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Autore: parsefeni    24/06/2020    11 recensioni
«Evans, ti amo. Giuro, te lo giuro! Ti a-»
James Potter non fece mai in tempo a finire la frase; fu interrotto da un conato di vomito particolarmente violento che costrinse il giovane a piegarsi per riversare probabilmente anche il cenone di Capodanno del 1970 sulle scarpe di un’atterrita Lily Evans.
Nella sala comune dei Grifondoro calò il silenzio.
Lily, che non aveva il coraggio di guardare verso il basso, fissava James con uno sguardo indecifrabile come se aspettasse qualcosa. Una scusa, uno sguardo, un qualunque segnale che non la facesse sentire un’idiota per aver creduto anche solo per un attimo che quel demente fosse davvero cresciuto.
[Storia partecipante al contest "Merlino li fa e poi li accoppia" indetto da Shellcott sul Forum di EFP.]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'The Marauders' Tale'
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Storia partecipante al contest "Merlino li fa e poi li accoppia" indetto da Shellcott sul Forum di EFP. 
Pacchetto: Lambda.
 
***

«Evans, ti amo. Giuro, te lo giuro! Ti a-»
 
James Potter non fece mai in tempo a finire la frase; fu interrotto da un conato di vomito particolarmente violento che costrinse il giovane a piegarsi per riversare probabilmente anche il cenone di Capodanno del 1970 sulle scarpe di un’atterrita Lily Evans.
Nella sala comune dei Grifondoro calò il silenzio.
Lily, che non aveva il coraggio di guardare verso il basso, fissava James con uno sguardo indecifrabile come se aspettasse qualcosa. Una scusa, uno sguardo, un qualunque segnale che non la facesse sentire un’idiota per aver creduto anche solo per un attimo che quel demente fosse davvero cresciuto.
Anche Remus sembrò pensarla come lei, perché di colpo comparve al fianco di James nel tentativo di farlo riprendere.
 
«Prongs, alzati. Credo che dovresti-»
 
Ma di nuovo James interruppe la frase, questa volta dell’amico, per fare l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare: ridere.
Una fragorosa risata sfuggì alle labbra del moro, seguita subito dopo da un verso strozzato che non lasciava presagire niente di buono.
Fece in tempo solo ad alzare la testa, poi gli occhi di James si rovesciarono all’indietro ed il ragazzo cadde a peso morto sul pavimento, proprio vicino alla sua neonata opera d’arte.
Nessuno mosse un muscolo per qualche secondo.
Occhi serrati, occhiali storti sul naso e labbra schiuse, James Potter sembrava morto.
Inconsciamente anche lo sguardo di Lily si rilassò per cedere il posto alla preoccupazione, ma proprio in quel momento James ruppe il silenzio russando rumorosamente.
 
«Incredibile, sta anche sbavando.»
 
Commentò Sirius piegato sulle ginocchia con un sopracciglio alzato. Inclinò la testa di lato con un’espressione curiosa, come se stesse osservando una prestigiosa opera d’arte in un museo italiano, poi punzecchiò appena il corpo dell’amico con la punta della bacchetta.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso che conteneva l’infinita pazienza di Lily Evans.
Gettò a terra il regalo di James e girò i tacchi borbottando, tra i vari insulti, parole come “non voglio mai più vederlo”.
Remus lanciò un’occhiata di fuoco a Sirius, ringraziandolo ironicamente dell’aiuto, ma lui si limitò a sollevare la bottiglia che teneva ancora nella mano destra.
 
«Whisky Incendiario?»
 
Era mezzanotte e mezza del 27 marzo 1977 e James Potter aveva appena festeggiato il suo diciottesimo compleanno dichiarandosi, completamente ubriaco, alla ragazza che aveva cercato di conquistare per anni.

***
 
Quella domenica, a pranzo, James fece il suo ingresso in Sala Grande con l’aria di chi ha affrontato un drago a mani nude.
I suoi capelli, di norma già disordinati, schizzavano in tutte le direzioni e ricadevano scomposti sulla fronte pallida e aggrottata nello sforzo di mettere a fuoco qualcosa.
 
«Mi spiegate perché cazzo non ci vedo stamattina?»

Sbottò il ragazzo irritato, spingendo sul naso occhiali che non erano dove avrebbero dovuto essere. Al suo fianco, infatti, un Sirius Black particolarmente divertito giocherellava con le lenti del giovane Potter nell’attesa che l’amico si rendesse conto di non averli mai indossati.
 
«Non saprei. Forse hai sbattuto davvero forte la testa, Prongs.»
 
James ringhiò qualcosa in risposta e si lasciò cadere con convinzione sulla panca del tavolo dei Corvonero impiegando più di qualche secondo per realizzare che nessuno dei suoi amici aveva preso posto accanto a lui. Sollevò lo sguardo per chiedere cosa stessero aspettando, ma i suoi occhi malfunzionanti misero lentamente a fuoco un sognante Xenophilius Lovegood che lo osservava con sguardo curioso da dietro i suoi enormi occhiali colorati.
 
«Che ci fai tu qui?» La voce impastata di James fece sorridere il Corvonero. Xenophilus adagiò con estrema calma un vasetto pieno di quelle che sembravano lucciole sul tavolo tavolo di legno, poi spostò una ciocca di capelli lattiginosi dietro l'orecchio prima di indicare un punto impreciso sopra la testa del Grifondoro.
 
«Credo che i Nargilli ti abbiano rubato gli occhiali, James Potter. Sei al tavolo sbagliato.»
 
Solo in quel momento il moro realizzò il vero motivo per cui non ci vedeva. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere Sirius accasciarsi sulla panca dei rosso-oro in preda alle risate con i suoi occhiali stretti tra le dita della mano destra. Anche Remus, generalmente più pacato, era scoppiato a ridere di fronte all’espressione di James.
 
«Che stronzo che sei.» Sbottò quest’ultimo abbandonando un po’ a fatica il tavolo dei Corvonero per riprendersi le lenti.
La vista in alta definizione gli fece tirare un sospiro di sollievo che tuttavia durò ben poco. Si ritrovò a pensare che il mondo a macchie sfocate non fosse poi così male quando si rese conto che tutta la sala lo osservava ridacchiando e bisbigliando.
 
«Che hanno da guardare?»
 
Sirius smise di ridere di colpo e Peter, che fino a quel momento aveva sorriso timidamente dietro l’animagus, pensò che quello fosse proprio un buon momento per cercare gli appunti di Trasfigurazione nello zaino.
Remus invece guardò gli altri due prima di sbuffare, consapevole di essere l’unico in grado di portare a termine compiti delicati come quello.
 
«Ti ricordi niente di stanotte?»
«Certo! Abbiamo bevuto e aspettato la mezzanotte per festeggiare il mio compleanno.»
«E poi?»
«E poi non so, credo di essermi addormentato.»
«Non ricordi di aver parlato con Lily?»
«Lily?»
 
Remus gli riservò un’occhiata sconsolata, ma dall’altra parte della Sala qualcuno attirò la loro attenzione.
 
«Ehi, Potter!» la voce di Rodolphus Lestrange fece azzittire il chiacchiericcio in un baleno, costringendo James a guardarlo nonostante il mal di testa.
«Ho saputo che hai vomitato addosso ad Evans dopo esserti dichiarato, è vero?»
 
Il tavolo dei Serpeverde, e non solo, scoppiò in una risata sguaiata subito dopo l’affermazione e Rabastan Lestrange pensò bene di mettere il carico da novanta sullo scherno del fratello fingendo di vomitare addosso alla sua ragazza.
Il sopracciglio di James si sollevò in uno sguardo completamente perso e decisamente confuso. Voltò il viso verso il tavolo dei Grifondoro con un mezzo sorriso, in cerca del sostegno dei suoi amici di fronte a quella che nella sua testa era un’evidente presa in giro, ma capì presto che qualcosa non andava in quanto i suoi amici, in quel momento, non sorridevano affatto.
 
«Non le hai vomitato esattamente addosso...» Remus trafficò con le mani in palese stato di agitazione mentre cercava di addolcire il più possibile la pillola all’amico. Accanto a lui Peter si morse il labbro scuotendo la testa per rafforzare l’affermazione del lupo mannaro
.
«Le hai vomitato sulle scarpe, Jamie.» intervenne Sirius con poco tatto, beccandosi subito una librata dietro la nuca da parte del più responsabile dei quattro.
«Cazzo, Moony!» si lamentò il moro portando una mano dietro la testa. «Qualcuno doveva dirglielo!»
 
James smise di ascoltare il battibecco degli amici avvertendo invece un grosso magone allo stomaco. I suoi occhi corsero subito lungo il tavolo in cerca della ragazza, ma una volta constatata la sua assenza tornò a fissare Remus con aria sconsolata.
«Mi stai dicendo che…» James scosse la testa in totale negazione, ma la sua mente stava già riportando a galla frammenti della notte trascorsa. Come in un incubo ad occhi aperti vide sé stesso urlare davanti a tutti che amava Lily. Il seguito era un buco nero da cui, a pensarci, avrebbe voluto quasi non risvegliarsi.
 
«Dov’è?»
«In punizione con la McGonagall.» commentò Alice, seduta accanto a Frank Longbottom mentre sgranocchiava distrattamente un crostino di pane e leggeva il giornale. «Stamattina Goyle le ha urlato dietro che puzzava ancora di vomito; Lily gli ha dato un cazzotto sul naso.»
 
Lo sguardo tetro di James, benché attraversato da un barlume di orgoglio, si incupì maggiormente alla consapevolezza del fatto che Lily avrebbe sicuramente attribuito a lui la colpa della sua prima visita in detenzione dopo 7 anni di onorata carriera.
Deglutì quindi a vuoto, cercando nuovamente sostegno nei suoi amici.
Sirius gli diede una sonora pacca sulla spalla congedandolo come se stesse andando in guerra e James alzò il dito medio con rassegnazione prima di affrettarsi fuori dalla Sala Grande per cercare Lily.
 
Non riusciva a credere di averlo fatto.
Sei anni.
Sei anni aveva impiegato perché Lily si fidasse di lui. Aveva messo da parte ogni atteggiamento infantile, ogni cattiveria gratuita.
Aveva smesso di prendere in giro gli altri, si era scusato in più occasioni, si era impegnato per fare la differenza, per dare una mano, aveva lavorato davvero su sé stesso per cambiare e quando aveva ricevuto la spilla all’inizio del settimo anno aveva creduto sul serio di essere una persona migliore.
E forse l’aveva creduto anche lei, perché per la prima volta lo aveva guardato con un sorriso vero mentre sedevano vicini, sul treno per Hogwarts, nello scompartimento riservato ai Prefetti e ai Caposcuola.
Avevano parlato molto durante le ronde, lei lo aveva aiutato a studiare, lui le aveva insegnato a giocare a Quidditch.
Lei gli aveva parlato di Star Wars e di quanto fosse eccitata per l’uscita del primo film della trilogia, previsto per maggio di quello stesso anno, lui le aveva raccontato le fiabe di Beda il Bardo.
E poi una sera si erano ritrovati a passeggiare vicino alle sponde del lago nero.
Lily aveva una luce negli occhi che faceva invidia alle stelle in cielo, camminava con le mani dietro la schiena e il naso puntato verso l’alto. Il mantello della divisa ondeggiava dolcemente sul suo corpo e la gonna svolazzava appena a causa della brezza serale.
James si limitava a guardarla con la coda dell’occhio, quasi come se non volesse disturbarla, senza riuscire però a distogliere lo sguardo dalle sue labbra rosee e piene.
 
«James?»
«Mh?»
«Sai evocare un Patronus?»
 
Il ragazzo annuì appena, e alla muta richiesta di lei tirò fuori la bacchetta infilata nella tasca posteriore dei pantaloni. Pochi istanti dopo un maestoso cervo apparve fluttuando sullo specchiò d’acqua del lago, parzialmente coperto da un sottile strato di nebbiolina.
 
«Cos’è, un cavallo?» chiese ingenuamente la rossa, avvicinandosi per cercare di scorgere meglio la figura. A quella domanda James quasi si strozzò con la propria saliva, costringendo Lily a distogliere lo sguardo.
«Un cavallo?!»
Agitò in aria la bacchetta ed il cervo trotterellò verso di loro, girando con grazia attorno alla figura esile di Lily che reagì scoppiando a ridere.
«Giuro che con quella nebbia sembrava un cavallo!»
Il malandrino alzò gli occhi al cielo esasperato ed il cervo, quasi ad imitare il suo evocatore, scosse l’enorme testa accentuando la presenza delle corna che si diramavano imponenti verso l’alto.
«Sono senza parole. Un cavallo.»
Lily rise più forte e James smise di fingersi offeso. Non avrebbe mai saputo resistere alla sua risata cristallina, né alle fossette sulle sue guance o al modo in cui portava le dita a coprire le labbra.  
«È per questo che ti chiamano Prongs?»
La domanda lo colse un po’ di sorpresa, ma d’istinto James annuì ed il cervo sparì in una debole coltre argentata.
«È molto bello.» mormorò lei avvicinandosi piano, le guance leggermente arrossate sotto la luce della luna.
«Tu di più.» rispose lui in modo forse un po’ affrettato. Le sue orecchie si tinsero di rosso non appena si rese conto di ciò che aveva detto, ma lei non sembrava infastidita.
Posò invece una mano delicata sul petto del ragazzo e strinse appena la sua cravatta tra le dita sottili.
Gli occhi verdi di Lily cercarono quelli color nocciola di James, e da fiera Grifondoro qual era tirò a sé la stoffa con un’espressione determinata.
«Credo che dovresti baciarmi, Potter.»
Le labbra di James, inizialmente schiuse per la sorpresa, si curvarono in un sorriso divertito. Le sue mani si posarono sui fianchi della ragazza e le sue dita si strinsero con fermezza sulla stoffa della camicetta sottile della divisa.
Riusciva ad avvertire il calore della sua pelle nonostante i vestiti, ne avvertiva il profumo man mano che si avvicinava a lei.
«Lo credo anche io.» aveva sussurrato sulle sue labbra il giovane Potter, sfiorandole il naso col suo prima di eliminare la distanza tra di loro.
 
Uno sbattere di porta lo fece sobbalzare bruscamente riportandolo al presente ed interrompendo il flusso di pensieri in cui James si era cullato prima di affrontare la tempesta.
Poggiò la mano sul petto e guardò verso la fonte del rumore; Lily era appena uscita dall’ufficio della McGrannitt e sembrava sul punto di commettere un omicidio. James era quasi certo di riuscire a vedere un’aura nera attorno alla sua figura, e quando la rossa incrociò il suo sguardo fu certo di essere un po’ morto dentro.
Lei non disse niente, si limitò a guardarlo con disprezzo prima di voltarsi nella direzione opposta.
 
«Lily! Lily, aspetta!» urlò lui correndole dietro. Lei in tutta risposta affrettò il passo svoltando l’angolo.
«Mi dispiace! Sul serio! Fermati, fammi spiegare.»
«Non ti voglio parlare!»
 
***
 
Nei giorni successivi ogni tentativo di James di parlare con Lily fu totalmente inutile. Era incredibile quanto diventassero diaboliche le ragazze quando dovevano nascondersi a vicenda.
Non importava quanto cercasse di aggirarle, Lily era sempre circondata da un gruppo di amiche che erano pronte a spezzare le dita di James se solo avesse provato ad avvicinarsi.
Si muovevano in branco seguendo una precisa formazione silenziosamente studiata per fare in modo che tutte potessero stringersi a cerchio attorno al soggetto da difendere non appena l’indesiderato numero uno fosse stato a meno di 3,5 metri di distanza.
 
«Così è troppo, le ho solo vomitato addosso!» sbottò un giorno James sul campo di Quidditch mentre tamponava con delle garze il labbro di Justin Foley, il ragazzino del secondo anno che si allenava con loro come battitore di riserva. Concentrato sui bolidi, Justin aveva totalmente ignorato il resto dei giocatori e si era beccato come insegnamento un’involontaria gomitata direttamente in faccia da parte del cercatore della squadra.
Remus, accorso dagli spalti per aiutare l’amico, lo guardò con una delle sue solite occhiate di disapprovazione.
«Hai ferito i suoi sentimenti James, l’hai umiliata.» osservò esasperato mentre porgeva un fazzoletto a Justin che intanto piangeva di dolore per il sangue che sgorgava e per i modi poco delicati del cacciatore. Il lupo mannaro, che aveva sempre una certa premura verso chiunque, spostò delicatamente i capelli corvini del ragazzino nel tentativo di confortarlo.
«Ma non mi dà nemmeno modo di spiegare!» Esclamò con fervore l’altro, premendo troppo forte sulla ferita di Justin che passò dalle stelle di Remus alle stalle di James ed urlò di dolore.
«Scusa Juss. Il punto è che non mi dà modo di dirle che mi dispiace.» A questo punto la riserva sembrava seriamente terrorizzata; guardò con preoccupazione la mano di James che andava a prendere il disinfettante, poi spostò lo sguardo su Remus che invece stava sistemando con cura le garze da porgere all’amico.
«Devi avere pazienza. Non puoi pretendere che stia ai tuoi tempi e che le passi subito.»
Il riccio spruzzò il disinfettante sul labbro di Justin e stava per prendere con foga le garze dalle mani di Remus quando il ragazzino lo fermò prendendolo per il polso con gli occhi pieni di lacrime.
«No!» esclamò tirando su col naso ed asciugando le guance bagnate con il dorso della mano sporca. «Fallo fare a lui, ti prego.»
Indicò Remus con la testa, probabilmente confortato dai suoi modi molto più gentili, scatenando in lui una piccola risata. La vena sulla fronte di James sembrò invece essere in procinto di esplodere a quel punto, così mollò tutto in mano all’amico e si alzò di colpo facendo cadere sull’erba la testa di Justin, fino a quel momento poggiata sulla sua gamba.
«Ragazzino ingrato.» borbottò prima di tornare sulla scopa.
 
Un’ora dopo James uscì dagli spogliatoi con i ricci ancora umidi a causa della doccia appena fatta.
Il sole stava calando sul lago nero e la brezza serale lo fece rabbrividire costringendolo a scuotersi leggermente nel tentativo di scrollarsi di dosso i brividi lungo la spina dorsale.
Quegli ultimi giorni di marzo stavano portando via man mano il freddo dell’inverno per lasciare il posto a giornate un po’ più lunghe, un po’ più miti.
Era stato l’ultimo compleanno festeggiato ad Hogwarts, l’ultimo marzo che si lasciava alle spalle come studente.
Quella consapevolezza lo colpì come un bolide in pieno petto e per un attimo non si rese conto di essere arrivato al cortile interno dove una Lily completamente assorta leggeva un libro di una saga babbana che lei amava.
 
La osservò per qualche minuto in silenzio, spaesato ma fermo, giusto il tempo per realizzare che non poteva perderla in quel modo.
Giusto il tempo per capire che voleva uscire da quella scuola mano nella mano con lei. Voleva svegliarsi la mattina con i suoi capelli rossi sparsi sul cuscino, voleva guardare il verde nei suoi occhi e sorprendersi ogni giorno di quanto spenti fossero stati i colori prima di incontrarla.
«Evans.»
Il suo tono era duro. Non aveva più voglia di rincorrerla come fossero bambini di dieci anni.
Lei sembrò dedurlo perché rimase dov’era, immobile, continuando a leggere il suo libro senza degnarlo di uno sguardo.
«Vuoi smetterla di comportarti da bambina? Non puoi evitarmi per sempre.» la frustrazione nella voce di James era palese, ma Lily non aveva intenzione di lasciarsi intimorire. Alzò un sopracciglio e chiuse il libro di scatto, sbuffando appena dal naso mentre si voltava a guardarlo con lo stesso sconcerto con cui si guarda uno Schiopodo Sparacoda per la prima volta.
«Ah, io sarei la bambina?»
Commentò ironica mentre lanciava il libro nella borsa per alzarsi e fronteggiare James. Nonostante fosse evidentemente più bassa, James pensò che in uno scontro a mani nude Lily forse non avrebbe vinto, ma sicuramente non gli avrebbe dato la soddisfazione di vincere senza spaccargli qualcosa.
Tuttavia, il moro ricambiò il suo sguardo con la stessa tenacia e rimase fermo sulle proprie posizioni.
«Sì, in questo momento sì. Mi dispiace, d’accordo? Mi dispiace di aver bevuto troppo a quella stupida festa.»
La rossa scosse la testa alzando gli occhi al cielo consapevole di qualcosa che James non aveva evidentemente capito, poi incrociò le braccia al petto con aria stizzita.
«Pensavo che fossi maturato, che fossi cresciuto. Ho davvero sperato che tu avessi imparato a dare un peso alle parole.»
«L’ho fatto! Dio, Lily, l’ho fatto! O per lo meno, ce la sto mettendo tutta per cambiare e lo sai.» James fece un passo in avanti, ma la ragazza arretrò di rimando.
«Non volevo vomitarti sulle scarpe. Ero ubriaco! Davvero vuoi buttare a puttane tutto quello che abbiamo condiviso per una sbronza? Tutto quello che ci siamo detti, quello che abbiamo vissuto. Vuoi cancellare ogni cosa per una bevuta di troppo? So che non è una giustificazione, lo so, ma non avevo idea di cosa diamine stessi facendo!»
«Ah, davvero?» Per un momento Lily parve delusa. I suoi occhi lampeggiarono e si morse il labbro come per trattenere le parole, poi tirò su col naso ed allargò le braccia verso l’esterno.
«È per questo che hai urlato davanti a tutta la Sala Comune che mi ami? Perché non sapevi cosa stavi facendo?»
 
Il cuore del ragazzo perse un battito mentre lei lo fissava con quelle iridi penetranti, in attesa di una risposta da parte sua. Realizzò di colpo che il vero problema non era mai stato il vomito, ma l’apparente noncuranza con cui le aveva detto di amarla.
Remus aveva dannatamente ragione quando gli diceva che non capiva mai il centro delle questioni.  
Aprì la bocca per rispondere, ma lei lo interruppe scuotendo la testa.
«No, sai una cosa? Non serve. Non so a quali relazioni tu sia abituato James. Non so se quel tipo di espressioni sono cose che normalmente dici alla leggera a qualunque ragazza tu abbia frequentato. Ma io non sono così, diamine. Io ci tengo. Ci tengo sul serio. Non sono il tipo che cambia un ragazzo a settimana, non ho mai detto a qualcuno che lo amo. Pensavo di aver visto qualcosa in te. Pensavo di aver collegato ogni punto. Pensavo di avere di fronte la persona che inconsciamente ho voluto così fortemente per tutti questi anni. Io-»
 
La ragazza tremò leggermente, ma non distolse mai lo sguardo da quello di James ed in quel momento lui aggiunse quella determinazione all’infinita lista di motivi per cui Lily Evans gli aveva rubato il cuore.
Si avvicinò piano, come se stesse avendo a che fare con un Ippogrifo imbizzarrito, poi cercò le sue mani per stringerle piano nelle proprie.
 
«Nemmeno io.» mormorò con un sospiro. «Non l’ho mai detto a nessuno, Lily. Non l’ho mai provato. Vuoi avercela con me perché ti ho vomitato sulle scarpe? Sacrosanto. Perché è stata una dichiarazione penosa? Non potrei essere più d’accordo con te. Ma se pensi che l’abbia detto alla leggera, se pensi che io non provi ciò che ho detto allora permettimi di dirti che sei un’idiota.»
La fronte di Lily si corrugò appena, ma lei non disse nulla e lui capì che gli stava dando modo di spiegare.
 
«La prima volta in cui ho capito che dovevo parlarti avevo undici anni. Ti eri appena seduta al tavolo dei Grifondoro e sorridevi come se fossi pronta a conquistare il mondo. Non so che ne sia stato del mondo, ma certamente hai conquistato me. Quando mi hanno messo il Cappello in testa, il suo primo commento è stato “ho l’impressione che mi daresti fuoco se non ti smistassi in Grifondoro”.»
 
L’espressione di Lily si sciolse in una piccola risata e James si rilassò un po’ nonostante il cuore gli battesse all’impazzata nel petto.
Respirò a fondo un paio di volte, poi annuì come per confermare quello che aveva raccontato.
 
«Giuro. Ha urlato quell’ultima parola e da quel giorno ho sempre e solo voluto attirare la tua attenzione. Non l’ho sicuramente fatto nel migliore dei modi, ma volevo solo un’occasione. La volevo davvero. E quando l’ho ottenuta mi sono sentito invincibile per la prima volta nella vita. Non ho mai capito cosa volesse dire sentirsi completi. Non ho mai provato la sensazione di essere compreso così a fondo da qualcuno che non fosse mio amico. Mi mancano le nostre risate, le nostre prese in giro, il modo buffo che hai di mangiare i muffin la mattina. Mi manca guardarti mentre studi e ricevere un calcio sotto al tavolo perché non mi concentro. Mi manca l’impegno che ci metti per non addormentarti mentre parlo dell’ultima partita di Quidditch, mi manca il modo in cui canticchi quando sei assorta e ti arrotoli i capelli intorno al dito. Sono passati a malapena tre giorni, capisci? Non posso pensare di passare una vita a distruggermi sul ricordo di tutto quello che sei. Non posso immaginare un arco temporale in cui io e te non siamo insieme. Ed anche se hai scambiato il mio Patronus per un cavallo, Lily Evans, e sappi che non lo dimenticherò, voglio che tu sappia che ti amo. Da sobrio, da ubriaco, mentre dormo, sempre. In ogni momento della mia vita ti amerò. E con questo non voglio metterti fretta. Aspetterò. Quando sarai pronta ad amarmi, sarò qui. Ti aspetterò per tutta la vita se sarà necessario, ma sarebbe carino se non mi facessi invecchiare nel frattempo.»
 
Gli occhi di Lily sembravano due fari al tramonto, luminosi e lucidi ma addolciti dal ricordo di quei sei anni di corte spietata che James le aveva fatto e da quegli ultimi mesi in cui aveva realizzato quanto James fosse cresciuto. Il sorriso sul suo viso non accennava a scomparire e la mano del cacciatore che stringeva la sua sembrava di nuovo il primo vero porto sicuro a cui si fosse mai aggrappata.
La ragazza si specchiò negli occhi color nocciola di lui, alto e rassicurante, che aspettava disperatamente una sua reazione. Ne studiò i ricci scuri tra cui aveva passato le dita così tante volte ritrovandosi a fantasticare sui momenti di intimità che li aveva uniti ogni giorno un po’ di più. Finalmente, dopo tanto tempo, Lily aveva trovato il coraggio di scavare a fondo dentro sé stessa ed aveva portato alla luce quella verità che conosceva ma che aveva deciso di ignorare. Così alla fine annuì fingendosi rassegnata e posò delicatamente la fronte a quella del ragazzo.
 
«Mi arrendo, James Potter. Ti amo.»
 
Il silenzio ovattato che circondava il cortile sembrava irreale, quasi una magia. A James sembrò di tornare a respirare dopo ore di apnea, eppure continuava a pensare che se Lily avesse teso l’orecchio avrebbe potuto sentire distintamente il suo cuore che stava palesemente sbattendo ovunque contro le pareti della sua cassa toracica. Era incredulo, tanto da avere voglia di prendersi a pugni per vedere se fosse sveglio. Ma Lily lo fissava emozionata con quel sorriso dolce sulle labbra e la pelle arrossata come se fosse stata troppo al sole. Era calda, vera e respirava piano sulla sua pelle.
Così si avvicinò per baciarla, ma lei di colpo arretrò e posò un dito sulle sue labbra.
 
«Aspetta. Voglio che tu mi faccia una promessa.»
«Una promessa?»
«Sì.»
«D’accordo.»
 
***
 
«Acqua?»
 
James sbuffò sonoramente all’ennesima ripetizione dell’amico. Alzò gli occhi al cielo e cercò il supporto di Remus con lo sguardo, trovando però solo un’alzata di mani che implicava un silenzioso “veditela tu”. Peter, d’altro canto, fissava con rinnovato interesse il camino spento nella Sala Comune dei Grifondoro.
 
«Sì Pad, acqua. Le ho promesso che berrò solo acqua fino alla fine della scuola.»
 
Sirius scosse la testa scioccato per l’ennesima volta, quasi gli avessero appena detto che i babbani non esistono e sono solo una finzione.
Camminò avanti ed indietro, si fermò, riprese quella camminata stizzita parlottando tra sé e sé, poi si arrestò definitivamente davanti ai suoi amici col pugno alzato.
 
«No, mi rifiuto. Non l’avrà vinta. A costo di correggerti il caffè la mattina, Potter.» si bloccò di colpo guardando un punto oltre la spalla di James e poco dopo indicò freneticamente la fidanzata del suo amico appena entrata attraverso il quadro della Signora Grassa. «Tu! Non l’avrai vinta Evans. Jamie non rimarrà sobrio tanto a lungo in mia presenza.»
 
Questa volta fu il turno di James di scuotere la testa e scoppiò a ridere divertito trascinando con sé Remus e Peter.
Lily lo raggiunse con un sorriso allegro e si accomodò sulle sue gambe rubandogli poi un bacio sulle labbra con una naturalezza che per un momento fece perdere entrambi negli occhi l’uno dell’altra.
 
«Non l’ha ancora accettato?» chiese la rossa accennando con la testa in direzione di Sirius.
«Non lo accetterò mai Evans. Mai. Ti dichiaro ufficialmente guerra.»
 
Un’altra fragorosa risata esplose nella Sala Comune dei Grifondoro e questa volta anche Sirius si lasciò trascinare.
La testa di Lily si incastrò senza sforzo sotto l’incavo del collo del suo ragazzo e, mentre le sue mani andavano a stringere il suo corpo caldo, James si guardò intorno e pensò che in fondo il futuro non gli avrebbe fatto così tanta paura finché avesse avuto quelle persone al suo fianco.
 



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Salve a tutti!
Ringrazio chiunque abbia letto questo mio primo tentativo di scrivere una fanfiction su James e Lily!
Essendo la mia prima storia non ho pensato di inserire un commento, ma ho pensato che vorrei "giustificare" alcune scelte!

1. La presenza di Rodolphus e Xenophilus nella storia:
non ho trovato fonti che indicassero il loro preciso anno di nascita.
Ho solo scoperto che si suppone siano nati intorno al 1964.
Essendo i Malandrini nati nel 59/60, ho ritenuto plausibile che loro,
e di conseguenza Rabastan, potessero essere studenti ad Hogwarts nello stesso periodo. 

2. La presenza di Alice e Frank Longbottom:
anche qui, non ho trovato nemmeno una data indicativa della loro nascita.
Niente di niente. Quindi sono andata totalmente di fantasia in questo caso!
Ho sempre immaginato Frank come il quinto studente nel dormitorio dei
Grifondoro insieme ai quattro Malandrini, quindi mi piace pensare che
anche loro abbiano la stessa età di James e Lily.

Detto questo, ringrazio davvero tanto chi ha recensito e chi ha messo la storia tra i preferiti.
È  meraviglioso per me sapere cosa ne pensate in modo da poter prendere spunti per migliorarmi!
Spero di ricevere altri pareri.

Parse
   
 
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