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Autore: motrebla    27/06/2020    1 recensioni
"...che dormivano di giorno e vivevano di notte, perché la notte non fa parte della giornata, la notte è scura e di notte non si vede, e se non si vede allora forse non esiste, e se allora forse non esiste si era trovato un modo per ingannare la vita e viverla senza doverla vivere, ma anche perché faceva più fresco rispetto al giorno,"
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Manifesto delle ciliegie marce

 


 

 

Eravamo un gruppo di individui inusuali, che possedevano tutto, ma avevano niente e volevano tutto, un tutto così effimero e astratto che era difficile da descrivere a parole,

che nonostante l'oceano di possibilità in cui erano stati gettati e costretti ad annegare, non riuscivano a trovare una pace e una soddisfazione interiori, e ciò li faceva sentire in colpa perché nel mondo ci sono problemi ben peggiori,

che facevano la guerra al mondo, ai genitori, a loro stessi, che cercavano la serenità digrignando i denti e stringendo i pugni, mentre a cospetto dell'ennesimo cesso lurido pregavano un dio inesistente per ottenere una felicità volatile e nebulosa, più indefinita che definita,

che avevano ville luccicanti in riva al mare, lenzuona di flanella, lino e seta, caldo d'inverno e fresco d'estate, ma preferivano dormire nelle spiagge gelide e sporche, dove i barboni, fantasmi di un futuro troppo presente, abbandonavano gli scarti delle loro vite al limite della vita,

che quando il mondo che avevano costruito iniziava a prendere fuoco, prima una scintilla a cui si dava poca attenzione e poi un incendio tutto d'un colpo, continuavano a ballare, allontanandosi sulle note di una musica rumorosa, che doveva mettere ordine nella testa ma in realtà ne era solo una proiezione accurata,

che ridevano come solo i pazzi sanno ridere, le costose sbiancature dei denti macchiate dai filtri delle Marlboro e delle Camel, delle risate senza motivo, che ridono non perché sono gioiose ma perché trovano l'assurdità della vita esilarante, che ridono per inumidificare gli occhi addetti al conseguente pianto isterico,

che dormivano di giorno e vivevano di notte, perché la notte non fa parte della giornata, la notte è scura e di notte non si vede, e se non si vede allora forse non esiste, e se allora forse non esiste si era trovato un modo per ingannare la vita e viverla senza doverla vivere, ma anche perché faceva più fresco rispetto al giorno,

che usavano creme costose per mantenere i giovani visi giovani, ma avevano le piante dei piedi, vero specchio dell'anima, nere di asfalto e umide di pozzanghere estive, e che erano ossessionati dai capelli ossigenati di cui poco si curavano,

che il venerdì sera era per loro sacro come la domenica mattina per i cristiani cattolici, che all'ostia preferivano la coca, le omelie del prete sostituite dai bassi del DJ e il canto dei fedeli dagli spettacoli drag degli ospiti,

che mangiavano prosciutto e melone annaffiati dal vino più economico che si potesse trovare e dall'alcol più letale che potesse stenderli, e poi gelati, gelati, gelati di ogni gusto, di cui esistono ancora conti aperti che non verranno mai saldati se non dai finti sorrisi innocenti,

che spesso rimanevano immobili sul letto per ore, il pollice sullo schermo del cellulare e il volto fisso nel vuoto, troppo stanchi per dormire, troppo pensierosi per trovare soluzioni, troppo sensibili per scuotere le spalle,

che venivano spinti verso la vita accademica, la decantata aurea stibilità, dai genitori, ma che si cibavano di arte, cinema, letteratura e filosofia, sognando i poeti maledetti e la generazione beat, così lontani nel tempo ma vicini nell'animo bohemiene che li accumunava,

che possedevano una bellezza perpetua, la bellezza che solo la gioventù possiede, quella bellezza che non può essere scalfita nemmeno dalle peggiori sostanze sintetiche, che è come una cometa, in quanto dura poco ma splende alla massima intensità, che è così bella perché inconsapevole e naturale,

che erano giovani che giocavano a fare i grandi ma volevano solo essere bambini, e avrebbero dato qualsiasi cosa per avere la sicurezza di poterlo ammettere senza giudizio ed esserlo senza rinunce, anche se si tratta di qualcosa di sistematicamente irrealizzabile,

che vestivano le loro insicurezze e i loro dubbi con armature di bronzo scintillanti e tacchi a spillo, non per volontà propria ma perché il recinto delle alternative era stato decimato, e il prezzo da pagare per la loro vita sconsiderata era dare una sensazione di apparente consapevolezza che li giustificasse e legittimasse,

che volevano cambiare il mondo a giorni alterni, che vivevano di ideali e utopie, che erano vulcani di opinioni e prese di coscienza, tutte cose che venivano da un posto giudicato male, ma fondamentalmente buono e impegnato,

che vivevano la loro vita con la leggerezza che hanno gli adolescenti quando danno il primo bacio o quando per la prima volta si sentono attratti dalla loro migliore amica o dal loro peggior nemico, quelle emozioni di pancia e non di testa,

che nella loro apparente innocenza, vista dall'esterno, venivano tessute le trame del vizio e del dolore, minimizzato con leggerezza in base all'età che ad esso corrispondeva e non analizzato in relazione alla sua vera natura ben più pesante,

che ingannavano gli altri e loro stessi, così abituati a tirarsi fuori da situazioni scomode o a tastare incerti il terreno della loro interiorità, che a volte erano così confusi e bugiardi che finivano per credere alle loro stesse menzogne o dubitare della loro stessa verità,

che prendevano il sole sul bagnasciuga durante le calde mattine d'agosto, ancora alticci dal venerdì sera, e reggevano pigre sigarette che si consumavano da sole, fari di speranza che rappresentavano lo spiraglio di luce nella tempesta,

che baciavano con una passione, con una voglia e con una decisione che stonavano in confronto alla loro età ma al tempo stesso erano in perfetta armonia con le molteplici esperienze che li avevano forgiati negli anni, mesi, secondi,

che mangiavano senza prendere un grammo, che se era sano veniva evitato a tutti i costi, come la peste o l'ebola, ma si vedevano troppo grassi, troppo magre, troppi smilzi, troppo paffute, e nella loro intimità erano totalmente incosapevoli delle meraviglie dei loro corpi,

che amavano l'amore di gruppo, perché come nelle feste il numero conta, perché amavano i sudori salati degli altri e l'ammasso animalesco di corpi che ricordava al loro inconscio la giungla primitiva dai cui provenivano e la giuglia moderna in cui vivevano,

che vestivano la loro interiorità sulla pelle, che provavano a nasconderla ma fallivano, che seguivano la moda ma solo per gioco, e non gliene fregava niente del trend del momento se non era di mille colori o completamente nero,

che usavano un'ironia sottile e un sarcasmo pungente, che offendevano molti, lasciati interdetti, confusi e arrabbiati, ma che faceva sghignazzare loro sotto i baffi inesistenti, le pelli glabre, lisce, elastiche,

che nonostante le voci non ancora totalmente stabilizzate, strillavano a squarciagola sotto la doccia, durante le liti con i genitori, ai concerti, allo stadio, in discoteca per farsi aprire la porta del bagno dall'amico o dall'amica che sboccavano accovacciati per terra,

che viaggiavano senza meta, rubando soldi, panini, vestiti, nascosti nei bagni dei treni per non farsi beccare dai controllori senza biglietti, e scendevano quando non avevano più voglia di restare nascosti o avevano sete,

che vivevano in un buco, ma la mente era proiettata nel mondo, e fingevano un'inconsapevolezza che nascondeva una forte consapevolezza di tutto ciò che accadeva attorno a loro, perché si sentivano derubati dei loro anni d'oro,

che erano così confusi perché dentro di loro c'era troppo, c'era sempre stato, un marasma di sfaccettature che li rendeva personalità camaleontiche, adattabili, ma così varie da renderle difficili da capire ed analizzare anche per loro stessi,

che se avessi chiesto loro se desideravano cambiare la loro vita ti avrebbero risposto di sì senza battere ciglio, ma in realtà non l'avrebbero sostituita per nulla al mondo.

   
 
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