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Autore: chemist    23/06/2020    0 recensioni
Un'interpretazione personale dell'approccio di Ted alla vita da anziano ed ai suoi intramontabili amori.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Robin Scherbatsky, Ted Mosby, Tracy McConnell
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The one that no longer is,
the one that was meant to be

 
Il lieve vento primaverile rendeva ancor più piacevole una passeggiata all’aria aperta che Ted Mosby, malgrado la destinazione verso cui si stava dirigendo, aveva già di per sé intrapreso col suo tipico, raggiante sorriso.
Col passare degli anni s’era convinto che fosse l’effetto di New York. Era orgoglioso della sua infanzia trascorsa in Ohio e più d’una volta, soprattutto ora che aveva una certa età, aveva riflettuto sull’ipotesi di tornarsene a Shaker Heights, la sua città nativa, quando i suoi figli avrebbero (inevitabilmente) deciso di andarsene per la loro strada; tuttavia la ‘Grande Mela’ era assolutamente speciale, brulicava di persone così diverse fra loro e possedeva una vitalità che continuava ad affascinarlo come negli anni della sua gioventù.
Si beò quindi della vista di una coppia di innamorati intenti a baciarsi con pudore, di un gruppo di ragazzini che giocavano nel parco e di un anziano signore che portava a spasso il proprio cane sul vicino marciapiede. Strinse un po' più forte il mazzo di fiori che aveva in mano.
Infine, giunse al cospetto della sua amata.
Paradossalmente la prima cosa che notò furono degli altri fiori al suo fianco, squallidamente appassiti: scosse la testa in segno di biasimo per chiunque avesse trascurato quell’errore e immediatamente sostituì i fiori secchi con quelli freschi che aveva appena comprato. Solo quando fu sicuro che intorno a loro fosse tutto perfetto, si voltò a guardarla.
“Sei bellissima come sempre” disse in un soffio, andando con la mano ad accarezzarle una guancia. Era piatta e fredda, ma non gli importava: era tutto ciò di cui avesse bisogno.
Di fronte a lui, la foto di una donna sorridente col viso da eterna bambina si stagliava su una grigia lapide, su cui era inciso:
Tracy McConnell, 1984 – 2024.
 
Ted si sedette a terra, incrociando le braccia sulle ginocchia, e un repentino acciacco alla schiena gli fece stringere i denti. Il soffocato verso di dolore però si tramutò ben presto in una risatina sommessa, quando rialzò gli occhi sull’immagine di sua moglie.
“Oh, scusami se non sono il massimo della prestanza fisica, ma sai com’è…ho 52 anni e mi fai venire a trovarti al cimitero!” si lamentò per scherzo, ovviamente senza ricevere alcuna risposta.
“Tranquilla, la colpa non è tua” specificò dopo, come se temesse di averla offesa. “Sono io che mi sto scervellando da giorni interi per progettare un nuovo edificio, restando fino a notte fonda chinato su fogli, matite e tutto il resto…è normale che la mia schiena ne risenta, dopotutto. È difficile dedicarsi anima e corpo alle proprie passioni, non è vero?” le domandò, asciugandosi ironicamente il sudore della fronte con il dorso della mano.
“Ti starai chiedendo dove sono Penny e Luke...non fraintenderli: loro ti amano tanto quanto ti amo io, e sarebbero venuti volentieri se non avessero avuto degli impegni importanti a scuola. Penny aveva un compito di matematica: continua a odiare quella materia e nei giorni scorsi mi ha chiesto di aiutarla a studiare…diciamo che ho fatto quel che ho potuto. Luke invece doveva giocare una partita di basket: lui non me lo dice, ma sospetto che abbia già un mucchio di ragazze che gli corrono alle calcagna, e credo che gli faccia bene fare un po' di sport, quel tanto che basta per non finire come il suo vecchio papà” ridacchiò.
Si accorse solo allora della gente che passava di lì e lo fissava in modo strano vedendolo parlare a una lapide.
“Beh? Che avete da guardare?” intimò loro, infastidito dal fatto che un semplice momento di raccoglimento con una persona cara che non c’è più dovesse per forza apparire come una follia. Essi si dileguarono, distogliendo l’attenzione e tornando alle proprie faccende.
“Scusali” sussurrò Ted a Tracy. “Loro non capiscono. Non capiranno mai”.
 
All’improvviso la sua espressione cambiò, passando da giocosa a desolata, e l’aria stessa sembrò farsi più pesante sopra di lui. Non si capacitava di come potesse succedere la stessa cosa anche dopo 6 anni, ma avvertì le guance infreddolirsi per le lacrime.
“Non capiranno mai tutto quello che ho dovuto passare prima di incontrare te. E non capiranno mai cosa significa averti perso proprio quando avevo finalmente creato una famiglia insieme a te”.
Nascose gli occhi dietro i palmi di entrambe le mani, consapevole che Tracy non avrebbe mai voluto rivederlo in quello stato.
“Questo non è giusto, amore mio. Sono stato immensamente fortunato ad averti avuta nella mia vita, eppure è durato così poco…”. Si fermò a riprendere fiato, sperando che potesse servire a rendere meno sfocata la vista e più regolare il battito del cuore.
“Io mi sento solo, Tracy. Tremendamente solo. E so che nessuno al mondo potrà mai colmare il vuoto che ho dentro, ma ti prego…” disse, mettendosi quasi ad implorarla per davvero, “…se potessi mandarmi un segno, solo un piccolo segno…sarebbe sufficiente a farmi sentire meno perso”.
Dopo di che si sporse in avanti, posando sulla foto di Tracy un breve ma emozionante bacio, e rimettendosi in piedi la salutò prima di andarsene:
“Sarai sempre la mia anima gemella, il mio magnifico ombrello giallo”.
Mentre faceva il percorso a ritroso per tornarsene a casa ed era ancora assorto nei ricordi, udì qualcuno chiamare il suo nome: “Ted!”.
Rialzò goffamente la testa, come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno, e poco più avanti, di fronte a lui, vide Robin.
Malgrado il leggero tremolio che ancora attraversava i suoi occhi, la accolse calorosamente.
“Quanto tempo, Scherbatsky”.
“Troppo, Mosby” concordò lei affabilmente.
“A tal proposito, mi sono chiesto per anni quando saresti tornata alla vaporosa capigliatura bionda alla Sparkles…invece eccoti qui, con un nuovo ma troppo poco appariscente taglio corto e un colore ancora più scuro che hanno prevalso sulla nostalgia del tuo look canadese” la sfotté. “Stai bene comunque, però”.
“Tu invece non sei cambiato affatto, Ted”.
Quanto avrebbe voluto che fosse vero…
 
Decise quindi di fare quattro passi con lei: non si vedevano quasi più, loro due e gli altri, e le rare occasioni in cui si beccavano in giro diventavano un pretesto per passare il maggior tempo possibile assieme, prima che le faccende della quotidianità tornassero a incombere e a separarli.
“E così il tuo tour mondiale è terminato” disse Ted, in riferimento a tutte le volte che il mestiere da giornalista l’aveva tenuta lontana da New York.
“Già, e credo che stavolta sia qualcosa di definitivo” rispose Robin. “Sai, viaggiare tanto e visitare paesi come l’Argentina o il Giappone, anche se per lavoro, è stato stupendo…ma a lungo andare diventa anche terribilmente stancante” spiegò. “Poco male, almeno mi ha fatto apprezzare maggiormente la bellezza di una vita più stabile. Penso proprio che non mi muoverò da New York per un bel po'!”.
La solita vocina nella testa di Ted (la stessa che 25 anni prima gli aveva fatto pronunciare un infelice ‘ti amo’ alla prima sera trascorsa con la donna che ora camminava con lui) gli suggerì che era giunto il momento delle domande imbarazzanti: “credi che se avessi preso la stessa decisione 14 anni fa avrebbe funzionato con Barney?”.
Robin deglutì, palesemente provata, e lo stesso Ted si rese conto, un secondo dopo, di quanto stupido fosse stato a rimettere in mezzo l’argomento.
“Non lo so, magari avrebbe funzionato ancora per qualche anno, ma sospetto che prima o poi sarebbe finita in ogni caso” rispose comunque lei, scrollando le spalle. “Ci abbiamo provato, ma nessuno dei due era seriamente disposto a cambiare, soprattutto Barney. Forse è meglio così: alla fine, l’unica cosa che l’ha fatto cambiare è stata una cosa che io non avrei mai potuto dargli”.
Ted afferrò subito il riferimento alla piccola Ellie, la figlioletta di Barney, e al fatto che Robin non poteva avere bambini. Le cinse dunque la schiena, in un gesto di conforto.
La donna scacciò via ogni malumore: “invece i tuoi figli? Come se la passano? Chissà quanto saranno cresciuti dall’ultima volta che li ho visti…”.
“Oh, loro se la passano bene. Penny è una che non le manda a dire, ma è una brava ragazza, e Luke…beh, lui è il solito ciclone, non sta mai fermo”. Rivolse lo sguardo al cielo e sospirò. “Hanno affrontato la perdita della mamma con una forza che non pensavo avessero…molta più di quanta ne ho io”.
Robin inclinò il capo: “Ted…non dire così”.
“Ero di ritorno dal cimitero. A volte ho paura di non riuscire più a sopportare la sua mancanza”. Dovette compiere uno sforzo immane per ricacciare indietro le lacrime.
L’amica non sapeva cosa dire, non era mai stata brava con le parole. In compenso lo abbracciò con tutta la forza che le rimaneva, massaggiandogli la nuca incurante dei passanti. Nonostante tutto, non riuscì a bloccare il rapido riaffiorare dei ricordi di quando, a pochi minuti dal matrimonio, chiese a quell’inguaribile romantico di scappare insieme a lei, o di quando qualche anno dopo, pur con tutta la gioia che il vederlo scherzare con Tracy le trasmetteva, confessò a Lily che si, forse anziché Barney avrebbe dovuto sposare proprio lui, perché solo lui avrebbe saputo renderla felice ogni giorno e fino alla fine dei suoi giorni.
Ted chiuse gli occhi e si abbandonò per un lungo istante fra le sue braccia, beandosi del profumo pungente dei suoi capelli fino a quando la stessa Robin lo ridestò.
“Guarda, Ted!” esclamò, puntando il dito verso la vetrina di fronte alla quale si erano fermati.
Era un ristorante, illuminato soffusamente da una luce a metà tra il naturale e l’artificiale, che metteva in risalto un buffo oggetto appeso al muro.
Un corno francese blu.
 
“Non mi ero accorta che ci trovassimo proprio qui!” aggiunse Robin, avvicinandosi al vetro per vedere meglio. In effetti, quante probabilità c’erano di sugellare un abbraccio esattamente in corrispondenza del luogo in cui era avvenuto il loro primo appuntamento? Pareva la chiusura di un enorme cerchio.
Ted rimase qualche passo indietro, a fissare quello strumento come se fosse stato una chiave che aveva aperto tante porte nella sua mente.
Poi la raggiunse, ricambiando il sorriso che lei le aveva rivolto per prima.
Forse il segno che aveva chiesto era arrivato davvero.
Mai smettere di crederci, Ted.
Nota finale dell’autore: salve a tutti! Era da un po' che volevo scrivere qualcosa sul fandom di How I Met Your Mother perché quando qualche mese fa (in colpevole ritardo, lo ammetto) ho finito la serie, ho trovato il finale molto umano per una serie che tante volte ha veicolato una visione quasi magica dell’amore, motivo per cui (a differenza della maggioranza dei fan) mi è piaciuto. Non posso dire di averlo amato (non quanto la storia nel suo intero), ma mi è piaciuto.
Inoltre, sebbene le minestre riscaldate risultino spesso fastidiose e sebbene adori sia Tracy che Barney, credo sinceramente che il mondo avesse bisogno di un personaggio come Ted Mosby, imprevedibile nella sua semplicità, arrendevole nella sua testardaggine. E credo anche che il suddetto mondo avesse bisogno che lui, per sempre fedele ai suoi sogni, riuscisse finalmente a conquistare la sua Robin.
Non ho molto altro da aggiungere: il racconto è molto lungo ed è stato inaspettatamente semplice scrivere la prima parte di questo testo ma tremendamente difficile scrivere la seconda. Spero comunque che la FF vi sia piaciuta e sarei felice di leggere una vostra recensione 😊
Alla prossima!
   
 
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