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Autore: satakyoya    28/06/2020    0 recensioni
Una ragazza che vive a Tokyo e nei giorni nostri, trascorre le giornate tranquille insieme alla sua famiglia e ai suoi nonni.
Ma suo nonno, prima della sua morte, gli raccontava una storia ambientata in un periodo storico giapponese non ben definito. Tutto quello che conosciamo adesso però in quel periodo non esistevano, le città erano villaggi e le case di legno che componevano i villaggi erano governate da qualcuno al di sopra degli abitanti.
La protagonista è una povera cameriera del castello della città di Wake, in Giappone, ma quella povera cameriera vivrà un'esperienza che nemmeno si aspettava e proverà emozioni che non ha mai provato prima.
Se siete curiosi leggete la storia e lasciatemi una recensione. Spero che vi piaccia!
[In questa storia sono presenti alcuni personaggi della Mitologia Giapponese]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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All’alba del giorno dopo io fui la prima a svegliarmi. Aprii gli occhi, alzai la schiena e m guardai intorno. stavano tutti dormendo a parte il signor Dana che non c’era. Diedi un paio di tocchi sulla schiena di Aki che si svegliò subito, gli feci segno di spostarci nella stanza a fianco e lui a sua volta svegliò Urushi. Ci spostammo nella stanza accanto  dove trovammo il signor Dana seduto per terra davanti al tavolino intenti a bere del tè.
“Oh, buongiorno a tutti. Come mai siete svegli al quest’ora del mattino?” chiese lui.
“Buongiorno.” Disse Aki sbadigliando.
“Noi vorremmo partire il prima possibile.” dissi io.
“Sedetevi e aspettatemi qui.” Disse Dana alzandosi in piedi.
Si spostò nella stanza accanto e tornò pochi minuti dopo con una tavoletta di legno in mano e sopra tre bicchierini di tè. Ci sedemmo tutti per terra e mise un bicchierino di tè davanti a ognuno di noi.
“E’ un peccato che dobbiate andarvene.” disse Dana.
“Dobbiamo farlo così presto?” chiese Aki guardandomi.
“Sì.” Risposi io.
“Uffa… proprio adesso che mi stavo gustando il buon cibo fatto da Cenette.” Disse Aki.
Bevemmo il tè che avevamo di fronte e lo finimmo tutto in un paio di minuti. Noi tre fummo ci alzammo in piedi, seguiti dal signor Dana. Ci spostammo verso la porta e prima di uscire lui ci diede delle indicazioni.
“per uscire dal villaggio dovete percorrere tutta la strada, girare a destra e andare sempre dritto.” Disse lui.
“Grazie di tutto.” Dissi io.
Uscimmo e seguimmo le indicazioni che ci aveva appena detto. io però non avevo ben capito così Urushi indicò la strada mentre Aki, non appena ci allontanammo dal villaggio, fece un’espressione seria. La stessa espressione  che aveva ieri sera. Io per alcuni minuti non dissi e non chiesi nulla, lo guardai soltanto.
Dopo circa dieci minuti gli feci delle domande e, anche se all’inizio non rispose, dopo un po’ si arrese rispondendomi con tono di voce molto arrabbiata.
“Aki rispondimi! Perché sei arrabbiato? Che cosa ho fatto?” chiesi io.
“Che cosa hai fatto? Che cosa hai fatto?” disse lui fermandosi. Di girò verso di me e disse: “Vediamo, siamo arrivati nel villaggio, hai parlato con il signor Dana, hai deciso di voler aiutare queste persone, sei andato dal capo villaggio e ci sei stata fino a ieri quando noi due siamo venuti a salvarti. Tutto questo senza capire che tante ragazze là hanno rischiato la vita, e alcune sono state imprigionate. Se fossimo arrivati un po’ più tardi… Ah, non voglio nemmeno pensarci.”
Mentre lui parlava mi resi conto che tutto ciò che avevo fatto era stato molto rischioso. Però lo avevo fatto seguendo il mio desiderio di aiutare tutti quelli che abitavano là.
“Però questo non è successo ed è meglio.” dissi io.
“Solo perché noi eravamo preoccupati e siamo venuti da te!” disse Aki dandomi le spalle e con tono molto serio.
“Aki ha ragione, è stato solo un bene che noi siamo arrivati in quel momento. Se fossimo arrivati più tardi tu non saresti qui e non saresti viva.” Disse Urushi.
Rimasi ferma per un paio di secondi a riflettere, poi mi avvicinai ad Aki e lo abbracciai più forte che potevo. Lo spinsi perfino all’indietro andando ad appoggiarsi con la schiena contro un albero.
“Mi dispiace per averti fatto preoccupare. Grazie per essere venuto.” dissi io.
Lui mi abbracciò forte, talmente tanto che riuscivo a sentire il battito del suo cuore. Un battito che si stava poco per volta rilassando. Sentii anche una sensazione di pace e tranquillità dentro di me.
“Cavolo, mi fai sempre preoccupare.” Disse lui.
Proprio quando mi stavo abituando a quella bellissima sensazione, Aki mi staccò dal suo petto e mi baciò.
Durò solo qualche istante, mi staccai da lui ed abbracciai Urushi. MI scusai per averlo fatto preoccupare e ringraziai entrambi per essere venuti a salvarmi ieri sera. Dopo averlo fatto mi staccai da Urushi e tutti e tre riprendemmo a camminare.
“Beh, come si chiama il prossimo villaggio? E quant’è lontano?” chiesi io.
“Non lo so.” Disse Aki.
“Ma non hai la mappa di tuo padre?” dissi io.
“è vero, ce l’ho in tasca.” Dissi io.
“Tirala fuori e vediamo.” Dissi io.
Lui fece esattamente ciò che avevo etto e si mise a cercare la posizione in cui potevamo essere. Sulla strada c’era una linea che indicava che indicava la strada che avevamo fatto oltre a vari nomi che non conoscevo.
“Dunque… Secondo me dovremmo essere più o meno qui. il villaggio più vicino si chiama Niiga, o così ha scritto mio padre.” Disse Aki.
“E quanto è lontano?” chiesi io.
“Non lo so, ma non sembra molto.” disse Aki.
“Allora che aspettiamo, andiamo.” Dissi io.
Camminammo per tutta la giornata, anche a notte fonda, fino a quando non vidi le foglie degli alberi delle case in legno.
“Ragazzi, guardate là!” dissi io.
“Eh?” disse Urushi.
“Ma perché sei così contenta all’improvviso?” Chiese Aki.
“Non vedo l’ora di vedere come sono gli altri villaggi.” Dissi io guardando loro e camminando all’indietro.
“Mmmh… ” disse Aki.
Mi girai di nuovo e mi fermai dopo pochi passi. dietro di me si fermarono gli altri due mentre davanti a me vidi il villaggio con tante persone che camminavano.
Avanzammo anche noi e guardandomi intorno vidi che la strada era tutta dritta, affollata e nessuno sembrava dare importanza alla nostra presenza. Passammo davanti a molte case in legno, quando all’improvviso ci fermammo e assistemmo tutti a un avvenimento  che non avevo mai visto. Un bambino venne buttato fuori dalla porta di una casa e un uomo si affaccia alla finestra con espressione molto  arrabbiata.
“Non osare entrare più qui. non riceverai più neanche un soldo da noi! E ora vattene!” disse l’uomo.
“Tch.” Disse il bambino a terra.
Si alzò in piedi e si diresse verso di noi passandoci a fianco.
“Poverino…” dissi io con tono di voce bassa e guardandolo mentre ci passava a fianco.
Si girò verso di noi e ci disse: “non ho bisogno della gentilezza di nessuno!”
Finì il discorso facendoci la linguaccia e se ne andò correndo.
Il bambino aveva i capelli neri, era più basso di me, aveva gli occhi marroni. Insomma, era come Aki, ma più basso, con dei vestiti color marrone e dei sandali fatti di paglia.
“Che strana persona…” disse Urushi.
“Lascialo perdere. Andiamo.” Disse Aki.
“No, aspetta.” Dissi io iniziando a camminare verso la porta in cui il bambino era stato buttato fuori.
“Iris!” disse Aki.
Aprii la porta e ciò che vidi davanti a me era un tavolo lungo in legno che andava dal centro della stanza fino al muro davanti a me. c’era anche tanta altra gente in diversi punti della stanza intorno a dei tavolini in legno. Nessuno si era accorto della nostra presenza.
Poco dopo si avvicinò a noi una ragazza alta, magra, capelli dritti e neri, occhi chiari e dei vestiti bianchi e un piccolo vassoio in mano.
“Benvenuti, io sono Eris. Sedetevi dove volete e ditemi cosa posso portarvi.” Disse la ragazza.
Mi guardai intorno non dando importanza a ciò che lei aveva detto.
“Signorina?” chiese lei.
Aki mi toccò due volte la spalla e solo allora dissi qualcosa: “Eh? ah, scusa, noi non siamo qui per bere.”
“Allora perché siete qui? Non sarà che volete delle monete?” chiese Eris.
“No no no, ti sbagli!” dissi io scuotendo le mani.
“Allora va bene. Forza, sedetevi e bevete qualcosa. Ve lo offro io.” dissi io.
Vidi subito un tavolo a poca distanza da noi e insieme agli altri mi diressi là verso. Il tavolo era basso, rettangolare e senza nessuno intorno. ci sedemmo e dopo circa due minuti Eris tornò da noi con due bicchieri a testa, uno con il tè e l’altro con dell’acqua.
Davanti a me si sedettero Aki e Urushi mentre a l mio fianco si sedette Eris. Appoggiò il vassoio sul tavolo e parlammo.
“Voi non siete di qui, vero?” chiese lei.
“No… ma come hai fatto a capirlo?” chiesi io.
“Beh, solo le persone che non vivono in questo villaggio possono guardare incuriosite questo posto.” Disse lei.
“Semplice, ma bello.” Disse Urushi.
“Grazie.” Disse lei sorridendo. Poi continuò: “Com’è che siete qui?”
Io e Aki ci guardammo un attimo, poi lui disse: “Abbiamo visto un bambino venire buttato fuori da quella porta da un uomo. Ci chiediamo chi è lui e perché gli è stato fatto quello.”
“Oh, lui si chiama Yahiko, ha otto anni ed è stato buttato fuori da qui dal proprietario di questo piccolo posto. Noi qualche anni fa avevamo iniziato a dargli delle monete qualche volta, ma non li usava per comprare il cibo. Poi però la richiesta di soldi continuò a diventare più spessa, fino ad essere tutti i giorni. Nessuno di noi sa cosa ne fa di ciò che gli diamo e come li usa.” Disse li con uno sguardo basso e un’espressione un po’ triste.
“Sai dirmi dove vive? O dove dorme? E vive con la sua famiglia?” chiesi io.
“No, mi dispiace… Anche se molti dicono che puoi trovarlo ovunque.” Rispose lei.
Bevemmo tutti e tre il tè e l’acqua in silenzio, poi uscimmo dalla stanza e ci incamminammo per strada. Percorremmo molti metri e durante la strada molti bambini corsero passandoci a fianco a noi e andando nella stessa direzione. Qualcuno di loro passò persino in mezzo a noi e per questo dovevamo stare molto attenti. Tra di loro mi accorsi che un bambino che era passato i mezzo a noi assomigliava moltissimo a Yahiko.
Passò una prima volta tra me ed Aki e non successe nulla.
Passò una seconda volta tra me e Urushi e nemmeno quella volta successe nulla. Urushi lo guardò con un’espressione molto sospetta mentre io ero curiosa di capire se fosse veramente Yahiko.
Passò una terza volta di nuovo tra me e Aki. lui si spostò per farlo passare e, guardandosi i fianchi, notò che la sua spada era spada.
“Ah! La mia spada è sparita! E non ci sono neanche tutte le tue frecce!” disse Aki.
“è vero…” dissi io.
“Dev’essere stato quel bambino. Cavolo, dove sarà andato adesso?” chiese Aki guardandosi intorno.
“Io lo so. Seguitemi.” Disse Urushi.
Aprì le sue ali, si alzò in cielo e volò dritto davanti a noi. Io e Aki lo seguimmo da terra correndo. Io usai tutte le forze che avevo p riuscire a stare a dietro a loro due e, anche se con grande fatica, riuscii a stargli a dietro.
Corremmo per una ventina di metri poi girammo a destra e subito a sinistra. a quel punto ci fermammo e scoprimmo che Urushi non era più sopra e questo voleva dire solo una cosa: Ci eravamo persi. Io avevo un gran fiatone e non ero in grado di correre ancora. Avevo assolutamente di alcuni minuti per riprendere le forze.
Camminammo insieme per qualche metro tenendoci per mano e senza avere idea di dove stessimo andando.
“E adesso dove che facciamo, ci siamo persi! Questo significa che non rivedrò più la mia spada e tu le tue frecce.” Disse Aki.
“Non fare così, troveremo un modo. Ma cosa vuol dire persi?” dissi io.
“Vuol dire che non riesci a ritrovare la strada che stai seguendo.” Disse Aki.
“Oooooh…” dissi io.
All’improvviso percepii una sensazione dentro di me chi mi fece girare la testa a destra. non sapevo che cos’era ma iniziai a camminare per una ventina di passi in avanti e girai in una strada che si trovava alla mia destra.
“Ehi Iris, dove stai andando? Iris!” chiese Aki iniziando a seguirmi.
Io non diedi importanza a ciò che lui diceva, ma ascoltai la sensazione che sentivo dentro il petto, continuando a camminare. Svoltai a sinistro, poi  destra e mi fermai con il corpo girato verso sinistra dove c’era una stradina chiusa. Quello che vidi mi lasciò stupita e la sensazione che provavo fino a un attimo fa sparì completamente.
“Iris, che succede? Perché ti sei fermata?” chiese Aki.
Vidi Urushi tenere con entrambe le mani una corda che stringeva forte con il corpo del bambino che stavamo seguendo. Lui aveva un’espressione imbronciata e con gli occhi guardava alla mia destra. A fianco a lui c’era la spada di Aki, le mie frecce, e una montagna di altre cose come un piccolo vassoio in legno (simile a quello che usava Eris) e vari sacchetti pieni di monete.
“Urushi, sei proprio affidabile! Hai detto  che ci mostravi la strada, ma poi a metà sei sparito!” disse Aki.
“Aki calmati. è bello vedere che sei riuscito a prenderlo, però poverino, lo hai legato troppo stretto.” Dissi io.
Avvicinai il mio corpo a lui e misi le mani in avanti per poterlo liberare della corda.
“Iris stai attenta!” disse Aki.
“Non toccarmi!” disse il bambino.
La sua risposta non mi piaceva, ma non avevo intenzione di arrendermi nella mia intenzione. Mi raddrizzai e mi inchinai a terra.
“Tu sei Yahiko, vero?” chiesi io. Lui non mi rispose.
“Ehi, guarda che lei ti ha fatto una domanda.” Disse Aki.
“Sì, sono io. E con questo?” disse il bambino.
“Sono contenta.” Dissi io sorridendogli. Poi continuai: “Le hai prese tu tutte queste cose?”
“Sì.” Disse lui.
“Perché lo hai fatto?” Chiesi io.
“Perché voglio farlo. Perché mi piace prendere le cose dagli altri.” Disse Yahiko.
Aki gli diede un pugno sulla testa e disse: “Stupido, come ti permetti di rubare le cose alle altre persone! Tu…”
“Ehi tranquillo.” Dissi io. Per un attimo ci pensai  e dissi: “Senti, noi adesso prendiamo alcune e le riportiamo a coloro che appartengono. Urushi ti libera e ti lascia andare, ma tu non farlo più. capito?” chiesi io.
“Tch.” Disse Yahiko.
“Eh? Iris, ma cosa stai dicendo?” Disse Aki.
Io e Aki prendemmo alcune cose, tra cui il vassoio in legno e alcuni sacchetti di monete. Urushi gli tolse la corda così come aveva detto, lui se ne corse via senza nemmeno girarsi. Rimanemmo così solo io e Aki e continuammo a camminare.
“Complimenti, lo hai lasciato andare via.” Disse Aki.
“è vero. Urushi puoi farmi un favore?” chiesi io.
“Sì certo.” Disse Urushi.
“Puoi guardare quello che fa Yahiko senza farti vedere?” chiesi io.
“Va bene.” Rispose Urushi sbattendo le ali e alzandosi in aria.
“Iris, a cosa stai pensando?” chiese Aki.
“Io? Niente, perché?” chiesi io.
“Perché ti conosco e so che stai pensando a qualcosa. Anzi, lo sai già e non vuoi dircelo.” Disse Aki.
“Sì, è vero, qualcosa in mente ce l’ho. Ma nessuno di voi due mi conosce bene.” dissi io.
Le mie parole li fece zittire.
“Stanotte dove dormiremo?” chiese Aki.
“Non lo so, in un posto qualsiasi.” Dissi io.
“Eeeh? Vuoi dire in mezzo alla strada di questo villaggio?” Chiese Aki stupito.
“Sì perché?” dissi io.
“Beh, l’idea non mi piace molto ma va bene.” disse Aki.
Poi corse verso di noi Eris finendo per fermarsi davanti a me. Aveva il fiatone.
“Eris, va tutto bene?” chiesi io.
“Finalmente vi ho trovato.” Disse lei.
“Trovato? Perché, è successo qualcosa?” chiesi io.
“Sì, guardate là.” Disse lei indicando dietro di sé.
Infatti in cielo c’erano delle nuvole scure che sembravano venire verso di noi.
“Dato che verrà a piovere sono venta a dirvi che se volete potete venire a dormire a casa mia stanotte. Infatti abito poco lontano da qui.” disse lei.
Io e lei ci guardammo per qualche secondo, poi la guardammo ed entrambi facemmo cenno di sì con la testa. Attraversammo due strade ed arrivammo a casa di Eris. Entrammo e come prima cosa ci fece sedere offrendoci del tè verde.
“Che cosa avete lì con voi?” Chiese Eris incuriosita.
Gli allungammo tutto quello che avevamo preso da Yahiko e che ci eravamo portati dietro.
“Quello è un vassoio che uso io al lavoro e quello sono alcuni sacchetti in cui all’inizio mettevamo le monete davamo a Yahiko ma come fate ad averli voi? Non ditemi che…” disse lei.
“Abbiamo parlato con lui e abbiamo preso alcune cose.” dissi io.
“Mi fa piacere che li abbiate portati, avevo paura di non riaverli più indietro.” Disse lei.
“Prego.” Dissi io.
“Ti lasciamo anche tutto il resto in modo che tu possa darli ai loro proprietari.” Disse Aki.
“Sì, va bene.” disse lei.
Ci fu un minuto di silenzio in cui sentimmo il forte rumore della pioggia che cadeva fuori. Io guardai la pioggia che picchiava contro la finestra che c’era in una parete.
“Grazie per averci invitato a dormire a casa tua.” Dissi io.
“Non è un problema. Piuttosto, voi non eravate in tre l’ultima volta che vi ho visto?” Chiese lei.
“Urushi è rimasto fuori a fare una cosa per noi.” Disse Aki.
“Oh… e starà fuori molto?” chiese lei.
“Non lo so. Posso chiederti qual è la nostra stanza per stanotte?” Chiesi io.
“Sì, è la stanza qui a fianco.” Disse Eris.
“Grazie.” Dissi io. Subito dopo lo disse anche Aki.
Ci spostammo nella stanza a fianco, appoggiammo i futon e ci coricammo sopra.
“Ehi Iris, perché lo hai lasciato libero prima?” Chiese Aki.
“mi dispiaceva vederlo legato e voglio sapere di più di lui.” dissi io.
“Di più? che vuoi dire?” chiese lui.
“Ho come la sensazione che lui mi stia nascondendo qualcosa, ma non so cosa.” dissi io girandomi verso di lui.
“Tu dici? A me non sembra…” Disse Aki.
Dopo quelle parole mi addormentai profondamente. Alcuni minuti prima dell’alba però mi svegliai, mi allontanai senza farmi sentire e mi spostai in un’altra stanza dove vidi Eris seduta a bere un bicchiere di qualcosa.
“Buongiorno Iris.” Disse lei.
“Buongiorno, cosa stai bevendo?” Dissi io.
“Dell’acqua prima di andare a lavorare. Ne vuoi anche tu?” Chiese lei.
“No, grazie. Esco per un po’, se Aki si sveglia per favore digli che sono fuori.” Dissi io.
“Certo. Iris, ieri pomeriggio mi sono dimenticata di dire una cosa.” disse lei.
“Ah sì? Che cosa?” Chiesi io.
“Ecco… Non so se le cose sono vere, ma alcuni dicono che lui prenda gli oggetti dagli altri per poter diventare un giorno libero da certe persone.” Disse lei.
Mi inchinai in avanti per ringraziarla poi uscii di casa aprendo la porta. quello che trovai davanti a me fu Urushi appoggiato contro il muro e con le mani dietro la schiena.
Mi avvicinai a lui e ci incamminammo lungo alcune strade portandomi verso il luogo in cui lui aveva visto Yahiko. Era piuttosto affollato e i bambini continuano a correre passandoci a fianco.
Ci corse a fianco anche Yahiko che, non appena lo riconobbi, iniziai a seguirlo. Girammo a destra, di nuovo a destra, fino a raggiungere la stessa stradina di ieri pomeriggio. Yahiko era inchinato a terra vicino alla piccola montagna di oggetti che erano rimasti lì ieri.
“Yahiko…” dissi io con sguardo stupito.
Lui mi guardò per un paio di secondi poi tornò lavorare con le mani.
“Urushi, puoi lasciarmi per un po’ con lui?” dissi io a bassa voce.
Allora con determinazione mi avvicinai a  lui, gli allontanai le mani con le mie e iniziai a spostare da una parte sempre più sacchetti di monete.
“Ehi, ma che fai! Quelli sono miei!” disse Yahiko.
“No, questi sono delle persone che vivono qui.” dissi io.
“No, sono mie!” Disse lui.
Misi dietro la schiena tutto quello che avevo spostato poco fa e gli dissi: “Allora dimmi veramente perché prendi tutte quelle cose degli abitanti del villaggio.”
Ma lui non rispose.
“Le voci che ho sentito, sono vere? Perché prendi tutti quelli?” Chiesi di nuovo io.
“Te l’ho già detto, perché mi piace prendere le cose da loro.” Disse lui con tono di voce rilassato.
“E la tua famiglia che ne pensa di questo?” Chiesi io.
“Io non ho una famiglia. Sono orfano.” Disse lui.
“Orfano? Che significa?” Chiesi io.
“Ma come, non lo sai?” disse lui. dopo un paio di secondi sbuffò e disse: “Orfano vuol dire non ho né una mamma né un papà.”
“Mi dispiace… Ehi, vieni con me e unisciti a  noi.” Dissi io.
“E perché dovrei?” disse lui.
“Beh, siamo tutti  e tre persone che hanno avuto  che fare con l’Organizzazione Hana.” Dissi io.
“Chi sono?” Chiese lui.
“Sono un gruppo di persone tutte coperte di nero e hanno fatto tantissime brutte cose.” Risposi io.
Improvvisamente vidi avvicinarsi due uomini giovani, alti e magri, ma dall’aspetto non molto affidabili e poco gentili.
“Cavolo, arrivano. Presto, nasconditi dietro quelle scatole.” Disse Yahiko indicando delle scatole dall’altra parte della stradina rispetto a dove eravamo.
“Perché? Chi sono loro?” Chiesi io.
“Non fare domande adesso e sbrigati ad andare là dietro.” Disse lui.
Io feci ciò che lui disse e, anche se non li vedevo in faccia, sentivo benissimo le loro voci ed ero in grado di vedere solo Yahiko.
“Bene bene bene. Finalmente ti abbiamo trovato. Le monete di questa settimana me li devi dare adesso.” Disse il primo uomo. Aveva una voce molto profonda.
“Farai meglio a darceli se ci tieni a te stesso.” Disse il secondo uomo. Lui aveva una voce molto profonda rispetto  all’altro.
“Non ci penso proprio, questi sono miei.” Disse Yahiko.
“Huh?” chiese il primo uomo.
“Io non voglio darvi più niente.” Disse Yahiko.
Dopo quelle parole uno dei due uomini iniziò a picchiarlo molto forte sulla testa e sulla schiena. Io non riuscii a sopportare il fatto che gli veniva fatto del male, così mi alzai in piedi e mettendo una mano a pugno andai verso l’uomo che stava picchiando Yahiko.
“Smettetela!” dissi io.
Ma solo il tempo di avvicinarmi che lui si accorse di me e mi allontanò spingendomi via. Andai a battere contro il muro con la schiena e caddi a terra.
“Vattene donna!” disse l’uomo.
 Mi feci molto male e rimasi immobile per diverso tempo.
Yahiko si rialzò e disse: “Sono di questo… sono stanco di dover prendere le monete degli altri per darle a voi.”
L’uomo colpì di nuovo per quattro o cinque volte alla schiena sbattendolo con forza. Lui soffriva molto e vederlo non mi piaceva. Cercai di alzare la testa e il corpo appoggiando una parte del peso sulle braccia.
“Smettetela… Smettetela…” dissi io. Ma non mi ascoltarono, forse perché la voce era bassa e non li raggiungeva.
“Tch. Tu sei sempre stato inutile. Andiamocene.” Disse l’uomo. Così i due si allontanarono con espressione indignata.
All’improvviso scesero dal cielo Aki e Urushi. Aki si avvicinò a me chiamandomi per nome, ma da quel momento in poi non ricordai più niente perché chiusi gli occhi e svenni. Anche Yahiko si addormentò dal dolore.
Mi svegliai il giorno dopo e mi trovai nella casa di Eris, distesa per terra. mi sentivo un po confusa e un po’ dolorante alla schiena.
“Aki ti sei svegliata.” Disse Urushi che si trovava alla mia sinistra.
“Ben risvegliata Iris!” disse Aki mettendomi seduta  e abbracciandomi forte.
“Aki, mi fai male alla schiena.” Dissi io.
“Oh scusa, ti fa tanto male?” chiese Aki.
“Solo un pochino, ma solo se tocchi la schiena.” Dissi io.
Mi guardai intorno e notai che Yahiko non c’era da nessuna parte. Mi sembrò subito strano perché l’ultimo ricordo che ho di ieri era con lui.
“Ma dov’è Yahiko?” dissi io.
“E chi sarebbe?” chiese Aki.
“Il ragazzo che era con me ieri.” Dissi io.
“Non lo so, non appena siamo arrivati ti abbiamo presa e siamo venuti qui. Non ho idea di cosa gli sia successo.” Disse Urushi.
Mi alzai in piedi, uscii di casa da sola e iniziai a camminare lungo la strada. Mi sentivo un po’ confusa e camminavo a zig zag. Presi contro a diverse persone e ogni volta mi scusavo.
Camminai tranquillamente e per puro caso vidi passarmi davanti le stesse due persone che ieri avevano picchiato Yahiko. Uno dei due teneva su una spalla una bambina. Non sapevo se era addormentata o se era svenuta, ma sicuramente non era in buone condizioni perché aveva tante ferite in diverse parti del corpo.
Non sapevo che cosa le fosse successo, però ero curiosa di sapere dove la stavano portando, così mi misi a seguirli. Dopo circa cinque minuti in cui camminavo per delle stradine seguendoli vidi  due uomini entrare in una casa di legno molto vecchia. Tenni sempre una distanza i 5 o 6 metri rispetto a loro nascondendomi dietro alle pareti.
Entrarono nella casa, girarono a sinistra, poi a destra ed entrarono in una stanza alla loro destra. Chiusero la porta lasciandola aperta dolo di un paio di centimetri. Mi avvicinai alla parete della porta e mi misi a sbirciare. Notai che c’erano diverse persone nella stanza, una finestra chiusa dall’altra parte della stanza rispetto a dove mi trovavo io, un lungo tavolo al centro. Spostai lo sguardo a sinistra e vidi un tavolino con una persona davanti alla sinistra della stanza. sul tavolino c’era una ciotola di riso con le bacchette, un bicchiere piccolo e una bottiglia pieni di sakè.
Spostai lo sguardo al centro della stanza quando vidi l’uomo togliersi dalle spalle e gettare per terra la bambina con che aveva sulle spalle. La bambina soffrì molto non appena toccò terra e le se avvicinò subito Yahiko, che però aveva le mani legate dietro la schiena da una corda.
“Tsubame!” disse Yahiko. Poi continuò: “Cavolo, come vi permettete di trattarla così!”
“Hm! Dannato moccioso.” Disse l’uomo a fianco a quello che ha gettato a terra la bambina.
“Un’altra parola e tutto questo finirà presto per te.” Disse l’uomo sollevando in aria Yahiko.
“Rilassati Gasuke, se continui lo ucciderai veramente. E adesso non è il suo momento. Se tu pensi di continuare a vivere tranquillamente grazie al fatto che tuo padre era una persona molto conosciuta nel villaggio, allora ti stai sbagliando. Il villaggio è pieno di donne e bambini che stanno vivendo con il rimorso dei loro uomini e la maggior parte si affidano a persone come noi. Quindi unisciti a noi e non fare capricci.” Disse l’uomo dietro il tavolino.
“Non fatemelo ripetere, io ho smesso con voi.” Disse Yahiko.
I due uomini diedero un calcio a Yahiko facendogli sbattete la testa a terra, poi uno dei due uomini disse: “Ehi, come osi. Ti comporti così con il capo che ti ha preso e ti ha cresciuto quando i tuoi genitori sono morti!”
Vedere che lo picchiavano mi dispiaceva e volevo tantissimo fare qualcosa per lui, ma venni fermata da ciò che lui fece.
STATE ZITTI!!” disse Yahiko.
Mentre lo disse sollevò il corpo e morse una gamba di Gasuke. Lui si piegò a terra e urlò dal dolore.
“Mio padre era una persona per bene e io voglio bene a mia madre. Lei mi ha cresciuto facendo tutto quello che poteva per crescermi bene fino a quando si è ammalata ed è morta. Entrambi loro erano conosciuti e mi hanno cresciuto il meglio che potevano ed io non voglio perdonare chiunque li insulta!!” disse Yahiko con tono serio e deciso.
Vidi che Gasuke si alzò in piedi nonostante il dolore e, con le mani a forma di pugno, disse: “io sono quello che non ti perdona, moccioso! Adesso è arrivato il momento di ucciderti!”
In quel momento avevo paura che lo uccidessero davvero, così con forza aprii la porta e mi gettai verso Gasuke, lo abbracciai stringendo più forte che potevo gettandolo a terra.
“Chi diavolo è! Che sta succedendo!” dissero le diverse persone che erano nella stanza.
“IO SONO IRIS E SONO VENUTA QUI PER PROTEGGERE YAHIKO E QUELLA BAMBINA DA TUTTI VOI!” dissi io con tono fermo e deciso. Tutti si misero a ridere.
“Chi saresti tu?” disse il signore dietro al tavolino.
“Ho detto che sono Iris e sono qui per salvare loro due.” Dissi io.
“Prendete i due bambini.” Disse un uomo giovane. Così due di loro presero i bambini e misero un piccolo coltello vicino ai colli.
“Fermi, non fategli del male!” dissi io.
“Ah sì, e chi salverà te?” chiese Gasuke.
Dopo le sue parole ricevetti una forte botta sulla testa, così forte che svenni a terra. Al mio risveglio mi ritrovai seduta per terra con i piedi  le mani legate. Mi sentii leggermente confusa. Tutti mi fissavano con espressione molto contenta.
“Oh, si è svegliata.” Disse Gasuke.
“Capo, possiamo fare certe cose con lei?” disse uno degli uomini.
“Hm? Ah sì, non mi importa. Potete fare tutto quello che…” disse l’uomo dietro al tavolino.
‘Questo  è il loro capo?’ pensai io guardandolo.
L’uomo però venne fermato nella frase non appena la finestra e una parte del muro venne buttato giù con un calcio. Ad averlo fatto sono stati Aki e Urushi, che avevano un’espressione molto seria.
“Non permettetevi di toccarla.” Disse Urushi.
Aki mi guardò, rimase scioccato dalla mia condizione e in un attimo la sua espressione diventò molto arrabbiata. Si avvicinò al loro capo e gli diede un forte pugno in faccia.
“Ehi, come osi fare del male al nostro capo!” disse Gasuke.
Urushi, dopo le sue parole, si avvicinò a lui e gli tirò un pugno nel mento così potente da infilargli la testa nel soffitto. Poi tornò nello steso posto in cui era prima mentre tutti gli altri ne rimasero sorpresi. Il tutto senza mai cambiare la sua espressione seria.
“Bravo Urushi.” disse Aki rivolgendosi verso di lui. Poi girò la testa e disse: “Bene, signor capo. Ora sarà meglio che ci lasci andare, altrimenti prenderemo a pugni tutti quelli che sono qui.”
Lui si paventò molto e non disse una parola. Ci lasciò andare tranquillamente e nessuno mosse un dito o un passo.
 “Urushi prendi i due bambini.” Disse Aki.
Lui si avvicinò a me, mise un braccio dietro la mia schiena e l’altro sotto le mie ginocchia. Poi mi sollevò in aria e mi portò fuori casa. Yahiko si agitò e continuò a chiedere di essere lasciato andare per tutto il tempo da quando venne preso da Urushi.
Solo quando uscimmo e fummo molto lontani Urushi mise a terra i due bambini.
“Tu non puoi unirti a noi perché le vuoi bene, non à così?” chiesi io.
“Sì… grazie.” disse Yahiko arrossendo.
“Tranquillo, non è nulla di grave. Potete andare, noi non vi fermeremo.” Dissi io.
Loro due si strinsero una mano e poi corsero via. Non appena loro sparirono Aki mi diede un pugno in testa.  Faceva molto male.
“Ahia! Aki mi hai fato male! Perché lo hai fatto?” dissi io.
“Stupida, cosa pensavi di risolvere andando da loro.” disse Aki.
“Volevo salvare loro due visto che sono feriti.” Dissi io.
“Anche rischiando la tua vita?” disse Urushi. Non risposi.
“Sei sempre la solita. Andiamocene da questo villaggio, non voglio che ti succeda più nulla.” Disse Aki incamminandosi insieme ad Urushi. Rimasi molto stupita di ciò che lui aveva detto perché non sapevo che lui prestasse tutta questa interessamento verso di me. dopo un paio di secondi li seguii nella camminata.
Non dicemmo praticamente nulla a Eris, uscimmo dal villaggio senza dire nulla.
   
 
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