Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: paige95    29/06/2020    6 recensioni
La guerra in Afghanistan è il filo rosso che lega il destino di due uomini e due famiglie, due mondi distanti che non sanno di essere molto vicini tra loro.
Nell'estate del 2018, in pieno conflitto, il tenente comandante dei Navy SEALs Christian Richardson e l'inviato speciale del Los Angeles Times Samuel Clark verranno chiamati al fronte, lasciandosi alle spalle vissuti, affetti e i vasti territori californiani.
[Questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Memorie
 



 
Base militare americana – confine Nord/Est di Kabul, 30 agosto 2018
 
 
Christian era stato categorico: Samuel non lo avrebbe affiancato in alcuna operazione militare, a prescindere dal livello di rischio per la propria incolumità. Il capitano in persona era tentato di raggiungere l’ambasciata ed accusare di leggerezza quei delegati da quattro soldi, seduti alle loro comode scrivanie; non si erano presi chiaramente il disturbo di affacciarsi alle finestre dei propri uffici, si sarebbero in tal caso accorti di quanto la devastazione dilagasse sulle terre aride. A qualunque nazionalità appartenessero coloro che erano stati impiegati in prima linea, che fosse afghana, americana, italiana, inglese, francese, e indipendentemente che fossero giornalisti, militari, volontari, restavano umani, non pedine da spostare e di cui usufruire laddove facesse loro più comodo. La decisione dell’ambasciata sulla vita di Samuel era difficile da accettare per un soldato che aveva vissuto più volte sulla pelle le conseguenze di un conflitto armato. La guerra non era un contesto di lavoro comune; solo chi era stato addestrato poteva permettersi di impiegare i militari per portare a termine una missione con successo, gli ambasciatori non avevano alcuna esperienza sul campo per organizzare e gestire operazioni militari, tanto meno per decidere chi ne avrebbe preso parte. I giornalisti non erano contemplati nei piani d’azione di Christian, men che meno un giovane di poco più di vent’anni disarmato, acerbo sul campo di battaglia e con un futuro roseo all’orizzonte. Samuel non aveva scelto una carriera rischiosa, nella maggior parte dei casi il giornalismo non era una branca professionale pericolosa; dimostrare in guerra un impeto di sconsiderato coraggio non avrebbe reso più lieta e meno azzardata la decisione di sfidare il destino.
Christian era stato dimesso dall’ospedale da campo da appena ventiquattro ore. I medici avevano raccomandato riposo ed era quasi ridicolo credere che lui sarebbe riuscito a recuperare in tranquillità le energie perdute; gli era stato sufficiente infervorarsi dopo la proposta di Samuel per rendere il suo respiro affannato; la stretta fasciatura che sormontava ancora il petto del Navy SEAL gli impediva di dare libero sfogo alle pulsazioni accelerate del suo cuore. Nel quartier generale, l’ufficiale si accomodò ansimante su una sedia per buona parte marcia a causa dell’umidità del luogo; il tavolo, anch’esso in condizioni pietose, funse da sostegno ai suoi pensieri, prima ancora che al suo avambraccio libero di muoversi. Christian non era nelle condizioni per assumersi la responsabilità di un’altra vita, a malapena riusciva a badare a se stesso.
Samuel aveva lasciato spazio al capitano di esprimere la propria opinione, il ragazzo non aveva alimentato la discussione, non lo aveva contraddetto, aveva aspettato che terminasse di esporre le sue ragioni e le soffocasse poi per mancanza di fiato, accomodandosi provato. Il giornalista aveva atteso con pazienza; occupava con la schiena una striscia di parete scrostata, era appoggiato ai dorsi delle proprie mani, le quali si trovavano a loro volta tra lui e il muro. Il ragazzo aveva un portamento rilassato, ignaro dei pericoli che avrebbe corso; se solo Christian avesse dato uno scarno segnale di consenso, non avrebbe indugiato a diventare la sua ombra. Samuel era consapevole del fatto che accanto al Navy SEAL avrebbe potuto essere utile per la popolazione e anche per lo stesso militare, il quale non aveva ancora ripreso pieno possesso delle proprie facoltà; era un buon soldato, lui non combatteva per uccidere, solo per ridare la vita perduta, era un onore per Samuel affiancarlo. Il capitano, dal canto suo, era convinto che quel giovane non avesse esperito abbastanza gli orrori della guerra, pochi giorni al fronte non potevano essere sufficienti; i rischi erano elevati e numerosi, granate e mine inesplose azionate di proposito o abbandonate lungo il cammino di qualche sventurato erano solo una percentuale ridotta.
Il giornalista stava concedendo il tempo all’ufficiale di prendere una decisione, anche se l’ultima parola spettava all’ambasciata americana, eseguivano entrambi gli ordini delle istituzioni e non vi era modo di sottrarsi. Gli sguardi dei due si sfioravano; erano prede dell’ignoto, ma il capitano era più consapevole del loro destino e non avrebbe voluto condividerlo con altri. Christian era stato incaricato di una missione da portare a termine ad ogni costo, Samuel avrebbe potuto sfruttare qualsiasi mezzo per raggiungere il suo scopo, non era necessario affiancare un soldato; la guerra non avrebbe in qualunque caso risparmiato il pericolo ad un giovane reporter, ma immischiarsi in operazioni militari era un rischio evitabile per lui.
Anche il soldato Ward era in attesa del verdetto del superiore, aveva accostato la spalla ad un’altra parete e aveva incrociato impaziente le braccia contro il petto; dal suo punto di vista, il corrispondente del Los Angeles Times era un ragazzo in gamba, non avrebbe intralciato il lavoro alla base, ma era sicura non fosse quello il motivo di tanta titubanza; conosceva abbastanza Christian da credere che volesse solo proteggerlo.
La voce del tenente risultò ferma, aveva inondato il silenzio che era sceso tra i tre – ad eccezione del temporale che stava inzuppando la terra secca ormai da diverse ore – e aveva dato risposta agli sguardi interrogativi dei due giovani.
«No, Samuel. Torna in ambasciata e proponi loro un compito meno rischioso»
Il reporter era stato pacato fino a quel momento, comprendeva quanto il militare non necessitasse di pressioni, ma l’ultima decisione del tenente aveva riscosso i suoi nervi; anch’egli aveva posato i palmi sul tavolo sovrastando con quel gesto il suo interlocutore; in quella sede solo lui e il generale Flores avrebbero potuto un tale ardire.
«Avanti, Christian. Tu o qualcun altro, non ho altra scelta, il fatto è che di te mi fido. Preferisci che mi faccia affiancare a Gwen?»
Era la pura e sacrosanta verità; Samuel si fidava del tenente, era certo di affidare la sua vita nelle mani migliori, in mani esperte, ma anche sensibili ai problemi sociali radicati in Medio Oriente. Il giornalista aveva gettato uno sguardo verso la recluta, la quale gli sorrise quasi lusingata del pensiero.
«No!»
Il Navy SEAL non aveva riflettuto, era stato istintivo e si era tradito nella concitazione della discussione; le sue guance si erano imporporate per la gaffe commessa, aveva avuto il coraggio di sminuire il soldato Ward in sua presenza. Il tenente aveva a disposizione un’unica mano per coprirsi il volto contratto dal dolore e dalle premure; era sfinito dagli ultimi eventi e non temprato per affrontare due giovani nel fiore degli anni.
«Grazie mille, capitano»
«Gwen, sai che non intendevo ... è Samuel a farmi straparlare»
«Ora sarebbe colpa mia??»
A Christian stava scoppiando la testa, chi gli aveva raccomandato riposo non aveva avuto il piacere di conoscere i suoi collaboratori. Prese un respiro e trasformò la discussione in una cordiale conversazione; si mostrò comprensivo nei confronti del giornalista, quasi paterno, ma non mancò di puntualizzare con fermezza l’errore che stava per compiere, di cui si sarebbe presto pentito.
«Senti, Samuel, ti devi sposare, non ho intenzione di prendermi alcuna responsabilità sul vostro futuro, la mia coscienza è già abbastanza tormentata. Tu puoi tornare a casa e mandare al diavolo l’ambasciata. Un bravo fidanzato prossimo alle nozze farebbe questo»
Per il corrispondente non vi era alcuna logica, a maggior ragione Christian avrebbe dovuto disertare, aveva molto di più negli Stati Uniti da perdere. Già, disertare, il tenente era un soldato, mentre lui un semplice civile; per entrambi però era una questione di onore, in particolare a pesare sulla coscienza di Samuel vi era il pensiero del padre.
«No, non posso. Chris, non chiedermi il motivo, ma non posso»
Il capitano gli avrebbe dato torto, avrebbe accampato le stesse motivazioni della fidanzata e giunti fin lì era impossibile tornare indietro. Da qualche giorno però, fare breccia nel cuore del padre non era il suo unico scopo, anche Karim aveva riposto fiducia in lui e non voleva tradirlo. Lo sguardo del giovane era supplichevole, gli stava domandando una possibilità per entrare nel vivo del conflitto e apportare il suo contributo; non avevano il potere di cessare la guerra, ma avrebbero almeno potuto renderla insieme meno spietata. L’ufficiale interpretò l’anima sconvolta di Samuel attraverso le sue iridi chiare; ricordava di aver provato il medesimo senso di impotenza la prima volta in Afghanistan, aveva visto la vita abbandonare molti esseri umani e ne sarebbero morti molti di più se una fortunata combinazione di astri non lo avesse reso l’eroe che non era. Il tenente posò la mano sul ripiano in legno e si diede la spinta per alzarsi; una smorfia di dolore si dipinse sul suo viso, aveva esercitato troppa pressione sulla spalla sana e gli aveva risposto quella reduce dall’intervento.
«Devo parlare della missione con il generale e devo anche mettere in chiaro un paio di questioni»
Christian lasciò in sospeso l’argomento di cui stavano discutendo, era sfinito e mantenne la testa bassa per lasciare intendere a Samuel il suo pessimo umore; non aveva una risposta assoluta, non era nemmeno nella posizione per ostacolare la decisione istituzionale dell’ambasciata e per giudicare la scelta morale del ragazzo. Si avviò verso l’ufficio del superiore; nessuno dei presenti ebbe l’impulso di fermarlo, lo stesso Samuel lasciò cadere la conversazione. Gwendoline sapeva che i due uomini non avrebbero ceduto, ognuno era sostenuto da argomentazioni valide; era rimasta in disparte, non perché non avesse una sua opinione a riguardo, ma era certa che alla fine il capitano avrebbe preferito preservare la vita di Samuel sotto la sua ala, piuttosto che affidarla ad altri. La ragazza attraversò lo stanzone e si avvicinò al tavolo, a cui il giornalista era ancora appoggiato; si sentì legittimata a farlo quando le acque le erano sembrate più quiete. Il giovane era ancora demoralizzato per la caparbietà del capitano, fissava l'uscita sovrappensiero, ma fu presto distratto dalle movenze del soldato; la vide recuperare una bambola di pezza, dono che il Navy SEAL aveva ricevuto da parte della piccola afghana come segno di riconoscenza dopo aver salvato la madre; Christian si era ripromesso di tornare in California e portare con sé quel regalo per sua figlia, anche se la migliore ricompensa sarebbe stata il suo ritorno. Il soldato Ward strinse tra le mani con delicatezza la stoffa e vi passò sopra i pollici; la ruvidezza della guerra non lasciava spazio a gesti di affetto, alla delicatezza dell’infanzia, il conflitto spazzava via ogni cosa come cenere al vento; stavano combattendo contro una tempesta di denso fumo, era sicura che Samuel lo sapesse e proprio per questa ragione non volesse arrendersi; era così raro incontrare gli occhi vispi di una bimba a cui il cielo aveva restituito il suo unico appoggio, le iridi della piccola avevano assunto un nuovo colore da quando la madre si era risvegliata. Gwen credeva che sarebbe stato più semplice rivivere il dolore lancinante delle perdite che aveva subìto nella patria di coloro che avevano spezzato la sua infanzia; vedere reiterata all’infinito la sofferenza che aveva colpito il suo cuore di bambina riportava in superficie antichi traumi; lei prima di altri piccoli innocenti aveva vissuto sulla pelle i segni dell’odio e della violenza. Una lacrima sfuggì al controllo della ragazza, non era riuscita a fermarla e in meno di un secondo era caduta sulla nuda terra. Un tuono più intenso le ricordò che non era sola; posò la bambola nell’esatto punto in cui il capitano l’aveva lasciata e permise alla sua mente di tornare al presente.
«Ne avevo una simile da bambina. Era stata mia madre a confezionarla. Era brava con i ferri da maglia, così ha sempre sostenuto mio padre»
«Era?»
«È morta nell’attentato alle Torri Gemelle»
«Mi dispiace»
«Anche a me»
Gwendoline si accomodò allo stesso posto che poco prima era stato occupato dal capitano; la sedia era stata scaldata dalla presenza del tenente, fu piacevole in un momento di tristezza sentire di non essere sola, di essere circondata da persone che come lei lottavano per un futuro più giusto; non avrebbe forse cancellato il passato delle vittime vive e morte, ma avrebbe infuso nuova speranza ai sopravvissuti. Il tocco di Samuel sulla mano la riscosse; la ragazza ricambiò la stretta e rimase in silenzio; il soldato poteva avvertire le pulsazioni del giornalista, segno della tensione perenne che infiammava i loro cuori. Avevano trascorso giorni difficili all’insegna della preoccupazione per le sorti di almeno due vite umane. Spesso Gwen veniva accusata di essere debole agli occhi dei commilitoni, non era ritenuta in grado di affrontare un conflitto armato di quelle dimensioni; aveva dovuto lottare contro la sua natura femminile per essere reclutata nell’esercito americano al fronte, doveva dare un senso alla sua vita, alla perdita del padre e a tutti gli insegnamenti che le aveva trasmesso prima di lasciarla anche lui; era certa che anche lui avesse assistito agli stessi orrori, non gliene parlava quasi mai e di certo omettendo i risvolti più crudi. Si era sentita smarrita, senza una guida su cui contare, rendere florida e proficua la carriera militare avviata grazie al padre e al suo esempio era diventato il suo unico obiettivo.
«Samuel. Cosa possiamo noi contro questa guerra? Quando il nostro tempo scadrà al fronte, torneremo in America e nulla sarà cambiato, vero?»
Le pupille della ragazza erano umide; i due giovani condividevano i medesimi timori, il reporter la comprendeva. La ragazza era alla ricerca di una rassicurazione, affiancare un ufficiale nel corso del salvataggio di un ospedale non le bastava, era solo una goccia nell’oceano e non poteva – non doveva – essere sufficiente, la loro anima non avrebbe dovuto sentirsi più leggera dopo una singola azione di pace.
«Vero. Ora però siamo qui e possiamo lasciare un piccolo segno positivo nel cuore di questa gente. Non arrendiamoci, so che è difficile, ma non cediamo»
Samuel le rivolse un sorriso rincuorante; avrebbe voluto fare molto più di ciò che gli era concesso; il suo pensiero si posò su Maryam e sulla sua famiglia dilaniata dalla guerra, sul suo futuro diviso tra le bombe e un matrimonio infelice. Gwen aveva ragione, terminato il loro servizio in Afghanistan, la vita negli Stati Uniti avrebbe continuato a scorrere e si sarebbero lasciati alle spalle il dolore perpetuo di un popolo innocente; forse non del tutto, ma dall’altra parte del mondo erano impotenti insieme al resto del globo. La mano del soldato Ward scivolò da quella del giornalista, nell’esatto istante in cui lei ricambiava il sorriso del giovane; incrociò le braccia contro il petto e posò gli avambracci sul tavolo riscoprendo una posizione più comoda.
«Allora, non so praticamente nulla di te e pare che dovremo lavorare insieme nei prossimi mesi»
«Solo se il capitano Richardson mi accetterà nella vostra squadra»
«Oh lo farà sicuro, vedrai»
Samuel decise di fidarsi della convinzione di Gwendoline, in fondo era un soldato come Christian, pensava quasi come lui.
 
~
 
L’acquazzone che si era abbattuto su di loro era potente, ma sul viso di Christian scivolava lentamente, quasi fosse una carezza, quelle che tanto gli mancavano ultimamente. Indugiò all’interno del recinto circondato da filo spinato; era ostinato ad affrontare il generale Flores e a confrontarsi con lui sulle prime fasi della missione, non aveva neanche in nota più di un giorno di riposo.
Il cielo era illuminato e stava rischiarando un pomeriggio di fine agosto che in caso contrario sarebbe rimasto nell’oscurità più tetra; saette cariche di elettricità davano l’impressione che una guerra si stesse combattendo anche tra gli angeli e avesse una chiara ripercussione sugli esseri umani.
Signore, cos'altro ci vuoi mandare?
Pensava a cosa lo avrebbe atteso, era tutto tranne di buon auspicio il cielo avverso. Sentiva la fasciatura al braccio appesantirsi, si stava anch’essa inzuppando d’acqua insieme alla divisa; aspettava già con ansia il giorno in cui avrebbe potuto togliere i punti dalla ferita, gli sarebbe rimasta un’ennesima cicatrice di guerra, ma almeno avrebbe avuto pieno controllo dei suoi movimenti.
In lontananza le flebili luci della città illuminavano le case più umili; era rincuorante pensare che i fulmini non avessero staccato anche un piccolo chiarore dalla vita della popolazione. Sulla torre di controllo un sottotenente verificava che non ci fossero minacce imminenti all’orizzonte; era stato proprio lui a dare l’allarme degli attentati qualche giorno prima.
I suoi capelli si stavano inzuppando, ma non temeva l’umidità, l’addestramento lo aveva temprato nel fisico e qualunque condizione atmosferica non lo avrebbe fermato; era stato preparato ad agire in mare, sulla terra e anche in cielo se fosse stato necessario, per lui non faceva alcuna differenza, era preparato in egual misura. Aveva preferito, tra i tre mondi, l’oceano per un gusto personale; tra le onde si sentiva libero, il suo cuore era più leggero e riusciva persino a dimenticare che proprio in quelle acque erano scomparsi per sempre i suoi genitori; nell’Oceano Pacifico aveva conosciuto la sua Katherine, sempre lì bramava un giorno di insegnare alla sua bambina a nuotare. L’acqua salata non gli era quasi mai stata avversa, almeno non come il cielo, lo stesso che stava vomitando sull’Afghanistan le peggiori maledizioni, lo stesso che in piena notte svegliava la sua bambina spaventata, lo stesso che aveva dato una svolta radicale nella sua vita. Doveva trovare il coraggio e tornare a volare; aveva preso il brevetto di volo, era stato costretto in quanto Navy SEAL[1], ma non ne era mai stato lieto e così aveva lasciato che negli anni la sua licenza si impolverasse; ricordava bene le parole del suo istruttore dell’epoca e ogni volta gli strappavano un sorriso, anche nelle situazioni peggiori.
Richardson, sei pallido come un cencio. Hai intenzione di riportare questo ammasso di ferraglia sulla terra ferma, o cosa intendi fare, prima che io ti rimandi a casa a giocare con gli aeroplanini telecomandati?
Aveva solo diciotto anni e incubi stampati nella mente h24, avrebbe gradito un po’ più di comprensione, ma in fondo non sarebbe diventato l’uomo che era senza guide così autoritarie. Aveva rischiato diverse volte di provocare incidenti in volo, aveva addirittura imparato a controllare la sua fobia concentrandosi più che poteva sui comandi; era pressappoco lo stesso principio dell’automobile, era difficile soffrire di mal d’auto se si era impegnati sulla guida. Il suo brevetto di volo però aveva preso troppa polvere negli ultimi anni, non era certo di riuscire ancora a gestire la fobia, di riuscire a controllare un mezzo volante con un braccio fuori uso e di sorvolare il cielo di Kabul sotto un temporale di tali proporzioni. Si passò il palmo sul viso per togliere l’acqua piovana; non si guardava davanti ad uno specchio da svariati giorni, aveva la percezione di avere un aspetto trasandato, la barba lunga pungeva al tatto, ma non c’era Alisia a puntualizzarglielo ogni volta che sfiorava con le labbra la sua guancia morbida per porgerle un bacio, non c’era sua moglie a ricordargli quanto sarebbe stato meglio con il viso pulito e non c’era nemmeno il tempo per pensare a se stesso.
Per quanto il passo del tenente fosse stato blando, in pochi minuti aveva percorso il tragitto e zuppo dalla testa ai piedi aveva raggiunto l’ufficio del superiore. Non bussò, non gli importò delle formalità, provava solo insofferenza verso quell’uomo e aveva la percezione fosse reciproca; si sopportavano e mantenevano l’etichetta militare solo per apparenza.
«Capitano Richardson. Mi fa piacere vederla di nuovo in piedi»
Il generale Flores aveva gettato a Christian un’occhiata sfuggevole, sembrava avesse questioni più importanti di cui occuparsi, un soldato ribelle non era al momento nelle sue priorità. Il tenente si accomodò alla sedia davanti alla scrivania senza che qualcuno lo avesse invitato a compiere quel gesto e fu incurante del fatto che stesse bagnando la seduta. Il superiore bloccò la punta della penna sulla carta bianca che stava annotando e puntò i suoi occhi di ghiaccio sul sottoposto.
«Sto scrivendo all’ambasciata, capitano. Non si preoccupi tra un paio di giorni sarà di nuovo nella sua amata California e potrà riabbracciare i suoi cari»
Christian non era certo di aver intenso le parole pungenti dell’ufficiale. Lo stava congedando? La confusione più totale attraversò la sua mente, fino ad una settimana prima avrebbe fatto i salti di gioia, ora non riusciva ad esserne felice. Doveva essersi ammattito completamente, la pallottola aveva sfiorato il cuore, ma il sangue perduto doveva aver avuto pessime influenze anche sulle facoltà intellettive. Si morse il labbro inferiore pensieroso sulle scritte che il superiore stava incidendo nero su bianco. Gli mancava la sua famiglia, la sua anima si squarciava al pensiero di poterla raggiungere e di esserne tuttavia frenato. Non riusciva a non considerare il fatto che lui non fosse un uomo che si tirava indietro davanti al pericolo, non era mai successo, portava sempre a termine gli incarichi che gli venivano assegnati; non poteva essere altrimenti con il pensiero di un intero ospedale in pericolo.
«Ha già avvisato mia moglie del mio ritorno?»
Il generale estrasse il cellulare del tenente da un cassetto della scrivania e lo porse sotto lo sguardo del proprietario. C’erano decine di notifiche, messaggi, chiamate, Katherine aveva cercato di contattarlo in ogni modo.
«Contavo lo facesse lei. È meglio sentire le notizie dal diretto interessato, sia che siano belle, sia che siano brutte, quando è possibile»
Flores lo stava sfidando, lo stava quasi mettendo alla prova; voleva prendersi la dolce soddisfazione di vederlo crollare, cercava la dimostrazione al fatto che Christian non fosse la scelta più indicata per operazioni militari di una simile portata. Lo aveva sottovalutato; il tenente era ancora in grado di riscoprire l’audacia che lo aveva accompagnato fino alla nascita della figlia, era un talento innato, era ancora sprovveduto quanto bastava per non lasciare Samuel e Gwendoline, due giovani alle prime armi, in balìa dei talebani. Il cuore di Christian batteva più forte del previsto, stava prendendo una decisione che portava con sé l’ombra del fallimento e della morte; stava declinando un’offerta allettante, il generale stava premendo sulle sue debolezze, avrebbe rinunciato a tutto per la sua famiglia, avrebbe dato loro la precedenza su ogni cosa, ma non in quel caso. Tutto ciò lo spaventava, si faceva paura da solo. Con un gesto automatico Christian bloccò la stilografica del generale.
«Aspetti. Non posso lasciare l’Afghanistan ora. Ho un piano, ma ho necessità di sorvolare l'ospedale prima di rischiare la mia vita e quella dei suoi uomini»
Il superiore sembrava soddisfatto; lasciò la penna e si accomodò meglio sui braccioli della sedia in una chiara posizione di ascolto e contrattazione.
«Ora la riconosco, capitano. Abbiamo già perlustrato con l’aeronautica militare i dintorni dell’ospedale, ma se lo ritiene più opportuno avrà un elicottero a sua disposizione in qualunque momento, anche domani»
«Ne ho bisogno ora, è urgente»
«Tenente, ora piove, non sono sicuro sia prudente volare in queste condizioni climatiche. Sono felice abbia deciso di combattere al nostro fianco, ma desidero anche riportarla intero in America»
Christian si alzò con determinazione e puntò le iridi azzurre sul superiore.
«Ora, generale, non abbiamo tempo per la sicurezza»
Flores lo vide uscire dall’ufficio senza attendere o rispettare i suoi ordini. Appena fuori dall’edificio, il dolore per la decisione che aveva appena preso gli fece mancare il respiro; un po’ barcollando tornò al quartier generale e senza troppe cerimonie si rivolse ai due ragazzi, che si trovavano esattamente dove poco prima li aveva lasciati.
«Ho bisogno di un aviatore»
Samuel e Gwendoline lo fissarono pieni di domande; Christian aveva il volto umido e sconvolto, si reggeva al muro con la punta delle dita tentando di camuffare il suo stato psicologico. Il soldato Ward avrebbe voluto ricevere maggiori informazioni, forse anche sorreggerlo, ma decise di obbedire; si alzò e gli andò incontro per uscire.
«Vado a chiamarlo»
Christian si trovava sulla sua traiettoria e non fece alcuna fatica ad ostacolare il suo tragitto.
«No, Gwen, tu»
La ragazza rimane spiazzata, non era certa di aver inteso. Era sceso il silenzio tra i due ed esso venne spezzato solo dalla voce di Samuel.
«Bene, andiamo allora»
«Andiamo?»
«Sì, Chris, ci sono anch'io e vi accompagno»
Il capitano non era dell’umore per tornare sull’argomento.
«Ragazzi, non ho intenzione di essere il vostro babysitter. Muovetevi»
Uscì il più velocemente possibile, sul suo volto vi era un misto di lacrime e pioggia che per fortuna i due giovani non avrebbero potuto distinguere.
«Perché era più gentile quando l'ho conosciuto?»
La considerazione di Samuel racchiudeva in sé il sospetto che qualcosa di grave potesse aver turbato l’animo di Christian nell’ufficio del generale. Gwendoline non aveva idea di cosa fosse successo tra i due ufficiali, ma non sapeva neppure come far volare un elicottero senza suo padre accanto, men che meno sotto un acquazzone.
 
 
  

Ciao ragazzi!
È il preludio di una nuova azione militare che non vi anticipo, ma che è già nitida nella mia mente.
Grazie di cuore, siete meravigliosi per tutto l’importante sostegno che mi regalate <3
Alla prossima!
Un grande abbraccio
-Vale
 

[1] Navy SEALs è un acronimo che sta per Sea, Air e Land (mare, aria e terra).
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: paige95