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Autore: Kimando714    24/06/2020    2 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 52 - PLAY THE GAME

 

 
It’s so easy
 All you have to do is fall in love
Play the game
Everybody play the game of love
 
Cominciava a dubitare fosse stata del tutto una grande idea quella di non aver prenotato un treno dell’alta velocità per farsi mezza Italia in un giorno così afoso.
Sebbene fosse ancora mattina presto, Giulia si sentiva già grondare di sudore, ed era perfettamente consapevole che la situazione non poteva far altro che peggiorare. La mattina di lunedì 12 agosto era iniziata con un cielo talmente limpido da sembrare di essere uscito da un quadro appena dipinto; le strade di Piano erano ancora deserte a quell’ora, lasciando addosso a Giulia la sensazione di euforia mal trattenuta che provava prima di qualcosa tanto aspettato.
In fin dei conti, dopo tutti i pomeriggi passati ad organizzare quella vacanza al meglio, cercando un giusto equilibrio tra il prezzo e la qualità per il B&B, ora non rimaneva davvero che partire ed andare a scoprire le acque del mare pugliese, sotto il sole dell’isola di San Nicola.
Il parcheggio del Virgilio – luogo scelto per la partenza, nonché unico possibile ritrovo a metà strada per tutti loro-, dove in quel momento c’era solo lei, le dava una sensazione d’angoscia per la stranezza che le faceva nel vederlo così spopolato. Non che si fosse aspettata di trovarci qualcuno, come nei mesi scolastici, ma nemmeno si era prospettata di arrivare lì per prima. Suo padre l’aveva lasciata lì con la sua valigia cinque minuti prima, ed ora non le restava altro che attendere.
Le sue speranze sembravano essere state ascoltate nel giro di poco: adocchiò in lontananza due auto che, con suo sommo sollievo, girarono proprio all’incrocio del parcheggio. Non le servì nemmeno sforzarsi per riconoscere almeno una delle due: aveva passato fin troppe serate sul sedile del passeggiero dell’auto di Filippo per non riconoscerla all’istante.
Giulia attese con più tranquillità i minuti che servirono ai nuovi arrivati per parcheggiare. Nemmeno cinque minuti più tardi dalla prima auto era sceso Alberto, in occhiali da sole e canotta leggera, in tenuta da guida per il viaggio che li attendeva per quella giornata; dalla seconda si aprirono tre portiere, rivelando Filippo, Pietro e Gabriele.
-Beh, Pippo, se temevi che saremmo arrivati in ritardo, adesso puoi startene tranquillo- Giulia udì Pietro iniziare a parlare subito, mentre tutti e quattro si stavano dirigendo verso di lei, a qualche metro di distanza – Siamo partiti da casa tua non di più di sette minuti fa, quando di solito chiunque ce ne metterebbe quindici per arrivare qui. Un record che rimarrà negli annali. Fossi in te comincerei a pensare ad una carriera in Formula 1-.
-Non siete comunque arrivati per primi- Giulia lo disse con un sorriso malizioso, non appena tutti e quattro le furono praticamente di fronte. Pietro si limitò a sbuffare rumorosamente, senza però contraddirla.
-Sei qui da tanto?- Filippo le si avvicinò per stamparle un veloce bacio sulle labbra, salutandola con un sorriso sereno.
-No, non molto- Giulia si sporse ancora verso di lui, desiderosa di un altro bacio – Ma comunque prima di voi. Anche se a quanto pare hai guidato veloce come un matto-.
-Mi state dicendo che, pur essendo quello che abita più distante, sono stato comunque tra i primi ad arrivare?- aggiunse Alberto, a tratti basito.
-Mi sembra evidente- Gabriele alzò le spalle – Mancano ancora quattro persone, no?-.
Giulia si limitò ad annuire. Il posto di Erika, lasciato vacante dopo la sua rottura con Pietro, era stato preso da Valerio. Quando lei e Caterina glielo avevano proposto, nemmeno un mese prima, erano rimaste piuttosto sorprese dal suo accettare di venire.
E poi, oltre a lui, mancavano ancora Caterina e Nicola, oltre che Alessio: praticamente metà comitiva. Dovette passare un’altra mezz’ora prima che scorgessero qualcun altro dei loro arrivare, quando alle nove della mattina mancavano ormai pochi minuti.
Valerio anticipò i rimanenti tre di poco, ma a sufficienza per non essere incoronato come il ritardatario della giornata. Erano passate le nove quando, finalmente, l’auto con la quale Nicola, Caterina ed Alessio dovevano presentarsi arrivò a piazzarsi nel parcheggio, a poca distanza dalle altre.
-Finalmente, eh- li accolse subito Pietro, quando i tre uscirono finalmente dalla macchina, tutti con l’aria piuttosto assonnata – Stavamo aspettando solo voi-.
-Ma non siamo affatto in ritardo- Nicola lo contraddisse con la sua solita flemma, per niente innervosito da quell’osservazione – Dovevamo trovarci alle nove, e le nove sono passate da cinque minuti appena. Forse siete voi ad essere arrivati troppo in anticipo-.
-Non ha tutti i torti- mormorò Valerio, in piedi accanto a Giulia.
Prima che la discussione potesse andare troppo oltre, fu Filippo a prendere la parola:
-Prima che si faccia troppo tardi, direi di lasciar perdere questo discorso e iniziare a spostare le valigie nelle auto che useremo per il viaggio- disse, con fare piuttosto pratico – E poi direi di partire, visto tutte le ore in strada che ci aspettano-.
Giulia annuì tra sé e sé: sembrava che il momento della partenza fosse giunto ad essere proprio dietro l’angolo.
 
*
 
Non c’era da sorprendersi nel poter affermare, senza alcun dubbio, che il viaggio in auto era stato estenuante. Giulia era sicura che, anche senza chiedere il parere agli altri sulla questione, tutti fossero d’accordo.
Avevano guidato per diverse ore, divisi in due auto per starci tutti – lei con Filippo, Nicola, Caterina e Valerio, tutti gli altri nell’auto di Gabriele, che si era alternato alla guida con Alberto-, fino a Termoli. Sapevano già che non avrebbero potuto prendere il traghetto per le isole Tremiti già quella sera, motivo per il quale avevano già prenotato da tempo delle stanze in un ostello economico in città per fermarsi la notte.
La mattina successiva, dopo una breve capatina nel centro storico, si erano recati al porto come da programma. Il traghetto per San Domino, dove poi avrebbero preso un altro battello per San Nicola, era arrivato in orario, e poco dopo le undici della mattina già avevano salpato in direzione delle isole.
Ora che erano finalmente arrivati al B&B dove avevano prenotato quattro stanze, due ore dopo aver preso il battello, e trascinandosi dietro le valigie nella minuscola hall, Giulia stentava a crederci. Stava sudando come non mai, affaticata per il viaggio e ancora frastornata per tutti quei cambi di posto che si erano ritrovati a fare nel giro di ventiquattr’ore.
-Questa è la chiave della nostra stanza- Filippo le si avvicinò, dopo che lui e Valerio si erano occupati del check in per le stanze. Le sventolò di fronte agli occhi una chiave piuttosto anonima, di fronte alla quale Giulia non riuscì ad avere alcuna reazione a causa della stanchezza che la pervadeva.
-Siamo su piani diversi- aggiunse Valerio, mentre distribuiva il resto delle chiavi – Due camere al pianterreno, due al secondo piano-.
-Dimmi che a noi è toccata quella al pianterreno- mormorò Giulia rivolta a Filippo, lo sguardo fiducioso. La sua speranza tramontò definitivamente quando, qualche secondo dopo, lo vide lanciarle uno sguardo di scuse.
-Che culo!- esclamò Alberto di colpo, arrovellando la chiave della stanza che avrebbe condiviso con Alessio, Pietro e Gabriele tra le mani, guardandola estasiato – Niente scale ogni santissima volta che dobbiamo uscire o entrare in camera-.
-Sarebbe stata una fatica terribile, eh?- lo rimbrottò sarcasticamente Caterina, guardandolo malamente. Giulia intuì che anche a lei e Nicola doveva essere toccata una stanza del secondo piano.
Valerio alzò le spalle, scettico:
-Beh, calcolando quanto fa caldo … - disse pensieroso – Sarebbe decisamente meno faticoso in inverno-.
-C’è davvero qualcuno a cui piace l’inverno?- borbottò Alessio, con la maggior nonchalance possibile nonostante Valerio l’avesse appena incenerito con lo sguardo.
Giulia sospirò pesantemente, e lo fece ancor di più quando, nemmeno un minuto dopo, decisero di dividersi per raggiungere le rispettive stanze. Seguì Filippo lungo un corridoio sulla destra della hall, Caterina e Nicola subito dopo di lei; arrivarono ai piedi della prima rampa di scale, stretta e ripida.
-Non c’è un ascensore, vero?- Giulia lo domandò pur temendo la risposta.
Nicola non esitò a spezzarle anche quell’ultima speranza:
-Ovviamente no-.
 


Pietro sbuffò piano, trascinandosi dietro la valigia che pesava un po’ troppo per i suoi gusti – si chiese se avesse davvero bisogno di tutta la roba che si era portato dietro-, fermandosi di fronte alla camera 111, quella che avrebbe condiviso con Gabriele, Alberto e Alessio per tutta la durata della vacanza. Valerio si era già fermato davanti alla sua stanza singola, a poca distanza dalla loro e letteralmente a due passi dalla hall del B&B.
-Pronti a scoprire come sarà?- fece Alberto con aspettativa. Infilò la chiave nella toppa della porta, girandola un paio di volte prima che la serratura scattasse, lasciando loro la possibilità di entrare. Gabriele allungò subito il collo verso l’interno, di certo più facilitato dato che era accanto ad Alberto, entrambi davanti a Pietro ed Alessio.
Entrarono subito, portando con sé le valigie. Prima ancora di lasciarle in un qualche angolo, e subito dopo aver richiuso la porta dietro di loro, Pietro si prese un po’ di tempo per guardarsi intorno: non era una stanza molto spaziosa per quattro persone. Vi era lo spazio sufficiente solo per due letti, uno matrimoniale ed uno a castello, e due tavoli con accanto altrettante sedie di legno. Sulla parete di fondo, dipinta di un giallo piuttosto acceso, una porta finestra dava su un terrazzo molto largo e con un’ottima vista sulla spiaggia e il mare. Un’altra porta, di fronte al letto matrimoniale, doveva invece portare al bagno privato della camera.
-Possiamo affermare con ragionevole certezza che la stanza fa abbastanza schifo- commentò Pietro per primo, lasciando la valigia e andando a grandi passi verso la porta finestra – In compenso il balcone è piuttosto magnificente, ma non toglie che i materassi dei letti sembrano essere rigidi come tavole di marmo-.
-Piuttosto probabile- fece Alberto, fermo al centro della stanza – In ogni caso io mi prenderò questo letto-.
Prima che qualcuno di loro potesse dire qualcosa, Alberto salì agilmente la scaletta del letto a castello, per poi buttarsi in pochi secondi sul materasso più alto.
Pietro vide Alessio aprir bocca, ma Gabriele lo precedette di pochissimo:
-Io resterò qui sotto- annunciò candidamente, facendo pochi passi indietro e sedendosi elegantemente sul letto sotto quello di Alberto.
Alesso sbuffò a gran voce:
-Ti è andata bene per poco, davvero poco-.
Pietro si guardò intorno perplesso: mancava un unico letto, e per poco non rischiò di strozzarsi alla realizzazione improvvisa di quale fosse.
Si dette mentalmente dell’idiota per aver perso tempo a commentare la camera, piuttosto che precedere Alberto e prenotarsi uno qualsiasi dei materassi del letto a castello.
-Almeno i letti potevamo giocarceli, da bravi coinquilini!- replicò stizzito, già sapendo che quel suo tentativo non avrebbe mai funzionato. Fu quasi sul punto di prendere Gabriele di forza e spostarlo da qualche altra parte, anche di peso.
-Chi primo arriva, meglio alloggia- Alberto sorrise maliziosamente, dondolando una gamba fuori dal letto con totale nonchalance – Voi due potete fare gli sposini sul matrimoniale. Avete la nostra benedizione-.
Pietro sospirò a fondo, prima di portare i suoi occhi su Alessio. Non sembrava scocciato, almeno in apparenza, anche se non credeva di poterlo considerare del tutto entusiasta all’idea di dover condividere anche il letto durante la notte.
Fu comunque il primo tra di loro a parlare:
-Credo non ci resti altro che rassegnarci-.
, si ritrovò a pensare Pietro: non rimaneva che rassegnarsi ad un inizio di vacanza piuttosto disastroso e tutt’altro che a suo vantaggio.
 
*
 
Il mare delle Tremiti era esattamente come Caterina lo ricordava: quanto più limpido potesse essere. L’ultima volta che vi era stata era soltanto una bambina, e vi aveva trascorso solamente una giornata; erano memorie lontane, ormai sfocate per gli anni passati da quel giorno. Il paesaggio delle isole, però, le sembrava tale e quale a quello che aveva trovato all’epoca, come se il tempo lì si fosse fermato, senza cambiare davvero quelle spiagge di sabbia bianca.
Si era fatto pomeriggio quando, finalmente, erano riusciti a sistemare le camere, svuotare le valigie e prepararsi per uscire. Avevano pranzato tutti insieme in un bar di fronte al loro B&B, prima di avviarsi alla spiaggia dell’isola di San Domino, da raggiungere in pochi minuti con il traghetto; erano arrivati quando ormai erano le quattro passate del pomeriggio, pronti ad installarsi sotto i tre ombrelloni che avevano prenotato.
Non aveva idea da quanto tempo esattamente fosse lì da sola, seduta sulla battigia, con l’acqua delle onde che arrivava a bagnarle la punta dei piedi. Da quel punto in riva al mare, sforzando un po’ la vista, riusciva ad intravedere la figura lontana di Nicola, tra gli altri bagnanti intenti a farsi un bagno ristoratore. Aveva rifiutato la sua offerta di seguirlo in acqua, preferendo rimanersene ancora un po’ lì, dove la sabbia bagnata sprofondava appena sotto il suo peso e l’acqua arrivava ad accarezzarle la pelle ad ogni onda
-Che ci fai qui da sola?-.
Caterina non cercò nemmeno di nascondere il suo sobbalzo al sentire la voce di Alessio fin troppo vicina, e totalmente inaspettata. Si prese un secondo per tornare a respirare normalmente, prima di alzare gli occhi in alto: Alessio era in piedi a nemmeno un metro da lei, piegato appena verso il basso per poter ricambiare meglio l’occhiata. Sembrava vagamente confuso nel vederla proprio lì completamente isolata dagli altri.
-Niente. Mi riposo- Caterina rispose in fretta, forse fin troppo per non lasciar trapelare il fatto che avesse una risposta già pronta a quell’eventuale domanda – Non ho molta voglia di nuotare adesso. Forse più tardi … Magari se mi ci portano di peso-.
Abbassò lo sguardo, non del tutto convinta che aggiungere quei dettagli fosse stata una buona idea. Sperò che Alessio non facesse due più due e arrivasse a capire che non era andare a nuotare il vero problema, quanto farlo con Nicola.
Lo sentì sospirare, un attimo prima che si sedesse accanto a lei sulla sabbia:
-Ho capito, non sei in vena- mormorò semplicemente, senza aggiungere altro. Caterina fu quasi sul punto di lasciarsi andare ad un sospiro di sollievo.
-È un bel posto qua. Non c’ero mai stato- lo sentì di nuovo sussurrare, dopo alcuni momenti passati in silenzio. Si girò appena verso di lui, osservandolo con il volto alzato indirizzato alla luce del sole, gli occhi chiusi per non rimanere abbagliato.
-Io sì, un sacco di anni fa- Caterina poggiò le mani sulla sabbia, spostando il peso sulle braccia – Un buon posto per un ultimo momento per rilassarsi prima dell’inizio della scuola e dell’università-.
-Non me lo ricordare- ansimò dolorosamente Alessio, come se si fosse appena scottato. Caterina rise appena: era estremamente ironico come lei stessa potesse condividere quel pensiero. Non aveva ancora metabolizzato fino in fondo quanto, quell’ultimo anno di liceo che si sarebbe aperto a settembre, sarebbe stato diverso dai precedenti.
“Sarà diverso anche per Nicola”.
Anche se non lo stava più guardando, poteva percepire lo sguardo indagatore di Alessio su di sé. Non gli domandò nulla, aspettando forse con un po’ di timore che fosse lui a decidersi di parlare.
-Sicura che vada tutto bene?-.
La domanda di Alessio non arrivò poi così tanto sorprendentemente. Era sicura che si fosse trattenuto dal chiederglielo da quando quella mattina lei e Nicola erano passati a prenderlo in auto fino a casa sua, prima di guidare verso Piano.
-Sembravi in meditazione profonda prima che arrivassi- continuò, con lo stesso tono tranquillo – C’è qualche problema?-.
Caterina abbassò il volto, facendo finta di studiare le pieghe del proprio costume, mentre si mordeva piano il labbro inferiore.
Parlare con Alessio, confidarsi con lui, sarebbe stato facile e difficile allo stesso tempo: sarebbe stato semplice perché sapeva che non l’avrebbe giudicata in alcun modo, limitandosi a dare qualche consiglio, e che di certo non le avrebbe fatto notare l’esitazione e l’imbarazzo con cui gli avrebbe raccontato quel che le stava passando per la testa da settimane – unico risultato di quel che stava succedendo tra lei e Nicola. Sapeva anche, però, che sarebbe stato il disagio stesso a frenarla più volte dal rivelare cos’era quel groppo in gola che la faceva sentire strana e piena di interrogativi. Avrebbe dovuto perdere tempo a cercare le parole giuste per descrivergli gesti a malapena visibili che lei invece credeva di aver percepito fin troppo bene.
Non riuscì a fare in tempo a giungere ad una conclusione: dei passi affrettati e sempre più vicini, anche se resi impacciati dalla sabbia, fecero voltare lei ed Alessio all’unisono. Si ritrovarono di fronte al viso affannato di Giulia, seguita a ruota da Pietro. 
-Prima che diciate qualsiasi cosa: no, non vi stavamo spiando, e no, non siamo qui per farvi proposte indecenti- appena ripreso fiato, Giulia non perse tempo in convenevoli – Volete fare una partita di beach volley con noi?-.
-Non c’è nessun altro disponibile?- chiese Alessio, con fare perplesso.
Pietro scosse immediatamente il capo:
-Gabriele e Valerio sono andati a farsi una passeggiata da qualche parte, Filippo si è addormentato con le cuffie dell’i-Pod ancora nelle orecchie, e Alberto credo abbia appena rimorchiato una tipa. O almeno ci sta provando- iniziò il resoconto, con lo stesso tono di voce indifferente con cui avrebbe letto una lista della spesa – Quindi credo proprio non voglia essere disturbato-.
-E Nicola è disperso chissà dove- concluse Gulia.
-Sta nuotando- la corresse Caterina.
-Quindi, visto che Tessera è impegnato a fare la sirena del momento, non rimanete che voi- riassunse Pietro, ignorando con nonchalance le occhiate che gli lanciarono un gruppo di ragazzine appena passate di fianco a loro, causate probabilmente dai suoi muscoli delle braccia in bella vista e dal fisico asciutto ed atletico
Caterina non disse nulla: per quanto non le andasse molto di giocare, non sotto quel sole e con quel caldo, era altrettanto vero che le serviva qualcosa per distrarsi. E ormai il momento per parlare con Alessio, sempre se l’avrebbe fatto, era ormai sfumato del tutto.
Si alzò in piedi per prima, alzando le spalle quando Alessio le lanciò un’occhiata incredula: probabilmente stava solo sperando che anche lei lasciasse trasparire una certa non convinzione ad accettare la proposta di Giulia e Pietro.
-E va bene- bofonchiò a bassa voce, mentre si alzava, sconfitto – Se perdete ci offrite qualcosa da bere, sappiatelo-.
Giulia trattenne a stento un gridolino entusiasta, sfoggiando un sorriso vittorioso:
-Affare fatto. Ora venite-.
 


-La prossima volta che vi verrà in mente di fare una partita del genere, giuro che non mi vedrete fino a quando non avrete cambiato idea!- sbottò Caterina, dopo aver sfiorato una palla lanciatale da Pietro, che cadde inevitabilmente accanto al suo piede, segnando un altro punto per la squadra sua e di Giulia.
Giulia trattenne a malapena una risata, più divertita che canzonatoria: non erano passati nemmeno dieci minuti da quando avevano iniziato quella partita, e per il momento gli unici reali giocatori si erano rivelati essere unicamente Pietro e Caterina, anche se per quest’ultima la partita si stava mettendo male. Non riusciva a non canzonarla per i punti persi, non dopo aver passati quegli ultimi minuti a vederla cercare di tappare i buchi lasciati dai ricevimenti piuttosto marginali e disastrosi di Alessio, tenutosi piuttosto in disparte per la sua incapacità al beach volley. Persino Giulia, pur facendo più affidamento su Pietro, si era resa conto di essere una giocatrice perlomeno ad un livello discreto – sicuramente migliore di Alessio.
-Potrei anche tentare di prendere la prossima palla- disse Alessio a Caterina, con il fiatone – Ma non ti assicuro di riuscire a ributtarla di là della rete-.
Pietro andò a recuperare con aria vittoriosa la palla che Caterina gli stava porgendo, lanciando al biondo un ghigno:
-Non pensare che la tirerò più piano solo per te. Niente favoritismi-.
Si preparò a lanciare la palla ostentando sicurezza, con ancora lo stesso sogghigno stampato in faccia. Giulia rimase ad osservarlo mentre finalmente si decideva a lanciare, la palla che seguì una traiettoria così bassa che rischiò di sfiorare la rete, superata a malapena e ad incredibile velocità; qualche secondo dopo, nell’accorgersi dove era finita la palla, Giulia fu sicura che il ghigno di Pietro si fosse letteralmente congelato.
Alessio finì piegato in due subito dopo essere stato colpito in pieno e all’altezza dell’inguine, lasciandosi andare a lamenti acuti mentre cadeva a terra.
-Oddio, stai bene?- Caterina anticipò tutti: con gli occhi ancora sgranati si avvicinò all’altro, insicura su cosa fare. Giulia, dal canto suo, si ritrovò tra le lacrime per le risate che non era riuscita a trattenere, neanche per quel poco di preoccupazione che aveva comunque per lo stato attuale di Alessio.
Si girò invece verso Pietro: era rimasto fermo immobile, lo sguardo sbigottito e allo stesso tempo imbarazzato, in completo silenzio.
Era sicura che Alessio non potesse dire di starsela passando troppo bene, in quel momento: aveva smesso di lasciarsi andare a gemiti di dolore, ma nulla gli aveva impedito di vacillare piano sulla sabbia, sbiancato invaler volto.
-Diciamo che … Potrebbe andare … Decisamente … Meglio- Giulia dovette avvicinarsi per riuscire a sentirlo pronunciare a fatica quelle parole, dalla sua posizione fetale con cui si era accasciato a terra.
Si dovette mordere il labbro per non scoppiare a ridere di nuovo:
-Se in futuro avrà problemi di fertilità, almeno sapremo di chi è la colpa-.
Pietro le passò di fianco proprio in quell’istante, guardandola in cagnesco:
-Non era esattamente nei miei piani tirare la palla proprio lì- borbottò, passandosi una mano sul viso sudato. Sembrava seriamente dispiaciuto, a giudicare dall’espressione esitante e mortificata, anche se non stava provando ad avvicinarsi troppo ad Alessio, lasciando a Caterina quel compito.
-Vorrei ben sperarlo- replicò il biondo, un po’ meno agonizzante nonostante non si fosse mosso dalla sabbia, il capo poggiato a terra con noncuranza e gli occhi socchiusi.
Prima che Giulia potesse avvicinarsi ulteriormente, Pietro si decise finalmente ad farsi più vicino: si chinò di fianco a Caterina, allungando una mano sulle spalle nude dell’altro, fino a raggiungere capelli biondi sulla nuca, in una carezza leggera.
Alessio sospirò pesantemente:
-Forse riuscirò a rimettermi in piedi tra un po’-.
-Puoi sempre farti dare una mano da colui che ti ha ridotto così- Giulia lo disse mentre si sedeva a sua volta sulla sabbia, accanto ad Alessio – Farti fare un massaggio sarebbe il minimo per averti quasi ammazzato dal dolore-.
L’ennesima occhiata minacciosa che le rivolse Pietro non bastò ad impedirle di ridere; perfino Alessio, inerme a terra e ancora pallido, si era lasciato sfuggire una leggera risata, senza ribattere nulla.
Pietro preferì non dire niente: probabilmente il senso di colpa doveva avergli dato alla testa, se invece che ribattere offeso alle battute di Giulia si limitava perfino a ignorarla del tutto.


 
L’acqua fresca del mare fu un sollievo enorme per la pelle ormai fin troppo accaldata, quasi bruciata per i raggi del sole del pomeriggio.
Alessio vi si era addentrato pochi minuti prima, da solo. Non aveva bene idea di che ora potesse essere: sapeva solo, almeno da quel che aveva detto Giulia quando erano tornati tutti momentaneamente all’ombrellone, che doveva averci messo almeno una ventina di minuti in tutto prima che fosse in grado di rialzarsi dal punto in cui era crollato sul campo da beach volley e camminare. Alessio non aveva faticato a crederci: anche lì in acqua, seppur in misura minore, riusciva ancora a percepire il dolore all’altezza del bacino.
Era rimasto conciato così male che persino Nicola, tornato finalmente dalla sessione di nuoto, e Filippo avevano notato la sua andatura non molto stabile quando aveva camminato dal campo di gioco all’ombrellone. Quando gli avevano chiesto entrambi che gli era successo, aveva liquidato la questione con un vago “infortunio da partita di beach volley”, accompagnato dalle risate mal trattenute di Giulia e dalle occhiate piene di scuse di Pietro.
Doveva però ritenersi in qualche modo fortunato, perché quella era stata la scusa perfetta per evitarsi una seconda partita. Aveva lasciato con gioia il proprio posto a Nicola, mentre Filippo aveva sostituito nell’immediato Pietro, che aveva preferito invece fermarsi su uno degli sdraio all’ombra.
E poi, nonostante la solitudine in cui si trovava in quel momento – un po’ come aveva trovato Caterina non molto tempo prima, in riva al mare-, la frescura dell’acqua marina gli stava giovando sul serio. Si era allontanato abbastanza dalla riva per poter nuotare liberamente senza il pericolo di finire addosso a qualche altro bagnante, ma si era stancato ben presto; era tornato un po’ più vicino alla zona dove c’era più gente, standosene perlopiù fermo nello stesso punto, dove il fondale era così basso che, alzandosi, il livello dell’acqua gli arrivava a malapena ai fianchi. Riusciva facilmente a toccare il fondale con le ginocchia piegate, e senza avere nemmeno le spalle del tutto sott’acqua.
Per un attimo ricordò quel che aveva detto a Caterina, quando le aveva detto che quello era un bel posto: si sentiva quasi in paradiso, in quel momento, osservando rapito le scogliere dell’isola di San Nicola, che  apparivano più vicine di quanto non fossero in realtà, e dove sul punto più alto dell’isola spiccava il santuario romanico di Santa Maria a Mare. Il rombo delle barche e dei gommoni, che viaggiavano tra l’isola di San Nicola e quella di San Domino, nello spazio di mare rimanente e non adibito ai bagnanti, sembrava far da sottofondo al posto, oltre al sibilo della brezza leggera.
Riusciva, in quel momento, perfino a sentirsi rilassato, in pace con il mondo, come se tutti i problemi che aveva fino a prima di mettere piede su quell’isola se ne fossero andati.
Forse era tutto l’insieme – il posto paradisiaco così come la compagnia- a facilitare quel sentimento di relax. Era convinto che, fino all’anno prima, non si sarebbe sentito minimamente a suo agio nel condividere una stanza di un B&B con persone quasi sconosciute come Gabriele e Alberto: in quel frangente, invece, la loro presenza aggiuntiva lo stava facendo sentire quasi contento di poter relazionarsi anche con altre persone che non avevano idea di quel che aveva passato nell’ultimo anno.
E poi, di questo ne era sicuro, quella vacanza era l’occasione ideale per prendersi un po’ di tempo con Pietro e parlare meglio dell’idea di cercare un appartamento insieme. Non c’era stata un’occasione vera, nelle ultime settimane, per parlarne a lungo, troppo impegnati entrambi con il lavoro.
Chiuse gli occhi, mantenendosi a galla, steso sul pelo dell’acqua, e oscillando al ritmo delle onde. Riusciva a sentire solo il rumore del mare, e il sole bruciargli la pelle della faccia.
Non sarebbe riuscito ad accorgersi della gente intorno a lui neppure con gli occhi aperti, e anche per questo non potè fare a meno di chiedersi – un secondo prima di finire con la testa sott’acqua- chi diavolo avesse decise di afferrargli una gamba e sollevargliela, facendogli inevitabilmente perdere l’equilibrio con il quale si stava mantenendo perfettamente a galla.
Alessio fece appena in tempo a portarsi le dita a tapparsi il naso, prima di non riuscire a capire più nulla, circondato unicamente dall’acqua cristallina del mare. Quando riemerse – completamente grondante e con i capelli completamente appiccicati alla fronte-, piuttosto furioso, dovette strizzare gli occhi qualche secondo prima di riuscire ad aprirli senza sentirli bruciare troppo. Gli ci vollero altri attimi prima di mettere a fuoco il ghigno trattenuto a stento da Pietro, in piedi davanti a lui e con l’acqua che gli arrivava appena sotto i fianchi, i capelli umidi che a causa dei riflessi solari sembravano quasi biondi. Visto così dal basso torreggiava su di lui in modo quasi intimidatorio; quella sensazione gli fece correre un brivido lungo la schiena.
Alessio lo guardò il più possibile in cagnesco:
-Dimmi una cosa: qualcuno ti ha pagato per farmi fuori, o sei proprio tu ad avere istinti omicidi nei miei confronti?- sbottò, ancora vagamente indispettito. Riuscì a rimettersi in piedi, scostandosi a fatica i capelli grondanti appicciati sulla fronte. Maledisse il fatto di risultare comunque decisamente più basso di Pietro anche così: sarebbe riuscito a ributtarlo in acqua senza troppo sforzo.
-Se ti riferisci alla pallonata di prima, quella non era del tutto calcolata- Pietro abbandonò per pochi secondi il sogghigno divertito, a favore di un’espressione imbarazzata. Alessio non seppe dire se era rosso in viso per quello o per il caldo che faceva.
-E l’annegarmi?- lo incalzò, le braccia incrociate contro il petto.
Pietro scosse il capo, ridendo:
-Non saresti mai annegato restando sott’acqua tre secondi-.
Alessio sbuffò sonoramente:
-Va bene, ma diciamo che d’ora in poi cercherò di starti il più lontano possibile- continuò a dire, con lo stesso cipiglio arrabbiato.
-Condividiamo la stessa stanza-.
Alessio si morse il labbro nel ricordarlo.
“Anche lo stesso letto, se è per quello”.
Prima che però potesse dire qualcosa, fu di nuovo Pietro a parlare, lasciando perdere del tutto il sorriso canzonatorio che gli aveva rivolto:
-Comunque, a proposito della pallonata … - si schiarì la gola, facendo un cenno con il viso nella sua direzione – Come va là sotto?-.
Per un momento Alessio riuscì quasi a lasciar da parte il senso d’offesa che aveva provato fino al secondo precedente. A giudicare dall’espressione apprensiva, Pietro sembrava davvero preoccupato.
-Meglio, ma questo non cambierà il fatto che vedrò come vendicarmi- gli rispose, sentendosi particolarmente perfido nell’aggiungere quel particolare.
Al contrario di quel che si sarebbe aspettato, Pietro gli rise in faccia:
-Per vendicarti dovrai pur avvicinarti a me-.
Alessio lo guardò di nuovo malamente:
-Pignolo-.
La risata cristallina dell’altro riempì gli attimi di silenzio per un po’, prima che smettesse anch’essa di riecheggiare. Passarono alcuni minuti di imbarazzato silenzio: Alessio preferì puntare lo sguardo altrove, sentendosi un totale idiota nell’essere lì in piedi, fermo davanti a Pietro senza riuscire a dire nulla. Doveva immaginare che fosse lo stesso anche per lui.
-Credo me ne tornerò verso la spiaggia, comunque-.
Alessio si voltò verso di lui lentamente, chiedendosi se si era solo immaginato di sentirlo parlare. A giudicare dall’espressione imbarazzata ed esitante di Pietro, però, non doveva essere stata solo un’allucinazione uditiva.
-Te ne vai di già?- gli chiese, incredulo – Ma sei appena arrivato-.
Si rese conto di avergli detto giusto qualche minuto prima che avrebbe cercato di stargli il più lontano possibile per evitare altri incidenti come quello della pallonata, ma cercò di ignorare del tutto quella contraddizione.
Sperò che lo facesse anche Pietro, ma dovette ricredersi subito:
-Non eri tu quello che non mi voleva intorno?-.
Anche se lo aveva detto con tono scherzoso, Alessio ebbe il serio dubbio di essere apparso troppo permaloso:
-Ti sei offeso?-.
Lo vide abbassare gli occhi per un attimo, prima di rialzare il capo e scuoterlo in segno di diniego:
-No, in realtà non è per te. È che … Non mi piace molto stare nell’acqua- si interruppe, d’un tratto più timido di quanto Alessio si sarebbe mai aspettato da lui – Ho sempre avuto una specie di moderata idrofobia. Quindi preferisco sempre rimanere con i piedi ben saldi sulla terraferma. Ero venuto qui solo per stare poco-.
Alessio sgranò gli occhi, totalmente preso contropiede. Non gli era mai venuta in mente una possibilità del genere, ma effettivamente non c’era mai stata occasione per finire in argomento.
-Hai paura dell’acqua?- ripeté, quasi a cercare ulteriore conferma.
-Beh, sì- Pietro annuì, ancora un po’ rosso in viso – Ma è moderata, nel senso che ho paura delle acque profonde o dell’annegamento, ma Nicola mi aveva detto che qui il fondale è parecchio basso, quindi a venire qui ero meno … Preoccupato-.
Per un attimo Alessio si sentì tremendamente in colpa per avergli rinfacciato fin troppo l’incidente di prima. In fin dei conti Pietro era venuto fin lì probabilmente per lui, per sapere come stava, nonostante la sua stessa fobia.
-Non ho neanche mai imparato a nuotare, quindi in mare non avrei proprio molto da fare- proseguì Pietro, con leggera autoironia.
Alessio non riuscì a sentirsi meno uno schifo neanche così.
-Però sei venuto comunque per me-.
Si lasciò andare a quelle parole quasi senza accorgersene, puramente per istinto, facendo arrossire ancora di più Pietro. Lo vide alzare le spalle, con nonchalance:
-In realtà ero un po’ curioso per il mare. Non capita tutti i giorni di vederne uno con l’acqua così limpida-.
Alessio lo guardò per un lungo attimo con scetticismo, il sopracciglio alzato:
-Sei venuto qui solo per questo motivo?-.
Cercò di non suonare troppo deluso, ma non fu del tutto sicuro di esserci riuscito. Pietro lo stava guardando con un mezzo sorriso imbarazzato, senza distogliere lo sguardo nonostante l’essere visibilmente arrossito.
Fu Alessio, invece, a sentire quasi il bisogno di abbassare il viso, sull’acqua limpida che li circondava. Era una scelta comunque migliore di quella di soffermarsi troppo con lo sguardo sulle spalle di Pietro, la curva ampia e muscolosa – a tratti accogliente- che di certo doveva piacere parecchio a tutte le ragazze con cui era stato, e a quelle che potevano ammirarlo su quella stessa spiaggia.
-Ovviamente- lo sentì dire, trattenendo a stento una risata.
Alessio si ritrovò a roteare gli occhi al cielo, sbuffando appena con sarcasmo, prima di girarsi verso la spiaggia e fare qualche passo in quella direzione, deciso a tornarsene a riva prima di far crollare definitivamente la propria reputazione.
-Dove te ne stai andando?- Pietro alzò appena la voce per riuscire a farsi sentire; anche se non si era voltato indietro, Alessio fu sicuro che lo stesse seguendo ugualmente.
-A riva- rispose indifferente. L’unica cosa che riuscì a sentire fu di nuovo la risata limpida di Pietro:
-Ah, quindi il voler starmi lontano era tutta una finta, visto che stavo per tornare anche io-.
Alessio soffocò a stento qualche imprecazione, i piedi che continuavano ad affondare nella sabbia bagnata del fondale ad ogni nuovo passo.
 
*
 
Faceva ancora parecchio caldo quando, alla sera, avevano cominciato a prepararsi per lasciare la spiaggia ed avviarsi al traghetto per tornare a San Nicola. Non ci avevano messo molto ad arrivare al molo d’arrivo, di certo non quanto ci misero per arrivare al centro abitato, concentrato nella zona più alta dell’isola.
Caterina continuò a camminare lentamente, sbuffando di tanto in tanto: le spalline dello zaino cominciavano ad essere irritanti sulla pelle abbronzata e resa più sensibile. Stava ricominciando già a sudare, nonostante il calore pugliese fosse decisamente più secco rispetto a quello estremamente umido al quale era abituata.
-Ehi, fermi tutti!-.
Si ritrovò ad alzare lo sguardo in automatico, cercando di mettere a fuoco i visi del resto del gruppo: Gabriele, qualche metro più avanti rispetto a lei, si era fermato di colpo, facendo fermare di conseguenza anche tutti gli altri.
-Forse dovremmo approfittarne e andare a fare un po’ di rifornimento per il cibo e le bevande da portarci in spiaggia- continuò subito, prima di girarsi ed indicare un negozio di alimentari a qualche metro da loro. Erano già relativamente vicino al loro B&B, e la posizione del negozio risultava piuttosto comoda.
-Non serve che andiamo tutti quanti al negozio, per quello ci si può andare anche in due- obiettò Valerio, il volto accaldato – Chi vuole sacrificarsi?-.
Prima che potesse anche solo venirle in mente qualcos’altro, Caterina parlò:
-Posso farlo io … Con qualcun altro, se qualcuno si offre di accompagnarmi-.
Si sentì strana nel dirlo ad alta voce. In qualsiasi altra situazione, con tutta la stanchezza che si sentiva addosso, non si sarebbe mai offerta per fare la spesa. Era però, inevitabilmente, un’occasione d’oro per evitare ancora per un po’ di ritornare in stanza – la stessa stanza dove si sarebbe ritrovata con la sola compagnia di Nicola.
Vide tutto il resto del gruppo voltarsi verso di lei: Nicola sembrava del tutto intenzionato ad andare con lei, e Caterina sperò ardentemente di non essersi solamente complicata le cose con quel piano. Rimase a sperare che qualcun altro parlasse prima che lo facesse lui.
-Vengo io con te-.
Per un attimo Caterina rimase immobile, prima di voltarsi lentamente verso Alessio. Non si sentì affatto stupita che si fosse offerto proprio lui.
“Abbiamo un discorso in sospeso, d’altro canto”.
Nonostante tutto, nessuno degli altri ebbe qualcosa da obiettare:
-Se avete bisogno di consigli, mandateci un messaggio- concluse Giulia, l’espressione ancora un po’ perplessa – E sbrigatevi-.
Cinque minuti più tardi erano già dentro il negozio, che si era dimostrato più grande di quanto non fosse sembrato visto da fuori. Lo spazio suddiviso in corridoi, divisi dagli scaffali colmi, appariva quasi confusionario. Non vi era molta gente all’interno, e solo una commessa sulla cinquantina si trovava al di là del bancone della cassa, apparentemente disinteressata a qualsiasi cosa.
Caterina lasciò entrare per primo Alessio, seguendolo subito dopo; attraverso la vetrata sulla parete che dava sulla strada osservò allontanarsi il resto del gruppo. Non si soffermò troppo su Nicola: aveva come l’impressione che cominciasse a capire che lo stava semplicemente evitando in qualsiasi modo.
Seguì Alessio a passo lento, dopo che lui si era premurato di recuperare un carrello dalla fila accanto all’entrata, dove mettere tutte le cose che avrebbero dovuto comprare.
Non c’era bisogno che Alessio lo dicesse a voce per farle intuire la ragione del voler essere lì con lei. Caterina arrossì al solo pensiero di parlare davvero di quel che si stava tenendo dentro da settimane: non aveva la minima idea di cosa avrebbe potuto dirgli, e non era nemmeno ancora del tutto sicura che fosse una buona idea rivelargli i suoi timori e la sua incertezza. Dall’altra parte, però, doveva ammettere che avere qualcuno con cui confidarsi le ci sarebbe voluto davvero: sentirsi rassicurare, magari ottenere qualche consiglio su cosa fare, sarebbe stato ben accetto, al di là dell’imbarazzo che poteva provare. E sapeva bene che anche con Giulia ne avrebbe potuto parlare liberamente, ma in quel momento c’era qualcosa che le diceva che il parere di un ragazzo le sarebbe stato ancor più utile.
Alessio non accennò a dire nulla per i primi minuti. Si stava limitando a lanciarle qualche occhiata, restando in silenzio anche quando Caterina si decise finalmente ad affiancarlo.
-Questo posto è semplicemente un casino- mormorò lui, non appena infilato il primo corridoio tra due scaffali, osservandoli con aria critica – Se usciamo di qui trovando tutte le cose che ci servono sarà un miracolo-.
-Ce la faremo- cercò di incoraggiarlo Caterina, senza reale convinzione.
Alessio si limitò a sbuffare rassegnato. Cominciò a rallentare il passo, accostandosi maggiormente allo scaffale di sinistra, fino a fermarvisi davanti. Lasciò il carrello appena lì davanti, portandosi le mani sui fianchi.
-Ti va di parlarmi ora?- Alessio glielo chiese con gentilezza, come se non si aspettasse davvero una risposta affermativa – Lo so che c’è qualcosa che ti impensierisce. È palese-.
Era palese, sì, Caterina ormai ne era consapevole. Era del tutto sicura che, se lo aveva notato Alessio, sarebbe mancato pochissimo al momento in cui anche Nicola l’avrebbe realizzato.
-Rifletto su alcune cose, tutto qui- rispose a mezza voce, in un ultimo tentativo di rimandare ancora di qualche minuto quella conversazione – Dovresti farlo anche tu, ragionare sulla tua vita … Oltre che sulla mia-.
Alessio si girò a guardarla con un sopracciglio alzato, apparentemente non offesosi del tutto per quelle parole:
-Oh, lo faccio- replicò sarcastico – Anche troppo. Ma in questo caso mi sembri più bisognosa tu di ascolto-.
-Come sei diventato caritatevole-.
Si sentì con le spalle contro il muro, incapace di trovare una vera e propria via d’uscita: forse, a quel punto, lasciarsi andare e confidarsi sarebbe stata l’unica cosa da fare, oltre che la meno dannosa.
-Non sviare il discorso- la riprese nuovamente Alessio, mentre allungava una mano verso un sacchetto di patatine, leggendone attentamente gli ingredienti riportati – Non stiamo parlando di me, ma di te. Sicura che non ci sia niente che non va?-.
Caterina lo guardò fisso per alcuni secondi, piuttosto innervosita: cominciava a stancarsi di sentirsi chiedere se c’era qualcosa che non andava. Era una domanda che iniziava ad essere fin troppo ridondante, oltre che una domanda alla quale la risposta appariva già piuttosto evidente senza una sua ulteriore conferma.
-Certo che voi ragazzi non capite nulla- borbottò, prendendo il carello e facendo qualche passo avanti, consapevole che Alessio la stava seguendo pochi passi più indietro – Tipo quando dovreste parlare e quando invece no-.
Non aveva osato voltarsi verso Alessio mentre parlava, anche se si sentiva osservata.
-C’entra Nicola, vero? Non parleresti così se non c’entrasse lui-.
Alessio arrivò ad affiancarla, riponendo i sacchetti di patatine che aveva scelto nello spazio ancora del tutto vuoto del carrello – Supponendo che io sia il tipo che non dovrebbe parlare, perché ti sto evidentemente infastidendo in questo momento, lui dovrebbe essere quello che invece dovrebbe dirti qualcosa?-.
Caterina non si stupì affatto di vederlo intuire così in fretta  ciò che aveva alluso sottilmente. Si morse il labbro inferiore, consapevole che ormai il momento di parlare chiaramente era arrivato.
Non era ancora del tutto sicura che Alessio avrebbe capito le sue ragioni, pur non giudicandola: era pur sempre un uomo, qualcosa che lo portava inevitabilmente ad avere una visione totalmente diversa dalla sua; e poi non conosceva Nicola nel senso intimo che valeva invece per lei, e questo era un altro punto a sfavore. Uno dei tanti.
Sapeva però che avrebbe cercato di mettersi nei suoi panni, di capirla. Di darle una visione nuova, che forse era sfuggita anche a lei. E forse quelli erano motivi sufficientemente validi per fidarsi, per confidarsi.
-All’incirca- mormorò a malapena, dopo almeno un minuto di silenzio. Rallentò il passo fino a fermarsi, lo sguardo abbassato sulle proprie mani.
-Credo voglia farlo-.
Si sentì tremendamente insicura nel dirlo, e il silenzio che ne seguì non rese la situazione migliore. Per i primi secondi credette che l’altro non l’avesse nemmeno sentita: si era solamente voltato verso di lei, senza mostrare alcuna emozione in viso. Solo pochi secondi dopo, quando il silenzio tra di loro si era fatto fin troppo pesante, Alessio assunse a poco a poco un’espressione totalmente incredula, a tratti sgomenta.
-In che senso?-.
Caterina sgranò gli occhi, perché dal tono di voce con cui glielo aveva domandato, Alessio sembrava davvero confuso.
-Devo farti il disegnino?- Caterina quasi si stupì di essere sul punto di scoppiare a ridere – O preferisci uno schema dettagliato con … -.
-Ok, calma. Ho recepito!- Alessio la interruppe prima ancora che Caterina potesse concludere, lievemente arrossito in viso. Sembrava vagamente sorpreso da quella confessione – Caterina l’avrebbe descritto come scioccato-: se ne rimase in silenzio per diversi secondi, mentre ricominciavano a camminare lentamente, svoltando verso un altro corridoio del negozio.
-Beh, non ci vedo nulla di male … - la voce di Alessio spezzò il silenzio che era calato con tono tranquillo, nonostante la sorpresa di poco prima – State insieme da parecchio, ormai. Ne avete parlato tra di voi?-.
Caterina si morse il labbro inferiore, consapevole che fosse esattamente quella la domanda chiave di tutto, e forse Alessio avrebbe dovuto già capirlo.
-È quello il problema- mormorò a disagio, evitando accuratamente gli occhi chiari dell’altro – Non l’ha detto. È solo una mia deduzione dovuta a qualche suo comportamento ambiguo-.
Anche se non lo stava ancora guardando, sapeva che Alessio doveva essere stato colto ancor più nell’incredulità. D’altro canto, si rendeva conto che persino lei, al posto suo, avrebbe avuto la sua stessa reazione.
Sapeva che poteva risultare difficile anche solo immaginare cosa poteva averla portata a quella conclusione senza prove tangibili, vista la situazione da un occhio esterno. Ma la sua era un’impressione – una sensazione che si sentiva fin nelle viscere- di non aver scambiato certi gesti per altro. Aveva avuto fin troppo tempo per notare quel cambiamento in Nicola – praticamente quasi tutti i giorni, da quando erano finiti gli esami di maturità.
Aveva avuto tutto il tempo possibile per notare certi suoi sguardi, le stesse occhiate che ricordava le aveva riservato per le poche altre occasioni in cui erano andati vicini ad una certa intimità. Era uno sguardo diverso dal solito, diverso in un modo che razionalmente non avrebbe saputo descrivere, ma che le lasciava una sensazione addosso diversa dalle altre volte in cui erano insieme.
E poi c’erano tutte le attenzioni che le aveva riservato, con il contatto fisico che aveva assunto, pian piano, una presenza fin troppo costante; i tocchi si erano fatti più prolungati, meno radi e tentennanti, quando invece Nicola non aveva mai avuto troppo bisogno della fisicità per stare con lei.
Non era nemmeno quella sorta di cambiamento a lasciarla perplessa – si aspettava da un po’ che sarebbe arrivato quel momento, e stavolta, per certi versi, sapeva che non l’avrebbe rifiutato-, quanto il silenzio ostinato di Nicola.
I suoi sguardi riuscivano a farla arrossire e sentire bene allo stesso tempo, così come sentire le mani di lui percorrerle il corpo come non aveva mai fatto prima, ma era l’incertezza in cui si trovava in balia che le stava persino facendo passare la voglia di stargli accanto.
-Cioè non ti ha detto nulla?- chiese ancora Alessio, confuso. Si avvicinò nuovamente allo scaffale, sulla destra, pieno di bevande di qualsiasi tipo, ma sembrava più interessato alla conversazione che al fare attenzione a quel che metteva nel carrello.
-Lo sai com’è, non è il tipo da dire qualcosa esplicitamente- sospirò a fondo Caterina, scuotendo il capo – Ed è questa incertezza che mi sta uccidendo. Non riesco a capire come dovrei comportarmi-.
Si sentì piuttosto patetica nel dirlo, e in parte si pentì quasi di essersi lasciata andare a quelle confessioni. Arrivata a quel punto, però, sentiva fin troppo la necessità di avere qualche consiglio.
-Perché non ti fai avanti tu, se sai già che lui probabilmente non lo farà?-.
Caterina guardò Alessio con fare disperato:
-Mi fa sentire in imbarazzo. Neanche io sono il tipo di persona che parla apertamente di cose del genere- ammise, a mezza voce – Anche se in realtà ci siamo già andati piuttosto vicini diverse volte-.
Osservò Alessio annuire, pensieroso:
-State insieme da anni, per forza ci siete andati vicini varie volte- commentò alla fine, voltandosi vero di lei con un mezzo sorriso canzonatorio.
Caterina gli si avvicinò in pochi passi, tirandogli una pacca sulla spalla:
-Che pettegolo che sei!- fece, fintamente offesa e rossa in volto. Per tutta risposta Alessio scoppiò a ridere, e con lui anche lei non riuscì più a trattenersi.
Quel momento riuscì a stemperare la tensione che si era sentita addosso fino a quel momento, in parte ora meno preoccupata nello scoprire cosa Alessio avrebbe potuto pensare di quella situazione.
Fu per quel motivo che, dopo alcuni secondi, si schiarì la gola e tornò a parlare:
-Quindi … - iniziò, esitante – Mi stai suggerendo di parlarci?-.
Alessio le lanciò una rapida occhiata, giusto poco prima di afferrare due confezioni di bottigliette d’acqua e spostarle dallo scaffale al loro carrello.
-Direi che è la cosa più semplice fa fare, piuttosto che continuare a cadere in equivoci o evitarlo per tutto il resto della vacanza- disse, tornando a guardarla con serietà nello sguardo – Perché, fidati, capirà che lo stai ignorando apposta. Se le tue impressioni risultassero giuste … -.
Caterina lo tenne guardato attentamente, la fronte leggermente aggrottata, mentre Alessio si interrompeva senza accennare a continuare. Quella domanda lasciata in sospeso le fece tornare la stessa ansia che aveva avuto poco prima di iniziare tutta quella conversazione.
Alessio ruppe gli indugi dopo quella che a Caterina parve un’eternità:
-Vorresti farlo?-.
Caterina rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva; quando Alessio la vide sgranare gli occhi, mosse le mani come a volerla fermare:
-Nel senso: non devi dirlo a me, devi dare una risposta prima di tutto a te stessa, e poi a Nicola- aggiunse in fretta.
Caterina riuscì a calmarsi in pochi secondi, dopo quelle parole. Sapeva che, in fondo, Alessio aveva ragione su tutto: era stupido cercare di rimandare ancora la conversazione che avrebbe dovuto avere con Nicola, o aspettare che facesse lui il primo passo quando ormai era palese che non sarebbe stato così.
Ed aveva ragione anche sul dare risposte a se stessa: fino a quel momento si era concentrata così tanto su Nicola, che non aveva neppure pensato troppo a quel che avrebbe voluto lei. Non che la risposta le fosse difficile da immaginare, senza neanche pensarci troppo: di tempo per acquisire fiducia in Nicola ne aveva avuto abbastanza, e lo stesso valeva per lui.
-Comunque sia, state insieme da tempo, e lui ci tiene a te- la voce di Alessio la riportò alla realtà del negozio di alimentari, lontana dai suoi pensieri – Perché non provi a fidarti e a parlargli? Non parlare non porta a nulla di buono-.
Caterina annuì restando in silenzio. Cominciava a sentirsi meno insicura dopo le parole di Alessio: era forse la spinta finale che le serviva per farsi finalmente avanti. Avrebbe dovuto parlare ed affrontare Nicola il prima possibile, di quello riusciva a convincersene sempre di più: poteva anche essersi sbagliata del tutto, ma non lo avrebbe mai scoperto se entrambi avrebbero continuato a tacere e a fare finta di nulla.
Solo dopo avrebbe potuto trarre conclusioni più certe.
Ricominciarono a camminare lungo il corridoio deserto del negozio. Caterina non aveva idea da quanto fossero lì, ma aveva l’impressione che fino a quel momento se la fossero presa fin troppo comoda, distratti a parlare e con ben poche attenzioni sulla spesa da fare.
Era sicura che non avrebbero più parlato di quell’argomento per il resto del tempo che avrebbero passato lì, ma quando vide Alessio girarsi indietro verso di lei con un ghigno malizioso stampato in faccia, Caterina ebbe un gran brutto presentimento.
-Ah, dimenticavo: se deciderete di farlo sul serio, ricordatevi che non voglio diventare zio a vent’anni- Alessio si morse il labbro per non scoppiare a ridere prematuramente – Sono troppo giovane per fare da babysitter e perdermi dietro a pannolini e biberon-.
La pacca che lo raggiunse, di nuovo sulla spalla, non bastò a fermarlo dal ridere, o dal fermare Caterina dal pensare ancora una volta a cosa avrebbe detto a Nicola per cominciare a parlargli.
 
My game of love has just begun
Love runs from my head down to my toes
My love is pumping through my veins
Play the game*





 
*il copyright della canzone (Queen – “Play the game”) appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
"Vieni a ballare in Puglia, Puglia, Puglia!"cit.
Ebbene sì, siamo finalmente giunti alla famosa vacanza che, come avrete potuto intuito anche dalla citazione di Caparezza, avrà luogo proprio in Puglia. L'avventura dei nostri protagonisti è ancora agli inizi, ma i momenti di relax, di riflessione o di comicità sono dietro l'angolo ... Il primo vero momento di vacanza si apre con l'arrivo in spiaggia ormai solo nel pomeriggio. E già succedono i primi spiacevoli incidenti, che continuano con altri tentativi di omicidio attuati da Pietro nei confronti di Alessio. Anche se la sopravvivenza di quest'ultimo viene costantemente messa alla prova, non mancano i punzecchiamenti tra i due amici, e così i tentativi di distanziamento sociale tanto osannati da Alessio, sono destinati a fallire miseramente nella camera del bed & breakfast.
Ma la parte più interessante arriva dopo: ovviamente Alessio ha colto l'occasione al volo per parlare da solo con Caterina. E potremmo dire che sia stata una cosa positiva, perchè l'ha aiutata a fare maggiore chiarezza su come muoversi ... Parlerà davvero a Nicola o l'imbarazzo avrà la meglio?
Ci rivediamo mercoledì 8 luglio con un nuovo capitolo, per addentrarci del tutto in questa vacanza che si preannuncia parecchio caotica!
Kiara & Greyjoy

 
 
 
   
 
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