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Autore: NyxTNeko    28/06/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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4 agosto

La mattina di quel nuovo giorno fu un vero inferno per Napoleone, la febbre malarica contratta non era particolarmente grave, nonostante ciò soffrì moltissimo tra le lenzuola, che malediva tra un lamento e un'imprecazione.

Pierre Simon e Marguerite si apprestavano a curarlo con ogni sorta di impacco ed estratto, in particolare la china, così come aveva detto loro il medico. Si sforzavano di restare svegli per di non perderlo di vista, probabilmente il ragazzo ne avrebbe approfittato per riprendere a lavorare o anche solo per non sentirsi soffocato, in quelle condizioni.

Tuttavia capitava, nei momenti di delirio, dovuti alla febbre molto alta, durante i quali si addormentava profondamente, di sentirgli farfugliare delle frasi o delle parole in una lingua straniera, apparentemente sconnesse - Non posso...non posso...morire...mia madre...i miei fratelli...hanno bisogno...di...di me - si agitava tra le coperte, sudato, inquieto.

- Starà avendo sicuramente degli incubi - ipotizzò la donna, mentre gli asciugava la fronte gronda di sudore.

- Credo abbiate ragione - replicò Bouchet osservando il ragazzo che si dimenava terrorizzato da un qualcosa che non avrebbe mai potuto conoscere o capire. "Ognuno ha i propri demoni interiori contro cui lotta per non soccombere" aggiunse tra sé, constatando quanto quel ragazzo fosse complicato e, a volte, impenetrabile.

Aveva subìto il suo indiscutibile fascino, sia esteriore, sia interiore, anzi, ciò che Buonaparte celava nella sua anima non era un mondo, era addirittura un universo irraggiungibile. Un ragazzo che già a quell'età era in grado di parlare in tal modo sicuramente non era comune. "Pur essendo un militare, discute come se fosse un letterato, un filosofo, un esemplare più unico che raro, al giorno d'oggi è davvero difficile trovare uomini d'armi così sensibili alla realtà" continuava a fissare Napoleone e pensava che in nessun modo avrebbe permesso al destino di prendersi quel giovane uomo, né di renderlo malfermo. "Deve ancora manifestare le sue doti alla storia".

Intanto Napoleone era quasi oppresso dagli incubi che si susseguivano e non gli permettavano di riposare decentemente, riprendendo le forze. Sul suo viso si potevano scorgere i segni della battaglia ingaggiata, il volto era più scavato del solito, di un pallido cadaverico e delle occhiaie evidenti circondavano gli occhi incavati.

Improvvisamente si ridestò, ma non appena tentò di muoversi venne devastato dai dolori muscolari, che aumentavano il malessere che provava per quella situazione di assoluta immobilità. Al lamento della noia subentrava quello del dolore fisico - Non ne posso più di tutto questo! - sbottò nervoso, allontanando la donna, si mise seduto, vincendo le scariche che attraversavano il corpo e gli facevano emettere dei gridolini. Si leggeva in faccia il suo evidente disagio, mise la testa tra le mani - Dovrei...dovrei essere su un campo di battaglia...in mezzo...a-alle batterie...invece sto qui...a non fare nulla... - balbettava, poi li guardò. I due ricambiavano il suo sguardo, preoccupati.

Quasi affetto da un senso di colpa a causa del trattamento riservato alla povera donna, che non si era risparmiata niente per rimetterlo in sesto, aggiunse, chiudendo gli occhi - Ovviamente non ce l'ho con voi, al contrario, vi sono grato per quanto state facendo nei miei riguardi, mi avete accolto e ora mi state persino curando, voi estranei e per me ancora stranieri... - si fermò, per un istante era subentrato il ricordo della sua isola e dei suoi ex conterranei, i quali avevano trattato lui e la sua famiglia peggio dei banditi o dei criminali. Riprese - Perdonate i miei 'capricci', se così possiamo chiamarli...un giorno vi ripaghero, è una promessa...

Pierre Simon scosse il capo e gli rivelò ridacchiando, per rassicurarlo - Non serve a nulla, lo stiamo facendo con piacere, quanto ai capricci, be' un malato ha tutto il diritto di lamentarsi

Napoleone rise debolmente a sua volta, senza però, distogliere l'attenzione da Bouchet - Non dovreste compiacermi, se vi creo fastidio potete dirlo, non mi offenderò di certo - era disposto ad accettare che qualcuno, in questo caso un amico inaspettato, gli dicesse la verità.

Pierre Simon spalancò leggermente gli occhi: il capitano non aveva perso la rarissima capacità di leggere nel pensiero e nel cuore del suo prossimo. A quel punto, sentendosi denudato dal suo sguardo indagatore, confessò - Be' sì, un po' di fastidio lo create, amico mio, ma è comprensibile, la malaria non è una malattia proprio leggera e inoltre voi non siete decisamente avvezzo a restare immobilizzato in un letto

- Adesso sdraiatevi - s'intromise Marguerite allungando le mani sul petto piatto del ragazzo, fece leggera pressione, lo invitò a coprirsi - Altrimenti prendete freddo e non va bene...

Napoleone sbuffò indispettito e le obbedì, la schiena gli faceva male, al pari dei muscoli del corpo. Puntò gli occhi al soffitto per qualche istante, si rivolse alla donna la quale stava preparando gli impacchi che avrebbe appoggiato sulla sua testa. Un brivido freddo lo scosse dalla testa ai piedi e si strinse sotto le coperte che allungò fin sotto il naso. Batteva i denti involontariamente. 

- Sta aumentando la febbre - affermò Marguerite, posizionò la piccola mano sulla fronte prominente e sudata del ragazzo, spostandogli dei lunghi ciuffi di capelli umidi. Buonaparte sentiva caldo e freddo al tempo stesso e le palpebre farsi pesanti, a poco a poco, inconsapevolmente chiuse gli occhi e sprofondò tra le braccia di Morfeo - Almeno per un po' starà fermo

- Lo spero, così potremmo riposare pure noi, sto crollando - rispose Pierre Simon sbadigliando. Prese una sedia e non appena si sedette crollò anche lui. Marguerite dopo poco tempo si appisolò accanto al suo capo. 

Il sonno del capitano d'artiglieria venne  disturbato dal suo passato, sognava di essere nuovamente in Corsica, rivedeva le vie della sua Ajaccio e delle altre città corse che aveva visitato di persona. Ogni dettaglio, stradina, odore gli sembravano nitidi, reali, non poteva essere solamente un'illusione creata dalla sua mente. Era pervaso dalla dolce nostalgia di un tempo che non sarebbe tornato più. Rivide perfino Paoli, il Patriota, l'uomo che aveva venerato come eroe da bambino, che aveva preso come modello, esempio di virtù, e che gli aveva rovinato la vita.

A quel punto una fitta gli perforò il cuore,  infrangendo i suoi sogni - Io mi ero fidato di voi, Paoli e mi avete trattato così! - provò a gridargli furibondo. Il Patriota non lo sentiva, perché intento a schiacciare i suoi avversari politici con gli assalti inglesi. Se solo gli avesse dato la possibilità di discutere con lui apertamente, gli avrebbe rivelato gli ambiziosi, gloriosi progetti che aveva in mente per l'isola, creando una nazione che sarebbe stata, oltre che fonte di orgoglio, un esempio per tutte le altre.

- Distruggete Buonaparte il francese - risuonò nelle sue orecchie - E con lui la sua famiglia, la morte di Carlo è stato un vantaggio per noi tutti! - affermò il Babbu, che finalmente mostrava la sua vera natura, il ghigno maligno stampato sulla faccia, la sua fragorosa risata rimbombava incessantemente, lo stordiva, lo innervosiva, gli faceva perdere la ragione.

- Che voi siate maledetto Paoli! - mormorò fra i denti, mentre sprofondava in una botola infinita, l'oscurità lo avvolgeva e inghiottiva qualsiasi cosa, la luce sembrava svanita.  Udii le voci dei suoi parenti, riprese il controllo, lacerando il buio che voleva divorarlo, percepì anche la voce del padre, che ricordava ancora. Gli mancava molto e in qualche maniera, quel suo rimembrarlo, faceva sì che non morisse mai completamente - C'è ancora speranza! - si rinfrancò. Comprese che non doveva lasciarsi andare, aveva delle responsabilità sulle spalle, assieme al desiderio viscerale di voler emergere e dimostrare il suo talento. Inoltre voleva capire chi realmente fosse, neppure lui si conosceva abbastanza, e cosa gli avesse riservato il destino.

Si fece spazio tra i raggi e raggiunse la sua famiglia sbarcata nel nuovo mondo, similmente all'America: la Francia, la terra delle opportunità. Era convinto che sul continente la sua vera identità sarebbe emersa, e che avrebbe lasciato tutti a bocca aperta. Perciò non poteva morire senza aver compiuto qualche impresa, senza poter incidere il suo nome tra le pagine della storia. Era destinato alla grandezza, per questo doveva resistere alle prove della Sorte - Non...non mi arrendo...fratelli...- sibilò sottovoce Napoleone, stringendo una parte della coperta - Madre...non datevi...pena...- La malattia non avrebbe vinto, per il momento.

Passarono diverse ore e il giovane capitano aprì lentamente gli occhi, gli pulsava la testa, era pesante, come se un macigno la stesse premendo, non riuscì a trattenere un lamento strozzato. Si accorse dei due appisolati, si rimise seduto e rivolse lo sguardo al manoscritto che stava sul tavolo, ordinato e pulito "È stato sicuramente Pierre Simon" sorrise e controllando nuovamente i due, scostava lentamente le coperte. 

Si rese conto di essere quasi completamente nudo, aveva solo le braghe e delle fasce di cotone inumidite su alcune zone del petto, non era propriamente acqua "Forse è una di quelle sostanze prescritte dal medico" si disse con ripugnanza. La sua diffidenza nei confronti della medicina gli impediva di accettare quelle cure: voleva evitare di fare la fine del padre. "L'ultima cosa che desidero è di morire in giovane età per malattia, anziché in battaglia" pensò sempre più disgustato.

Notò di non avere alcun dolore ai muscoli, a parte il cerchio alla testa, provava un discreto benessere "Chissà, forse stanno facendo effetto, posso essermi sbagliato io sul conto di quel dottore" ammise, stupendosi di aver elaborato un simile pensiero. Per di più non aveva nemmeno freddo "Era una forma più leggera, che necessitava di piccole cure, mi sento di nuovo in forma".

Scattò di getto, individuò i suoi abiti, li prese e li mise addosso, prima di dirigersi alla scrivania, agguantò delle lenzuola sottili e le adagiò sui due addormentati. Era un ringraziamento tacito. Successivamente si sedette e riprese a compilare il pamphlet, l'opuscolo sulla cena di Beaucaire. Era finito, ad eccezione degli ultimi dialoghi e di una rilettura generale "Finalmente andranno in stampa" sorrise soddisfatto: attraverso quello scritto avrebbe avuto la sua occasione, non sarebbe di certo passato inosservato. L'agitazione interiore lo eccitò, gli alimentò le energie, riaccese le ambizioni.

Di tanto in tanto teneva d'occhio i due, cosicché potesse procedere spedito, se fosse riuscito ad ultimarlo quello stesso giorno e nel caso in cui avesse avuto una ricaduta, avrebbe potuto farlo mandare alle stampe da Pierre Simon. Ormai si fidava ciecamente della sua buona fede e della sua parola.

Nell'istante esatto in cui Napoleone posò la penna ed mise sul fondo del foglio la data dell'incontro di Beaucaire, Bouchet si svegliò. Non trovandolo sul letto si allarmò e balzò in piedi, cominciando a ruotare la testa in ogni direzione, spaventato. Il suo sguardo istintivamente si posò sul tavolino in lontananza, lo vide intento a rileggere accortamente il manoscritto, massaggiandosi la fronte sudata - Buonaparte! - gridò, però non ebbe alcuna risposta.

Al contrario fece sobbalzare la serva, la quale esclamò - Cosa....come? - si girò in direzione della voce: Pierre Simon era intento ad attirare con ogni mezzo l'attenzione di Napoleone che pareva perso nei suoi imperscrutabili pensieri - Signore non vedete che è talmente assorto da non accorgersi di niente? Dovreste avvicinarvi di più, come sto facendo io con voi - sussurrò la donna flebilmente alle orecchie.

Bouchet si voltò all'indietro, annuendo - Avete ragione - confermò. Allungò il collo su di lui, lo afferrò per le spalle e lo scosse leggermente.

Napoleone, sbiancato, saltò dalla sedia e lo fissò atterrito - Siete voi... - sospirò infine, poggiando la mano sul petto. Il cuore gli era arrivato in gola, ma recuperò l'autocontrollo in pochissimo tempo.

- Non dovreste essere qui! - lo rimproverò bonariamente Bouchet - Mi avete fatto prendere uno spavento terribile

- Vi chiedo perdono, non era mia intenzione, ma non ho resistito all'impulso di riprendere le carte - rivelò Napoleone tenendo gli occhi fissi su di lui, sventolò i fogli - E così approffittando del momento in cui mi sentivo meglio, ho potuto completare il manoscritto - sorrise con fierezza, era riuscito nel suo intento.

Pierre Simon ricambiò a sua volta e una volta letto, si offrì di andare a farla stampare, lo frenò - È meglio se non uscite, Napoleone, potreste avere una ricaduta con sintomi ben peggiori, ci penso io a spiegare il tutto all'editore non dovete disturbarvi di nulla, ora però ritornate a letto - lo intimò sempre con tono scherzoso, come se realmente fosse un infante.

- Agli ordini capo - rise Napoleone buttandosi sul letto, accompagnato dalla povera Marguerite che non riusciva a stargli dietro. Il corso, seppur restio, decise di obbedirgli. Fremeva dalla gioia, dall'ansia: tutto era pronto, bisognava solo aspettare che quel pamphlet finisse nelle mani giuste e che lui si riprendesse completamente. Si augurava che la guarigione avvenisse il prima possibile.

- Se volete ristabilirvi definitivamente, cittadino capitano, dovete seguire i miei consigli - ammiccò la donna, intuendo dalla sua irruenza il suo desiderio più grande - Anche se per voi sarà difficoltoso...

- Ci proverò - fu la sua sola risposta ed era la verità, era una sorta di pegno per non sentirsi un peso - Dove andate? - chiese vedendola dirigersi verso un comodino sul quale vi era una grossa borsa.

- È l'ora di prendere l'estratto di china, solamente così potete ristabilirvi completamente - gli disse la donna.

Napoleone si mise a braccia conserte, borbottando - Quella robaccia inutile - la rivide avvicinarsi con delle zollette di zucchero intrise di estratto di china, una roba disgustosa: dolce e amara contemporaneamente. "Odio i sapori estremamente dolci, rovinano l'amaro, come in questo caso" Ingoiò la saliva rumorosamente e compì uno grosso sacrificio - Lo faccio solo per voi due, non certo per dare soddisfazione al medico

- Va bene - rise divertita la donna e gli somministrò lo zucchero di un colore scuro, era molto attenta con le dosi. Dopo avergli dato il tutto rimase al suo fianco, sempre accorta. Napoleone riprendeva a lamentarsi e a girarsi tra le coperte, similmente ad un bambino. 



 

 

   
 
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