4. Rest my chemistry
La
mattina successiva il tempo si era mantenuto veramente mite per essere in
Inghilterra; i raggi solari, infatti, riflettevano fin troppo sul bianchissimo
strato di neve che ricopriva le strade. La luce, quindi, invase la camera da
letto nella quale Scorpius si era appena svegliato, tra l’altro con un gran mal
di testa. Quando aprì gli occhi si rese conto che quella in cui si trovava non
somigliava alla sua camera e che non si trovava da solo nel letto. Così,
attanagliato da un senso di confusione, si voltò verso l’altro lato del letto
dove dormiva ancora James. Nudo.
Scorpius
tirò un respiro di sollievo ma due secondi dopo sgranò gli occhi: perché James
non indossava abiti? Tentò di fare mente locale e, per accertarsi di non essere
finito a letto con lui, aveva bisogno di verificare che avesse addosso almeno
le mutande; sollevò le lenzuola e notò, con estremo rammarico, che era senza
vestiti. Restò immobile nel letto, sdraiato a pancia in giù e con le braccia
distese lungo il corpo, tentando disperatamente di fare mente locale. Non
ricordava granché al di fuori della musica che gli aveva perforato i timpani e
di aver ballato con James per un lungo lasso di tempo; ma com’era possibile che
non sapesse dire come era finito lì, in quel letto, nudo, a fianco a Potter?
Un
dolore gli attraversò la testa e fu costretto a chiudere gli occhi. Quando li
riaprì nuovamente, circa un’ora più tardi, era da solo nel letto di James.
Titubante, il ragazzo si mise a sedere e con un po’ di coraggio si alzò; era
ancora nudo e non c’erano, almeno nei paraggi, i suoi vestiti, così decise di
avvolgersi nel lenzuolo grigio per uscire dalla camera.
Appena
fuori si ritrovò in una stanza più grande che profumava di caffè e di carta
bruciata; James, con addosso esclusivamente dei jeans slacciati, era affacciato
alla finestra mentre fumava qualcosa di non definito ma dall’odore dolce. Il
ragazzo guardava fuori dalla finestra ed era completamente assorto nei suoi
pensieri mentre Scorpius si soffermava a fissare la peluria pubica appena
accennata che fuoriusciva dai pantaloni sbottonati di James. Rabbrividì, poiché
l’immagine che aveva davanti agli occhi sembrava essere un’opera d’arte da
esporre in un museo, per l’accostamento di colori, il gioco di luci e ombre, il
modello…
-
Buongiorno, - disse Scorpius, dopo essersi schiarito la voce con un colpo di
tosse.
- Oh,
ciao Scorpius, - rispose l’altro nel voltarsi.
James
sembrava tranquillo e l’invitò a prendere del caffè; Scorpius accettò di berne
una tazza volentieri e si accomodò sul divano.
-
Perché sono qui? – chiese a bruciapelo.
- Non
ti ricordi? – chiese James, facendo l’ultimo tiro da quella specie di
sigaretta, - peccato… è stato molto bello. –
-
Abbiamo… cioè… - balbettò l’altro timidamente, - ecco… abbiamo fatto sesso? –
chiese ancora, stavolta in tono più preoccupato: non poteva aver perso così la
propria verginità.
Il
silenzio di James creò un velo spesso di ansia e preoccupazione in Scorpius
che, con il cuore che batteva all’impazzata, iniziò a bere il suo secondo caffè.
Potter tirò su i pantaloni e li abbottonò, chiudendoli pochi centimetri al di
sotto dell’ombelico. Malfoy rimase incantato da quei gesti e pensò che fosse
proprio un peccato non ricordare di averci fatto sesso, nel caso. James si
infilò una maglietta prima di accomodarsi accanto all’altro, - no, - rispose
secco, - anche se sarebbe stato un buon diversivo. –
- In…
in che senso?! –
-
Stavamo ballando quando un tipo, che secondo me era un cesso, ti si è
avvicinato… siete andati a prendere un drink, io ero a ballare e ti ho visto
entrare con il suddetto cesso nella darkroom… -
- …io?!
Scherzi, vero?! –
- No!
Mi sembrava troppo strano, comunque, soprattutto dopo quel pippone
su “niente sesso con gli sconosciuti” e bla
bla, quindi vi ho seguiti. Quel tipo ti stava baciando e aveva una mano
dentro ai tuoi pantaloni, quindi l’ho schiantato. Ti ho recuperato e ci siamo
materializzati qui. Era uno schiantesimo
potentissimo, sappilo, – aggiunse con una punta d’orgoglio.
- E
perché sono nudo? Cioè, lo eri anche tu e… - farfugliò Scorpius, evidentemente
imbarazzato.
-
Perché quando siamo tornati volevi comunque fare sesso con qualcuno, così ti
sei spogliato e mi hai tolto i vestiti… ma io sono troppo un galantuomo; chissà
cosa c’era in quel cocktail che hai bevuto, non ne avrei mai approfittato. –
-
Ah. Un attimo, mi hanno messo qualcosa
nel drink? Io questo lo denuncio! Cavolo, lo faccio rinchiudere ad Azkaban!
Ieri tuo padre mi ha affidato un nuovo incarico, una ricerca su della droga e
io sono stato… oh, Merlino, bastava andare in quel luogo di perdizione totale!
Lo farò chiudere, - sancì Scorpius innervosito.
- Ehi,
io amo il Babylon e non è colpa del locale…
probabilmente quel tipo ti avrà modificato il drink per convincerti a scopare.
–
- A me!
Un Auror! Beh, farò comunque un controllo, - decise Scorpius risoluto.
-
Quante storie, - si lamentò James, accendendo un’altra sigaretta.
- Che
fumi? – chiese poi Malfoy, ancora sulla scia di quel tono presuntuoso.
- Roba,
- farfugliò James; gli rivolse poi uno sguardo ammiccante e proseguì, - Vuoi
provare? –
-
James! Sono un Auror, maledizione, spegni quella cosa o devo portarti al
Ministero! –
-
Calmati, Auror, - lo canzonò l’altro roteando gli occhi, - L’ho comprata in
Erboristeria. Dicono sia un tranquillante, un mix di valeriana e camomilla. –
L’altro
ragazzo lo guardò scettico e sbuffò. – Sono il figlio del grande Harry Potter,
potrei mai fare qualcosa di illegale? –
- Visti
i postacci che frequenti… -
- Io non
frequento postacci. –
- Ah
no? E il Babylon? –
- Non è
un postaccio! –
- Mi ha
fatto finire nudo nel tuo letto! – esclamò Scorpius esagitandosi.
James
rise e rispose, - Avrei dovuto approfittarne! –
-
Piantala, scemo! – l’apostrofò l’altro, colpendolo con un piede come a voler
emulare un calcio.
James
gli sorrise con dolcezza e, tenendo la sigaretta tra le labbra, allungò una
mano a carezzargli la caviglia. Scorpius arrossì per quel contatto lieve e si
sottrasse subito, ripensando alla teoria che gli aveva esposto il suo collega
qualche giorno prima.
Potter
si limitò a sorridergli e ritornò alla finestra, - I tuoi vestiti sono in
bagno, credo, - aggiunse soltanto.
-
Grazie, - bisbigliò l’altro. Malfoy si alzò, posò la tazza sul tavolo e, ancora
avvolto nel lenzuolo, si diresse verso la toilette. Non sapeva come definire
quello che provava in quel momento; James era uno figo, sexy, che gli aveva
salvato letteralmente il culo diverse volte, che l’aveva supportato in tanti
modi e che, forse, era innamorato di lui. Si rivestì quanto più velocemente
potesse e, dopo essersi pettinato, ritornò dal proprietario di casa.
- Io,
allora, vado… devo, ehm, andare a lavoro. –
- Va
benissimo. Ci si vede allora! –
Scorpius
sorrise e annuì, raggiungendo la porta pochi secondi dopo, per poi
materializzarsi a casa propria una volta fuori.
♪♪♪♪♪♪♪
Quel
pomeriggio Albus era impegnato a ripassare alcune tecniche di laboratorio
inerenti alla cura di ferite inflitte dalle creature magiche quando il
guaritore Dunn lo chiamò.
-
Potter, sei libero? –
- Uhm?
Sì signor Dunn, mi dica tutto! –
- C’è
stata un’emergenza, Potter, abbiamo bisogno di te. –
- Mi
preparo subito! –
- Oh,
no, perdonami, non come guaritore… sei indicato come persona da chiamare per le
emergenze da tuo fratello James e l’hanno appena ricoverato. Pare sia molto
grave e ci serve il tuo consenso per fare degli accertamenti. –
- Cosa…
che ha? –
-
Fatica a respirare ed è senza sensi, - farfugliò il guaritore porgendo i moduli
al ragazzo, - se li firmi andiamo a salvargli la vita. –
- Li
firmo immediatamente, - disse Albus per poi compilare i fogli senza neanche
leggere i disclaimer di sorta. Si
fidava molto del San Mungo e delle doti del suo mentore Dunn, inoltre era
troppo preoccupato per suo fratello per poter obiettare in maniera lucida. –
Ecco qui, - aggiunse, - ma… cos’ha avuto di preciso? Posso vederlo? –
- Sì,
puoi venire giù con me. È colpa di quella nuova droga, quella modificata che
causa dispnea e robe del genere. Pare che tuo fratello ne abbia assunta in
quantità eccessive… -
- Mio
fratello… cosa? Non… non è possibile, lui non si droga, non lo farebbe mai e… -
- I
fatti parlano chiaro, Potter, e ora vado a salvargli la vita. Ti aspetto giù. –
♪♪♪♪♪♪♪
Albus
aveva finito il turno da più di due ore, lasso di tempo che aveva impiegato per
vegliare su suo fratello maggiore. James, a differenza sua, era stato sempre
schietto, scaltro e indipendente; sapeva di dovergli molto poiché con quel suo
temperamento aveva aperto le porte a confessioni scomode e intime, rendendo più
malleabili i suoi genitori. Eppure, se per lui era stato facile dire in
famiglia di essere gay, per suo fratello maggiore era stato un vero e proprio
supplizio.
Lui
ricordava con chiarezza le liti e le lacrime versate in quei giorni, la
solitudine e l’introspezione nella quale si era chiuso James e sapeva che il
suo stile di vita sconclusionato era scaturito probabilmente proprio dall’ammasso
di emozioni negative soppresse dentro di lui per tanto tempo; per questo non si
era meravigliato quando, all’età di quindici anni, suo fratello era andato via
dalla casa patriarcale per stare tranquillo e dedicarsi a quello che gli
piaceva davvero. C’era riuscito grazie alla sua tempra e al suo savoir-faire; infatti, poteva vantare di
aver ottenuto tutto quello da solo. La band, il locale, i concerti, gli
incassi.
Stando
a ciò si era erroneamente convinto che, dato il suo successo in campo musicale
e imprenditoriale, suo fratello avesse trovato almeno un equilibrio personale
e, invece, aveva scoperto che soffriva ancora molto dato che faceva abuso di
quelle sostanze. Cosa lo preoccupava? Che diavolo aveva in fondo al cuore da
costringerlo a cercare riparo in qualcosa di tanto pericoloso? Da cosa fuggiva?
Il guaritore
Dunn era riuscito a salvarlo e, su richiesta di Albus, aveva informato il
Ministero di un nuovo caso riguardante quella droga oscurando il nome di James.
L’ultima cosa che serviva a suo fratello era proprio una lite con i genitori o
qualche guaio con la legge. Dopotutto, James non era un criminale.
-
Albus, - la voce del guaritore ruppe il silenzio, - devi andare, purtroppo. –
- Va
bene, - farfugliò il ragazzo. Non avrebbe voluto lasciare da solo il fratello
ma sapeva quanto severe fossero le regole dell’ospedale, per cui obbedì senza
obiezioni. – Ho scritto una breve lettera a mio fratello, sa, nel caso si
svegliasse quando non ci sono. Però… posso essere chiamato appena riprenderà
conoscenza? –
-
Sicuramente, - sorrise il Guaritore, - ora va, che domani mi servi carico. -
♪♪♪♪♪♪♪
Albus
era finalmente tornato a casa; la sua giornata era stata la più lunga della sua
vita, oltre che svilente. Appena rientrato si era rifugiato in bagno con
l’intento di farsi una lunga doccia calda per lavarsi via la stanchezza e
liberarsi dalla scia d’angoscia.
Qualche
minuto dopo rientrò anche Scorpius, sbadigliando stancamente. Notò che
sull’attaccapanni c’era già il mantello del coinquilino e allora decise di
salutarlo a voce alta, - Al, sono a casa! –
- Ciao
Scorpius! – L’altro ragazzo aveva urlato dal bagno non appena era uscito dalla
doccia. Si avvolse nel pesante accappatoio di spugna, lo stesso che aveva usato
abitualmente negli anni scolastici, mise le ciabatte e si fiondò nella
cucina/soggiorno.
A quella
vista, Scorpius cercò invano di deglutire e scostare lo sguardo. – Gradisci un
tè? Oggi la signora della farmacia ce ne ha portato di fresco in ufficio e… è
al bergamotto! –
- Sì,
grazie mille… - rispose l’altro, accomodandosi sul divano.
Scorpius
impiegò tutta la forza di volontà di cui era dotato per preparare il tè e non
guardare le gambe nude del ragazzo. Albus si era abbandonato sul divano
lascivamente e aveva appoggiato la testa sullo schienale in seguito a uno
sbuffo.
-
Giornata pesante? –
-
Tantissimo, - rispose con tono lamentoso.
L’Auror
approfittò del tempo d’infusione del tè per afferrare una tazza bianca, quella
che avevano in comune, per poi porgergliela una volta riempita con la bevanda.
- Ti va
di parlarne? –
Il
guaritore sollevò lo sguardo verso il ragazzo e assunse un’aria perplessa,
afferrando la tazza. Se voleva parlarne? Sì, senza dubbio. Avvertiva
l’impellente necessità del suo supporto, forse più di quanto desiderasse quello
di Langley, ma contemporaneamente aveva paura di una cattiva reazione. Senza contare
che avrebbe dovuto violare il codice professionale, quello che vietava il
divulgare delle notizie dei pazienti. – Parlerei all’amico, giusto? Non
all’Auror… –
- Al
tuo migliore amico, - lo rassicurò Scorpius sorridendo affabile.
- Si
tratta di James, - si lasciò sfuggire l’altro. Si passò una mano tra i capelli
e sorseggiò dalla tazza ancora calda. – Oggi l’ho incontrato al San Mungo. –
- E
cosa ci faceva lì? – chiese Scorpius, incuriosito.
In
realtà, appena aveva sentito pronunciare quel nome aveva avvertito qualcosa di
strano dentro di sé, come un formicolio all’altezza del petto; sensazione che
ignorò del tutto, concentrandosi sul discorso che aveva iniziato l’amico.
-
L’hanno ricoverato con urgenza… -
- Oh
santa Morgana, cosa gli è successo? Cos’aveva? Si è sentito male? Come sta
adesso? –
- Era
lì per overdose… o meglio, rischiava di lasciarci le penne… io pensavo che lui
avesse smesso e invece, cazzo, quel maledetto Artiglio Di Drago stava per
portarmi via mio fratello. –
Albus
sembrava essere veramente preoccupato oltre che scombussolato da quella
notizia, del resto era molto legato al fratello maggiore e la sua costernazione
era più che normale. Scorpius, invece, si ricordò di quello che gli aveva visto
fare quella mattina; aveva detto che la roba che stava fumando proveniva dall’Erboristeria,
che fosse sicura oltre che legale, e invece…
-
Artiglio di drago? –
- Sì,
quello lì alterato. Deve aver fumato troppo, o deve averne assunto da una
partita andata a male… -
- L’hai
detto a tuo padre? –
-
Scherzi? Mio padre lo farebbe rinchiudere ad Azkaban e getterebbe la chiave!
No, lui non deve assolutamente saperlo. -
Scorpius
restò in silenzio riflettendo su qualcosa che pareva essere di fondamentale
importanza. Era convinto che Harry avesse il diritto di sapere cosa fosse
successo a suo figlio ma i loro intrighi familiari non erano di sua competenza;
tuttavia, il capofamiglia dei Potter era anche il suo dirigente e gli aveva
affidato proprio il compito di investigare su questa nuova droga. Senza considerare
che James era quasi morto e che quindi provava l’inarrestabile desiderio di
picchiarlo violentemente, ma solo dopo aver fatto arrestare il criminale che
gli aveva venduto la droga.
- Mio
padre non deve saperlo, - ripeté Albus, in tono più deciso. L’altro ragazzo
sembrò far fatica a deglutire e sollevò lo sguardo verso l’amico.
- Al,
tuo padre mi ha affidato un caso. Pare che l’allarme fosse partito proprio dal
San Mungo qualche tempo fa e ho il compito, insieme a Langley, di acciuffare
questi tizi, che probabilmente sono gli stessi che hanno venduto quello schifo
a tuo fratello e… -
- Cosa
vuoi insinuare, Scorpius? –
Albus
aveva inarcato un sopracciglio, segno che stava davvero per innervosirsi, e
l’altro ragazzo cercò di sembrare imperturbabile. James l’aveva aiutato molte
volte e lui gliene sarebbe stato grato, però quella cosa era più grande della
semplice riconoscenza; essere complici di qualcosa del genere andava contro la
legge e la gratitudine sarebbe passata in secondo piano.
- Che
io sono un Auror e che tuo fratello ha sicuramente molte informazioni in merito
e… -
- Mio
padre non deve saperlo, Scorp, capisci cosa vogliono
dire queste parole tanto semplici? – La sua voce sembrò spezzarsi e iniziò a
tremare dalla rabbia.
-
Albus, non posso evitare di dirglielo… quello che è successo a James è una cosa
grave, poteva morire, e potrebbe accadere a tanti altri maghi meno fortunati di
lui! James sa chi vende questa roba e non li ha mai denunciati, io devo… devo
fare qualcosa e devo avvisare tuo padre. –
- Spero
tu stia scherzando, Scorpius, - disse Albus; ormai non si sforzava di celare la
rabbia nel tono. Malfoy lo vide stringere nervosamente le mani sulla tazza e si
rimise in piedi, - Io… lo so che lui e tuo padre hanno un rapporto burrascoso,
ma è suo padre e lui è… -
-
…maggiorenne e indipendente, Scorpius, e lui consuma quella roba, non la
spaccia. Quindi non c’è motivo di allertare il grande Harry Potter, - sentenziò
Albus scandendo per bene ogni singola parola. Voleva parlare con il suo
migliore amico e invece ora si ritrovava a fare i conti con un Auror.
- Tuo
padre deve saperlo. Questi tipi hanno fatto finire in ospedale diversi maghi,
prima di tuo fratello, e c’è una possibilità neanche tanto remota che qualcuno
possa morire a causa della merda che producono e smerciano. Lo so che sei
preoccupato per James, che vuoi tutelarlo, che non vuoi complicare quel
rapporto tanto precario ma io… devo farlo, devo dirglielo. –
Il tono
che aveva usato Malfoy non ammetteva repliche, tuttavia, razionalmente, non gli
si poteva dare torto: era il suo lavoro e quell’incarico non finiva di certo al
di fuori delle quattro mura del Ministero. Albus, però, non aveva la voglia o
la forza di affidarsi alla ragione; l’unica cosa che desiderava era che suo
fratello non si sentisse esposto più del dovuto, che non gli si dessero altri
motivi per desiderare di rifugiarsi nelle droghe. Avvisare Harry voleva dire
avvertire il Ministero e dare tutto in pasto alla stampa, quanto avrebbe dovuto
soffrire James? Non bastava quello che aveva nella testa a buttarlo giù?
-
Volevo parlare al mio amico ma è evidente che tu non lo sia più, - ribatté
Albus inacidito.
-
Albus, non dire così… -
Scorpius
provò ad avvicinarsi ma fu allontanato bruscamente con un gesto della mano da
parte dell’altro. Che cosa stava succedendo?
– No,
prova a capire tu! Mio padre è l’ultima persona che deve sapere questa cosa!
Per James sarebbe finita se le voci cominciassero a girare, lo caccerebbero dal
gruppo e gli farebbero chiudere il locale. Pensavo di poter parlare con te, di
poter trovare un modo per aiutare mio fratello, non di infliggergli il colpo di
grazia! –
- Tuo
fratello è adulto, lo hai detto anche tu, e quando ha iniziato a farsi doveva
mettere in conto di… -
- Di
cosa? Di finire al San Mungo? Di morire? Di essere pugnalato alle spalle dagli
amici? –
- Io
non sono amico di James, - urlò Scorpius, pentendosene un secondo dopo.
Maledetta lingua lunga e tagliente.
Non era
vero. Certo, anche se quella mattina si era risvegliato nudo accanto a lui, con
James non aveva la stessa intimità che condivideva con Albus, ma gli voleva
ugualmente bene. L’aveva compreso quando gli aveva rivelato dei sentimenti che
provava per suo fratello minore: si era mostrato sempre disponibile all’ascolto
e, ultimamente, avevano passato insieme tanto tempo. Si era divertito molto in
compagnia di quel pazzo, tra il locale dove l’aveva portato e le chiacchiere a
prima mattina; certo, alcuni avvenimenti avrebbero potuto essere diversi ma
tutto sommato era stato veramente bene insieme a lui. Si era sentito leggero
come non accadeva da tanto tempo.
Tra i
due piombò un silenzio assordante e duraturo, che Albus spezzò per rispondere
all’altro ragazzo. – Bene. Non sei più neanche amico mio, - sentenziò. Infine si
alzò e fece qualche passo per raggiungere la propria camera.
Scorpius
allungò il braccio, voleva fermarlo, ma l’altro fu più lesto e riuscì a
sfuggire alla presa; seguirono dei gesti scattosi e la tazza che reggeva Albus,
quella che avevano comprato per festeggiare il fatto di essere coinquilini,
cadde frantumandosi al suolo.
-
Prendi la tua roba e vattene, - aggiunse Potter assottigliando gli occhi;
approfittò poi dell’incredulità e del mutismo dell’altro per svincolarsi dalla situazione
e raggiungere la propria camera.
Malfoy
impiegò dei minuti lunghissimi prima di agire, muoversi o semplicemente
riprendere a respirare; chiamò il nome dell’amico invano, a voce bassa, e fece
un passo lento nel cercare di seguirlo. Una volta fuori dalla porta della sua
stanza provò a bussare e batté i pugni contro il legno gelido.
-
Albus! Apri la porta… Albus! Io… Al… questa è anche casa mia! Albus, apri
questa cazzo di porta, - disse. Avrebbe potuto barare e usare qualsiasi tipo di
incantesimo ma non avrebbe sostituito l’assenza di rumori né la sensazione
terribile che aveva avvertito con il “vattene”. Voleva davvero mandarlo via?
Scorpius non ottenne risposta e poggiò la fronte contro la porta, tenendo le
due mani strette a pugno ferme ai lati. I suoi occhi avevano iniziato a
inumidirsi e lui trattenne un singhiozzo, - Albus… per favore… Al, sono il tuo
migliore amico, maledizione! –
La
porta continuò a restare serrata e Scorpius avvertì una strana debolezza
pervadergli il corpo; così, senza che se ne accorgesse, iniziò a scivolare
strisciando le mani sulla porta fino a ritrovarsi in ginocchio. Sconfortato,
batté ancora i pugni contro la parete ma l’unica risposta che ricevette fu il
silenzio costante.
Era
sempre stato un buon amico per il ragazzo, aveva anche messo da parte i propri
sentimenti per dargli lo spazio di cui necessitava; nonostante fosse innamorato
di lui da sempre, gli era stato accanto per consolarlo in seguito a disastrose
relazioni amorose, l’aveva abbracciato e tenuto stretto tutte le notti che
aveva voluto. Da quando vivevano insieme, poi, si preoccupava silenziosamente
di qualsiasi tipo di esigenza, come quella di tenere tutto pulito affinché non
inciampasse, e mangiava tutto quello che gli propinava anche se le sue pietanze
avevano un sapore veramente orribile.
-
Albus… ti prego, io… io ti amo, - farfugliò; era evidente che non fosse lucido
poiché la disperazione l’aveva trascinato in un baratro tanto profondo che
aveva perso anche il minimo barlume di sanità mentale, dichiarandosi in quel
modo così miserabile. – Al… hai anche rotto la tazza… Al, Al… -
Quando
capì che quel silenzio non sarebbe stato infranto, Scorpius iniziò a piangere
sommessamente. Albus gli aveva intimato di andarsene e aveva rotto quella tazza
che, da sempre, simboleggiava la loro amicizia. Non riusciva a guardarla, lì a
pezzi sul pavimento. Avrebbe dovuto pulire, raccogliere i cocci, evitare che
Albus l'indomani rischiasse di calpestarla e ferirsi... conoscendolo, sarebbe
stato in grado di farlo, era sempre maldestro ma la mattina era il momento
peggiore! Ma a cosa sarebbe servito? Se anche avesse raccolto ogni singolo
frammento e li avesse rimessi insieme non sarebbe mai tornata bella come prima.
La tazza, così come la loro amicizia, pareva irrimediabilmente danneggiata.
Nemmeno la magia può risolvere tutto, si disse, e improvvisamente sentì il peso
del distintivo che portava nel taschino. A che serve essere un mago, se poi non
puoi riparare ciò che si spezza? Rimase immobile per alcuni secondi ancora, il
tempo necessario per tornare in sé e darsi un contegno, poi si rimise in piedi
con l’intento di raggiungere la propria camera. Camminò a passo lento per quei
pochi metri che dividevano le loro stanze, strisciando i piedi; aveva il cuore
spezzato, proprio come quella tazza distrutta sul pavimento, e l’unica cosa che
desiderava era quella di poter abbracciare il suo migliore amico che, invece,
l’aveva sbattuto fuori dalla casa e dalla vita a causa di quell’imbecille del
fratello.
Con
ancora l’animo gonfio di confusione e delusione, il ragazzo fece un cambio di
direzione; si avvicinò alla credenza e recuperò la tazza vedova. Se la ripassò
tra le mani e la guardò come se su quella ceramica bianca potesse ammirare in
una sequenza animata tutti gli attimi che li avevano uniti e che adesso,
invece, sembravano privi di ogni valore. Albus era stato il suo primo amico e
non perché fosse l’unico abbastanza diligente con cui poter ripassare prima di
un test, ma perché si era sempre dimostrato sensibile e comprensivo, perché gli
aveva sempre tenuto la mano e perché sapeva come divertirsi; gli sovvenne di
quella volta, poi, in cui si erano addormentati abbracciati. Era il primo Natale
di Scorpius fuori dal Manor e, in seguito ad una lite con il padre, il ragazzo
si era sentito molto giù; Albus non era solo un amico, era un fratello, un
cugino, una famiglia intera, era l’amore della sua vita. Non aveva mai avuto
molte certezze dalla vita ma era sicuro che Albus ci sarebbe sempre stato per
lui e viceversa; eppure, ora l’aveva cacciato di casa.
Con lo
guardo ancora vacuo, allentò la presa e lasciò cadere anche quella tazza,
riunendola a quell’altra sul pavimento sotto forma di cocci. Sorrise perché
così quei pezzi sarebbero rimasti sempre insieme, fusi, senza sapere quale
parte appartenesse a chi; sarebbero state un cumulo di ceramica senza senso,
come quell’ammasso di ricordi che gli occupavano il cervello. Così, con la
tristezza nel cuore, raggiunse la propria stanza. Era tutta colpa di James.
♪♪♪♪♪♪♪
♪ Note a margine:
È trascorso più di un anno dall’ultimo
aggiornamento su questa fanfiction. Anche se nel frattempo ho pubblicato altro,
questa storia mi ha fatto compagnia in un periodo un po’ blu della mia vita e
sono davvero felice di informarvi che sì, la storia è conclusa, e che cercherò
di essere più rapida nei prossimi aggiornamenti.
Come al solito, un grazie (e anche tanti
abbracci a distanza) va alla mia beta/fratella Pally93 per
aver revisionato il capitolo!
Per questo capitolo la canzone è “Rest my chemistry”
degli Interpol, che potete ascoltare qui.
“Oh, those days
in the sun
They bring a tear to my eye
Tonight I'm
gonna rest my chemistry
Tonight I'm
gonna rest my chemistry.”