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Autore: Rubysage    25/06/2020    1 recensioni
Guardati le spalle, Legolas! Tuo fratello ti odia e cercherà di distruggerti anche a costo di risvegliare il Male che dorme! Vecchi e nuovi amici si schiereranno al tuo fianco e ti accompagneranno in quest'ultima, terribile avventura...azione, dramma, colpi di scena e il giusto pizzico di sentimento per una storia FINALMENTE CONCLUSA dopo 17 anni!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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33. La fine di ogni cosa

- seconda parte -

 

 

 

Left the house this morning
Bells ringing filled the air
I was wearin' the cross of my calling
On wheels of fire I come rollin' down here…

 

(Bruce Springsteen, “The rising”)

 

 

 

 

Quando Gimli si svegliò non si rese conto di dove fosse. Gli ci volle qualche minuto per trovare la forza di alzarsi dal pavimento sul quale giaceva riverso, gli arti intorpiditi dal freddo e un soffocante odore di muffa nelle narici. Un pallido e freddo raggio di luce illuminava l'ambiente ma non a sufficienza perchè la vista ancora offuscata del nano potesse distinguere ciò che si trovava intorno a lui. Il silenzio era rotto solo dal ritmico cadere di una goccia d'acqua, ma era momentaneamente impossibile capire da dove provenisse quel suono.

- Sam...? - chiamò, stringendosi la testa dolente fra le mani - Aragorn? -

Lentamente, si alzò sulle gambe traballanti e si appoggiò al muro, cercando invano di ricordare cos'era successo, come aveva potuto finire lì dentro, ovunque si trovasse.

Ricordi disordinati si affollarono nella sua mente: la torre di Ecthelion al calar del sole, i cancelli della Città Bianca che si chiudevano alle loro spalle, Eowyn che attendeva la piccola compagnia all'ingresso della Cittadella, sorridendo...

Poi il buio.

Il nano strinse gli occhi cercando di adattare la sua vista, già avvezza all'oscurità delle miniere, all'ambiente che lo circondava. Un dolore pulsante gli attanagliava la testa, rendendogli difficile anche solo restare in piedi e guardarsi intorno, ma doveva trovare i suoi compagni, o quantomeno capire cosa gli fosse successo. Chiamò nuovamente Aragorn, ma invano; la sua voce si spense tra mura che non riusciva a vedere.

- Maledizione! - disse, appoggiandosi di peso ad una parete umida. Era sfinito; rimase in quella posizione per un tempo indefinito, scandito solamente dal rumore lento della goccia che cadeva e che sembrava trapassargli il cranio, come nelle peggiori torture.

-Basta...basta!! - esclamò, stringendosi la testa tra le mani – Sam, Aragorn...dove siete?! -

Improvvisamente un’ondata dolciastra gli penetrò nelle narici, provocandogli un moto di nausea. Si scostò bruscamente dal muro, andando a sbattere contro una massa informe che pendeva dal soffitto e che gli rimbalzò contro, gettandolo a terra. Il nano imprecò cercando di alzarsi per la seconda volta, ma qualcosa in quella sagoma appesa catturò la sua attenzione.

Tese le orecchie; il silenzio era totale, anche quella dannata goccia aveva cessato di cadere, ma non fu un sollievo. Quando il nano riuscì finalmente a distinguere quella sagoma capì anche che il misterioso liquido che aveva ormai formato una piccola pozza sotto di essa non era acqua.

-Che Aulë ci protegga – disse con voce tremante, paralizzato dal terrore.

Davanti a lui, Sam dondolava appeso al soffitto, le mani legate ad una corda, le braccia e il volto rigati di sangue che continuava a scorrere dalle ferite.

Una goccia dopo l'altra, plic, plic, plic.

-Sam!! -

Il nano si lanciò verso l'amico, ma l'unico risultato fu di finire riverso sul pavimento con un'esclamazione soffocata. Una spessa corda assicurava la sua caviglia sinistra ad un anello di ferro incastonato nella parete.

-E' vivo, non temere – disse ad un tratto una fredda voce nel buio – Morto, non mi servirebbe a nulla. -

Eowyn fece un passo fuori dall'ombra, un gelido e inquietante sorriso dipinto sulle labbra. - Non che mi sia servito a molto, comunque – aggiunse – Benvenuto nelle segrete di Minas Tirith! Spero che la sistemazione sia di tuo gradimento. -

Gimli si mise faticosamente a sedere e guardò la fanciulla immobile davanti a lui, sbalordito.

-Che i Valar ti maledicano, Dama!! - esclamò infine – Perchè hai fatto questo ad un amico onesto e sincero? Che ne è degli altri? -

-Le domande spettano a me, Nano. Eravate in cinque, quando vi siete presentati ai Cancelli. Alla vostra compagnia manca un membro. Dov'è lo stregone? -

-Radagast? Vorrei saperlo anch'io...per ucciderlo con le mie mani, se ci ha abbandonato nel momento del pericolo! -

-Oh, mi dispiace, ma sarò io a togliermi quella soddisfazione. Mi è già sfuggito una volta, non ho intenzione di farlo accadere di nuovo. -

Un lampo metallico balenò negli occhi della fanciulla, e fu solo in quel momento che Gimli ritrovò del tutto la propria lucidità.

-Tu non sei Eowyn - disse, quasi in un sussurro - Avrei dovuto immaginarlo subito. Sei Fermanagh. Radagast aveva ragione... -

-I miei complimenti per la sagacia. Mi chiedevo quando ci saresti arrivato. -

-Te lo domando di nuovo...che ne è degli altri?! - tuonò Gimli – Aragorn, Faramir... -

...e Polo. Ma il nano si arrestò prima di pronunciare quel nome. Fermanagh aveva parlato di cinque compagni. A meno che tra loro non si celasse un traditore, all'appello mancava proprio lui.

Eowyn ghignò e spalancò del tutto la porta della cella. - Vuoi vederli?- disse - Sono qui. -

Gimli deglutì nel vedere il Sovrintendente e il Re di Gondor fare il loro ingresso a passi lenti, come marionette in mano ad un'entità più potente, negli occhi ormai vuoti la stessa luce metallica che illuminava quelli della Dama di Rohan.

Gimli impallidì. - Oh, no... - disse.

-Oh sì - ribattè Eowyn - Credo che ormai tu non possa fare altro che collaborare. L'Elfo è fuggito da Edoras, così mi ha detto il tuo inutile amico prima di perdere i sensi, vsto che al Re e al suo Sovrintendente non è rimasta molta memoria...loro mi servono per altro. Ora voglio sapere dov'era diretto e voglio saperlo subito. Bada, ho la stessa capacità di persuasione del mio sciocco fratello, ma utilizzo metodi molto più efficaci. -

Gimli deglutì e pregò che il demone non si accorgesse del topolino che era schizzato fuori dalla cella passando tra i piedi di Aragorn.

E così la nostra ultima speranza è riposta nella piccola gente della Contea, pensò, chiudendo gli occhi. Di nuovo, come allora.

 

Il percorso che divideva le segrete dall'uscita dalla Città Bianca sembrava infinito per le piccole zampe di Polo, che correva a perdifiato cercando di orientarsi in quello spazio così grande e di schivare tutto ciò che poteva costituire un pericolo per un topo.

Il suo cuore era gonfio di paura e angoscia.

-Tieniti vicino alle mura e non fermarti – disse Radagast.

Polo annuì. Non poteva vedere lo stregone né sentirne il peso, rimpicciolito com'era alle dimensioni di una pulce, ed era terrorizzato all'idea di farlo cadere.

Fai esattamente ciò che ti dirò e non temere di perdermi perchè non succederà, gli aveva detto Radagast.

Lo stregone aveva percepito il pericolo appena Eowyn gli si era fatta incontro e aveva capito che le sue forze non sarebbero mai state sufficienti per combattere la creatura che si era impossessata di lei. La fuga era la soluzione forse meno onorevole, ma di certo più utile.

Polo oltrepassò il cancello con un solo balzo, il più lungo consentitogli dalle sue minuscole zampe, le forze amplificate dalla paura e dall’angoscia, e continuò a correre a perdifiato nell’arida pianura, lasciandosi guidare da Radagast, aggrappato al suo pelo.

-Aldorath è troppo lontana! - squittì – Non riusciremo mai ad arrivare in tempo, nemmeno se corressi senza sosta...e non credo di reggere ancora per molto! -

-Non temere – rispose lo stregone - Abbiamo più alleati di quanti tu non immagini. Ora continua a correre e non temere, qualsiasi cosa accada! Fidati di me! - E lanciò un fischio acutissimo, che provocò quasi un moto di dolore alle orecchie di Polo, costringendolo a rallentare l’andatura.

-Corri! - lo esortò Radagast – Corri e non fermarti! -

Polo obbedì, ma il suo piccolo cuore rischiò di fermarsi quando all’improvviso un enorme corvo nero si gettò su di loro in picchiata e lo sollevò da terra con i suoi artigli acuminati.

-No!! Non può finire in modo così stupido!!- esclamò.

-E non finirà, infatti! - disse Radagast, sorridendo – Perchè credi che il mio vero nome sia Aiwendil, “amico degli uccelli”? Grazie Aranac, nipote di Roac – disse infine rivolgendosi al corvo – A debito si aggiunge debito, ma sapremo ripagarlo al momento opportuno. E ora, verso Aldorath! -

-Non esiste alcun debito – gracchiò in risposta Aranac, continuando a volare sicuro – Dobbiamo tutti giocare la nostra parte nella ricerca della salvezza, se non vogliamo che l’oscurità si abbatta nuovamente su tutti noi. -

 

Così si concluse il racconto dello stregone. Legolas lo guardò attonito, come se le poche speranze che erano cresciute nel suo cuore al suo risveglio si fossero sbriciolate in un istante.

-Mi dispiace, Signore del Bosco Atro – disse Radagast – So che speravi di essere giunto all’epilogo di questa storia. Invece, prima di mettervi la parola “fine” qualcuno dovrà ancora giocare la sua parte...ai Denti del Drago. E avrà tutto il mio aiuto. L’ultimo Silmaril va portato là e incastrato in una sottile colonna di roccia. Quel che accadrà dopo...non è ancora in mio potere dirlo. -

A quest’ultima notizia Legolas si lasciò cadere sui gomiti, come colto da un’improvvisa debolezza portata dallo sconforto. Guardò negli occhi tutti coloro che lo circondavano, Rhiannon, Val, Galien con il piccolo Polo sulla spalla, soffermandosi su quelli profondi e senza età dello stregone, implorando una risposta alla domanda che temeva di fare.

Radagast lo precedette.

-So cosa vorresti sapere – disse – Ma questo compito non cadrà di nuovo sulle tue spalle, troppo deboli per sopportare oltre in questo momento. Qualcun altro combatterà quest’ultima battaglia. -

Legolas trattenne il respiro per un istante. Dal suo risveglio, quando credeva che ormai tutto fosse finito, gli era parso invece di precipitare di nuovo nel vuoto. Qualcun altro dovrà giocare la sua parte. E lui che parte aveva avuto? A cosa era servita tanta sofferenza se ora qualcun altro doveva caricarsi sulle spalle quel fardello? E soprattutto, a chi sarebbe toccato adesso?

Val si alzò in piedi, indovinando il pensiero dell’elfo. - Andrò io, Legolas – disse – E Polo verrà con noi. -

Rhiannon uscì dalla tenda senza dire una parola.

L’Elfo e l’Uomo si guardarono per un tempo che sembrava infinito, cercando, senza riuscirci, di intuire i pensieri l’uno dell’altro.

Infine Legolas parlò.

-Per favore, lasciateci soli un momento. -

-D’accordo, Signore del Bosco Atro – rispose Radagast – Ma ricordate che non ci resta molto tempo. Non sprecatelo con parole inutili. -

-Non lo saranno – ribattè Legolas mentre Radagast e Galien lasciavano la tenda.

 

Legolas si raddrizzò faticosamente, mettendosi a sedere sulla branda e continuando a fissare Valerius negli occhi. Lo sguardo dell’Elfo l’aveva sempre inquietato, a partire dalla terribile notte del loro primo incontro; eppure questa volta il giovane non percepì nessuna tensione, come se Legolas stesse scavando con delicatezza nel profondo della sua anima. L’unica cosa di cui aveva paura era di ciò che vi avrebbe potuto far emergere. Senza rendersene conto, Val trattenne il respiro.

-Elen sìla lumenn’ omentielvo – disse quindi Legolas rompendo il silenzio – Sai cosa significa? -

Val scosse la testa.

-Significa “una stella brilla sull’ora del nostro incontro”. Ma sul nostro primo incontro non ha brillato nessuna stella. Ammetto di aver avuto una pessima opinione su di te, ma forse ero troppo cieco per non vedere la luce di quella stella...e la strada su cui ci ha portato. Ti ho giudicato molto male e ne sono addolorato, ora più che mai. Questa responsabilità non avrebbe dovuto ricadere su di te. -

Il giovane scosse la testa. - E su chi avrebbe dovuto ricadere? Sui miei uomini? Su di te, che sei appena scampato alla morte? Su tuo figlio? -

-Non credere che non senta quello che provi – disse Legolas fissando il giovane negli occhi. - So che hai paura, come tutti noi. Ed è normale, perché un condottiero non deve mostrar paura, ma ha tutto il diritto di averne. Questa decisione ti fa onore, ma ora devi dirmi perché l’hai presa e voglio la verità. Lo fai per lei? O per me? Tu non hai più debiti con nessuno, ricordatelo. -

Val distolse lo sguardo e il suo pensiero corse velocemente a Rhiannon. - L’ho fatto perché ho qualcuno per cui combattere. E a cui lasciare questa terra. Continui a giudicarmi male, Legolas, non sono un egoista. Non fino a questo punto, anche se mi sono comportato spesso da tale. Da egoista e sventato. -

-Senza la tua sventatezza forse non sarei qui, ora – disse Legolas sorridendo. - Credo...credo di doverti ringraziare per avermi disobbedito. -

-Senza di te nemmeno Rhiannon sarebbe qui. - ribattè Valerius – Comunque...in un certo senso sì, ho preso questa decisione anche per voi. E per me. -

La sua voce si incrinò. - E’ come se mi fossi reso conto...di non essere più un ragazzo. Di essere diventato uomo all’improvviso, quando credevo di esserlo già. Oh, grande Eru...tu sei una creatura millenaria...non so nemmeno se puoi capirmi… - disse chiudendo gli occhi, e prendendosi la testa tra le mani si chinò in avanti come se un forte dolore l’avesse attraversato all’improvviso.

Legolas allungò il braccio e gli pose una mano sul capo, in modo quasi paterno. - Posso capirti, invece. Per me si è trattato di molto, molto tempo fa. Il momento in cui ho capito di non essere responsabile solamente di me stesso... Ma il prezzo che tu rischi di pagare è molto alto, te ne sei reso conto? -

-Non sarò solo, lo sai. -

Legolas tacque. Lo sarai, avrebbe voluto dirgli. Quando ti troverai faccia a faccia con il nemico sarai solo ad affrontare la tua paura, la tua insicurezza, la tua debolezza...solo come chiunque altro. Elfi, Uomini, Nani...fatti di carne e di sangue, fallibili, fragili. Ed è proprio questo che ci rende fratelli…

Lo pensò, ma non lo disse.

-Nemmeno io ti lascerò solo, anche se non potrò venire con te. O ra passami quello – disse poi, indicando un lungo oggetto avvolto in un pesante panno verde, appoggiato al suolo vicino all’ingresso della tenda. Val lo depositò con attenzione nelle braccia dell’elfo che lo svolse con cura, svelando in tutta la sua maestosa bellezza l’arco che aveva ricevuto in dono da Dama Galadriel. Legolas lasciò scorrere lo sguardo su quell’arma tanto letale quanto splendida, accarezzandone lentamente gli intarsi come per imprimersi quel raffinato disegno nella memoria. Come se lo stesse guardando per l’ultima volta.

Valerius era un abile artigiano, ma alla vista di quell’arco capì che mai avrebbe potuto eguagliare la maestria degli Elfi.

-E'...è meraviglioso – disse.

-Mi fu donato dalla Dama del Bosco d'Oro. E' stato tutt'uno con le mie mani e i miei occhi durante la Guerra dell’Anello. Ora è tuo. Ti sarà di grande aiuto, come lo è stato per me. -

Valerius trattenne il respiro dallo stupore. - Non posso. Non ho le mani né gli occhi di un elfo. Non sono degno di possedere né di utilizzare un'arma del genere. -
-Ti sbagli. Tu sei l'unico ad esserne degno, ora. -

Legolas serrò le mani di Valerius intorno al suo prezioso arco, allontanandolo da lui, poi prese la testa del giovane tra le sue mani, costringendolo a guardarlo negli occhi.

-Non rifiutare mai l'aiuto di chi trovi sul tuo cammino – disse – Anche se l'aiuto più grande verrà da ciò che porti nel tuo cuore, dal tuo coraggio...ma potrebbe non bastare. A questo proposito, abbi cura di Polo. Tende un po' troppo a confondere l'incoscienza con il coraggio. Ma tu non commettere gesti sventati. Nessuno qui ha bisogno di un eroe morto, ricordatelo.-

Valerius aprì le labbra in un sincero sorriso. - Lo farò – disse, sollevando l'arco di Galadriel – Anche perchè ho intenzione di riportarti indietro questo. Lo considero un prestito, chiaro? -

Legolas sorrise a sua volta e appoggiò la sua fronte a quella di Val.

-Possa la tua forza darci forza...e possa la tua speranza darci speranza. - disse - Addio, Valerius di Aldorath...benedetto dagli Elfi. -

Valerius chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel tocco forte e delicato allo stesso tempo, ricevendone sicurezza e calore, ma soprattutto fiducia. Non avrebbe fallito; lo doveva a Legolas, a Rhiannon, alla sua gente, ma soprattutto a se stesso.

 

Valerius uscì a passo deciso dalla tenda di Legolas, e quasi non si accorse che Rhiannon lo stava aspettando fuori da essa.

-Sei sicuro di volerlo fare?-

Val si voltò di scatto, distinguendo a fatica la figura della ragazza avvolta in un mantello scuro, nella prima luce dell'alba.
-Ho scelta?- rispose.

Rhiannon tentennò, cercando di reggere lo sguardo stanco ma deciso del giovane.

-Sì. Non sei costretto a farlo. Puoi cambiare idea quando vuoi, nessuno ti biasimerà per questo.-

-Perchè mi stai dicendo questo? Vuoi che resti? -

Rhiannon tacque, stringendosi nelle braccia.
-L'avrei fatto, sai? - continuò Valerius - Per te l'avrei fatto, se tu me l'avessi chiesto. Avrei preferito di gran lunga aspettare la fine accanto a te. Ma come posso tirarmi indietro dopo aver visto cosa restava di Aldorath, del posto in cui sono nato e cresciuto? Li hai visti anche tu...le case distrutte, gli alberi bruciati...e tutti quei morti. Non avresti fatto la stessa cosa, al mio posto? E anche se non so come potrebbe finire...sono certo che è l'unica cosa giusta da fare. – disse, stringendo forte l'arco di Galadriel tra le mani.

Rhiannon lo guardò, meravigliata, e lasciò scorrere le dita di una mano sull'intarsio che faceva risplendere quella preziosa arma di riflessi argentati. - Te l'ha dato lui? - domandò.

Valerius annuì. - Mi ha dato molto di più – disse – Mi ha dato la forza di andare avanti. Credo di aver capito perchè lo ami così tanto. -

Rhiannon scosse la testa e fece qualche passo, voltando le spalle a Val.

-Non lo amo come credi tu. Pensavo di amarlo quando ho temuto di perderlo, forse perchè temevo di perdere chi mi aveva fatto riemergere dall'ombra alla luce, dividendo con me il suo dolore e la sua paura, e mi aveva offerto un braccio a cui aggrapparmi quando ero sul punto di cadere, esattamente come ha fatto Potter. Ma ho capito che l'amore ha molti volti e molte forme, e quello che c'è tra noi è diverso da quello che lui prova per la madre di suo figlio. Il suo cuore apparterrà per sempre ad un'altra e io non ho intenzione di prenderglielo. Sei soddisfatto adesso? Era questo che volevi sapere? -

-No – rispose Val – Perchè lo sapevo già. Ed è la stessa cosa che sto provando io in questo momento; non si può non amare chi non ti biasima per aver paura ma ti aiuta a capire...che è una sensazione come un'altra, come aver caldo o freddo, o sete. Non si può non amare chi ti aiuta a trovare te stesso. -

Rhiannon si voltò e i suoi occhi verdi incontrarono quelli scuri e profondi del giovane.

-Se Potter ti avesse sentito mi starebbe implorando di sposarti – disse, ridendo.

Val non si risentì; il suo cuore era calmo e sereno, pronto per la missione che stava per compiere, anche se sapeva che sarebbe bastato poco per rompere quella serenità.

-A proposito...tieni, questa è per te – continuò Rhiannon porgendo al giovane una fiaschetta di pelle che teneva sotto il mantello. - Ti scalderà e ti darà un po' di forza...e di incoscienza. Di coraggio ne hai già anche troppo. -

Val stappò la fiasca e la portò al naso; l'effluvio alcolico, dolce ma stordente, del liquore gli fece retrarre la testa.
- Ricetta di Potter, vero? -
Rhiannon annuì. - Era un maestro nel preparare queste cose. -

-Spero che non sia quella con cui ha steso Frey con un solo bicchiere... -

Rhiannon rise. - Oh no, quella era un segreto perfino per me! E comunque erano tre bicchieri. Ci voleva ben altro per stendere Frey... -

-Come quella volta in cui gli rovesciasti un secchio d'acqua gelata in testa? -

-Ho sviluppato delle buone tecniche per far capire ai clienti quando esagerano – disse Rhiannon ridendo – E lui stava schiamazzando un po' troppo. Dava fastidio alla gente...e anche a me. E' stata la prima e l'ultima volta in cui ha provato a mettermi le mani addosso! -

Ora toccò a Valerius ridere. - I tuoi metodi sono stati sempre molto convincenti! -

-Frutti di anni di esperienza... -

Val sorrise di nuovo e lanciò uno sguardo timido e malinconico alla ragazza.

-Sai... ricordo ancora la prima volta che ti ho vista. Ero entrato alla locanda mentre stavi raccogliendo i cocci di una caraffa di vino che qualcuno aveva fatto cadere. E mentre pulivi imprecavi contro tutti i Valar, anche quelli che non esistono... -

Risero entrambi.

-Sì, sì, eri proprio furibonda. Però...una ciocca di capelli ti scendeva sul viso, proprio in mezzo alla fronte. Ho pensato che eri bellissima. -

-Io invece devo aver pensato che avresti potuto anche darmi una mano invece di startene lì a guardare... -

-Ah, probabilmente me l'avevi anche detto! -

I due giovani risero di gusto, ma la loro spensieratezza durò poco.

-Sai, riesco a credere di poter ridere in una situazione come questa – disse Valerius.

-Nemmeno io. Ma abbiamo già pianto tanto e non è servito a niente. -

Valerius si rabbuiò e le sue risa parvero spegnersi in un singhiozzo sommesso.

-Mi dispiace, Rhiannon. Non riesco proprio a credere che debba finire così... -

-Val... -

-Ti prego ricordati di Yain e prometti... -

-Val! -

-...che ti prenderai cura di lui... -

-Val!! -

Rhiannon fissò Valerius negli occhi.

-Non è ancora finita. Non farmi rimangiare quello che ho detto prima. Anch'io sto morendo di paura, cosa credi? Ricordati che non sei solo. -

-Ad avere paura? -

-Anche. -

Valerius tacque per un istante. - Promettimi lo stesso che lo proteggerai. Promettimelo. Se io non torno, non gli rimane più niente. -

Rhiannon scosse il capo. - Non avevi nemmeno bisogno di chiedermelo, Val, lo sai. -

I due giovani tacquero per qualche istante, finchè un rumore di passi leggeri sull'erba non ruppe il silenzio che era caduto tra loro.

-Valerius – disse Radagast – E' ora di andare. -

Il giovane annuì e si rivolse a Rhiannon.

-Allora addio, Rhiannon. Grazie per questa – disse Val sollevando la fiaschetta, un sorriso triste sulle labbra – La berrò alla tua salute. Ricordami qualche volta. -

Rhiannon non disse nulla, ma i suoi occhi verdi tornarono fissi sul volto del ragazzo; Valerius abbassò lo sguardo e trattenne il respiro, incapace di dire ciò che la ragazza sapeva benissimo.

Dimmi di andarmene, ti prego, pensò. Perchè se tu mi dicessi di restare io lo farei, ma mi sentirei un vigliacco per il resto della mia vita. Grande Ilùvatar, che sciocchezza innamorarsi...

- Val - disse infine Rhiannon.

Il giovane si immobilizzò e trattenne il respiro.

- Io non voglio ricordarti. Voglio rivederti. -
E corse via.

 

Valerius, incredulo, tenne gli occhi fissi sulla ragazza finché non fu scomparsa dalla sua vista, incapace di sentire altro che il battito del suo cuore. Per lui, in quel momento, l’aria che gli sferzava il viso era solo il vento del nord che cominciava a soffiare, sempre più forte, scuotendo le fronde degli alberi. Perciò ebbe un sussulto quando si accorse della gigantesca ombra che stava calando sulla radura, sopra di lui.

-Ben ritrovato Gwaihir, Signore del cielo – disse Radagast, chinandosi per porgere il suo saluto all’enorme aquila che stava atterrando con tutta la grazia che le sue dimensioni le concedevano. -Ora più che mai abbiamo bisogno di te. E molto probabilmente sarà per l’ultima volta. -

Val spalancò la bocca e fece un passo indietro, impressionato. Il piccolo Polo, fino ad un attimo prima fermo ai piedi di Radagast, schizzò nel taschino della sua casacca, tremando come una foglia.

L’aquila non rispose ma si chinò per permettere allo stregone e ai suo compagni di montarle sul dorso.

-Coraggio, sali – disse Radagast rivolgendosi a Val. Il giovane deglutì e afferrò la mano che lo stregone gli porgeva. Polo si accoccolò ancora più in profondità nel taschino, tenendosi più stretto che poteva alla stoffa.

-Non avrei mai creduto di poter volare, un giorno – disse il giovane, ancora incredulo – Forse nei miei sogni. Ma erano sogni molto diversi da questo. -

-Se fosse un sogno sarebbe tutto molto più semplice – ribattè Radagast. - Ora tieniti forte. -

-A cosa…? - disse Valerius, traballando sul dorso ricoperto dalle morbide piume dell’aquila.

-A tutto quello che ti rende sicuro – rispose Gwaihir con voce tonante, facendo sussultare i suoi passeggeri – Ma non temere: non permetterò a nessuno di voi di cadere. -

 

Val non potè vedere il viso di Rhiannon rigato dalle lacrime mentre lo guardava partire, forse per l’ultima volta, ma mentre si alzava in volo sopra la foresta sentì il suo cuore farsi più leggero.

Sì, sarebbe tornato a casa. Doveva tornare a casa.

Ora aveva un buon motivo per farlo.

 

 

It's a fairytale so tragic

there's no prince to break the spell

I don't believe in magic

but for you I will, for you I will

If I'm a fool, I'll be a fool

darlin' for you

 

(Bruce Springsteen, countin' on a miracle)

 

 

 

 

Note: questa storia è stata aggiornata per l’ultima volta nel 2014. Sei anni fa. Ho riletto le note finali del capitolo precedente e giuro che NON ricordo perché ho odiato l’inizio di questo capitolo, ma suppongo fosse per la fatica nella stesura e per la mancanza di ispirazione, che andava a pezzi. La cosa più faticosa è stato metterli insieme, questi pezzi. Ma alla fine, eccoli qua. Sei anni, durante i quali io sono cambiata perché la mia vita è parecchio cambiata, sono cambiato i miei sogni, la mia ispirazione, che c’è ancora anche se il tempo per buttare giù qualsiasi cosa ormai è ridotto all’osso. Ma va bene così :) Manca un capitolo, un capitolo solo. Non so se i lettori che hanno iniziato a seguire questa storia staranno ancora spettando seguito e finale o se l’avranno dimenticata. Io non l’ho dimenticata. Per loro forse sarà una delusione ma per me avvicinarmi alla fine è una piccola conquista. Speriamo di non dovervi far aspettare altri sei anni. Ovunque siate, grazie per esserci stati <3

 

  
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