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Autore: Voglioungufo    24/06/2020    9 recensioni
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«Malattia di Hanahaki (花 吐 き 病): Vomitare fiori.
La vittima tossisce petali di fiori quando soffre di amore unilaterale. Più si avvicina a un fiore sbocciato, più ci si avvicina alla morte. Oltre al ricambio dei sentimenti da parte dell’amato, non esiste una cura nota per questa malattia
Sasuke alza lo sguardo dal testo polveroso e guarda Sakura, il suo volto pallido e gli occhi gonfi dal pianto, la cornea macchiata rosso.
“Non esiste nulla del genere” dice.
Ma il mucchio di fiori che gli porge con un singhiozzo dice il contrario.
Ha una fitta al petto, un dolore che si mischia al senso di colpa e gli blocca il respiro. Perché vorrebbe, ma non può amare Sakura come vuole lei, non ci riesce.
“Sakura…”
Scuote la testa, gli occhi umidi. “Non sono miei…”
Sono di Naruto.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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7
Higanbana
 
 
Svegliarsi con il mal di testa non è mai un buon segno, soprattutto se aprendo gli occhi la prima cosa che vedi è l’ospedale.
Che diamine?
Sbatte le palpebre, sentendo che tutto il corpo – ma soprattutto la zona del torace – gli fa un male dannato. Anche se non è il tipico dolore che prova quando è stato pestato da Sakura o Sasuke, è più… come quando dormi troppo a lungo in una posizione strana.
Prende un grande respiro e un forte odore di arance lo colpisce al naso. Curioso volta la testa di lato e vede su una sedia d’attesa Kakashi, intento a pelare proprio uno di quei frutti arancioni.
“Oh, sei sveglio” commenta allegramente senza alzare gli occhi.
Perplesso di vedere proprio il Rokudaime al suo capezzale – quando non ha nemmeno idea di come sia finito in ospedale – si alza a sedere in cerca di risposte. Ma prima che apra la bocca Kakashi gli sta porgendo uno spicchio di arancia. Lo prende titubante e quando lo porta alla bocca si accorge di star morendo di fame.
Da quanto tempo sono qui? Perché sono qui?
“Kakashi-sensei…” chiede ingoiando lo spicchio. “Cos’è successo?”
L’uomo canticchia invece di rispondere, continuando a dividere l’arancia in un lavoro meticoloso che lo fa snervare. Sta per sbottare qualcosa quando finalmente parla.
“Naruto caro, sai che giorno è oggi?” chiede sereno.
Aggrotta le sopracciglia alla domanda strana.
“L’ultima data che ricordo è il sedici Giugno, sensei” risponde.
Kakashi annuisce soddisfatto e gli porge il resto degli spicchi.
“Ottimo, Naruto, molto bene” lo loda. “Vedi, oggi è il venticinque Ottobre”.
Il tono allegro l’ha totalmente fuorviato, perciò capisce cosa ha effettivamente detto solo quando ha già l’arancia in bocca e dalla sorpresa si ritrova a sputare gli spicchi mangiucchiati.
“Ottobre?!” ripete soffocandosi.
Trovandosi in ospedale si era aspettato di essere rimasto fuori combattimento per qualche giorno, ma addirittura quattro mesi?
“Cos’è successo?” chiede ancora, più incisivo e preoccupato.
Cos’è successo che l’ha fatto restare svenuto per quattro mesi?  E perché non ricorda assolutamente nulla?
“Mangia la tua arancia, Naruto” lo riprende Kakashi poco impressionato dal suo sguardo omicida .
Ma è alla fine è sempre stato un ragazzo ubbidiente e si ficca in bocca tutti gli spicchi rimanenti, gonfiando le guance come un criceto.
“Allora?” bofonchia appena comprensibile.
Kakashi annuisce.
“Cos’è l’ultima cosa che ricordi?”
“Tu che mi schiavizzi nel tuo ufficio” risponde veloce. Del resto è quello che ha fatto per tutta l’estate quando non era in missione.
“Io non ti schiavizzo” protesta. “Ti insegno solo come si comporta un futuro Hokage, mio dolce studente”.
Lo guarda diffidente, perché se c’è una cosa che ha capito dopo tutti quegli anni è che quando Kakashi usa quel tono zuccheroso e spensierato c’è solo da preoccuparsi.
“Altro?” chiede.
Aggrotta la fronte, cercando di ricordare, ma per qualche motivo è difficile.
“A fine giornata ti ho accompagnato alla lapide commemorativa, così salutavo con te i miei genitori e…”
La ruga sulla sua fronte si accentua mentre si sforza, perché è certo ci fosse qualcun altro su quella lapide che dovevano salutare, ma non riesce proprio a ricordare chi. Non conosce nessun altro nome inciso oltre quello dei suoi genitori e lo stesso vale per Kakashi.
Scrolla le spalle poco preoccupato, del resto se non ricorda ben quattro mesi è normale che si confonda.
Kakashi attende dica altro, ma al silenzio prolungato annuisce fra sé.
“Proprio come ha detto Tsunade” borbotta.
“Perché?” sbotta ormai esasperato. “Che cosa mi è successo?”
Per un momento teme che non risponda, ma poi sospira e per la prima volta da quando si è svegliato vede nel suo sguardo preoccupazione e mestizia.
“Come ti senti?”
Naruto è vicinissimo a mettersi a urlare.
“Sto bene” dice incisivo, lasciando che tutta la sua esasperazione si legga in faccia. “Starei meglio se mi dicessi che ci faccio qui!”
 “Comprensibile” gli sorride, poi si alza dalla sedia pigramente. “C’è un cambio di vestiti nel comodino. Indossali e raggiungimi fuori dalla stanza. Ti spiegherò tutto per strada”.
Naruto lo guarda imbronciato mentre esce, ma poi sospira rassegnato e fa come dice. I muscoli e le ossa scricchiolano mentre si rimette in posizione eretta e per un momento ha un giramento di testa che lo costringe ad appoggiarsi al muro.
Prende una lunga boccata d’aria cercando di tornare stabile sulle proprie gambe.
Ma a parte questa debolezza, sicuramente causata dal suo essere rimasto svenuto troppo a lungo, si sente bene.
C’è solo una fitta costante al petto, che non riesce a capire da cosa esattamente provenga. Sembra dal cuore, ma non è come se il muscolo fosse affaticato nel contrarsi. No… è qualcosa di diverso, simile a una consapevolezza: ci deve essere qualcosa ma qualcosa non c’è.
È simile a quando aveva tredici anni e Sasuke era appena partito: si voltava sicuro di trovare Sasuke al suo fianco e Sasuke in realtà non c’era. È lo stesso tipo di dolorosa consapevolezza, che manchi qualcosa che dovrebbe esserci.
Kurama, cosa sta succedendo?, chiede allarmato nella propria mente.
Ma la Volpe non sembra voler parlare con lui, si è rintanato in un punto lontano della sua mente accoccolato nelle sue code.
Te lo dirà lo spaventapasseri, è l’unica spiegazione borbottata di malavoglia.
Naruto è certo di star per impazzire e ora è davvero preoccupato. Perciò quando esce dalla stanza d’ospedale non può far a meno di chiedere come prima cosa:
“Sasuke sta bene?”
Kakashi sembra sorpreso dall’impeto della sua domanda, i suoi occhi pigri lo guardano leggermente confusi.
“Mai stato così in forma” lo rassicura.
Ma Naruto non si convince, resta mangiato dal nervosismo.
“Sakura allora?”
“Sana e bella come al solito”.
“Sai?”
Kakashi ora lo guarda preoccupato.
“Che dire di Sai… il solito. Sta bene”. Fa una pausa dove lo studia con apprensione. “Stiamo tutti bene, Naruto” lo rassicura.
Annuisce, anche se si sente la gola secca e il cuore dolorante.
“Cos’è successo?” chiede ancora e, davvero, si sta stancando di ripeterlo.
Kakashi gli appoggia una mano sulla spalla e lo invita a uscire dall’ospedale. Fortunatamente non resta in silenzio troppo a lungo.
“Circa una settimana fa, sei stato mandato in missione fuori dal villaggio. Lo ricordi?”
Naruto aggrotta le sopracciglia, forzando la memoria per cercare questo ricordo. Nel farlo stringe le labbra e ronza con la gola.
“Credo… di sì” dice incerto. Ha come una sensazione di verità, sa che è stato mandato in missione fuori dal villaggio, ma non se lo ricorda.
“Se dico Chiesa dello Tsukiyomi aiuto in qualche modo?”
Lo sguardo di Naruto di adombra. “Sì,” ringhia, “sono i pazzoidi che vogliono riportare Kaguya”.
Kakashi annuisce. “Esattamente. Abbiamo trovato una base principale qui nella Terra del Fuoco, sei stato mandato con una squadra per catturare il loro Cardinale. Ma…”
“Qualcosa è andato storto” indovina funesto, quel qualcosa andato storto deve essere il motivo per cui si trovava in ospedale senza memoria.
“La missione è stata un successo” garantisce il Rokudaime, “ma tu sei stato colpito da un potente jutsu sconosciuto. Tsunade credeva che potesse aver intaccato la tua memoria e, come hai dimostrato, aveva ragione”.
È il turno di Naruto di annuire, soddisfatto di avere più chiara la situazione. Forse dovrebbe essere preoccupato per essere stato colpito da questo jutsu sconosciuto, ma se è sopravvissuto è qualcosa che può gestire.
“Quindi, tutto qui? Tutte queste storie perché non mi ricordo gli ultimi quattro mesi?” chiede e assottiglia gli occhi quando Kakashi gli lancia un’occhiata incredula.
Forse si aspettava una reazione meno tranquilla a quel fatto, ma davvero non è un grande problema. Qualsiasi cosa sia successo in quell’estate possono raccontargliela Sasuke e Sakura e tutti gli altri. E poi se la missione è stata un successo non c’è davvero niente di cui preoccuparsi. Ogni tanto si rompe un braccio o una gamba, questa volta ha una leggera amnesia: sono shinobi, succede.
“In realtà crediamo abbia colpito anche altri ricordi… molto specifici” continua Kakashi, indica la strada che stanno percorrendo. “Stiamo proprio andando a verificarlo”.
Prestando finalmente attenzione alla zona attorno a lui, Naruto riconosce la direzione: stanno andando al monumento commemorativo. Per qualche motivo questa scoperta gli appesantisce il cuore e si sente nervoso, perciò fa il resto della strada in silenzio, chiedendosi perché tra tutti i posti stiano andando proprio lì.
Il monumento è sempre la solita lastra di pietra di nomi incisi al campo di allenamento. Appena sono lì Naruto chiude gli occhi e piega il capo in preghiera versa i suoi genitori.
Kakashi è dritto al suo fianco, le mani dentro le tasche dei pantaloni nella solita posa indolente.
“Quindi?” spezza il lungo silenzio.
Kakashi annuisce, come ricordando che sono qui per un motivo ben preciso.
“Tra queste persone c’è il mio migliore amico” dice e, per quanto Naruto si senta triste per il suo sensei a scoprire questa cosa, continua a non capire cosa c’entri con la sua memoria.
“Mi dispiace” dice comunque e lo tocca su una spalla per essere di conforto.
Kakashi fa un’espressione amara, poi scuote la testa.
“Cosa ricordi della battaglia con Kaguya?”
Ancora una volta, la domanda lo prende in contropiede e il desiderio di urlare perché non sta più capendo niente si fa sempre più forte. Ma si fida di Kakashi, sicuramente in qualche modo contorto tutto questo deve avere un senso, quindi si sforza.
“Allora… ci ha trasportato in una dimensione diversa e ho scoperto di saper volare” inizia. “Poi Sasuke è stato davvero stupido con te e Sakura, ma siamo riusciti a mettergli un po’ di sale in zucca. Quindi ho provato il mio fenomenale jutsu definitivo!” si anima, salvo poi ridacchiare nervoso. “Non ha propriamente funzionato… Kaguya ha cambiato dimensione e ha allontanato Sasuke da noi, trasferendolo in un’altra ancora. Quindi per farlo tornare abbiamo…” si interrompe mentre la sua voce sfuma.
Socchiude gli occhi e sporge il labbro inferiore, nella sua classica e buffa espressione pensosa. Ma dopo una manciata di lunghissimi secondi concentrato in quel modo sgrana gli occhi e torna su Kakashi esitante.
“Io… non ricordo come abbiamo fatto” ammette. “E anche dopo, quando Kaguya ci ha trasferito nella dimensione della gravità… lì è successo qualcosa, vero?”
Si sente terribilmente smarrito e per qualche motivo il petto fa male, il cuore sembra troppo stretto nella gabbia delle costole. Si porta una mano ad afferrarsi la maglietta, quasi a voler fermare il battito accelerato. È successo qualcosa lì che non ricorda e per qualche motivo pensarci gli fa desiderare di piangere.
Kakashi lo afferra saldamente, le mani sulle sue spalle.
“Tranquillo, Naruto, va tutto bene” dice con voce calda, rassicurante. “È il jutsu, va tutto bene. Vieni, sediamoci”.
Naruto segue il sensei mentre lo spinge a sedersi sul prato e allo stesso tempo cerca di regolarizzare il proprio respiro, di lasciarsi calmare dalle parole tranquillizzanti di Kakashi.
Il quale attende si sia calmato prima di porgere un’altra domanda.
“Ricordi il secondo Madara?”
Un lampo di rabbia e odio passa sugli occhi blu, scurendoli.
“Sì” ringhia, il corpo rigido al ricordo.
“Ottimo” annuisce Kakashi. “Ricordi anche quando sei riuscito a rompere la sua maschera?”
Il flashback di quella battaglia passano nella sua mente, insieme al ricordo della rabbia e della frustrazione che aveva provato nel combattere contro quell’individuo che si proclamava nessuno.
“Sì” ripete nello stesso tono.
“Ricordi anche chi ci fosse dietro quella maschera?”
Naruto socchiude la bocca e si irrigidisce. Per quanto riesca a vedere il momento in cui l’ha colpito in faccia con il rasengan, frantumando quell’odiosa maschera, il resto diventa vuoto e nebuloso come nei ricordi con Kaguya.
“No…” mormora confuso.
Il sospiro rassegnato di Kakashi aumenta solo la sua preoccupazione. C’è qualcosa che non va, qualcosa che gli fa battere dolorosamente il cuore nel petto. Non capisca perché gli faccia così male, come se fosse stata aperto da bisturi, come se fosse vuoto.
“Non credo ci sia un modo facile per dirlo” considera fra sé Kakashi, poi torna a guardare la tomba. “Sotto le spoglie di Uchiha Madara, c’era Uchiha Obito”, una pausa, “il mio migliore amico”.
È un’informazione troppo grande perché Naruto riesca a coglierla nel suo pieno, ha così tanti significati e implicazioni che rischiano di fargli scoppiare il cervello per le domande che emergono quasi autonomamente.
Torna a guardare la lapide, tentando di fare ordine nella testa.
“Quel migliore amico lì?” chiede. “Ma non capisco, ‘tebayo! Quelli non sono i morti della Terza Guerra? Che cosa…”
Si interrompe e stringe gli occhi, perché davvero si sta sforzando di ricordare e più ci prova più fa male. Ma non alla testa, come se fosse un’emicrania, come se fosse il suo cervello a essere bloccato. Quello che sembra incapace di aprirsi è il cuore, è quello che fa male nello sforzo di superare l’ostacolo del puro vuoto.
Kakashi gli offre la sua presa, salda e sicura.
“Non sforzarti” dice. “È il jutsu. Più ti sforzi, più provoca dolore”.
“Perché non ricordo queste cose?” singhiozza con il respiro traballante. Sta cercando di calmarsi, ma non ci riesce. Come ha potuto dimenticare qualcosa di così importante? “Perché non riesco a ricordare la Quarta Guerra?!”
“Respira con me” evita le sue domande. “Segui il mio ritmo. Espira, inspira, espira…”
Naruto cerca di concentrarsi, di restringere il ronzare dei suoi pensieri solo al proprio respiro. Se è il jutsu, allora si sforza di pensare a tutt’altro. La sua mente vola facilmente al ramen, al pensiero che dopo tutta questa merda si merita un bis doppio.
Ancora una volta il ramen gli salva la vita e sente il sangue tornare placido, smettere di ribollire per tutto il corpo impazzito. Fa un solo cenno a Kakashi per fargli capire che va tutto bene.
“Perché il jutsu ha colpito proprio questi ricordi?” chiede.
Può capire che abbia cancellato dalla sua mente gli ultimi mesi, ma perché ha intaccato qualcosa di così specifico? Perché fra tutti i suoi ricordi ha scelto la fine della Quarta Guerra?
Kakashi lo osserva in silenzio per alcuni secondi, gli occhi vigili e attenti al minimo segnale di debolezza.
“Abbiamo solo una teoria” inizia lento, incerto. “Probabilmente il loro obiettivo era farti dimenticare cosa sarebbe successo se il fiore divino fosse sbocciato, così da eliminare la tua volontà di contrastarli. Ma qualcosa è andato storto, forse la presenza del Kyūbi ha influito, e invece hanno rimosso solo alcune parti della guerra. Per esempio contro chi stessi combattendo”.
Naruto abbassa lo sguardo, valutando attentamente questa informazione. Ne capisce il senso, è logico, perciò nonostante le fitte al petto che continuano a insistere annuisce.
“Va bene. Ho capito”. Fa una pausa, poi lo guarda speranzoso. “Torneranno mai? I miei ricordi?”
Non serve che risponda, l’espressione desolata nelle iridi grigie basta da sola.
“Oh”.
Non sa come sentirsi in merito. È frustrante non ricordare, avere questa barriera di nebbia, ma allo stesso tempo… non ricorda. Non ne sente una mancanza, non sa cos’ha perso. Forse è per questo che appena sveglio ha provato quella sensazione angosciante.
“Ti racconterò com’è andata”.
La voce di Kakashi lo riscuote e si ritrova a osservarlo spaesato. I suoi occhi espressivi traboccano di affetto e determinazione.
“Ti racconterò di come hai fermato Madara, Kaguya e… di come hai cambiato Obito”.
Inclina la testa di lato, incuriosito dal tono. Ma poi si allarga in un sorriso luminoso, già deciso ad abbandonare questa spiacevole situazione alle spalle. È uno shinobi, sopravvivrà anche a questo.
“Davanti a una tazza di ramen?” offre sornione.
Kakashi sbuffa, come quando erano sensei e genin.
“Maaa, se non si può evitare…”
 
 
Sasuke osserva cupo dal ramo, i suoi occhi seguono le figure di Naruto e Kakashi uscire dal campo di allenamento. Sembra essere andato tutto bene, Naruto sembra aver creduto alla loro articolata bugia.
Ignora la fitta al petto a quel pensiero, si sforza di ricordare che non potevano fare altrimenti. Qualche giorno fa, quando Naruto si è svegliato dopo l’operazione, lui e Sakura hanno provato a dirgli la verità.
L’hanno rotto.
Naruto si è accartocciato in se stesso aggrappandosi al petto, piangendo e tremando dal dolore. A quanto pare, dopo l’operazione, ogni tentativo di ricordare l’amore perduto costringerebbe il cuore del paziente a uno sforzo insopportabile, tale da sovraccaricare e danneggiare il sistema di chakra. Sasuke ha dovuto usare un genjutsu per calmarlo.
Hanno riprovato, questa volta decisi a non dire la verità a Naruto, così hanno inventato il jutsu della memoria e tutto il resto. Neanche questo ha funzionato. Naruto era lì che li guardava così fragile e Sasuke non ce l’ha fatta. Non può mentire a Naruto, ogni fibra del suo essere striderebbe per qualcosa di così innaturale. Naruto ha capito subito che c’era qualcosa che non andava e la stessa scena si è ripetuta ancora una volta. Sasuke l’ha addormentato con un genjutsu e Sakura ha distrutto una stanza d’ospedale dalla frustrazione.
Questa volta Kakashi sembra esserci riuscito. È riuscito a mentire a Naruto, ad arginare immediatamente ogni rischio. Forse è giusto così: del resto è lui il loro sensei, loro sono bambini sperduti che sanno solo farsi del male e ritrovarsi.
Naruto li perdonerà.
Naruto lo perdonerà se non ci riesce, se la sola idea di partecipare a quella farsa gli attorciglia le budella. Se la sola idea di mentire spudoratamente, guardarlo negli occhi e tacere su quello che gli hanno fatto – non puoi più innamorarti – gli fa desiderare di bruciare ogni cosa. Sa che non durerà a lungo, che prima o poi esploderebbe per dirgli la verità. Gli farà male.
Non rivolge più uno sguardo alle due figure. Salta tra i vari rami e tetti fino ad arrivare alle porte di Konoha.
Anche se non ha avvisato nessuno nel tentativo di allontanarsi senza spiegare, non si stupisce di trovarla seduta su una di quelle maledette panchine. Sembra la replica di un ricordo che ancora lo fa vergognare.
“Te ne vai”.
Non è una domanda quella di Sakura, è una costatazione rassegnata, come se ormai avesse accettato di non essere in grado i trattenerlo. E nonostante la sua decisione di andarsene di nascosto, senza farlo a sapere a nessuno, sente il bisogno di giustificarsi agli occhi verdi e tristi.
“Non posso sopportarlo” ammette.
 “Lo so”.
“Quello che gli abbiamo fatto è orribile”.
“Lo so” ripete ancora. “Ma era l’unico modo”.
“Non lo saprà mai. Non saprà mai cosa gli abbiamo tolto” insiste, quasi non la stesse ascoltando.
“Era d’accordo”.
“Ma lui non voleva dimenticare”.
Sakura non risponde e restano in silenzio. Sasuke ripensa ossessivo a quello che ha appena visto: nessuna reazione da parte di Naruto al nome di Obito, i suoi occhi non hanno avuto quello sguardo. Quello sguardo innamorato, quell’emozione che vibrava in lui e lo illuminava nonostante il dolore, non ci sarà più. L’hanno strappata via, come un’erbaccia fra i fiori.
“Non posso sopportarlo” ripete piano, più dolce.
I loro chakra sono collegati, il chakra che il Saggio dei Sei Sentieri ha offerto loro richiama continuamente la propria metà. Sasuke sente il vuoto che è stato scavato in Naruto e se Naruto non lo soffre perché non ricorda, perché non capisce, Sasuke sì. Ne sente le conseguenze come se avesse la ferita aperta, sanguinante, davanti agli occhi. È egoista ma non può sopportarlo, ha bisogno di distogliere lo sguardo prima che monti la nausea.
Sasuke aspetta, finché Sakura non alza gli occhi di nuovo su di lui. Capisce cosa sta aspettando e scuote la testa.
“No” nega. “Non te lo chiederò”.
“Non vuoi venire con me?” chiede e spera che non si senta il sollievo nel suo tono.
Ha bisogno di stare da solo, di metabolizzare questa cosa. La solitudine è l’unica panacea che conosce.
Sakura scuote la testa, il caschetto ondeggia.
“Ho promesso a Naruto che sarei stata qui al suo risveglio” dice. “Ha bisogno di me”.
“Non puoi aggiustarlo, Sakura” l’avverte. “Lo abbiamo rotto”.
La ragazza canticchia, evitando lo sguardo e sorridendo triste fra sé. Si alza dalla panchina e sembra esitare nel chiedere:
“Se quei fiori fossero stati miei…”
Non termina la frase e Sasuke si sente male. La guarda e supplica, il cuore che si stritola nel senso di colpa, nella sensazione di non poter essere mai abbastanza per i suoi compagni.
Lei sorride e scuote la testa, come a voler scacciare via le parole appena dette.
“Hai ragione. Scusa, è stato crudele”.
Non risponde e Sakura nemmeno si aspetta che lo faccia. Gli rivolge un ultimo sorriso, un cenno con la mano prima di andarsene.
“Fa’ buon viaggio, Sasuke” dice. “Torna presto”.
Sasuke la guarda allontanarsi lungo la strada, la cornice delle sue spalle che nonostante i muscoli sembra così esile nella sua maglietta rossa. Quando è diventata così alta?
“Sakura” la chiama e non deve nemmeno alzare la voce perché lei lo senta.
Si ferma brevemente e si gira di profilo incuriosita, in attesa che dica altro.
“La prossima volta” dice Sasuke. “La prossima volta ti porterò con me”.
Sente l’eco della piccola risata raggiungerlo.
“Ci conto, Sas’ke-kun” scherza con tono zuccheroso. Poi si gira e si allontana ancora, questa volta più velocemente.
Sasuke non la ferma più, lancia un ultimo sguardo a Konoha – lì, verso il punto che percepisce il chakra di Naruto – e poi si gira.
Ha attraversato tante volte questo cancello, ma per la prima volta si immagina delle mani che lo trattengono per le spalle. Per la prima volta sente di abbandonare qualcosa.
Tornerò, si dice. Tornerò a casa.
 
Sakura fa quattro passi prima di girarsi e vedere Sasuke scivolare oltre il cancello, una figura nera che spicca nei colori autunnali.
Chissà quanti fiori di higanbana sono sbocciati nei campi.
Ci pensa solo un secondo, un po’ malinconica. Non è arrabbiata con Sasuke, lo capisce: anche lei scapperebbe via. Ma non può farlo, è sempre stato il suo compito rimettere insieme i pezzi.
Non puoi aggiustarlo, le risuonano le parole di Sasuke.
Forse è vero, ma Naruto merita di essere amato anche se non sa più farlo. Merita di avere una famiglia, qualcuno che si prenda cura di lui, qualcuno che può credere di amare.
Spera che Naruto la perdonerà per quello che sta per fare, ma ormai ha deciso.
Con un ultimo sguardo alle porte di Konoha, riprende a camminare alla ricerca di Hinata.
 
 
You left me to die
I believed in love one day
while petals hushed me.
Fine.
 
 
 
 
;__; Anche questa minilong è andata.
Prima di tutto, mi dispiace per la lunga assenza di Giugno: la sessione estiva non perdona e ho avuto un esame davvero tosto che mi ha prosciugato tutta la forza, anche solo scrivere qualche pagina per Stonewall è stato uno sforzo immane. Anche se avevo questo capitolo scritto, mi mancava l’ultima parte, il dialogo tra Sasuke e Sakura; infatti ho paura di averlo scritto male, di non essere riuscita a renderlo pienamente.
Come forse avete capito la mia intenzione è stata quella di collegarla comunque al canon, magari proprio precedente a The Last (per quanto mi abbia fatto schifo quel film): Naruto ha persona la capacità di amare romanticamente, ma non quella di provare affetto/attrazione sessuale, quindi mi immagino Sakura convincerlo che è sempre stato innamorato di Hinata (come succede nel film alla fin fine). Dai, questo spiegherebbe anche perché si è svegliato di botto xD
Miei headcanon a parte, spero che questo finale vi sia piaciuto. Anzi, che l’intera storia vi sia piaciuta vi abbia emozionato! Io di certo ho lasciato qualche lacrima nel corso della scrittura xD
Vi ringrazio tantissimo per averla seguita fino alla fine e se vi andasse di farmi sapere cosa ne pensate, insomma lasciare un commentino, io ne sarei davvero felice ^^
Un bacio.
Hatta.
 
(La poesia finale: https://hellopoetry.com/poem/2588559/hanahaki/)

 

   
 
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