Dedico questa storia a Pally93,
beta-ingrombrante,
amica, Fratella.
21 giugno
James
non riusciva a stare un attimo fermo. Avvertiva un’adrenalina in corpo tanto
forte da doversi muovere su e giù di continuo nei cortili di Hogwarts. In
realtà avrebbe voluto continuare a ripassare per i M.A.G.O. imminenti: non era
certo di aver ripetuto abbastanza a fondo le proprietà delle radici di
valeriana e la tesi che aveva redatto per l’ammissione al tirocinio
ministeriale necessitava di una revisione per poter essere presa in
considerazione ma, quando con la posta del mattino aveva ricevuto un suo
biglietto, non aveva potuto fare a meno di assecondare la richiesta.
Si
era precipitato in cortile e lì era rimasto fino a quel momento. Chiunque gli
avesse dato appuntamento era in ritardo di due ore e l’idea che si fosse trattato
di uno scherzo si stava facendo spazio dentro la sua testa quasi a parimerito
con la rabbia che avrebbe voluto riversargli addosso. Si accomodò su una
panchina di pietra scomodissima e, una volta tolto il mantello, guardò i
corridoi in trepidante attesa, con la speranza di veder comparire una testolina
familiare.
Ricordava
una serie di “21 giugno” vissuta nel corso degli anni precedenti, tutti diversi.
Al
suo primo anno a Hogwarts, Teddy stava frequentando per l’ultima volta la
Scuola di Magia e Stregoneria ed era stato davvero difficile distrarlo dai
M.A.G.O. ma ci era riuscito ugualmente. L’aveva trascinato nelle Cucine per
sgraffignare qualcosa da mangiare (fortunatamente, i dormitori di Teddy erano
vicino le Cucine e gli elfi erano sempre molto disponibili quando si trattava
di un Potter) e, durante un pomeriggio troppo fresco per essere il primo
dell’estate, avevano fatto una scorpacciata di biscotti e cioccolata calda.
James
sorrise nel ricordare il momento in cui Lupin era diventato qualcos’altro.
Aveva
sempre visto Teddy come un fratello maggiore, uno a cui chiedere un consiglio
su come non farsi mettere in punizione per aver accidentalmente fatto esplodere
i mobili della dispensa ma, quando gli aveva tolto della cioccolata in eccesso
dal labbro, aveva cominciato a guardarlo con occhi diversi. Non era solo colui
che lo difendeva dai rimproveri di Ginny e Molly, ma un bellissimo mago da
tenersi stretto.
Al
suo secondo anno, James fu messo in punizione dal professor Flitwick.
Sebbene Potter continuasse a sostenere che trasfigurare il naso di un suo
compagno di casa in quello di un maiale fosse una prova schiacciante della sua
abilità di mago, il professore aveva un’opinione completamente opposta e lo aveva
costretto a ripulire i trofei con il Solvente di Nonna Acetonella
per Ogni Tipo di Sporcizia senza bacchetta. Una vera noia.
Ne
aveva parlato con Teddy, che si trovava lì per un tirocinio ministeriale come
insegnante di Trasfigurazione provvisorio, nella speranza che potesse
annullargli la punizione… ma niente, non aveva funzionato. Scoraggiato e
innervosito, James aveva cominciato a ripulire i trofei sfregando con rabbia
fino a quando non aveva visto su uno di essi (quello di suo nonno James Potter)
il riflesso di un mago dai capelli viola.
“Che
diavolo ci fai qui, Teddy?” gli aveva chiesto arrabbiato. L’altro gli aveva
sorriso con dolcezza, aveva recuperato un secondo canovaccio e si era unito a
lui nelle pulizie estive dei trofei.
James
era arrossito ma gli era davvero piaciuto poter stare da solo con Teddy, anche
se avrebbe fatto volentieri a meno della puzza del Solvente di Nonna Acetonella per Ogni Tipo di Sporcizia.
Al
suo terzo anno, James aveva atteso con trepidazione la fine della scuola. Teddy
era ormai diventato un vero insegnante (Harry non poteva esserne più
orgoglioso. Diceva a tutti i suoi parenti cose come “Eh, magari anche James
avesse la stessa testa di Teddy… Teddy deve aver preso da Remus, sicuramente!”
o “Sono davvero orgoglioso di lui, primo in graduatoria, un mago così giovane
non insegnava a Hogwarts da secoli!”) e faceva davvero fatica a rivolgersi a
lui come “Professor Lupin”, soprattutto durante le interrogazioni. La verità
era che, per quanto James insistesse sul “io e Teddy siamo come fratelli”,
Lupin, onesto come solo un Tassorosso può essere, non gli aveva mai riservato
un trattamento di favore. Infatti, proprio prima dei suoi esami annuali, James
si era beccato una punizione da scontare nell’ufficio del professor Lupin.
“Teddy,
sei ingiusto.”
“Sono il professor Lupin, ora.”
“E io voglio parlare con Teddy.”
“Non c’è.”
“Sì che c’è!”
“No, Potter, e trascrivi sulla pergamena tutti i movimenti di tutti gli
incantesimi appresi durante l’anno o dovrò bocciarti!”
James
aveva sbuffato ma aveva eseguito l’ordine come se glielo avesse imposto un qualunque
altro insegnante. Aveva trascorso nell’ufficio di Teddy tutto il pomeriggio,
tra lo scontare la punizione e l’osservarlo così assorto nei suoi doveri da docente.
Era davvero bello.
Quando
aveva finito di trascrivere (e lo aveva fatto con estrema minuziosità) quanto
richiesto, aveva consegnato la pergamena poggiandola con delicatezza sulla
scrivania. Teddy aveva sollevato gli occhi e gli aveva sorriso con dolcezza.
Potter, allora, aveva ricambiato il sorriso e aveva poggiato le mani sulle
nocche dell’altro.
“Allora,
Teddy, me lo dai un bacio?”
E
Teddy lo aveva baciato. I baci di Teddy erano veramente stupendi; ogni volta si
sentiva come avvolto nel piumone d’inverno, quando fa così freddo che ti si
ghiaccia perfino la pipì, ed era incantevole. Teddy lo era. Era perfetto sotto
ogni aspetto, un po’ come la maga Mary Poppins.
Lupin
aveva continuato a baciarlo, prendendosi la bocca di James e gustandola come se
fosse un prelibatissimo Zenzerotto e poi, senza staccarsi,
si era alzato e l’aveva abbracciato forte. Il cuore di James batteva forte,
così tanto velocemente che avrebbe potuto fermarsi da un momento all’altro, e
lui aveva sorriso contro le labbra di Lupin.
“Ora
lo ammetti che mi hai messo in punizione solo perché mi volevi qui tutto per te?”
Al
suo quarto anno, James aveva fatto conoscenza con l’intimità di Teddy Lupin. In
realtà, la “prima volta” era capitata durante le vacanze di Natale (Harry li
aveva beccati, era stata una situazione completamente surreale. Teddy e James erano
sgattaiolati via dall’enorme e chiassosa cena di famiglia e si erano nascosti
nella camera di James. Dopo aver spettegolato un po’ sulla lana troppo
sgargiante dei maglioni di nonna Molly e aver preso in giro i cugini francesi,
avevano cominciato ad amoreggiare. Per James era una cosa davvero eccitante quella
di sbaciucchiare il suo insegnante di Trasfigurazione in ogni anfratto del
castello e non aveva mai riflettuto sul fatto che per Lupin potesse non essere
così. Si erano trattenuti tutta la sera, Harry non sapeva dell’omosessualità
del figlio né di quella di Teddy, e loro due non potevano davvero considerarsi “fidanzati”
sebbene James dicesse di “avere un ragazzo”. Comunque, il momento di stendersi
sul letto e rotolarsi tra baci focosi era il loro lasso di tempo preferito,
almeno fino a quando, colto da un impeto quasi animalesco, Teddy gli aveva infilato
una mano nei pantaloni. Inutile dire che James aveva emesso un gemito al solo
sentire le mani dell’altro massaggiargli l’uccello; aveva inarcato la schiena
e, cazzo, quanto gli piaceva Teddy. Era venuto pochi minuti dopo, mentre Lupin
gli mordicchiava il collo lasciando un piccolo segno dei suoi canini dopo aver
sogghignato. Così, James aveva deciso di tirarsi su e ricambiare il favore;
voleva sentire com’era toccare l’intimità di Teddy, fargli percepire lo stesso
piacere che gli aveva fatto provare lui in precedenza. Gli aveva sbottonato i
jeans e aveva infilato la mano destra nei suoi boxer, sorprendendosi di
trovarlo già eccitato, e aveva cominciato a muovere la mano su e giù, su e
giù... lenta, perpetua, inarrestabile. Teddy si muoveva appena sotto il tocco del
ragazzo, respirava piano contro l’orecchio di James che poteva sentire il suo
respiro caldo inumidirgli il lobo. Si era fermato due secondi per godersi il
momento, il cuore che gli batteva forte, la testa di Teddy poggiata sulla sua spalla,
il profumo dei suoi capelli, la pelle morbida e pulsante della sua intimità vibrargli
sotto la mano… e poi aveva ripreso, su e giù, più forte, su e giù, più veloce, su
e giù, senza sosta, su e giù. Teddy era venuto con un lungo, potente getto di
sperma che aveva riempito la mano di James. Senza farlo di proposito, in quel
momento era entrato Harry che aveva trovato suo figlio con i pantaloni bagnati
del proprio seme e una mano sul pene di Teddy.) e da quel momento Teddy e James
aveva continuato a vedersi di nascosto per sbaciucchiarsi, mordicchiarsi,
masturbarsi. Il 21 giugno del quarto anno, James stava aspettando Teddy alla
Torre di Astronomia, il luogo meno frequentato dal castello; Potter si era già
immaginato di toccare nuovamente l’uccello di Teddy ma lui era arrivato insieme
ad una cattiva notizia. “Dobbiamo finirla qui, Jamie,” gli aveva detto.
“Se è per mio padre…”
“Non è per lui… io… sono un insegnante, non posso.”
“Teddy… non farlo,” aveva supplicato James in lacrime. Teddy aveva scosso le
spalle e gli si era avvicinato.
“So che è difficile da capire ma…”
“Io ti amo,” gli aveva confessato con le guance rosse e gli occhi lucidi. “Non
te ne andare.”
Teddy
era rimasto lì con lui, ma in silenzio, senza un bacio o un abbraccio. Faceva molto
freddo anche quel 21 giugno.
Al
suo quinto anno, James aveva trascorso gran parte del tempo a studiare per i
G.U.F.O. per evitare di pensare a Teddy. Ci pensava più spesso di quello che
voleva anche se non si erano più visti nella Torre di Astronomia. Il 21 giugno,
James avrebbe dovuto sostenere la prova dei G.U.F.O. di Trasfigurazione ma fu
un vero disastro. Quando James e i suoi compagni di classe erano entrati in
Sala Grande per sostenere l’esame, avevano beccato il professor Lupin intento a
parlottare con l’esaminatore ministeriale fitto-fitto. Il problema non era il
fatto in sé quanto la bellezza ammaliante del mago in questione. James conosceva
lo sguardo di Teddy quando qualcosa gli piaceva, di solito guardava lui in quel
modo ma ora…
“Merlino,
che figo l’esaminatore, vero Jamie? Non saprei se è più bello lui o il
professor Lupin,” aveva detto la sua migliore amica. Potter si era limitato ad
un grugnito prima di prendere posto e completare la prova scritta. Era stato
davvero difficile per lui concentrarsi sul test ma era riuscito a finirlo e
consegnarlo.
Per la
prova orale, invece, bisognava aspettare nell’Atrio che l’esaminatore e il
professore li chiamassero. Nel frattempo, la rabbia e la gelosia stavano lottando
per conquistare la cima delle emozioni di James.
“Potter,
James,” aveva chiamato l’esaminatore. Il ragazzo aveva aggrottato le
sopracciglia, mettendo su l’espressione meno gentile dell’ultimo secolo, ed era
entrato in Sala Grande. Doveva concentrarsi sull’esame, far vedere di essere bravo,
così che Teddy levasse gli occhi da dosso all’esaminatore.
Quest’ultimo,
dopo aver sistemato gli occhiali sulla punta del naso, aveva sollevato lo
sguardo verso James. “Allora, Potter, c’è qualche argomento di cui vorresti
parlare?”
“Sono
tutti uguali,” aveva risposto James ostile.
“Va
bene. Allora ci vuoi dire quali sono le Cinque Principali Eccezioni alla Legge
di Gamp?”
“Le Cinque Principali Eccezioni alla Legge di Gamp
sulla Trasfigurazione Elementale sono cinque oggetti magici che fanno eccezione
alla Legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli
Elementi, ossia che non possono essere generati dalla magia. Queste sono cibo,
amore, informazioni, vita e denaro.”
“Oh, molto bene, sì… molto bene!”
Nonostante
l’astio del ragazzo, il suo esame orale era iniziato alla grande: era davvero
preparato, a discapito di ciò che si potesse dire sulla sua testa calda, aveva
studiato tanto… certo, per i motivi sbagliati visto che voleva solo colpire
Teddy, ma era risultato perfettamente in grado di superare l’esame con una
bellissima E.
“Professor
Lupin, per me il ragazzo può andare… se non ha altro da chiedergli, ovviamente…”
Teddy
aveva arricciato le labbra con aria pensierosa. “In effetti, ce l’ho una cosa da
chiedergli. Potter, perché non ci parli della differenza tra Evanescenza ed Evocazione?”
In realtà
James non si aspettava un’ulteriore domanda. Quando l’impiegato del Ministero aveva
detto che sarebbe potuto andare si era anticipatamente rilassato e
deconcentrato, ma aveva risposto ugualmente. “L’Evanescenza è l’arte di far
sparire le cose, mentre l’Evocazione è l’arte di farle apparire dal nulla.”
Il suo
io interiore sapeva che quello dell’Evanescenza era un argomento del primo anno
a cui ogni volta replicava sempre male ma aveva studiato davvero tanto per non saper
rispondere bene. Consapevole di aver risposto correttamente, aveva sorriso.
“No,
non è così.”
“Ma
come non è così, Professore?” aveva chiesto a pugni stretti, calcando sull’ultima
parola.
“Mi
scusi, Lupin, ma a me la risposta del candidato sembrava corretta e…”
“E
qui siamo in fase d’esame, Smith, non prenderò per giusta una risposta come
quella di un ragazzino alla sua prima lezione di Trasfigurazione!”
La
pazienza di James stava iniziando a vacillare ma resisteva. Un respiro profondo
e via: sapeva quale fosse la cazzo di differenza e aveva
provato a spiegarla usando una terminologia più appropriata. “L’Evanescenza è
l’arte di far svanire le cose; di trasformare le cose in non-cose. L’Evocazione
è l’arte di far apparire dal nulla le cose e di conseguenza è il contrario
dell’Evanescenza.”
“No…
non ci siamo.”
Un'altra
mazzata. Il sopracciglio destro di Potter stava già dando segno del suo prossimo
cedimento.
“Ma,
Lupin…”
Il
professore, dunque, aveva recuperato un foglio di pergamena e una Penna
Auto-Inchiostrante per scriverci sopra… o meglio, disegnarci sopra la risposta
corretta. James non era riuscito a sopportare una tale umiliazione in sede d’esame,
dopo essere stato ignorato per un intero anno, dopo averlo visto civettare con
l’esaminatore e… no, non era riuscito a mantenere la calma. Il suo animo Grifondoro
gli aveva fatto afferrare la pergamena, che aveva poi stretto tra le mani fino
a stropicciarla, mentre parlava tra i denti stretti per la rabbia. “L’Evocazione,
Professor Lupin, è un argomento da M.A.G.O. e lei dovrebbe essere quantomeno
fiero che conosca almeno la definizione!”
“Ha
ragione, Lupin…”
“E per quanto riguarda l’Evanescenza, sa cosa le dico?” gli aveva chiesto con retorica,
poi aveva strappato la pergamena fino a ridurla in coriandoli da buttargli contro.
“Mi faccia evanescere questi, stronzo!” aveva gridato
ed era uscito dalla Sala Grande, convinto di aver fallito miseramente sotto
ogni fronte.
Al suo
sesto anno, le cose erano radicalmente cambiate. Nonostante la sfuriata dell’anno
precedente, la situazione con Teddy sembrava aver trovato un nuovo equilibrio. Avevano
ricominciato a vedersi nella Torre di Astronomia, che per molti versi era
diventato il loro nido d’amore, la loro alcova. James aveva aspettato Teddy per
ore, a volte, fino a quando non fosse libero dalle lezioni. Al sesto anno c’erano
molte meno materie da studiare ed era più semplice avere tempo libero, sebbene
i compiti fossero magicamente triplicati rispetto agli anni precedenti.
Ogni
volta che si vedevano facevano del sesso fantastico (sì, avevano iniziato
durante l’estate, dopo la sfuriata di James in sede d’esame. Harry aveva
invitato, con riluttanza, Teddy a trascorrere le vacanze estive alla Tana
insieme alla loro famiglia e lui aveva accettato. Nessuno aveva fatto parola
della cattiva condotta di James e i due avevano fatto attenzione a non
guardarsi nemmeno per sbaglio fino a quando a James era stato morso da uno
gnomo; non c’era nessuno in casa se non i suoi fratelli minori e Teddy. Albus
aveva provato a suggerirgli di andare al San Mungo ma James si era rifiutato
categoricamente. “Che ci vuole a fare un Epismendo,”
aveva detto. Ma il morso bruciava tanto e quindi Lily aveva subito chiamato
Teddy.
I due
si erano seduti sul letto in camera di Lupin, James aveva tolto la maglietta e,
con il braccio sanguinante e allungato verso il Professore, sbuffava mentre l’altro
lo medicava. Teddy aveva un unguento speciale come rimedio per i morsi delle
Creature Magiche.
“Ecco qui,” gli aveva detto dopo avergli fasciato parte dell’avanbraccio, “dovrebbe
fare effetto entro un paio d’ore.”
James aveva risposto con un verso e si era alzato con l’intento di andare a
recuperare una t-shirt nell’altra stanza.
“James… per quanto tempo ancora vuoi ignorarmi?”
“Fino a quando non avrai recuperato un minimo di cervello, stronzo!” aveva ripetuto.
Ormai sembrava divertirsi ad apostrofarlo con quel grazioso soprannome.
“James…”
“Mi hai messo in difficoltà, mi hai umiliato di fronte a quel Fwooper morto del Ministero! Lì a fargli gli occhi dolci!”
“Ma quali occhi dolci…”
“Sei uno stronzo,” gli aveva ripetuto soddisfatto.
“Mi vuoi almeno ascoltare?”
“No!!!” gli aveva risposto arrabbiato. Più Teddy provava a parlargli più James
lo mandava a quel paese. Erano arrivati a un punto tale che Lupin, esasperato
dal non potersi esprimere liberamente, aveva afferrato James, lo aveva sbattuto
sul letto, gli si era messo sopra a cavalcioni e lo aveva baciato per farlo
stare zitto. Era stato un bacio carico di risentimento da parte di entrambi,
che li portò a graffiarsi, spogliarsi, rigirarsi, mordersi, insultarsi,
strusciarsi l’uno contro l’altro fino a quando Teddy non gli era entrato
dentro. In quell’istante, durante la sua prima volta, James aveva capito che
sarebbe stato per sempre di quello stronzo.), del sesso così bello,
focoso e passionale che James desiderava ricominciare subito dopo e tenere il
corpo di Teddy stretto al suo per tutto il resto del giorno e della notte.
Baciava le sue labbra sottili con estrema voluttà e il solo pensiero di
sfiorare le mani soffici e calde del ragazzo bastava per mandarlo in estasi.
Ma
non stavano insieme.
James
aveva provato a mettere in mezzo il discorso ma quello stronzo rispondeva con
frasi assurde come “non sono un frocio” o “non mi piaci per nulla, Potter”… parole a cui non credeva minimamente, ovviamente.
Come poteva farlo, del resto? Era proprio Lupin a cercarlo, a provocarlo… e lui
si lasciava trasportare dal desiderio di sentirlo affondare nel suo corpo, di
stringergli i fianchi, di strappargli i vestiti da dosso e restare a gambe
aperte per tutto il tempo che avevano a disposizione. Se Teddy non fosse stato
quantomeno bisessuale di certo non avrebbe acconsentito a tutti i loro rapporti
sessuali.
Ogni
volta, dopo il sesso, James avrebbe voluto stendersi accanto a lui,
accarezzargli i capelli, abbracciarlo saldamente… il solo ricordo di quei
momenti d’intimità rievocò in James una sensazione nostalgica, tanto che
sorrise malinconico.
Lo
scorso 21 giugno avevano fatto sesso ben due volte,
una delle quali sul pavimento freddo dell’aula di Pozioni. Dopo l’amplesso,
Lupin era rimasto a corto di fiato e si era steso per terra con gli occhi
assottigliati e lucidi dalla stanchezza, poi aveva guardato James e gli aveva
sorriso con dolcezza. Potter avrebbe voluto dirgli “ti amo”, supplicarlo di
mettersi con lui per davvero, chiedergli ancora di fare l’amore, ma Teddy si
era rivestito in fretta e furia. Aveva lasciato l’aula di Pozioni senza nemmeno
salutare.
E ora,
al suo settimo anno, James aspettava, pensava e ricordava. Teddy. Teddy, Teddy,
Teddy. La sua testa era piena di Teddy.
E
Teddy arrivò, bello come il sole, con la sua toga bianca e svolazzante.
“Teddy!”
“James,”
salutò l’altro con freddezza.
James
gli si avvicinò, cercando di non dare a vedere di essere preoccupato. “Pensavo
fosse uno scherzo. L’appuntamento era due ore fa!”
“Oh, ehm, ho avuto da fare.”
“Oh. Qualche punizione?”
“No. Io… senti, devo dirti una cosa importante.”
“Dimmi…”
“Io… ho un fidanzato,” dichiarò Teddy senza mezzi termini.
James
rimase allibito. La sua bocca restò spalancata per un paio di minuti buoni,
tempo che utilizzò cercando di mandare giù la rabbia, l’inadeguatezza, l’amaro
che aveva in bocca.
“Tu
hai… ma tu… tu non sei frocio,” l’apostrofò, citando le sue parole.
“Io…”
iniziò Lupin ma la collera di Potter l’interruppe.
“Ma
allora non è perché non ti piace il cazzo in generale, dillo che non ti piace
il mio, brutto stronzo!”
“Beh,
è evidente che devo accettare di essere gay se ho scopato con te, ti pare?”
“E allora perché… perché non con me?” chiese a bassa voce. Quelle lacrime del cazzo
che volevano uscire dovevano restare immobili lì dov’erano. Non avrebbe dovuto
piangere, non di nuovo, non davanti a Teddy. “Perché…” ripeté abbassando lo
sguardo.
“Perché
non ti amo,” ammise. “Sei un bel ragazzo, James, e mi piace fare sesso con te. Ma
non ti amo,” chiarì. “E ora ho un fidanzato.”
Al
suo settimo anno, il 21 giugno James aveva dovuto sopprimere quella voglia
irrefrenabile di piangere disperato mentre Teddy raggiungeva il suo fidanzato.
Quello stronzo.
Potter
tornò a sedersi sulla panchina fredda e trascorse un altro 21 giugno del cazzo.
***
NOTE
A MARGINE
Io
non posso farci niente: l’angst chiama e io rispondo.
Spero che questa storia vi è piaciuta e se lo ha fatto vi invito a lasciarmi un
commento (ve lo giuro: non mordo!) e se la storia vi ha fatto schifo…
lasciatemene due! :P