Serie TV > Altro - drama
Ricorda la storia  |      
Autore: Hi Ban    23/06/2020    0 recensioni
[Chicago Typewriter]
“Hai più possibilità di convincermi a pulire le tegole del tetto con uno spazzolino. E anche per quello di solito pago delle persone specializzate, perciò puoi immaginare quante poche ne abbia quella roba di essere letta da me” detto ciò fece un cenno quasi disgustato con il capo in direzione del plico di fogli che mezz’ora prima Jeon Seol aveva depositato sulla sua scrivania. Era aberrato dalla sola idea che una cosa del genere fosse nella stessa stanza con lui, figurarsi dover usare i suoi occhi per andare oltre l’indice. Quello che la donna non sapeva era che Han Se Joo parlava con cognizione di causa. Due anni prima era stato uno dei giudici del concorso a cui aveva partecipato Bang Jin ed era stato costretto – quella volta ricevendo almeno un lauto pagamento – a prendere visione di quel che aveva scritto.
Aveva avuto gli incubi per giorni.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A horse and its muscle
U
n saggio contemporaneo di inumana bruttezza
 
 

 
“Glielo hai chiesto?”
“Non ancora… Perché non vai a chiederglielo tu?”
“Perché sei tu quella che lo conosce, io che c’entro? È un tuo dovere da amica mettermi a disposizione i tuoi contatti altolocati.”
“Posso sempre presentartelo, così non hai scuse.”
“Nah, non preoccuparti. Comunque quando pensi di chiederglielo? Domani? Dopodomani? Dai, dai daiiii!”
“Ma sì, sì, prima o poi glielo chiedo…”
“Oh, non sai che gioia pensare che il grande Han Se Joo leggerà il mio libro, anche se umanamente è un gran-”
“Yah, Ma Bang Jin!”
“Sì, sì, tu chiediglielo, ok?”
 
 
Per favore.
No.
Dai!
Ho detto no.
Ma perché? Non è neanche tanto lungo!
Jeon Seol. La vedi quella libreria là? C’è un dizionario, vai a cercare il significato di NO. E anche di lungo, perché quella roba sembra fare concorrenza alla Grande Muraglia.
Pfff, esagerato. Dai, di’ di sì, cosa ti costa?
Han Se Joo batté con forza il tasto cancella sulla tastiera del computer. Di quel passo lo avrebbe distrutto.
Quella sera nello studio del famoso scrittore si stava tenendo una rumorosa conversazione non verbale. O meglio, Jeon Seol era seduta dall’altro lato della scrivania e osservava Han Se Joo con una certa intensità, al punto che l’uomo poteva quasi sentire qualcosa pungolargli la faccia. Di rimando, lui arrivava a scrivere in media tre parole prima di dover cancellare tutto con irritazione, perché non riusciva a concentrarsi. Chissà come mai.
Dopo svariati minuti, imprecazioni soffocate e sguardi sempre più profondi, Se Joo si arrese e portò la sua attenzione sulla donna.
“Jeon Seol, ripeti con me: n di no e o di opossum.”
“Perché proprio opossu-”
La ignorò: “Ora mettile insieme. Cosa esce? No. Brava.”
La fan numero uno era abituata alla sua maleducazione e alla sua lingua biforcuta, perciò ignorò il commento acido e continuò per la sua strada. E Bang Jin gliel’avrebbe pagata, perché se Han Se Joo pensava che l’insistenza di Jeon Seol fosse inaccettabile e insopportabile, chiaramente non aveva avuto a che fare con la persistenza della figlia della sensitiva.
“Non puoi fare questo sforzo? Solo per una volta. Mh?” ritentò, a metà tra lo speranzoso e l’irritato, perché Han Se Joo ogni tanto sapeva essere davvero testardo senza una buona motivazione.
Non gli aveva chiesto di fare chissà quali sacrifici, ma continuava a non voler sentir ragione.
“Io non leggo manoscritti altrui. Esistono persone pagate per fare questo lavoro, io pago persone per leggere quel che scrivo. Perché dovrei prendermi la briga di farlo gratis per qualcun altro?” domandò allora lui con tono strascicato e stanco. Si stava rivelando piuttosto difficile ignorare la donna seduta a poca distanza da lui che, a giudicare dall’espressione, da un momento all’altro si sarebbe messa a guaire come un cagnolino abbandonato. Doveva aver preso lezioni di teatro da Yoo Jin Oh.
Perché doveva fargli quell’effetto? Si sforzò per mantenere la concentrazione sullo schermo di fronte a sé. Da quando Jeon Seol aveva messo piede nel suo studio non aveva scritto nemmeno mezza parola e la scadenza era vicina. Di solito non concludeva mai nulla quando c’era lei nei paraggi e in genere gli andava anche bene. Quel giorno no però, perché gli stava sottraendo tempo prezioso con una stupidaggine a cui non avrebbe mai acconsentito.
“Hai più possibilità di convincermi a pulire le tegole del tetto con uno spazzolino. E anche per quello di solito pago delle persone specializzate, perciò puoi immaginare quante poche ne abbia quella roba di essere letta da me” detto ciò fece un cenno quasi disgustato con il capo in direzione del plico di fogli che mezz’ora prima Jeon Seol aveva depositato sulla sua scrivania. Era aberrato dalla sola idea che una cosa del genere fosse nella stessa stanza con lui, figurarsi dover usare i suoi occhi per andare oltre l’indice. Quello che la donna non sapeva era che Han Se Joo parlava con cognizione di causa. Due anni prima era stato uno dei giudici del concorso a cui aveva partecipato Bang Jin ed era stato costretto – quella volta ricevendo almeno un lauto pagamento – a prendere visione di quel che aveva scritto.
Aveva avuto gli incubi per giorni.
Com’era già?
La sua vita ora sarebbe stata dura come il cemento, perché sarebbe stata vuota. Come una lumaca che abbandona il suo guscio, come il lettore dvd che espelle il disco con gli ultimi ricordi, come il piede che lascia la scarpa, come la teiera che versa l’ultima goccia di tè, come il flacone del bagnoschiuma che emette il suo ultimo sibilo straziato dopo essere stato derubato ingiustamente di tutto il suo prezioso contenuto-
Perché diavolo si ricordava ancora quella roba? E come poteva una persona giungere a delle metafore così ridicole? Cos’era, lo sponsor per una marca di saponi? Una campagna per l’umanità delle plastiche bistrattate?
Han Se Joo scosse la testa, mentre un lungo brivido di freddo causato da quel ricordo gli correva lungo la schiena.
Dopo quella traumatica esperienza si era giurato che mai più si sarebbe torturato così, per nessuna ragione al mondo. Peccato che la sua risoluzione tendeva a traballare leggermente quando nell’equazione rientrava anche Jeon Seol, esattamente come in quel caso. A lei, per qualche strano motivo che Kang biseonim chiamava sentimenti amorosi, non riusciva a dire di no con la stessa facilità con cui le diceva sì.
Perché di tutte le persone che poteva conoscere doveva esserci proprio quella Ma Bang Jin?
Che destino infame.
Ed era ovvio che se la donna avesse dovuto chiedergli un favore di certo non sarebbe stato ‘Han Se Joo, per favore potresti sacrificare il tuo stomaco, la tua pancia e il tuo tratto digerente tutto per assaggiare il nuovo piatto di Dae Han?’, ma piuttosto:
“È davvero così impossibile convincerti a leggere il manoscritto di Bang Jin? Solo questa volta, prometto che non ti porterò mai più nulla da leggere, nemmeno una rivista o le istruzioni del forno a microonde. Nulla. Parola di scout.”
Non era una scout, infatti invece di alzare le tre dita di mezzo gli mise davanti mignolo, anulare e medio. Forse in qualche parte del mondo aveva appena giurato fedeltà a qualche gang criminale, ma meglio non indagare.
“Ormai sono anni che tenta di affermarsi come scrittrice, ma per qualche ragione i suoi lavori mancano sempre di qualcosa…” si finse volutamente dispiaciuta e confusa, ma lei leggeva spesso quel che la mente di Bang Jin partoriva e sia lei che la madre lo sapevano perfettamente cosa mancasse. No, non era qualcosa che una lettura e due o tre consigli di Han Se Joo potessero rifornire.
“Lo sai che non insisterei se per lei non fosse davvero importante che ci dessi un’occhiata” disse, ma non appena notò lo sguardo disinteressato dello scrittore si affrettò ad aggiungere: “Sarebbe importante anche per me, le voglio molto bene e ci terrei a vederla realizzare il suo sogno.”
Il tono era eccessivamente zuccherino e anche Han Se Joo comprese che era importante sì, ma per ben altri motivi. Jeon Seol non voleva più dover avere a che fare con il lagnarsi di Bang Jin e l’amica le aveva giurato davanti agli spiriti – roba che era meglio che Wang Bang Wool non venisse mai a sapere – che non glielo avrebbe mai più chiesto se l’avesse assecondata quella volta.
Perciò Se Joo doveva leggere quella roba, solo così sarebbero stati tutti liberi.
“Per favore?” chiese lei, facendo sporgere un po’ il labbro inferiore e tentandolo ancora di più.
“Jeon Seol…” borbottò l’uomo di fronte al suo sguardo speranzoso.
Sospirò con pesantezza e si abbandonò completamente contro lo schienale. Era una battaglia stancante e non era neanche ad armi pari, perché Jeon Seol o non si rendeva conto dell’effetto che il suo sorriso aveva su di lui o, se se ne accorgeva, sfruttava quella debolezza a suo vantaggio. La veterinaria gli sorrise in maniera incerta, per poi fermarsi a contemplare in silenzio i segni dell’evidente lotta interiore che stava avvenendo nell’uomo di fronte a sé.
Lui davvero non voleva leggerla quella roba. A giudicare dal livello di due anni fa o era avvenuto un miracolo o era davvero poco probabile che fosse migliorata al punto da non fargli desiderare di cavarsi gli occhi durante la lettura.
Lo scrittore si tolse gli occhiali e si strofinò con forza gli occhi, come se quel gesto potesse alleviare la stanchezza psicologica che quella situazione aveva portato con sé. Quando li riaprì, Jeon Seol lo stava ancora guardando come era solito fare Gyeong Woo quando voleva un’altra di quelle crocchette al ginseng, ma ne aveva già mangiate troppe e il suo padrone si rifiutava di dargliele.
Come sperava di vincere quella battaglia quando, alla fine della giornata, finiva sempre per dare a quel musone di Gyeong Woo più croccantini di quelli che la sua dieta prevedeva? Dov’era finito l’Han Se Joo spietato che non accettava compromessi e andava avanti per la sua strada, non curandosi di guardare indietro per vedere quante vittime mieteva il suo atteggiamento senza scrupoli?
Chiaramente non esisteva più e la causa era per forza Jeon Seol, che ancora attendeva trepidante.
Alla fine decise di aggirare la situazione, anche se gli sarebbe toccato soffrire un po’.
“Ok, ok, facciamo così. Io ora prenderò una pagina a caso, mh? Aprirò il manoscritto e leggerò le prime tre righe che mi salteranno all’occhio; se si riveleranno essere decenti e raggiungeranno i miei standard lo leggerò tutto e darò il mio giudizio” propose, incrociando le dita e pregando dei e divinità che nemmeno conosceva di beccare tre frasi innocue che lo avrebbero traumatizzato il meno possibile, ma che avrebbe comunque dichiarato illeggibili.
Jeon Seol si illuminò come se le avesse appena detto che sarebbe stata la prima a leggere il suo nuovo romanzo, anche prima del suo editore. Tra l’altro, quella era una cosa che già succedeva, ma lei si emozionava comunque ogni volta. Poteva conoscere Han Se Joo meglio di chiunque altro, ma rimaneva comunque la sua fan più devota. Per lei esistevano Han Se Joo persona e Han Se Joo scrittore. Era puramente un caso che lei avesse una passione smoderata per entrambi.
“Davvero? Lo sapevo che-”
“Un attimo, Jeon Seol. Non ho improvvisamente sviluppato una coscienza né un lato masochista, lo sto facendo semplicemente perché so di avere ragione. Ne sono più che sicuro, le tre righe casuali che leggerò mi faranno cadere le braccia, mi dislocheranno la mascella, mi scioglieranno gli occhi, mi comprimeranno i polmoni, mi-”
Ogni tanto si lasciava prendere la mano.
“Ok, ok, OK, ho capito l’antifona. Sei davvero una persona spocchiosa” bofonchiò Jeon Seol, il cui atteggiamento euforico era stato ora sostituito da grama accettazione.
“Mh-mh, se ti piace definire spocchiosa una persona con più esperienza e che sa quel che dice fa’ pure, ma questo non toglie che avrò ragione.”
Il ghigno pieno di sicurezza che le regalò non fece altro che irritarla ancora.
“Come fai ad esserne certo?” lo sfidò alzando il mento e incrociando le braccia al petto.
“Fidati. Lo so” ribatté e per qualche strana ragione, il tono laconico era piuttosto convincente. Magari un giorno avrebbe approfondito l’avversione che Se Joo aveva nei confronti dell’amica o dei manoscritti altrui in generale, ma in quel momento aveva una campagna da portare avanti.
“Va bene, facciamo come vuoi tu allora. Sono certa che tre righe non potranno essere così terribili da farti venire il collasso psicofisico di cui parli.”
In realtà temeva che tre righe potessero fare ben peggio e sperava davvero che non avesse così tanta sfortuna da beccare proprio quella parte. Quella parte era dolorosa. Per un cervello sopraffino come quello di Han Se Joo poteva anche essere fatale.
Se Joo allargò le braccia come a voler dire ‘non riesci a convincere nemmeno te stessa, figurati me’ e poi prese in mano quell’arma di distruzione di massa.
“Allora, vogliamo vedere dove gli dei porteranno le mia mano?”
“In faccia, devono schiaffartela in faccia quella mano!” sbottò lei, sedendosi con le braccia incrociate al petto e un mettendo su un broncio che Han Se Joo riuscì a trovare adorabile anche mentre stavano battibeccando.
Jeon Seol sbuffò rumorosamente quando lo scrittore si mosse in modo volutamente lento per cercare una pagina. Era già in ansia così, perché doveva peggiorare la situazione?
“Ah, pagina novantaquattro. Brutta annata, brutto segno.”
“È un libro, non un vino.”
“Questo” fece presente lo scrittore, indicando con sdegno il plico di fogli che aveva in mano “non è un libro finché non lo dichiaro tale, cosa che per inciso non succederà mai, per il momento è un’accozzaglia di pagine con dell’inchiostro sprecato sopra. Qualcuno dovrebbe protestare per tutti gli alberi che sono stati sprecati per mostrare al mondo questa roba.”
In risposta, lei alzò le braccia al cielo, esasperata, segno che con una persona così non si poteva davvero vincere.
Se Joo prese un respiro profondo, si stiracchiò il collo e le spalle, quasi si stesse preparando per una maratona e non per visionare brevemente un documento.
“Ok, ora leggo.” Stava avvisando lei o se stesso? In effetti entrambi avevano bisogno di prepararsi a quell’esperienza.
Poi passarono vari secondi. Lesse le prime tre righe, ma poi lesse e lesse ancora un po’. Aveva anche girato pagina! Ora stava prendendo pagine a caso, sfogliava, leggeva e sfogliava ancora. In quell’anfratto di tempo lo sguardo di Se Joo aveva perso la sua arroganza e si era spostato sulla sfera dello sconcerto. Forse si era ricreduto e il romanzo di Bang Jin non si era rivelato illeggibile come avevano temuto entrambi.
“Ah! Vedi? Non è così brutto come pensav-” si ammutolì quando vide l’ennesima trasformazione avvenire sul volto dell’uomo: da basito a completamente neutro.
E quello non era un buon segno.
All’inizio lo aveva visto perdere l’atteggiamento tronfio e aveva pensato che avesse beccato tre bellissime righe promettenti che lo avevano fatto vacillare dal suo pregiudizio iniziale. Ma l’espressione vuota che lo scrittore metteva su di tanto in tanto non aveva mai una connotazione positiva. Uno sguardo privo di sentimenti nel dizionario di Han Se Joo significava che qualcosa lo aveva scandalizzato così tanto in negativo da lasciarlo privo di mimica facciale. Nel senso che non aveva neanche la forza di comandare i suoi muscoli del suo volto affinché mostrassero il suo disgusto.
Lo scrittore allontanò il manoscritto dalla sua faccia – gli tremava la mano? Cosa diavolo aveva scritto Bang Jin in quelle pagine? L’avrebbe uccisa, l’avrebbe-
Han Se Joo ora la stava guardando, ma sempre senza dare segni di vita. Era morto dentro. Jeon Seol ora era vagamente allarmata perché se lui era tragicamente perito durante la lettura, parte della colpa era la sua per avergli propinato lo scritto dell’amica. Si alzò lentamente dalla sedia per sporgersi in avanti verso di lui. Gli sventolò cautamente una mano davanti, nel tentativo di comprendere l’entità del danno. Han Se Joo non si mosse, ma non smise di guardarla neanche per un attimo.
Aveva rotto lo Stephen King coreano.
E Gal Ji Seok avrebbe ucciso lei. Per non parlare di quel che le avrebbero fatto i fan.
Jagganim? Se Joo? Han Se Joo? Se Joo yah!” urlò nel panico, continuando a sventolare la mano in maniera isterica, quasi in procinto di dargli uno schiaffo per farlo tornare in sé.
La sua improvvisa pazzia sembrò risvegliare lo scrittore dal suo torpore, perché quest’ultimo le afferrò la mano per fermarla. Ora sul suo volto c’era un’espressione furibonda. Quando le parlò lo fece a denti stretti, come se stesse facendo uno sforzo immane per tenere la bocca chiusa e far uscire solo certe parole, perché se avesse detto quel che realmente pensava probabilmente sarebbe esploso l’edificio e Seoul tutta.
“Se Joo yah? È così che parli alla persona che hai tentato di uccidere senza il minimo remore?” chiese lui, strabuzzando leggermente gli occhi.
Jeon Seol sorrise debolmente, cercando di liberare la mano dalla sua morsa per tornare a sedersi.
Improvvisamente, il suo istinto di sopravvivenza le stava dicendo che mantenere le distanze da lui era la cosa più saggia da fare. Han Se Joo, però, non era dello stesso avviso. Anzi, le afferrò il polso con più forza per tirarla ancora un po’ più avanti. Si sporse in avanti anche lui, per arrivare faccia a faccia con la sua adorabile Sapsaree che al momento, però, voleva uccidere.
La donna si sforzò di mantenere un’espressione gioviale mentre, allo stesso tempo, cercava di liberare il braccio. “Ha- Han Se Joo, non ti sembra di essere un po’ esagerato? U-uccidere?” balbettò sforzandosi di far uscire una risatina nervosa per mascherare l’agitazione che la rabbia di Se Joo le stava causando.
Allora sorrise anche lui, in maniera un po’ maniacale e sicuramente molto inquietante.
“Esagerare? Tu pensi che io stia esagerando? Tu stavi esagerando quando mi hai detto che la tua amica sapeva scrivere. Quello è un eufemismo enorme, Jeon Seol, gigante, colossale, mastodontico-”
“Han Se Joo jagganim, abbiamo capito che hai un buona padronanza del dizionario dei sinonimi, ma ti dispiacerebbe lasciar-”
Han Se Joo sorrise sprezzante e, se possibile, si avvicinò ancora di più a alla donna in modo da metterle in bella vista le venuzze rosse nei suoi occhi.
“Oh, ho anche una ottima padronanza del dizionario dei contrari. Ad esempio, quel che ho letto è stato bellissimo, sublime e eccelso.”
“Se è stato così… traumatico, perché hai continuato a sfogliare le pagine?” domandò, non aspettandosi di poter vedere le narici dello scrittore fremere con così tanta irritazione. Forse parlare non faceva altro che peggiorare la situazione.
“Perché sapevo che avrei letto qualcosa di brutto, ma non pensavo di così brutto. Ho sperato di potermi ricredere leggendo qualche altra frase, ma ho solo peggiorato la situazione. Tu non hai idea di quel che mi è toccato leggere, le cose che ho visto, tu non puoi davvero immaginare perché non riesco a capire nemmeno io come un cervello possa partorire simili… cose. Ma almeno ho avuto modo di appurare, in maniera piuttosto traumatica, che non è un cervello normale. Fossi in te chiamerei Bang Jin e la esorterei ad andare a fare un check up completo alla testa, da qualche parte potrebbero trovare qualcosa di anomalo. Glielo pago io. Su, chiamala, queste cose vanno curate in fretta prima che facciano altri danni” la esortò digrignando i denti, come un cane pronto a sbranare chiunque gli si fosse parato davanti. Perfino Gyeong Woo aveva abbandonato il tappeto dello studio per rifugiarsi in lidi più tranquilli.
“Non posso chiamarla se non mi lasci il braccio” fece presente Jeon Seol, nel tentativo di farsi liberare dalla morsa ferrea dell’uomo. In un certo senso voleva davvero chiamare Bang Jin, ma per maledirla, perché qualsiasi cosa avesse scritto aveva tirato fuori il drago letterario che era in Han Se Joo e che faceva colazione ogni giorno con una tazza di sangue e stuzzichini di carne umana.
Finalmente Se Joo la lasciò ed entrambi tornarono a sedersi sulle rispettive sedie. La donna chinò un po’ la testa, perché a giudicare dalla reazione dello scrittore non aveva speranze che finisse di leggerlo. Il che significava che Bang Jin non avrebbe smesso di assillarla.
Se Joo sentiva ancora gli occhi bruciare dopo quella terribile esperienza che non aveva nulla da invidiare a quella di due anni prima. Era stata una escalation di oscenità letterarie, una peggiore dell’altra; non credeva di aver mai letto contenuti così atroci. Il che era dire tutto, perché una volta Ji Seok lo aveva incastrato a tenere delle lezioni di scrittura in una scuola superiore e li aveva letto delle cose davvero assurde. Ma mai assurde quanto-
“Non puoi leggerlo tutto veloce veloce, dire che va bene e ridarglielo indietro? Quanto ti ci può volere? Due ore, tanto leggi in fretta, puoi anche saltare delle parti. Per favore, altrimenti non mi lascerà mai in pace” Jeon Seol tornò all’attacco ancora una volta. Lo stava realmente pregando perché non aveva altre alternative. Cioè, aveva un piano B, ovvero rivelare a Wang Bang Wool che la figlia aveva fatto un giuramento davanti agli spiriti, nella speranza che la mandasse a vivere in un convento e si dimenticassero tutti di quella storia. C’era però anche una discreta possibilità che Bang Wool mandasse anche lei in un monastero – diverso da quello di Bang Jin, ma sempre di clausura si parlava – ed era un’eventualità che sperava di poter evitare.
Mentre la giovane immaginava una possibile vita da reclusa, Han Se Joo era sull’orlo di una nuova crisi mistica.
Aveva davvero il coraggio di chiederglielo di nuovo?
“Ancora?! Dopo lo stato simil catatonico in cui sono caduto dopo non aver letto neanche una pagina intera, tu hai il coraggio di richiedermelo ANCORA?! Ah, Jeon Seol, tu sì che hai una bella faccia tosta. Ma tu almeno l’hai mai letta questa roba?” le chiese allora, appoggiando i gomiti sulla scrivania.
Jeon Seol lo guardò di sottecchi attraverso la frangia che le cadeva sugli occhi. Infine ammise la verità e scosse la testa da destra a sinistra in maniera quasi impercettibile.
“Solo un pezzo, tra una cosa e l’altra non ho mai avuto tempo di leggerlo tutto.”
Un lampo attraverso gli occhi dell’uomo. No, così non andava bene per niente. Era chiaro che lei non aveva idea della portata distruttiva di quelle pagine. Non aveva intenzione di soffrire da solo, era tutta colpa di Jeon Seol se era ritornato allo stesso stato scandalizzato di due anni fa, perciò era solo giusto che anche lei soffrisse le sue pene.
“Forse dovrei renderti partecipe delle cose che sono scritte qui dentro allora, non sembri capire la gravità delle tue assurde richieste.”
“O-oh, no, jagganim, non preoccuparti, ti assicuro che conosco abbastanza i suoi scritti e più o meno so cosa aspettarmi” era effettivamente stata costretta a leggere gli altri tentativi che la giovane amica aveva presentato ai concorsi passati.
Ma ormai Han Se Joo stava sorridendo con un po’ troppo entusiasmo. Non era forse vero quando dicevano mal comune, mezzo gaudio?
“Cosa? Non vuoi fare una bella lettura di gruppo su” si sporse sul manoscritto per riportarne il nome: “Pioggia di cuori strappati. Suggestivo.”
Han Se Joo sapeva che, nel tentativo di farla pagare a Jeon Seol, si sarebbe fatto del male da solo. A quel punto non sapeva neanche più se ne valesse la pena, ma una volta che si metteva in testa qualcosa era difficile riportarlo con i piedi per terra.
“Davvero, forse dovrei andare a casa, ti ho già rubato abbastanza tempo e la scadenza è vicina, non vorrei-”
“Non preoccuparti, cosa vuoi che siano un paio di minuti in più? Sono persi per una buona causa.”
“A-ah, capisco… comunque forse sarebbe meglio-”
“Sembrerebbe quasi che non voglia leggerlo nemmeno tu” la accusò con un sorriso a denti stretti.
“Ma certo che no!”
“E allora permettimi di ammaliarti con alcuni passi di questa magnifica opera.”
“Han Se Joo…” mugolò in risposta.
Strana la vita. Prima lo aveva letteralmente pregato di leggerlo e ora lo stava pregando di nuovo, ma affinché desistesse dall’idea di leggerlo a lei.
“Niente Han Se Joo. Tu mi hai portato questa roba e mi hai costretto a leggerla quando anche tu non vuoi leggerne nemmeno il prologo. Devi essere responsabile delle tue azioni, Jeon Seol. Parlando di responsabilità…” detto ciò prese il manoscritto e iniziò a sfogliarlo, come se stesse cercando qualcosa. Sfortunatamente, riuscì anche a trovarlo.
“Ah, senti qua: era come se il suo cuore stesse battendo ad un ritmo che non le apparteneva. Ogni battito era una delle dure gocce d’acqua del gelido acquazzone che stava devastando la terra brulla intorno a lei, senza pietà. Non credo che la tachicardia sia mai stata descritta meglio.”
Ed era anche iniziata bene…, pensò con desolazione Jeon Seol.
Ma non era destinata a finire lì. Come le aveva rinfacciato Han Se Joo, le sarebbe toccato accettare le conseguenze delle sue azioni.
Sfogliando freneticamente, decise di deliziarla con una carrellata senza sosta di perle letterarie.
Le sue gote arrossate ricordavano i narcisi insanguinati.
‘Per te! Per te io combatterò contro le scimitarre aguzze del destino sleale!’
Le lacrime le segnavano il viso; come gocce di condensa sulla finestra del bagno, tracciavano sentieri sul suo volto afflitto e oberato dalle difficoltà della vita.
I suoi sentimenti per lei erano fermentati nell’abisso della sua anima e ora stavano germogliando. I rami del suo amore avrebbero raggiunto il cuore di Jeong Mi e l’avrebbero innestata con la sua passione.
‘Non puoi essere il mio sole, Nam Ryeo Wook, perché la nostra unione vive nell’ombra. Sarai pertanto la mia luna. E allora non sarò un girasole che cerca la luce della stella madre, ma un giraluna, perché la mia anima saprà sempre dove cercare te e la tua luce argentea.’
La sua anima era avida, voleva tutto di lui, dagli occhi orgogliosi che brillavano come fanali nella notte buia, alle sue mani che potevano afferrare pugni e pugni di riso; dalle sue spalle che potevano supportare il peso di mille tronchi, ai suoi talloni, che inevitabilmente finivano sempre per portarlo lontano da lei.
“… e l’anima nera, come la salsa di soia, quella scura.
Avrebbe tenuto la sua mano fino a che non ne fosse rimasto il calco, come quello della testa sul cuscino memory foam.”
Accarezzò i capelli dell’uomo, sentendoli morbidi come le piume di uno struzzo che aveva appena spiccato il volo.
Ma quando mai Bang Jin aveva accarezzato uno struzzo? Mentre volava, poi.
Ah, l’avrebbe uccisa. Sempre se non fosse arrivato prima Se Joo a compiere il misfatto, perché era sull’orlo dell’isteria.
Ormai, infatti, il suo cervello era entrato in modalità automatica e aveva un solo scopo nella vita: cercare le frasi peggiori e condividerle con il mondo. Qualcuno doveva fermarlo o presto sarebbe andato anche sui suoi social media e avrebbe iniziato a diffonderle anche lì.
Nuovo stato su KakaoTalk: La speranza per il loro futuro era solo un feto in quel momento, ma si sarebbero abbracciati fino a che non fosse cresciuta, diventando un bambino e poi un adulto. Sarebbe stata frutto della loro tenacia e-
Allora davvero Gal Ji Seok l’avrebbe fatta a pezzi molto molto piccoli.
Ja-jagganim?” lo interruppe allora, proprio quando era in procinto di cominciare a blaterare di nuovo.
“Sì, Sapsaree?” chiese prontamente osservandola con occhi spiritati. Era un tic, quello?
“Forse dovresti mettere via quel… quello, sì, dovresti chiuderlo, così andiamo in cucina a farci un bel tè e-”
Fu come se non l’avesse proprio sentita.
“Non la provi anche tu questa sensazione di… disagio ogni volta che leggi questa roba? Non ti viene voglia di raggomitolarti in posizione fetale, iniziare a dondolare e, contemporaneamente, strapparti le orecchie? È paragonabile a quella sensazione sgradevole che provi quando tocchi qualcosa di molle e viscido mentre ti aspettavi di sentire qualcosa di solido e duro. Ti viene voglia di ritrarti come un riccio. È come quando prendi un lime a morse, come-”
“Oh mio Dio, basta! Ho capito, è stato uno strazio, pure per me, per tutti. Ti chiedo scusa, umilmente perdono, ma per favore non continuare-”
“Oh, no, ma ora viene la parte migliore” la interruppe lui, sfogliando velocemente le pagine fino a che non trovò la frase, quella che aveva il potenziale di mettere fine alla discordia tra le due Coree – ci si riunisce di fronte ad un male maggiore, no?
Jeon Seol sgranò così tanto gli occhi che presto le sarebbero caduti sul parquet. Fece cenno di no con la testa perché perfino le parole l’avevano abbandonata. Non era pronta a dover sentire di nuovo una frase del genere, ogni volta gli sembrava che il suo cuore si accartocciasse un po’ nel suo petto.
Era comunque troppo tardi.
Han Se Joo si aggiustò gli occhiali, squadrò le spalle e prese un lungo respiro.
“Il loro fulgido legame era indissolubile, a tal punto che si sarebbero reincarnati come un cavallo e il suo muscolo.”
A quel punto stavano entrambi morendo dentro, forse anche fuori.
Rimasero in silenzio. Lui cercando di chiedere al suo cervello di non ingaggiare una rivolta contro l’usurpazione nei suoi confronti – per ben due volte era stato costretto a leggere quella frase, due! – e lei chiedendosi come fosse stato possibile che su venti righe lette avesse avuto così tanta sfortuna da beccare la peggiore in assoluto.
Anche a distanza di anni nessuno dei due aveva capito che relazione speciale potessero avere un cavallo e il suo muscolo e tantomeno avevano avuto il coraggio di chiedere a Bang Jin cosa avesse avuto in mente quando se n’era uscita con quella frase. Secondo il modesto e critico, forse offensivo, ma onesto, parere di Han Se Joo niente di niente.
“Cosa… cos’ha di speciale il muscolo… nel cavallo… perché è diverso dal muscolo di un… di un lemure, un- un capriolo, io non-” Han Se Joo stava esprimendo quei dubbi con estrema fatica, come se non stesse tentando di far uscire dalla bocca delle parole ma le scimitarre aguzze del destino, perché era davvero un’operazione dolorosa.
Jeon Seol fece per rispondere qualcosa, ma lo scrittore iniziò a scuotere la testa con veemenza, fermandola: “No, no, non facciamoci domande a cui non vogliamo realmente una risposta, che forse sarebbe perfino più traumatica.”
Su quel punto erano entrambi d’accordo.
Però Jeon Seol provò comunque ad esprimere il suo parere, perché esperienze come quella facevano perdere il contatto con la realtà; se fosse stata in sé avrebbe compreso che aprire bocca in quel momento per andare contro Se Joo era una gran pazzia. Proprio da manicomio.
“Forse intendeva dire-”
“NO! NON POTEVA INTENDERE NIENTE. NIENTE! NON HA SENSO! Ai cavalli non frega niente dei loro muscoli, non si rendono neanche conto di averli e, mettiamo anche caso siano abbastanza intelligenti da pensare ‘ah, quello è il mio muscolo’, non vedo come la relazione tra il cavallo e il muscolo della sua gamba possano descrivere il legame tra due persone, a meno che non stesse parlando di qualcosa tipo simbiosi o di coabitazione in uno stesso corpo. Ma poi, di quale muscolo parla? Mh? Il muscolo omotracheliano? Quello semitendinoso? Semimembranoso? Il legamento sopraspinoso dorsolombare?!
Cadde il silenzio e questa volta la donna si guardò bene dall’interromperlo, anche se una parte di lei – la fan, sicuramente – era davvero curiosa di sapere come mai avesse conoscenze così approfondite sull’anatomia di un cavallo. Pure lei lì per lì avrebbe avuto bisogno di andare a rinfrescarsi la memoria su qualche manuale.
Dopo un po’ il respiro di Se Joo si era calmato e gli occhi erano tornati ad una grandezza normale. Non parlò, però, fino a che non fu certo di aver ritrovato completamente la calma.
“Jeon Seol, io non sono una persona drastica. Ci tengo a precisarlo, perché odierei che ti facessi un’idea sbagliata di me. Come quando credevi che fossi un maltrattatore di animali” le disse con sguardo serio.
Lei annuì, perché a quel punto non sapeva più cosa aspettarsi e contraddirlo poteva rivelarsi pericoloso.
“Bene” detto ciò iniziò a cercare qualcosa nei cassetti della scrivania. Dopo un po’ riemerse con un accendino e molta determinazione negli occhi. Poi si alzò, prese il manoscritto e con movimenti calcolati raggiunse il cestino di metallo.
La donna si irrigidì, ma Se Joo le lanciò uno sguardo raggelante che la dissuase dal dire anche solo ‘ah’. Senza smettere di guardarla negli occhi, diede fuoco al plico di fogli e poi lo lasciò cadere nel contenitore di metallo.
Fine.
Poi tornò a sedersi di fronte a Jeon Seol.
“Io non voglio mai più vedere questa roba. Non voglio più dover leggere niente scritto da Ma Bang Jin, neanche la lista della spesa, niente. È la seconda volta che mi traumatizza, mi ci sono volute ore di meditazione, sedute dallo psicoterapeuta e discrete quantità di alcol per dimenticare quel che ho dovuto leggere due anni fa e ora non so quanto mi-”
“Due anni fa? In che senso? Cos’è successo?” non riuscì a trattenersi dal chiedere.
“Ah, Jeon Seol” sussurrò lui con rammarico. “Non sai in cosa stai andando ad impelagarti. Siediti comoda e assicurati di avere la bocca chiusa perché la tua anima potrebbe tentare di darsi alla fuga durante il racconto. Sto per raccontarti una storia lunga, dolorosa e difficile da dimenticare. Sei sicura di voler condividere con me questo trauma?” chiese con il tono aggravato di chi sta per rivivere i propri ricordi risalenti alla guerra.
Jeon Seol annuì, deglutendo rumorosamente.
Aveva paura. Poteva davvero essere peggio di quel che aveva appena sentito?
“Bene. Tutto è cominciato con dei flaconi di bagnoschiuma…”
 
 
“Allora? Lo ha letto?”
“Sì, lo ha letto.”
“E? Cosa ha detto?”
“Oh, beh, che… che la grammatica era molto buona, sì, impeccabile.”
 
 
***
 
 
Gal Ji Seok stava sorseggiando il suo secondo caffè della mattina. Era seduto comodamente sulla sua poltrona e girava una volta di qua e una di là. Una tipica giornata in ufficio: le cose andavano bene e i profitti erano ottimi come al solito perché Han Se Joo continuava ad essere la sua gallina dalle uova d’oro. In realtà era antipatico e scorbutico, perciò gli ricordava di più il chihuahua rumoroso e isterico di sua sorella. Però a quel punto non faceva le uova, perché era un mammifero…
Fortunatamente, poco dopo qualcuno bussò alla porta del suo ufficio, mettendo fine a quel difficile ragionamento che non lo aveva ancora portato a comprendere con cosa sostituire le uova nella sua nuova e più adeguata metafora.
Sajangnim, sono arrivati i manoscritti che hanno partecipato al concorso letterario di quest’anno.”
Ogni anno, dopo il concorso le storie venivano mandate ad alcune delle case editrici che erano interessate a scoprire nuovi talenti. La Golden Bear aveva il suo chihuahua dal pelo di rodio e andava a gonfie vele, ma era sempre meglio avere un piano C – il B era quello di prendere oggetti di Han Se Joo e venderli a prezzi esorbitanti, perché tanto era pieno il mondo di fanatici che si sarebbero comprati le sue mutande o, peggio ancora, quei brutti occhiali che si ostinava a mettersi in faccia.
“Ah, sì, sì, lasciali pure lì sul tavolo.”
Dieci minuti dopo nel suo ufficio c’erano ben tre scatole piene di fogli. Erano nell’era digitale, perché continuavano a stampare copie cartacee?
Ji Seok guardò la sua agenda. Non aveva appuntamenti fino alle due di quel pomeriggio e il suo Se Joo, l’ultima volta che si era presentato a casa sua senza motivo, aveva minacciato di ucciderlo in maniera lenta e dolorosa se avesse continuato a infastidirlo con qualsiasi mezzo possibile. Aveva incluso anche il piccione viaggiatore perché era preparato, il giovane.
Considerando che non aveva nulla da fare – l’impegnata e frenetica vita del capo della Golden Bear Publishing House – decise di dare un’occhiata ai testi che avevano partecipato al concorso. Sorrise con nostalgia alle lamentele e alla teatrale disperazione di Se Joo quando lo avevano convinto a fare da giudice, ormai due anni fa. Aveva ripetuto per giorni qualcosa sull’umanità dei flaconi di shampoo. O era bagnoschiuma?
Ma quel ragazzo era esagerato, lui se ne era accorto subito. In fin dei conti, però, gli scrittori erano tutti così, un po’ troppo perfezionisti, con una visione del mondo tutta loro e, soprattutto, con le loro fisse – quei bastoncini alla cannella facevano schifo e puzzavano, solo Se Joo non se ne rendeva conto.
Sicuramente quelle scatole erano piene zeppe di pezzi promettenti e di altrettanti autori degni di nota.
Oh, ad esempio questo!, pensò mentre tirava fuori uno dei manoscritti che già dal titolo aveva attirato la sua attenzione.
Sembrava promettente, nella descrizione veniva presentato come un romanzo romantico, non uno dei soliti thriller psicologici pieni di colpi di scena che gli facevano venire le palpitazioni. Ora Gal Ji Seok era davvero incuriosito. Prese il fascicolo e tornò a sedersi sulla sua comoda poltrona. Informò gli altri che non voleva essere disturbato e si chiuse nel suo ufficio.
Riemerse dalla lettura quattro ore dopo, con le lacrime agli occhi e piangendo come non aveva mai fatto neanche per i romanzi di Han Se Joo.
Era stato un viaggio catartico e pieno di pathos, con delle descrizioni magistrali; mai come in quel momento aveva sentito di aver compreso appieno il legame tra i due innamorati.
Come un cavallo e il suo muscolo.
Non aveva mai incontrato una metafora così esaustiva e piena di significato, era chiara l’indissolubilità di quella particolare unione. Non ci sarebbe stato modo migliore per descriverla, concluse.
Era poesia, vera arte, quelle erano le immagini simboliche che mancavano nella letteratura contemporanea! Ormai c’erano solo passaggi sterili e privi di sentimenti, invece quello era talento, un genio che andava acchiappato subito e sfruttato al meglio.
Asciugandosi il naso sulla manica della camicia gialla, lesse il nome dell’autore di quel capolavoro.
Ma Bang Jin.
Aveva appena trovato la sua nuova gallina dalle uova d’oro, la nuova Han Se Joo, la Stephanie Queen coreana.
E sarebbe diventata la nuova star di punta della Golden Bear, se lo sentiva nelle ossa.
O meglio, nei muscoli.

 

 
 
[Questo drama è stato psicologicamente sfiancante. Bellissimo, ma avrei gradito scoprire in maniera meno traumatica di avere così tanti sentimenti. Però la frase di Bang Jin meritava una fanfiction, non poteva andare perduta!]
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro - drama / Vai alla pagina dell'autore: Hi Ban