si fosse mossa prima di interpellare il suo processore «A meno che le scimmie elettriche si stiano segretamente organizzando per conquistare Prion a colpi di frustino e astronavi ignoranti e cercassero ispiraz… ma che sto dicendo?!» esclamò, coprendosi il viso con una mano mentre Bustin rideva di gusto «Ignorami, è lo stress da esame imminente, non so quello che-»
 
«Questa cosa delle scimmie malvagie armate di frustino va dritta nel prossimo capitolo della mia fanfiction su Wallop Prion Ranger, te lo dico».
 
«Fanfiction su Wallop? Sei serio?!» esclamò Nickel, sgranando le ottiche.
 
Quella conversazione era diventata abbastanza strana, eppure non aveva voglia di concluderla e anzi, dopo l’impatto iniziale si sentiva curiosamente più a suo agio di quanto avrebbe dovuto sentirsi nel parlare di scimmie sadomaso e fanfiction con un semi sconosciuto in un luogo pubblico.
 
«Ha una trentina di recensioni a capitolo» annuì Bustin «Si chiama “Le nuove avventure di Wallop”, la trovi facilmente in rete».
 
«Col titolo non hai avuto molta fantasia ma se il tono della storia permette di infilare le scimmie hai compensato con la trama, immagino» commentò Nickel «Quindi… se ho capito bene tu forse sai sistemare questo coso?» domandò a Bustin indicando il datapad «Sei nella facoltà di tecnica?»
 
«Quinto livello su sette» confermò lui «Tu?»
 
«Secondo livello di medicina».
 
«Capisco. Quella è bella tosta, la maggioranza di studenti stressati che capitano qui ha un esame di medicina in ballo».
 
«Come me tra pochi giorni, e il mio pad si è rimbecillito» sbuffò Nickel «Ora immagino che farai uno dei vostri strani numeri da tecnici inaccessibili ai comuni mortali?»
 
Parole che erano uscite fuori in modo molto più acido di quanto avrebbe voluto, e se ne rammaricò un po’: nonostante il mettersi in mostra degli studenti di tecnica fosse una tendenza reale -e abbastanza fastidiosa- all’interno del campus, l’atteggiamento di Bustin non era stato da “spostati e lascia fare al genio”.
 
“Per fortuna però non sembra essersela presa… anche se forse in realtà da sotto la maschera mi sta guardando malissimo” pensò la minicon.
 
«Credo che sia sufficiente dirti di spegnere il datapad, rimuovere il disco di archiviazione esterna che noto essere inserito e poi riaccenderlo» disse lui, con perfetta calma, per poi attendere che lei seguisse quelle semplici istruzioni «Questo modello ha un difetto di fabbrica che, se c’è un supporto esterno inserito, lo porta a cercare il sistema operativo nel momento dell’accensione, solo che il sistema operativo nel supporto esterno non c’è, dunque dà la schermata blu di errore. Non è niente di grave, perché non succeda più basta ricordarsi di inserire l’archiviazione esterna dopo aver acceso il datapad».
 
«O cambiare datapad direttamente» aggiunse Nickel, osservando lo schermo del dispositivo che era tornato a essere perfettamente funzionante.
 
Bustin fece una breve risata. «Anche, ma forse è un po’drastico».
 
«Sì. Già. Grazie per l’aiuto» disse la minicon «Non ero sicura che avresti… sai, dopo ciò che ho detto prima su quelli di tecnica…»
 
«La tendenza a mettersi in mostra ce l’hanno in tanti, è la verità. Io comunque ho pensato che dicendoti come risolvere il problema ti avrei lasciato qualcosa di più concreto rispetto a uno “U-A-U! Chissà come ha fatto”. Se mai dovesse servirti una mano in futuro, tieni a mente che da oggi sarò sempre di turno a quest’ora. Prima ero qui di sera».
 
“Ecco perché non l’avevo mai visto” comprese Nickel. «Anch’io. Ehm. Non nel senso che sono di turno qui, nel senso che a quest’ora sono sempre qui anche io, di solito per studiare».
 
«Quindi ti vedrò spesso. Ne sono felice, ragazza di cui non conosco ancora il nome!»
 
«Nickel».
 
«Nickel» ripeté il minicon «Adesso so che nome devo mettere nelle note dell’autore del prossimo capitolo. Per l’idea delle scimmie, sai».
 
«NO! No, non c’è bisogno, te la regalo, davvero… e non ridere!» esclamò, restando inascoltata.
 
«Va bene, diventerai famosa un’altra volta. Se serve qualcosa chiamami, Nickel» concluse lui «Il cartellino col nome l’hai letto».
 
“Direi che abbia notato che l’ho squadrato da capo a piedi” pensò la minicon. «Va bene» disse, osservandolo girare sui tacchi per tornare verso il bancone «… una volta finito il turno che programmi hai?»
 
Ancora una volta la lingua era partita da sola ma, contrariamente a prima, in quel caso scoprì che il suo processore era del tutto d’accordo. In fin dei conti perché non avrebbe dovuto? Il design della corazza di Bustin era carino e lui sembrava un tipo particolare, dunque non c’era niente di male a cogliere l’attimo e chiedergli di uscire: era un semi sconosciuto, ma uscire serviva proprio per conoscersi.
Se poi lui avesse detto di no, pace… ma il modo in cui si era comportato le faceva dubitare che la risposta sarebbe potuta essere negativa.
 
«Nulla di cui non possa fare a meno» disse infatti Bustin «Stacco tra un paio d’ore».
 
«E io me ne sarei andata tra un paio d’ore una volta finito qui» sorrise Nickel, indicando il datapad.
 
«Perfetto direi!»
 
Rimasti d’accordo così, Nickel poté iniziare a concentrarsi sui tessuti connettivi tecnorganici mentre beveva dal cubo di energon con una lunga cannuccia. Le due ore passarono molto in fretta, talmente in fretta che le parve che fossero passati solo venti minuti. A volte il tempo diventava proprio una cosa strana.
 
Uscirono fuori dal locale insieme, e Nickel concluse che fosse carino anche senza il grembiule. «Pensavo di fare una passeggiata…»
 
«Va benissimo» sorrise Bustin.
 
«Non so se lo sai ma in una strada qui vicino c’è un chiosco che serve energon all’azoto liquido, è buonissimo, potremmo passare da lì se… ehi» Nickel aggrottò la fronte «Che succede?»
 
Fino a un istante prima il rumore del chiacchiericcio li aveva circondati, ma adesso attorno a loro era calato un silenzio tombale, e le persone sembravano essersi immobilizzate, cristallizzate nelle azioni che stavano compiendo appena prima che tutto si fermasse.

Da familiari che erano, i volti dei minicon che Nickel riusciva a scorgere si stavano trasformando, diventando sempre più grotteschi al punto di somigliare a una maschera di loro stessi; strade che conosceva a menadito si distorsero e si riempirono di ombre scure, le luci artificiali iniziarono a lampeggiare velocemente e gli edifici ad alzarsi e incurvarsi, incombendo su tutti loro, mentre i colori di tutto l’ambiente circostante degradavano nello loro versioni più marce e disgustose.
 
«Bustin, lo vedi anche tu?!...» esclamò, voltandosi verso di lui e toccandogli un braccio «Bus-»
 
Il braccio di Bustin cadde a terra con un rumore sordo, e di seguito il resto del corpo del minicon iniziò a tremolare per poi andare a pezzi. A quel punto lei lo vide chiaramente: le parti più grandi dei resti dell’altro minicon erano fatte dello stesso materiale di cui erano fatti certi giocattoli e bambole particolarmente realistiche.
L’ultima cosa a cadere fu la testa, che rotolò andando a cozzare contro un piede di Nickel e fissandola con un sorriso vacuo sul visore rovinato da una crepa.
 
Nickel gridò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Nickel…»
 
«No, no, no-»
 
«Nickel?»
 
«NO!...»
 
Totalmente sveglia ma ancora perseguitata dalle immagini del suo incubo, Nickel si trovò seduta sul letto a tremare leggermente, con gli occhi sgranati dalla paura.
Stavolta, contrariamente a quando aveva sognato la creatura mostruosa, Bustin era vicino a lei e la guardava con aria preoccupata, ma la cosa la tranquillizzò solo fino a un certo punto.
 
«Tu sei vero, giusto?» riuscì a farfugliare «Non sei fatto di pezzi di bambola, giusto?»
 
«L’ultima volta che ho controllato era tutto normale» disse Bustin, accarezzandole la testa «Qualunque cosa tu abbia visto era solo un incubo».
 
«Era iniziato bene, ho rivissuto il nostro primo incontro esattamente com’è andato» raccontò Nickel, ancora agitata «Poi siamo usciti dal locale, stavamo per andare a fare la passeggiata e…»
 
Non aveva voglia di aggiungere altro, quindi si zittì e si strinse nelle coperte. Quando Bustin la abbracciò fu sollevata di sentire che effettivamente era fatto di metallo vero.
 
«Questo conferma quel che avevamo capito un bel po’di tempo fa: tu, gli horror appena prima di andare in ricarica, no» disse il minicon con semplicità.
 
«Con tutto quello che vedo in clinica è assurdo che mi facciano un effetto simile!» sospirò lei «Sono ridicola».
 
«Non sei ridicola, ognuno è fatto com’è fatto» affermò Bustin «Adesso che abbiamo avuto la conferma, sappiamo cosa è meglio evitare».
 
«Sì… direi» mormorò Nickel «Torniamo a dormire, o almeno a provarci. Per fortuna che ci sei tu e non sono da sola» si lasciò sfuggire addirittura.
 
«Sicura che sia una fortuna? Sono stato parte del tuo incubo».
 
Borbottando un “Non dire sciocchezze” convinto al cento per cento, Nickel si sdraiò e si raggomitolò contro di lui sulla cuccetta. Avrebbe impiegato un po’per tornare in ricarica ma era convinta che ci sarebbe riuscita: sapeva di essere al sicuro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Immagino abbiate che creduto che questo capitolo fosse senza stranezze. Consolatevi, fino a un certo punto ci ho creduto anche io, la mia intenzione era raccontare il loro primissimo incontro (cosa che effettivamente ho fatto) e basta, complice il fatto che la cronologia di questa storia sia svaccata (…ho davvero scritto svaccata?)
Solo che poi, che dire, eccoci.
 
Grazie a chi legge e a chi recensisce <3
   
 
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