Anime & Manga > Saint Seiya
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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    24/06/2020    0 recensioni
[Angst/HurtComfort/FamilyFluff][PostHades]
Versione riveduta e corretta, divisa opportunamente in capitoli, della mia fic con lo stesso nome.
Quando non si sa se le cose miglioreranno o meno, quando un certo numero di segreti sono talmente dolorosi da rischiare di distruggere una famiglia ancora prima che questa possa muovere i primi passi...
Quando la Guerra Santa porta ferite molto più profonde di quelle fisiche.
Genere: Drammatico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Pegasus Seiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Nei Giardini Che Nessuno Sa'
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CAPITOLO 18

ROMPERE GLI SCHEMI

"Ti sei svegliato, finalmente."

Ikki aveva appena aperto faticosamente gli occhi, confuso, quando sentì la voce familiare di Shiryu.

Voltata con difficoltà la testa sul cuscino che non riconosceva come quello della propria stanza, il ragazzo vide il fratello entrare nella stanza illuminata dal sole che entrava dalla finestra per poi appoggiarsi con la schiena contro la parete.

Questi incrociò le braccia sul petto e gli rivolse un sorriso sollevato: "Hai fatto preoccupare tutti." disse calmo.

Ikki non rispose subito, sbattè più volte le palpebre come a sincerarsi che non fosse un sogno o una visione, poi si puntellò con le mani sul materasso e, malgrado la testa che girava e il dolore al petto, si mise seduto per poi guardarsi con espressione perplessa le mani tremanti.

Dopodichè, il suo sguardo saettò più volte tra la figura del fratello, ancora in piedi, e il letto accanto a lui, vuoto.

Non riusciva a mettere a fuoco i ricordi, il dolore gli faceva capire che doveva aver fatto a botte con qualcuno, se più grosso o più numeroso non ne era certo, ma non ricordava altro, forse aveva avuto la meglio?

Cercare di concentrarsi gli provocò una fitta di dolore alla testa, tale da farlo piegare in due; in un attimo, Shiryu gli fu accanto con una pastiglia in una mano e un bicchiere pieno d'acqua nell'altra: "Prendi questa, ti farà sentire meglio." disse.

Ikki obbedì e buttò giù la medicina con un singolo sorso d'acqua.

Nel mentre, Shiryu raccoglieva vestiti e rifiuti abbandonati un po' ovunque; restarono in silenzio per parecchi minuti poi, mentre l'antidolorifico iniziava a fare effetto e la sua mente recuperava la lucidità, a poco a poco Ikki cominciò a ricordare.

E coi ricordi, giunse anche la consapevolezza.

"Dov'è?"

Sorpreso, Shiryu si voltò – in mano aveva uno dei pigiami che Shun aveva comprato per Seiya in previsione dell'inverno – e fissò Ikki perplesso: "Chi?"

"Seiya," il più anziano si stupì di sentire la propria voce così roca, innaturale: "Ricordo che fosse con me, poi mi sembra di ricordare anche Saori…" disse con voce incerta; si sentiva ancora confuso.

Con un sospiro, Shiryu ripose i vestiti sporchi in una borsa a parte poi gli si avvicinò: "Non ricordi altro?"

Ikki scosse la testa.

"Prima di tutto, devi capire che nessuno ti incolpa per quello che è successo, eravamo solo preoccupati."

"Cosa non mi stai dicendo?"

"Eh?"

"Ieri notte deve essere successo qualcosa, sono sicuro che sia così, ma a parte Seiya e Saori non ricordo nulla. Perché Seiya era con me?"

"Vuoi davvero saperlo?"

"Sì."

Pensieroso, Shiryu restò in silenzio per alcuni minuti – il che contribuì ad aumentare il nervosismo di Ikki – poi finalmente si sedette sulla poltrona accanto al suo letto, per poi guardarlo negli occhi con cautela: "Seiya è scappato per venire a cercarti."

Le spalle di Phoenix ebbero un sussulto ma non proferì parola.

"Mentre lo cercavamo, ha chiamato qualcuno da una clinica di Arakawa-kun dicendo che entrambi vi trovavate lì, perciò Saori è uscita di corsa con Satsuki-san per venirvi a prendere."

"Chi ho colpito?"

"Scusa?"

"La notte scorsa… Chi ho colpito?"

"Non hai colpito nessuno di noi, tranquillo. Sei collassato contro la parete, con la febbre alta e un paio di costole rotte. Makishima-sensei  ha detto che ti riprenderai ma che per un po' non potrai fare sforzi, men che meno prendere a pugni qualcuno in una rissa di strada." Il tono severo di Shiryu irritò Ikki, non tanto per essere stato scoperto, quanto per l'imbarazzo che provava nel leggere nei suoi occhi rimprovero.

"Seiya dov'è?"

"Jean-san dovrebbe riportarlo in camera a breve, aveva l'ultima sessione di fisioterapia prima della dimissione e Jabu e Ichi si sono offerti di accompagnarlo per 'fare il tifo'."

"E tu sei rimasto qui."

"Qualcuno doveva farlo, non volevamo che ti svegliassi senza sapere dove ti trovassi. Shun è andato a casa a farsi una doccia su insistenza di Saori e tornerà tra poco con tutti gli altri."

Nella stanza cadde il silenzio, rotto nuovamente dalla voce di Shiryu: "Ikki." disse con tono calmo.

"Uh?"

"Cosa ti è successo? Ti abbiamo cercato ovunque. Sei scomparso dal giorno in cui abbiamo detto agli altri di… di nostro padre."

Dragon vide Phoenix irrigidirsi alla menzione di Mitsumasa Kido ma si sforzò di ignorare la cosa: loro avevano avuto tutto il tempo di elaborare la cosa ma Ikki no e doveva aiutarlo in tal senso.

"Perché, Ikki? Perché sei scomparso così?"

Sulle prime, sembrò che il ragazzo più anziano non lo avesse sentito e perciò Shiryu fece per ripetere la domanda, ma si bloccò non appena vide un riflesso sulla sua guancia, quello di una lacrima solitaria sfiorata da un raggio di sole che scivolava lungo la pelle.

"Ikki?"

Phoenix alzò la mano per asciugarsi la faccia con un lembo del pigiama che qualcuno doveva avergli messo addosso al posto dei vestiti lerci che non ricordava neppure più quando li avesse cambiati l'ultima volta: "N-Non è niente."

"Non sei obbligato ad affrontare tutto questo da solo, lo sai. Lasciati aiutare, siamo qui per te."

 "Lo so!" gridò il ragazzo stringendo i pugni, una vampata di Cosmo rovente eruttò dal suo corpo e un frammento dello stesso si staccò per colpire Shiryu davanti a sé, il quale tuttavia, con calma imperturbabile, lo bloccò con il proprio.

"Lo so…" ripetè con voce roca mentre i due Cosmi si toccavano e quello di Dragon avvolgeva quello del fratello per abbatterne le difese: "Ma è di me che non mi fido… Non ancora del tutto, almeno."

"Cosa intendi?"

Esausto per lo sforzo di evocare il Cosmo quando ancora non era completamente in forma, le fiamme che avevano circondato Ikki si spensero e il ragazzo sentì le forze mancargli; cadde all'indietro sui cuscini poggiati contro la testiera del letto, con le lacrime che minacciavano di uscire ancora e un senso di nausea alla bocca dello stomaco.

Incapace di trattenerle oltre, Phoenix le lasciò uscire e si coprì gli occhi con l'avambraccio, il corpo scosso dai singhiozzi.

"Ho cercato di uccidervi." confessò tra i singhiozzi: "Volevo affogarvi nel sangue e affogare qualsiasi legame potessimo avere. L'ho fatto consapevole di quello che stavo facendo e per anni, per anni non mi sono mai pentito davvero della cosa…"

"Ma sei rimasto, questo conta qualcosa, no? E c'eri anche quando Saori ha detto a Jabu e agli altri come stanno le cose."

"Perché l'avevo promesso, ma piuttosto che trovarmi lì avrei preferito restare bloccato nel Cocito per sempre. Non era il mio posto, non avevo diritto di trovarmi lì."

"Per questo sei scappato?"

Ikki annuì: "Come potevo guardarvi in faccia? Come potevo guardare in faccia i fratelli che ho cercato di ammazzare come animali? Con che coraggio potevo rispondere al richiamo del sangue quando per primo l'avevo ignorato per tanti anni, soffocato da una furia omicida?"

"Sai che sei proprio un cretino?"

La voce improvvisa e inaspettata di Ichi fece voltare di scatto i due occupanti della stanza verso la porta e, con il cuore in gola, Ikki vide non solo il ragazzo più giovane ma anche tutti gli altri, assiepati dietro di lui, e Seiya che, in sedia a rotelle, cercava di spuntare da dietro Hydra con la testa.

Che avessero…?

"Anzi, darti del cretino è troppo poco. Sei proprio un dannato cretino."

"Un cambiamento epocale. Dovresti insegnare come insultare una persona. Tenere proprio delle lezioni."

"Jabu, taci."

Con un sospiro esasperato, Hyoga spinse di lato i fratelli, facendosi spazio, e si infilò sulla soglia, proprio accanto a Seiya che, con Shun alle spalle, sembrava preoccupato.

Con un gesto della mano, Cygnus fece cenno ad Andromeda di entrare nella stanza spingendo la carrozzina, poi gli altri lo seguirono in ordine, fino a Geki; l'ultimo a entrare fu appunto Hyoga, il quale si chiuse la porta alle spalle con attenzione intanto che gli altri si sistemavano per la stanza.

Seiya si fece spingere fino al letto e poi, con l'aiuto di Shiryu, si sedette sul materasso, guardando Ikki negli occhi: "Ehi, niisan." esordì sorridendo, "Prendersela con Shiryu non dà soddisfazione, perché non ci scorniamo noi? Sono un osso duro, lo sai."

Il più giovane appggiò la mano sul ginocchio del fratello e lo strinse con forza senza però tuttavia smettere di sorridergli rassicurante: "Te l'ho detto la notte scorsa," continuò prima di allungare la mano per afferrare quella di Ikki e portarsela al petto, "Questo cuore malandato non smette di battere, e continuerà a farlo per voi, perché siete la mia famiglia, abbiamo lo stesso sangue. Sono tornato per voi, e per restare." la stanza trattenne il respiro, quelle parole erano come un pugno nello stomaco per tutti i presenti.

"Ma vedo che non è servito a molto. Dobbiamo affrontare questo discorso una volta per tutte. E lo affronteremo tutti insieme. Ora." esclamò il Saint di Pegasus con tono determinato.

Geki si fece avanti: "Seiya, non è necessario che-"

"Ah, no! Stavolta si fa come dico io." lo interruppe l'altro: "Sì, lo confesso, ho spinto io gli altri a fare quella promessa di rivelarvi chi siamo, chi sia nostro padre, e non me ne pento." così dicendo, guardò Jabu, poi Ichi e Nachi, Geki e infine Ban, "Non c'ero per dirvelo, ed è l'unica cosa di cui mi pento. Ma non del resto. Voglio che questa famiglia funzioni e sia felice, non voglio più perdere altro tempo in lotte inutili, voglio essere felice con voi. S-So che non siamo mai stati molto uniti, anche da bambini," Jabu distolse lo sguardo, incapace di reggere le lacrime che Seiya stava versando, ben conscio che fosse lui il primo a cui Seiya aveva pensato, ricordava fin troppo bene la crudeltà che aveva riservato nei propri gesti ai più piccoli, "Ma possiamo ricominciare. Io vi perdono, perdono tutti quanti. Perdoniamoci a vicenda ma basta lacrime… Basta rimpianti… Non p-penso di farcela a vedervi ancora così, a vederci ancora così."

La voce di Seiya si affievolì in un rantolo mentre la testa si abbassava e i capelli che, lentamente, stavano ricrescendo dopo le operazioni gli coprivano gli occhi, le spalle erano scosse dai singhiozzi; sempre a capo chino, Seiya riprese a parlare nonostante gli spasmi e disse tutto quello che aveva tenuto dentro di sé per così tanto tempo, mormorò tutte le scuse che non era riuscito a dire prima, tutte le parole che avrebbe voluto dire e che non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare.

Quando infine, sfinito, esalò l'ultima di esse, questa fu la più devastante e al contempo la più dolce.

"Vi voglio bene."

Fu più di quanto riuscissero a sopportare.

Dopo un istante di silenzio talmente dilatato da sembrare secoli, la reazione dei presenti fu unica.

Come se fossero stati una persona sola, i ragazzi in piedi si lanciarono sul letto per abbracciare sia Seiya che Ikki, i quali vennero avvolti da una miriade di braccia calde che si spintonavano e si aggrappavano le une alle altre, in una stretta praticamente impossibile da sciogliere mentre le voci rotte dalle lacrime si scambiavano scuse e donavano perdono, con parole di amore che danzavano negli occhi e a poco a poco fiorivano dagli sguardi.

Non c'era confine, non c'era nessun muro invisibile di odio e rammarico a separare gli uni dagli altri, ogni difesa era crollata e ad ogni lacrima una ferita dell'animo veniva curata.

A un certo punto - nessuno avrebbe saputo indicare con esattezza quando - qualcuno aveva unito i due letti e, nel momento in cui le lacrime si erano esaurite per lasciare il posto allo stordimento dopo aver pianto così tanto, si erano lasciati cadere sui materassi, incapaci di allontanarsi.

E fu così che Saori li trovò, qualche ora dopo.

§§§

"Ragazzi? Ci siete?"

Il bussare alla porta, unito alla voce gentile della ragazza, svegliò il gruppo che si era appisolato nel calore di un ritrovato legame.

Sfregandosi gli occhi e tirandosi su a vicenda, gli occupanti della stanza invitarono Saori a entrare e nel vederli così, accoccolati su due letti troppo piccoli per accoglierli tutti, il cuore di Athena ebbe un tuffo e lo stomaco le si strinse in una morsa.

Ciononostante, si sforzò di sorridere e di ignorare l'impulso di piangere per mostrarsi sicura di sé e rassicurante: "Stavate dormendo?" chiese.

"S-Sì." sbadigliò Nachi prima di scendere per primo e andarle incontro: "Che ore sono?"

"Tardo pomeriggio. Avete mangiato?"

"Non proprio. Ma potremmo scendere in caffetteria e prendere qualcosa. Vuoi venire con noi?" la invitò Shiryu mentre si massaggiava il collo indolenzito.

"Ho mangiato a casa. Ma prima che scendiate, vorrei parlarvi. Non preoccupatevi, sarà una cosa breve."

"Non è la lunghezza che ci preoccupa." Le fece notare Dragon con espressione perplessa: "è successo qualcosa?"

"Ci sono brutte notizie?" chiese Shun con tono allarmato.

Lei scosse la testa: "Va tutto bene, solo che vorrei discutere con voi di una certa cosa. Ma se non ve la sentite possiamo parlare un'altra volta, non è importante."

"Non c'è momento migliore del presente." ribattè invece Seiya con uno sbadiglio e stiracchiandosi: "Cos'è quella roba che hai in mano?" chiese, notando solo in quel momento il plico di documenti che la ragazza aveva con sé.

Nervosamente, Saori distolse lo sguardo da loro e li appoggiò sulla cassettiera lì accanto prima di portarsi davanti ad essa con le mani strette tra loro come in preghiera: "Premetto che non siete obbligati a rispondere subito alla mia richiesta. Ma dopo ieri notte… Dopo ieri notte ho pensato che fosse il momento giusto. Ci sono alcune cose di cui dobbiamo discutere, e la prima riguarda le volontà di mio no- di vostro padre."

Nella stanza cadde un silenzio di tomba.

Con mano ferma ma il viso turbato, Saori distribuì a ciascuno un plico di fogli pinzati insieme: "Ban ne ha già letto un pezzo, ma vorrei che tutti voi lo leggeste attentamente. È-È il testamento originale di Mitsumasa Kido, non quello che la Fondazione prese in mano per farmi diventare erede universale ma quello vero, che era stato affidato a Tatsumi."

"Non so leggere." Il tono di Seiya era perentorio: "È una cosa inutile, cosa cambierebbe ora?"

"Seiya, è importante." Gli fece notare Shiryu: "Riguarda tutti noi. Se Saori dice che dobbiamo farlo, è nostro dovere."

"Manco per sogno! Ciò che è davvero importante non può essere scritto su un pezzo di carta."

"Seiya, lo so che è difficile. Ma te lo chiedo per favore…" Saori aveva gli occhi lucidi: "Leggilo."

Questi sbuffò platealmente ma non abbassò lo sguardo sul foglio: "Non capisco perché intestardirsi tanto…"

"Saori-san ha ragione, Seiya. Io non sono certo un esperto ma si tratta di nostro padre, è una questione di eredità. Dobbiamo sistemare la nostra posizione." disse Ban.

"È presto detto, teniamo le cose come stanno."

A sorpresa, Saori prese le mani del Saint di Pegasus mentre una lacrima le scivolava lungo la guancia: "So che è doloroso ma è veramente importante per me, è l'ultimo sacrificio che ti chiedo… Ti prego…"

Stupito, e forse anche imbarazzato, finalmente il più giovane annuì e scorse con lo sguardo le prime righe del documento: "Non ho paura dei sacrifici." Mormorò sottovoce, "Soprattutto se fatti in tuo nome.".

Lei annuì: "So che siete coraggiosi, ma quest'ultima prova è forse la più importante di tutte. Io sono stata adottata da lui ma Mitsumasa Kido è vostro padre e avete dei diritti."

Jabu incrociò le braccia dietro la nuca: "È strano sentir parlare di diritti, pensando agli ultimi anni. Non è una critica, Saori-san." si affrettò a puntualizzare, "Solo, è strano perché non è qualcosa a cui siamo abituati. La vita è diversa per noi."

"Lo capisco." concordò lei con un cenno della testa: "Ci sono così tante cose che dovete imparare a conoscere e vi aiuterò in questo. Il primo passo, però, è definire la vostra situazione. Ci sono anche i vostri certificati di nascita e nessuno può contestarli, ma il testamento è un altro paio di maniche."

"Saori, questa storia può impedirti di continuare il lavoro che hai portato avanti finora?"

"Non lo so, Shun. Sinceramente, il mio status come guida della Fondazione è stata una conseguenza del testamento fasullo e del fatto che nessuno sapeva della vostra esistenza, a parte poche persone. A rigor di logica, e alla luce della presenza di tutti questi documenti, i veri eredi dovreste essere voi."

I ragazzi rimasero in silenzio, scioccati.

"Ovviamente, qualsiasi scelta facciate io l'accetterò e la supporterò in ogni modo possibile."

"Tu cosa vorresti?"

La domanda di Ikki, emerso improvvisamente da dietro Seiya, la fece sobbalzare.

"C-Cosa intendi?" chiese lei.

"Io credo che la decisione sia già stata presa. Almeno, io ho preso la mia e Seiya probabilmente ha preso la sua, che comunque trascinerà tutti gli altri. Ma tu, cosa vorresti davvero?"

"Non spetta a me. Questa cosa riguarda voi, Ikki."

"Non è così, e lo sai. La notte scorsa hai detto che ricostruiremo tutto e se vuoi che questa famiglia inizi a vivere, è parte del tuo compito dire cosa vorresti." La voce di Phoenix era sempre la stessa, diretta e netta, ma qualcosa nel suo tono sembrava irrimediabilmente cambiato.

Saori abbassò lo sguardo e strinse un lembo del vestito tra le mani. Ci mise un po', ma quando finalmente riuscì a parlare, sembrava più bambina di quanto i suoi Saint l'avessero vista in vita loro: "P-prima di venire qui ci ho riflettuto molto. Nonostante tutto, state cercando di creare una famiglia. E… E per quanto possa sembrare assurdo, vorrei che restaste qui, che accettaste la vostra eredità… E che mi permettiate di farne parte, di e-essere un membro della vostra famiglia, m-magari una sorella." sentirla balbettare era qualcosa di strano e quasi sconvolgente.

"So che non ho diritto di chiedervelo, non dopo avervi fatto così tanto male quando eravamo bambini ma davvero, basterebbe anche una cosa minima come eliminare l'onorifico…"

Sconvolti, i ragazzi ne videro le lacrime scorrere senza accenno a fermarsi, miste a singhiozzi.

Soddisfatto, Ikki si puntellò con la mano sul materasso mentre Nachi e Geki si affrettavano a cercare un fazzoletto da darle.

"Niisan. Hai un po' esagerato." Shun sembrava preoccupato.

"Umpf. Forse, ma pensi che altrimenti avrebbe detto qualcosa?"

"Ikki ha ragione. Saori, tu non vuoi che nessuno veda quando soffri, non vuoi pesare sugli altri quando hai bisogno di qualcosa. Però non è così che funziona."

Seiya, messosi su un fianco, la guardava negli occhi: "Te l'ho già detto una volta: per me, sei una sorella e non sarà un pezzo di carta a confermarmelo o meno. Non voglio leggere quel foglio perché non voglio che cambi qualcosa o che tu ti senta obbligata a fare qualcosa che non vogliamo tu faccia, come metterti da parte."

"Seiya ha ragione, Saori-san. Non devi sentirti in colpa." Nachi intervenne nella discussione: "Non abbiamo scelto noi questa vita ma è stata scritta nel nostro destino, è inutile recriminare e pretendere qualcosa che non è mai stato nostro dal principio. I-Io voglio provare. A non usare più l'onorifico, intendo. Sei la nostra Dea e ti dobbiamo rispetto, quindi non sarà facile abituarsi. Ma anche io voglio che questa famiglia funzioni."

"E ce la faremo." assicurò Jabu con il pugno alzato: "In fondo, abbiamo affrontato di peggio, non sarà come prenderle da Thanatos, giusto?"

   
 
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