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Autore: Lady R Of Rage    24/06/2020    7 recensioni
La Famiglia Donquixiote è stata sconfitta, ma sulla Thousand Sunny si è infiltrato un clandestino.
Un nemico, sicuramente, da sopraffare e tenere sotto chiave. Ma anche una persona da conoscere, con cui si potrebbe voler parlare.
1. Sugar: Il Mostro.
"-Non sono una cosa che puoi studiare,- mugugna Sugar. -Non sono nemmeno una bambina. Non ti voglio vedere.-
Usopp si assesta alle sue spalle. Coglie un guizzo dei suoi morbidi ricci neri e si volta di scatto dall’altra parte: dove ci sono i capelli c’è un volto, e dove c’è un volto c’è un naso.
"
2. Pica: Seconda Possibilità.
"Zoro ha finito di girare attorno all’albero, forse per vedere se è ben legato. Ingoia la carne.
-Sai, è strano. Più ti conosco, più mi ricordi una persona che conoscevo.-
"
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donquijote Family, Mugiwara
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Alti E I Bassi Della Famiglia Donquixiote'
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Sugar: Il Mostro
 

Doveva essere semplice. Restare in silenzio, come una bambola vera, e toccarli tutti alle spalle senza farsi sentire, uno ad uno. Farli cadere come una pila di domino: il nasone sarebbe rimasto da ultimo, messo all’angolo come un toro nell’arena, e avrebbe avuto il suo benservito.
Cosa che ha avuto lei stessa trovandoselo davanti, a girare l’angolo con in braccio una pila di piatti da lavare. Poi lo spadaccino aveva sguainato la spada, le mille braccia dell’assassina l’avevano avvinta schiacciandole i palmi contro la sua schiena – stavolta ti conosco, so cosa sai fare, e non mi farò toccare – e il cyborg era accorso con un rocchetto di fil di ferro per impacchettarla per bene. Quell’ultima parte gliel’hanno raccontata dopo, di fronte a una tazza di tè e una bella ciotola d’uva, perché allora il nasone era sbucato da dietro la spalla dello spadaccino ed era crollata di nuovo svenuta. Deve aver battuto la testa, perché toccandosi i capelli sente un rigonfiamento.
In assenza di agalmatolite sono giunti a un compromesso: le hanno legato le mani davanti, strette l’una nell’altra, perché non possa toccare con le sue dita nude qualcuno dei loro Nakama.
Dopotutto può abituarcisi. I suoi, di Nakama, sono destinati a finire all’inferno. Può sopportare di essere un po’ strapazzata pur di lasciare a loro una possibilità.
La bella archeologa apre la porta del ripostiglio in cui passa la notte e si china al suo fianco. -Vieni, prendi un po’ d’aria. Sanji ha preparato la colazione. C’è anche tanta uva per te.-
Si lecca le labbra. Aggrapparsi alle piccole cose è l’unico sollievo che le rimane in quella gabbia di matti. Nico Robin sorride come faceva Monet, come se vederla serena fosse sufficiente a soddisfare anche lei. Gli altri la lasciano stare, seduta contro la cabina a godersi il sole. L’uva riesce a mangiarla solo con la bocca, prendendo al volo i chicchi dalla ciotola. Gli occhi le si bagnano di lacrime a quel sapore così familiare. Ne succhia tre insieme, ad occhi chiusi, ascoltando il loro piccolo schiocco tra i denti. Quando apre gli occhi e vede gli stivali marroni, però, si ritrae sul legno come un verme.
-Vattene via, nasone di merda.-
-Che bambina sgarbata.- C’è un tono di burla, nella sua voce, che le fa venire voglia di azzannarlo. Proprio sul naso, quell’orribile naso lungo. Può farlo anche a occhi chiusi. -Voglio solo darti una mano. Non è bello che mangi così sdraiata per terra. Il nostro medico dice che non fa bene.-
-E perché non viene lui, a darmi da mangiare?-
Il nasone si mette a sedere al suo fianco, dietro la sua spalla. Si chiama Usopp, si ricorda: dovrà imparare a chiamarlo così, ricordare che è solo una persona, non un mostro, e non è neanche un gran guerriero. Potrebbe sconfiggerlo anche Buffalo, povero caro. Anche se è in prigione, forse da solo. Che cos’è la sua situazione, paragonata a quella? Con che coraggio si fa mettere all’angolo da un semplice cecchino, senza nemmeno bisogno di un proiettile.
-Volevo vederti da vicino. Mi affascini. Sei una strana bambina.-
-Non sono una cosa che puoi studiare,- mugugna Sugar. -Non sono nemmeno una bambina. Non ti voglio vedere.-
Usopp si assesta alle sue spalle. Coglie un guizzo dei suoi morbidi ricci neri e si volta di scatto dall’altra parte: dove ci sono i capelli c’è un volto, e dove c’è un volto c’è un naso. Forse, con le sembianze normali, è anche un bel ragazzo. Non le interessa saperlo: nella sua testa, quello sarà sempre il volto del nasone di merda.
-Allora non mi vedrai. La mia mano ti va? Ti do io l’uva.-
-Muori,- biascica. Suona sonnolento, artificiale, ridicolo. Sugar tira su col naso umido. Porca troia, le manca persino Trebol. Cosa le sta facendo quella nave?
-Non sono la tua sorellina,- tenta. -Ne ho una vera, di sorella. Mi fai schifo.-
-A me piacciono i bambini. Avevo un equipaggio di loro, a casa. Forse andreste d’accordo se tu non fossi così irritante.-
Avvicina la mano che tiene l’acino alla sua bocca: Sugar scatta in avanti e azzanna le dita con tutte le sue forze. L’urlo del cecchino, per un attimo, le strappa un sorriso.
Per un attimo.
L’attimo dopo il suo viso è freddo, e le dita strette nel filo di ferro sembrano bruciare sotto le sue spire. Qualcuno della sua famiglia avrebbe sorriso, a vederla: Diamante avrebbe applaudito, Dellinger le avrebbe dato il cinque, persino quell’orrore di Trebol l’avrebbe trovata spavalda e coraggiosa. Invece eccola lì, ancora legata, ancora impotente, con dell’uva che deve mangiare sdraiata come una carogna. Persino l’urlo di Usopp, ora che ci ripensa, suonava più sorpreso che spaventato per davvero.
Almeno ho l’uva, si ripete per farsi coraggio. La guarda dall’alto, al di sopra del pavimento di legno. Improvvisamente la ciotola è piccola, e l’uva stessa di un verde malaticcio. Usopp si pulisce le dita macchiate di saliva nelle brache. Si alza in piedi, le mani sui fianchi: Sugar non gli vede il volto, ma può immaginare il suo sguardo scornato. Stranamente arriccia il naso come faceva Monet.
-Sei proprio una bambina, anche capricciosa.- Usopp si alza, sovrastandola. -Io l’uva la metto qui, se t’interessa sai dove trovarla.-
-Aspetta.-
Le parole sono uscite così raschiate da sentirle a malapena. Usopp si ferma, sospira, abbassa le spalle. Ora che è girato, Sugar può guardargli anche la testa. Ha dei bei capelli ricci, folti e vaporosi, legati assieme sotto il casco da cecchino. Potrebbe immaginare un bel volto dall’altra parte. Chiude comunque gli occhi, di scatto, quando si volta.
-Ti sei già pentita?-
Sugar si stringe nelle gambe e si rannicchia sotto le braccia serrate l’una all’altra.
-Sono stata una bambina,- mugugna. -Ma a te le bambine piacciono, no?-
-Solo se non cercano di uccidermi. Prendo una forchetta: sicuramente quella non la mordi.-
Vuol dire che non se ne andrà: Sugar si copre la bocca con le mani, accennando un sorriso. Non ha paura di nulla, nemmeno dei cecchini dal lungo naso. È quello che diceva Monet: tu non hai paura di niente. Diventerai una guerriera anche migliore di me.
Si ritrae, quando Usopp si siede di nuovo. Ha effettivamente in mano una forchetta, e la conficca nel mucchio d’uva senza un fiato. La avvicina alla sua bocca: Sugar la ingoia tutta d’un fiato.
-Allora posso restare?-
Sugar sospira, ammaliata dalla dolcezza dell’uva.
-Solo se non ti fai guardare in faccia. E comunque devi morire.-
-Me lo dicono tanti.- Non lo vede, ma sa che sta sorridendo. Deve stringere la coperta per non dargli un pugno. Non se ne libererà mai, di quell’orrenda visione. Dopotutto deve rimanere una bambina per sempre: i mostri che si annidano nella notte non le fanno più paura, ma uno spauracchio con il naso lungo e gli occhi fuori dalle orbite è più che sufficiente a sostituirli. Un mostro vero, di carne, che parla con lei come se potessero diventare amici.
Tira su col naso. Forse farà meno paura, se lo conoscerà da vicino.


A.A.:
Questa storia è un po' diversa dal mio solito. Onestamente non so come presentarla. Più che altro come... insomma, un'idea che mi attirava.
Non c'è un ordine preciso su come continuerò. Non seguo liste di prompt e non prendo parte ad alcuna challenge. Semplicemente passerò da personaggio a personaggio a seconda della mia ispirazione. Qui ho scelto di cominciare da Sugar, e ho deciso di legare la sua figura a Usopp, ma non è detto che il resto della raccolta riguardi per forza singoli personaggi e incontri tra coppie. 
Non è spiegato come mai Sugar sia scappata da Dressrosa, e non lo farò nemmeno per gli altri personaggi dei capitoli successivi. Il focus di questa storia non vuole essere quello. Si può implicare che si siano ripresi prima di essere catturati e siano sgusciati via, infilandosi via via sulla Going Grande Luffy e poi sulla Thousand Sunny. 
Non è neanche chiaro quando sarebbero stati scoperti, visto che nella storia sono presenti tutti i Mugiwara (presumibilmente anche Carrot e Jinbe) anziché solo Luffy, Zoro, Usopp, Robin e Franky. Non la vedo molto come qualcosa che abbia molto senso, ma personalmente lo preferisco così. 
Vi saluto, sperando che le mie storie vi piacciano anche così. 
Lady R

  
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