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Autore: PaladinaBianca    25/06/2020    0 recensioni
Se Daniel non avesse insistito così a lungo, Amelia non sarebbe mai tornata in Michigan.
E come biasimarla dopo tutto quello che aveva passato anni prima?
Ventisette anni e una nuova vita a New York, per Amelia è difficile camminare per le strade della sua città natale senza che rabbia e tristezza tornino prepotentemente ad assalirla.
Per fortuna il Lux è sempre un posto sicuro in cui rifugiarsi, un luogo in cui poter dimenticare il dolore e fare posto a ricordi più dolci. Di certo non si aspettava che ciò da cui era fuggita tornasse a farsi vivo proprio lì, dove aveva trascorso le più belle serate della sua adolescenza.
Sembra infatti che anche Jason, il fratello del suo migliore amico, sia da poco tornato in città.
E sembra che sia ancora più bello e pericoloso di quanto ricordasse.
Riuscirà Amelia a lasciarsi tutto alle spalle ancora una volta?
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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PARTE I

Ritorno a casa

And live in the familiar without you and I
Can you walk on the water if I, you and I?
'Cause your blood's running cold outside the familiar true to life



Un tuono fece rimbombare i vetri sottili delle finestre, cogliendola di sorpresa e facendole alzare la testa dal libro che stava leggendo. Si stropicciò gli occhi, per poi tornare a far scorrere lo sguardo tra i tavoli.
Il locale era pervaso da una luce cupa, complice il temporale che infuriava all'esterno.
Doveva essere piuttosto tardi, ormai. Sbuffò, puntellandosi al tavolo con il gomito e poggiando la guancia sul palmo, mentre toglieva l'altra mano dalle pagine e lasciava che il libro si chiudesse da sé.
Una tazza di tè ormai freddo come unica compagnia, Amelia aveva passato tutto il pomeriggio in quel bar ed ora, nonostante si stesse facendo buio, non aveva alcuna voglia di abbandonare quel rifugio confortevole per ritornare là fuori, alla vita reale.
Ci mancava solo il temporale, pensò, gettando uno sguardo all'orologio da polso. Erano le sei e trenta del pomeriggio, tanto valeva fermarsi per cena. Fece scivolare lo sguardo stanco verso il bancone ed incontrò il sorrisetto di Dan. Il ragazzo biondo scosse la testa, intuendo i suoi pensieri, ripose gli ultimi bicchieri al loro posto sulla spillatrice e poi, mettendosi l'asciugamano in spalla, si diresse verso di lei.
«A quanto pare qualcuno ha deciso di mettere qualcosa sotto i denti» ridacchiò, quando le fu vicino.
«Lascia perdere, non sono dell'umore, Dan» rispose lei, sistemandosi meglio sulla poltrona.
«Non sei obbligata a tornare a casa, lo sai».
Lei non rispose, fingendosi concentrata sul menu del giorno.
«Prenderò un panino avocado e salmone», disse alla fine, dimostrando di non aver degnato la lista nemmeno di uno sguardo. Al Lux prendeva sempre lo stesso panino, da che aveva memoria.
Dan sembrò decidere di far finta di nulla, evitando di farle notare che aveva eluso la sua domanda implicita. «Il solito per Am!» urlò rivolto alla cucina, da dove sopraggiunse un allegro «okay».
Il solito.
Amelia abbassò gli occhi per nascondere un sorriso. Era bello che ci tenesse a farla sentire a casa, anche se era la prima volta che metteva piede al bar dopo otto anni. Era la prima volta che metteva di nuovo piede in città, a dire il vero. Casa le era mancata.
Ma per casa intendeva esattamente questo: il Lux, Dan, le vecchie abitudini. Non certo l'enorme villa in cui aveva perso tutto quello che un tempo amava.
Si sforzò di ricacciare indietro quei pensieri, mentre Dan recuperava la sua tazza e dava una rapida pulita al tavolo. Il ragazzo scosse ancora una volta la testa, sospirando, prima di riavviarsi al bancone.

Can you walk on the water if I, you and I?

Lei e Dan erano amici da quando, all'asilo, lui aveva scoperto il suo nascondiglio segreto.
Amelia aveva sempre detestato il chiasso che gli altri bambini facevano in cortile, così durante le pause tra un'attività e l'altra preferiva rintanarsi in solitudine nel ripostiglio delle scope, la cui porta quantomeno attutiva gli schiamazzi. Di solito portava con sé un foglio di carta e qualche matita colorata, anche se a disegnare era una frana. Si stendeva a pancia sotto, le gambe a penzoloni sopra di lei, e riempiva il foglio di sbuffi colorati.
Quando incontrò Dan per la prima volta, era tutta intenta a sfumare il lilla con l'azzurro cielo, nella speranza di riuscire finalmente a disegnare un'alba quantomeno decente. Sentì la porta aprirsi e non ebbe nemmeno il tempo di lanciare un gridolino di sorpresa che quella si richiuse subito con un tonfo.
«Zitta!» le sussurrò il bambino dai lunghi capelli biondi, apparentemente per nulla sorpreso di trovarla chiusa lì dentro. Passi affrettati lungo il corridoio, che rallentarono nei pressi del loro rifugio. Amelia trattenne il respiro, guardando il bambino come se da un momento all'altro dovesse succedere qualcosa di terribile. 
Così com'erano arrivati, i passi si allontanarono.
«Se ne sono andati» le disse lui, strizzandole l'occhio. Lei allora rilassò le spalle e sospirò di sollievo, abbassando lo sguardo e cercando in tutta fretta di nascondere il foglio. 
«E' molto bello» la fermò lui. Amelia arrossì, ma non riuscì a dire nulla. 
«Vorrei che un'alba così esistesse davvero» continuò il bambino. 
«Non so disegnare» sussurrò allora lei, come a scusarsi. 
«Sì, invece. Solo che disegni quello che c'è nei sogni, non quello che c'è nella realtà» le sorrise, evidentemente compiaciuto per quell'affermazione. 
«Sono Daniel» e allungò la mano verso di lei. 
Amelia la prese con cautela, alzando finalmente lo sguardo su di lui. Nei suoi occhi non vide alcun cenno di scherno, soltanto gentilezza.
«Mi chiamo Amelia».
«Lo so».

Or keep your eyes on the road and live in the familiar 
without you and I

Seduta al vecchio tavolo di legno, sorrise malinconicamente al ricordo di quella giornata.
Chissà come sarebbe stata la sua vita se gli amici di Dan non avessero deciso di giocare a "Lupo Cattivo" proprio quel pomeriggio. Scosse la testa, scacciando quei pensieri. È inutile soffrire per qualcosa che non è successo, si disse. 
Del resto c'era già così tanto nella sua vita per cui essere tristi.
Improvvisamente la porta d'ingresso si aprì e nel locale si riversò una folata di vento freddo che spinse Amelia a stringersi un po' di più nella felpa. Un gruppo di ragazzi si fermò sulla soglia, ridendo sguaiatamente. Dovevano essere corsi fin lì dal parcheggio, sotto il diluvio, visto che i loro giacconi luccicavano di pioggia. 
Quando il più alto si abbassò il cappuccio, però, Amelia perse un battito.
Non è possibile.
Il suo sguardo corse subito verso il bancone, alla ricerca di un qualunque segno di sconcerto sul volto di Dan. Quando incrociò i suoi occhi, però, l'amico le apparve notevolmente a disagio, sì, ma non sorpreso come si sarebbe aspettata. E allora Amelia fu certa che lui sapesse.

Soffocò il moto di rabbia che le salì nel petto e cercò di farsi sempre più piccola, pregando silenziosamente che la poltrona la inghiottisse. Il battito del proprio cuore le martellava nelle orecchie e lei cercò di recuperare il suo libro, così da potersi fingere immersa nella lettura.
Quando lui si fece strada verso il centro del locale, tuttavia, la sua attenzione fu catturata dai suoi capelli corvini scompigliati, dalle sue spalle larghe, coperte dalla camicia nera attillata, che disegnava così bene i suoi addominali scolpiti, da quel sorriso sghembo, irriverente, e da quegli occhi neri come la notte, così profondi e vivi e...
Dan si schiarì la gola incredibilmente vicino al suo orecchio e lei si riscosse.
Sentì le guance infiammarsi, mentre deglutiva per cercare di non far percepire all'amico il groviglio di emozioni che provava. Alzò gli occhi su di lui e incontrò un sorriso velato di rimprovero. Cercò di dire qualcosa ma lui la precedette. «Ecco qua» affermò, mettendole davanti il panino che aveva ordinato.
«Tu lo sapevi, non è così?» chiese allora Amelia, in un sussurro. Dan si strinse nelle spalle. «E' venerdì sera» constatò, come se quello spiegasse tutto.

It glows with gates of gold to true life

Ricordava molto bene i fine settimana della sua adolescenza, trascorsi con Dan e il loro gruppo di amici al Lux, a ridere e ad ascoltare buona musica.
Il futuro sembrava così lontano, a quel tempo. Erano gli anni in cui il problema peggiore da affrontare era la scelta del vestito perfetto per la serata. Soprattutto per quella del venerdì, quando si sedeva insieme agli altri al solito tavolo, indossando il suo sorriso migliore e mascherando al meglio l'aspettativa che la costringeva sempre più spesso a volgere lo sguardo verso l'ingresso del locale.
Fingeva di partecipare alle conversazioni, annuendo al momento giusto e sorridendo quanto bastava, fino al momento in cui, quando ormai stava perdendo le speranze, le porte si aprivano e un gruppo di ragazzi si riversava all'interno. Il leader del gruppo era lui, Jason Myers, tanto bello quanto pericoloso.
Il solito cliché, non trovate?
In effetti lo era, almeno per la maggior parte delle ragazze che cadevano ai suoi piedi ammaliate dai suoi sorrisi e dal suo fisico atletico. Per Amelia, tuttavia, era soltanto il fratello maggiore del suo migliore amico. Lo stesso Jason che le aveva tagliato i capelli mentre dormiva, durante una delle innumerevoli estati trascorse insieme nella casa al mare dei Myers, quello che non perdeva occasione per tormentarla nei corridoi della scuola da quando frequentavano le medie e quello che, negli ultimi mesi, aveva sorpreso diverse volte a guardarla con una strana luce negli occhi.
Mentre lui ordinava da bere, appoggiato al bancone con entrambe le braccia, Amelia osservava con un misto di gelosia e compiacimento i movimenti delle ragazze che lo avevano adocchiato: bisbigliavano tra loro e si lisciavano i vestitini attillati, pronte a sferrargli un sorriso smagliante non appena si fosse voltato di nuovo verso la sala. Immancabilmente, Jason buttava giù il primo shottino della serata e poi girava lo sguardo di scatto, quasi come un'abitudine. L'ombra di un sorriso gli illuminava gli occhi scuri, mentre si passava una mano tra i capelli e piccole rughette d'espressione gli si accentuavano intorno alle labbra. Amelia sapeva a memoria quel che sarebbe accaduto, perché la stessa routine si ripeteva ogni venerdì sera da settimane. Era questione di un attimo. Jason si voltava e la individuava con precisione millimetrica. Lei aveva giusto il tempo di realizzare che quel sorriso era tutto per lei, prima che lui tornasse a darle le spalle per ordinare qualcos'altro. E allora lei tornava ad ascoltare le chiacchiere dei suoi amici, il cuore a mille e nella testa un miscuglio di soddisfazione, felicità e paura.
Nessuno aveva notato nulla di insolito e lei e Jason, fatta eccezione per qualche altro sguardo rubato, non si sarebbero parlati neanche una volta per tutto il resto della serata. Era perfetto.

And love is a ghost that the others can't see
It's a danger

Oggi, invece, Amelia non riusciva a smettere di pensare al tempo in cui aveva iniziato ad innamorarsi di Jason senza provare un moto di rabbia verso se stessa. Scacciò prepotentemente quei pensieri dalla sua testa, rimpiangendo di aver scelto di rimanere al locale per la cena. Non sarei dovuta mai tornare qui di venerdì, pensò.
Ma come avrebbe potuto anche solo immaginare che anche lui fosse tornato in città?
Certo che Dan avrebbe potuto dirmelo... scosse la testa e decise di rimandare questi pensieri di qualche ora, a quando avrebbe finalmente avuto tutto il tempo di fare il terzo grado al suo migliore amico. 
Ora doveva concentrarsi sul limitare al minimo il rischio che Jason si accorgesse di lei. 
Indossò il cappuccio della felpa e si riparò il lato destro del viso con la mano, fingendo di mettersi comoda. Nel frattempo il gruppo di ragazzi aveva iniziato a prendere posto ad uno dei tavoli più vicini all'ingresso, soltanto Jason e un ragazzo dai capelli lunghi e unticci se ne stavano ancora in piedi; una ragazza passò loro vicino per raggiungere l'uscita e quest'ultimo allungò spudoratamente una mano verso di lei, con la chiara intenzione di toccarle il sedere. Amelia spalancò la bocca per avvertirla, anche a costo di farsi notare, ma in un attimo Jason intervenne: con la mano destra afferrò l'amico per la nuca, tirandolo verso di sé e ringhiandogli qualcosa che Amelia non riuscì a sentire. La ragazza uscì dal locale senza accorgersi di nulla e il resto del gruppo ridacchiò, mentre Dan si schiariva la voce da dietro il bancone.
«Vedi di tenere buoni i tuoi amici o giuro che vi sbatto fuori» dichiarò, senza mezzi termini.
Jason spinse l'altro ragazzo verso il tavolo e quello quasi perse l'equilibrio, andando a sbattere contro il divanetto su cui poi si lasciò cadere, ricominciando a sghignazzare. 
«Tranquillo fratello» disse Jason, e la sua voce colpì Amelia come una coltellata nel petto. «Brandon non ha ancora capito come funziona da queste parti. Ma imparerà presto» disse. «Portaci il solito, metti tutto sul mio conto». 
«Con quello che mi devi potrei comprarmi un'auto nuova» sbuffò Dan, iniziando tuttavia a spillare le birre.

Amelia sorrise, pensando a come certe cose non fossero cambiate. Ma subito si rese conto di come per lei, invece, fosse cambiato tutto e il sorriso le morì sulle labbra. Non era più la sedicenne che stava indossando il proprio vestito migliore per far colpo sul ragazzo che le piaceva, perché quel ragazzo – quell'uomo – oggi che aveva da poco compiuto ventisette anni non lo conosceva più. 

E forse, si costrinse a ricordare, non l'aveva mai conosciuto davvero.

Every shade of us you fade down to keep
Them in the dark on who we are

Prima di trasferirsi a New York, Amelia tornava al Lux almeno una volta al mese, praticamente ogni volta che rientrava in Michigan, per incontrare Dan che aveva scelto di occuparsi del vecchio bar dello zio a tempo pieno. Un piacevole senso di nostalgia le attanagliava lo stomaco quando metteva piede nel locale, ma non appena vedeva Daniel si rilassava: il tempo era passato per tutti, però la loro amicizia era un punto fermo, qualcosa che non l'avrebbe mai abbandonata.
Quelle visite trascorrevano serenamente, tra una birra al locale e un film nell'appartamento di Dan, che si trovava proprio dall'altro lato della strada. Non c'era pericolo di incontrare Jason, visto che a quanto pareva si era trasferito definitivamente a Seattle e tornava in città di rado. Dopo la morte dello zio, con cui sia lui che Dan erano cresciuti dopo l'incidente che aveva ucciso i loro genitori, non era stato più lo stesso e Amelia, questo, lo ricordava bene. Proprio per questo era sicura che il suo migliore amico non avrebbe mai e poi mai toccato l'argomento "Jason" con lei: sapeva quanto lei aveva sofferto a causa di suo fratello. 
Quando fu costretta a trasferirsi a New York, tuttavia, anche gli incontri con Daniel finirono e anche quella parte della sua vita in Michigan iniziò pian piano a confondersi tra i ricordi.

Quella sera al Lux, da poco tornata nella sua città dopo cinque lunghi anni, Amelia si ritrovò per la prima volta a chiedersi cosa fosse accaduto durante la sua assenza. Perché Daniel e il fratello si comportavano come se quest'ultimo non fosse mai partito? Da quanto tempo Jason era in città? Dan non aveva fatto cenno al suo ritorno in nessuna delle sue mail e Amelia era sicura che lui la conoscesse abbastanza bene da sapere che avrebbe voluto essere informata della novità nonostante quello che avrebbe significato per lei parlare di Jason dopo tutti quegli anni trascorsi a cercare di dimenticare il dolore.
E poi era stato proprio Dan a convincerla a tornare. Cosa si aspettava? Che lei e Jason non si sarebbero mai incontrati? Oppure... un presentimento iniziò a farsi largo nella mente di Amelia.
Forse era proprio questo che voleva Dan. Che io e suo fratello ci rivedessimo.

Gonna be the death of me

Uno scroscio di risate la riportò alla realtà. Il locale stava iniziando a riempirsi di giovani e meno giovani, tutti in cerca del meritato relax dopo una lunga settimana di lavoro.
Il tavolo di Jason rimaneva il più chiassoso di tutti, anche se il ragazzo, a differenza dei suoi discutibili compagni, non stava partecipando a quella che sembrava una gara di bevute in piena regola. Se ne stava in disparte, il boccale ancora pieno per metà, apparentemente intento a scrivere un lungo messaggio sul suo iPhone. Improvvisamente il ragazzo dai capelli unticci, seduto accanto a lui, finì di scolarsi l'ennesimo bicchiere di birra e lo sbatté rumorosamente sul tavolo, gridando qualcosa di incomprensibile. Jason gli gettò un'occhiata infastidita, ma nessuno sembrò accorgersene. Quando però si alzò, il tavolo intero ammutolì i colpo. Jason era il leader e, a quanto pareva, incuteva un certo timore ai suoi amici. Disse qualcosa che Amelia non riuscì a sentire e si allontanò, diretto all'uscita.

Took a walk to the summit at night, you and I
To burn a hole in the old grip of the familiar, you and I

Era la sua occasione. 
Doveva solo alzarsi, raggiungere la cucina e l'uscita sul retro. E avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo. Lanciò un'occhiata al panino che non aveva toccato, rimpiangendo ancora una volta l'idea di restare per cena. Ormai si era fatto tardi e il Lux era pieno di ragazzini schiamazzanti: odiava tutto questo, la faceva sentire incredibilmente vecchia, fuori tempo. Per quei pochi ricordi piacevoli che tornavano a galla, altri di tutt'altro genere iniziavano ad affollarle la mente e di lì a poco non sarebbe più riuscita a rimanere lì dentro senza che le mancasse l'aria. 
Cercò Dan dietro al bancone, ma del suo migliore amico non c'era traccia. Dannazione. Avrebbe dovuto farsi largo tra la folla da sola. Puoi farcela, si disse. Raccolse le sue cose in fretta e, calandosi ancora di più il cappuccio sopra la testa, si avvio dritta verso la cucina. Lungo la strada urtò una ragazza sbronza ed evitò per un soffio di essere presa in pieno dal suo drink. Quella imprecò, ma Amelia non ci fece caso, continuando a camminare, e, finalmente, raggiunse la piccola porta a doppio battente. 

Una volta al sicuro in cucina, sospirò e si levò il cappuccio.
Jackie la fissò con un sopracciglio alzato. «Tutto bene, Am?» chiese, e ad Amelia non sfuggì la nota di imbarazzo che la ragazza aveva cercato di mascherare usando il suo nomignolo al posto del suo nome completo. «Sì, sto bene» rispose, con una scrollata di spalle. 
Jackie era stata una delle sue migliori amiche, ma dopo il suo trasferimento a New York aveva perso di vista anche lei.
«Credo che Dan stia servendo i tavoli all'esterno» continuò l'altra ragazza «Forse dovresti...»
«Veramente me sto andando» la interruppe Amelia, con lo sguardo basso. «Dan ha detto che posso usare la porta sul retro quando voglio dunque...» dondolò da un piede all'altro, non sapendo cos'altro aggiungere. Jackie scrollò le spalle e qualche ricciolo biondo le sfuggì dalla retina che le raccoglieva i capelli. «Certo, vai pure». Non se lo fece ripetere due volte e schizzò verso l'uscita. «Ci si vede...!» le urlò dietro l'altra, ma lei era già sul marciapiede.

Alzò lo sguardo e un miliardo di stelle l'abbagliarono, incantandola. In effetti la mancanza di inquinamento luminoso le era mancata a New York. Respirò a pieni polmoni: l'aria era ancora umida di pioggia, ma il temporale era finito e la leggera brezza della sera le accarezzava la pelle.

And the dark was opening wide, do or die

Incontrare Jackie l'aveva messa più a disagio di quanto pensasse. O forse era stato il volume troppo alto della musica, la folla che cominciava a scatenarsi. Troppi ricordi.
Una macchina le sfrecciò davanti a tutta velocità, suonando il clacson, e Amelia ne seguì i fari posteriori con lo sguardo, fino a quando non scomparvero dietro una curva. Sapeva che era ora di tornare a casa, ma ad attenderla ci sarebbe stata soltanto un'enorme villa abbandonata da troppo tempo. Forse avrebbe dovuto seguire il consiglio di Dan e fermarsi da lui, almeno per le prime settimane.
Decise dunque di aspettarlo nel suo appartamento, visto che aveva ancora le chiavi dall'ultima volta che era stata in Michigan cinque anni prima. Quando era partita per New York, entrambi pensavano che di lì a qualche mese sarebbe comunque riuscita a tornare. Non sempre le cose vanno come ci immaginiamo.
Se fosse entrata in casa sua senza chiederglielo, comunque, Dan non se la sarebbe presa. Anzi, l'avrebbe chiamata non appena si fosse accorto della sua assenza al Lux, e saperla tranquilla in casa sua gli avrebbe permesso di rimanere fino alla chiusura del locale senza troppe preoccupazioni.

Iniziò a camminare, costeggiando le pareti esterne del locale, fino a raggiungere nuovamente l'ingresso. Stava per attraversare la strada, le chiavi della casa di Dan già alla mano, quando un'imprecazione soffocata la fece voltare di scatto. Si ritrovò nascosta nella penombra che due querce gettavano su quel lato del piazzale. E rimase ad osservare.

Under a mask of a million ruling eyes

La mano di Jason lo tratteneva con forza contro il muro esterno del locale, tanto che anche da quella distanza Amelia si accorse che le nocche del ragazzo erano bianche per lo sforzo. Il cuore iniziò a martellarle nel petto e le chiavi quasi le caddero di mano. «Che cazzo hai detto?!» ringhiò Jason, avvicinandosi ancora di più al volto del ragazzo. Quell'altro agitò le braccia, cercando di liberarsi, ma la stretta di Jason si fece più salda. «Lasciami... andare...!» biascicò, faticando a parlare.
Jason era sempre stato irascibile, soprattutto quando qualcuno minacciava quello che aveva di più caro. Non avrebbe mai voluto trovarsi nei panni di quel ragazzo. S'impose di rimanere immobile. Sarebbe intervenuta solo se fosse stato strettamente necessario. Mettersi tra Jason e il suo bersaglio non era mai stata la scelta più saggia, per lei. Estrasse il telefono dalla tasca, pronta a comporre il numero di Dan.

«Non fino a quando non le avrai chiesto scusa!» urlò ancora Jason. Fu Allora che Amelia la vide. 
La ragazzina si teneva le mani sulla bocca, calde lacrime le rigavano le guance e negli occhi le si poteva leggere il terrore. Sembrava una studentessa del liceo, anche se dall'abbigliamento era chiaro che fosse uscita di casa con l'intenzione di sembrare molto più grande.
«Va bene, d'accordo! Mi dispiace!» cedette il ragazzo e Jason, a quel punto, lo lasciò andare. Quello scivolò a terra, tossendo e imprecando. 
«Vattene e non farti più vedere qui intorno. La prossima volta non mi accontenterò di così poco.»
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, si rialzò e si allontanò a passo svelto nella direzione opposta, senza mai guardarsi indietro. Le passo accanto senza notarla e Amelia riuscì a vederlo in faccia di sfuggita; qualcosa in lui le risultò familiare, ma non riuscì a capire che cosa.

«Aspetterò qui fino a quando non verranno a prenderti» stava dicendo Jason alla ragazzina.
Sotto la luce della luna era ancora più bello. Le maniche della camicia arrotolate sugli avambracci lasciavano intravedere le sottili linee d'inchiostro che gli solcavano la pelle chiara. I capelli scuri e scompigliati incorniciavano un volto stanco, ma rilassato. Il viso di chi ne aveva passate tante.
«Conoscevi quel tipo?» gli chiese la ragazzina, in un sussurro. Un lampo attraversò lo sguardo di Jason, ma poi il giovane sorrise. «Non mi serve conoscerli per ricordare loro come ci si comporta con una ragazza».
Lei sorrise timidamente e gli si avvicinò un po' di più, scostandosi i lunghi capelli biondi e rivelando una spalla nuda. «Beh, io sono Marika...» iniziò a dire, con un tono improvvisamente audace che scatenò in Amelia una fitta di gelosia. 
È solo una bambina, si disse. 
«Mentre tu sei...?»
«Non sono nessuno» rispose Jason, recuperando il tono freddo e distaccato che lei conosceva bene. La studentessa non smise di sorridere, avvicinandosi ancora e iniziando a sfiorargli l'avambraccio con le unghie smaltate. «Senti, non sei un po' giovane per queste cose?» domandò lui, allontanandole le mani e guardandola dall'alto in basso. «Compirò 18 anni il mese prossimo» rispose lei, con fare malizioso, indugiando nella sua stretta. 
Jason sorrise di nuovo, scuotendo la testa. «Non dovresti dare tutta questa confidenza agli sconosciuti. Ce ne sono molti come il tipo di prima, che bazzicano qui intorno.»
«Sono sicura che tu non lo sei affatto.» 
Jason le lasciò i polsi, facendo un passo indietro. «Io potrei essere molto diverso dal ragazzo nudo che ti stai immaginando in questo momento» disse ammiccandole. La ragazzina arrossì violentemente; aprì la bocca per replicare, ma un'Audi grigio scuro accostò proprio in quel momento, suonando il clacson.

«Marika!» urlò qualcuno dall'interno. «Vieni immediatamente qui! Andiamo a casa!»
La ragazzina si voltò di scatto, sbigottita. «Papà!»
Jason si lasciò sfuggire una risatina e si allungò a risistemarle i capelli, coprendole nuovamente la spalla. Le sussurrò qualcosa all'orecchio e Amelia dovette soffocare un gemito di sorpresa.
Un uomo elegante scese dall'auto, andando incontro ai due a passo spedito. «Cosa diamine pensi di fare con mia figlia, Myers?!» ringhiò, rivolto a Jason. Lui indossò il suo tipico sorrisetto sornione e replicò, calmo: «Signor Davis. È proprio una bella serata, non trova?»
«Risparmiami queste stronzate e rispondi, avanti! O vuoi che chiami la polizia?»
Jason scosse la testa. «Dovrebbe essere lei a ringraziarmi per non averla chiamata, la polizia».
«Come sarebbe a dire?!» gridò ancora l'uomo, mentre la figlia si nascondeva dietro di lui.
«Che facciamo, Marika?» chiese Jason «Diciamo al tuo paparino cosa stavi facendo qui fuori, stasera?»
«Io non stavo facendo proprio niente, stronzo!» sputò fuori lei, visibilmente nel panico. 
Amelia stava ancora osservando la scena con il telefono in mano. Forse dovrei proprio chiamare Dan, si disse. Del resto stava per scoppiare una rissa proprio all'ingresso del suo locale. Iniziò a comporre il numero, ma improvvisamente la voce di Daniel la raggiunse nella penombra. 

«Signor Davis, che piacere!»
Il giovane si era materializzato nel piazzale al momento giusto. «Deve scusare mio fratello» disse, lanciando un'occhiataccia a Jason il quale, dal canto suo, si limitò a scrollare le spalle. «È un poco di buono, ma le posso assicurare che non farebbe mai del male a sua figlia».
«Daniel Myers» l'uomo si accarezzò la barba, sospirando. «Se non fossi stato tanto amico di tuo zio, a quest'ora ti avrei già fatto chiudere questa topaia. Tanto più che a quanto pare è frequentata da compagnie sempre meno raccomandabili» aggiunse, regalando a Jason uno sguardo sprezzante.
«Le prometto che d'ora in avanti farò in modo che certe compagnie se ne guardino bene dal tornare al Lux di venerdì sera» concluse Dan, sbrigativo. «Nel retro ho ancora qualche bottiglia della sua birra scura preferita. Le farebbe piacere favorire?» 
A quelle parole, il signor Davis sembrò tranquillizzarsi. Rilassò le spalle e si schiarì la gola. «In effetti potrebbe essere d'aiuto nel dimenticare questo spiacevole... incontro».
«Prego, dopo di lei» disse Dan, gentilmente. L'uomo prese Marika per mano e si avviò verso l'ingresso, senza degnare Jason di uno sguardo. «Vieni con me» le disse, tirandosela dietro. «Se non dici nulla a tua madre, potrai rimanere qui per qualche ora». La ragazzina esultò, voltandosi per fare a Jason una linguaccia. Lui alzò le sopracciglia, rassegnato. Quando lei, guardandolo negli occhi, si morse il labbro inferiore, il ragazzo scosse nuovamente la testa.

Dopo che entrambi furono scomparsi all'interno del locale, Dan si rivolse al fratello. «Qualunque cosa sia successa qui fuori, vedi di non farla succedere di nuovo. Mark Davis potrebbe mandarci in rovina».
«Fratello, pensa ad installare un sistema di videosorveglianza, piuttosto» gli rispose Jason, irritato. «Questo posto non è più quello di una volta».
Amelia non poteva che essere d'accordo con lui. Rispetto a quando erano adolescenti, il locale – e forse l'intera città – sembrava un posto completamente diverso. Forse stavano soltanto invecchiando.
«Pensi che non lo sappia?!» gli rispose Daniel, esasperato. «Ma non posso controllare tutto. E per le telecamere non abbiamo soldi. Se almeno tu e quel branco di disadattati che ti porti appresso ve ne steste alla larga...»
«I ragazzi sono ancora dentro, Daniel. Qui fuori ci sono solo io. E ti assicuro che non l'ho toccata la figlia di quell'alcolizzato, lo sai bene anche tu».
Daniel rimase a fissare il fratello in silenzio ancora per qualche istante. Poi si avviò verso la porta di ingresso. Prima di chiudersela alle spalle, si voltò un'ultima volta. «Smettila di fare l'idiota, Jason, e comincia a comportarti da adulto. Magari incontrerai qualcuno di meglio di una liceale che vuole provare il brivido di uscire con un ragazzo più grande».
Rimasto solo nel piazzale, il ragazzo imprecò e Amelia si ritrovò a provare pena per lui. Nonostante tutto quello che era successo tra loro in passato, nonostante tutti i suoi difetti, Jason non avrebbe mai ceduto alle avance di una minorenne. Piuttosto, non l'aveva forse appena difesa da quel tizio inquietante?
Era ancora immersa in questi pensieri, quando un soffiò caldo sulla nuca la fece irrigidire.
Di fronte a lei, il piazzale era deserto.
I fanali delle automobili parcheggiate la fissavano in silenzio.

«Amelia» disse semplicemente Jason, accarezzando con la voce ogni lettera che componeva il suo nome. «E così eri tu quel qualcuno di meglio che avrei dovuto incontrare».
Avrebbe strangolato Daniel con le sue stesse mani, dannazione
 
And our love is a ghost that the others can't see
It's a danger
Every shade of us you fade down to keep
Them in the dark on who we are
Gonna be the death of me


 

Nota dell'Autrice

Tornare su EFP è sempre un piacere, anche dopo 10 anni dalla prima FF pubblicata su questo splendido Forum.
Per chi fosse approdato su questa storia per caso, ehilà!
Sono PaladinaBianca e ti invito a seguirmi su Facebook per rimanere aggiornato sulle mie prossime pubblicazioni.
Per chi fosse giunto qui da altre mie storie... spero che anche questa possa piacerti! 
Se stai aspettando il seguito di I'll Carry You Home, prometto che arriverà presto.

Quella di Amelia, Daniel e Jason doveva essere una one-shot, tuttavia sembra che i personaggi abbiano deciso di avere un po' troppe cose da raccontare... e quindi attualmente c'è in programma una mini-long. Vediamo un po' fin dove arriveremo.

Intanto vi anticipo i progetti più prossimi riguardo a questa storia:

  • sicuramente ci sarà presto una seconda parte
  • mi piacerebbe riscrivere questa prima parte dal POV di Jason, così da parlarvi un po' del suo passato

Aspetto con ansia le vostre opinioni su questa prima parte!
Siate spietati, ma con gentilezza! 

Un abbraccio,
PaladinaBianca

Ah, quasi dimenticavo!
L'ispirazione per questa storia me l'ha data una canzone - Familiär di Agnes Obel - le cui strofe sono quelle che avete incontrato durante la lettura.
Le illustrazioni invece derivano dal database di Canva, dunque a loro vanno tutti i diritti.

   
 
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