Capitolo quarto
Higher
Under the sky we hide tonight
The stars are calling
Fire
Feeling the night is not enough
Our eyes asking for more
Closer and just hold me, hold me
The stars hide the lovers tonight…
(“Luna
my darling” – Amberian Dawn)
Peter riprese completamente i
sensi quando si ritrovò semisdraiato sul divano di Stark, mentre Tony e Banner
lo guardavano e il dottore teneva una grande tazza in mano.
“Ecco, Tony, vedi che non
era niente di grave? Peter ha solo bisogno di zuccheri e di mangiare qualcosa”
disse Banner, porgendo la tazza al ragazzo. “Per prima cosa dovrai bere questo
caffè molto zuccherato e poi ho portato anche dei tramezzini, tanto tra poco
sarà ora di pranzo. Ordini del dottore!”
Peter obbedì, iniziando a
sorseggiare lentamente il caffè, caldo e effettivamente molto dolce. Sì, avrebbe mangiato anche i tramezzini e tutto quello
che Banner gli avesse prescritto,
voleva sentirsi meglio per potersene andare da quel posto e tornare a casa. Si
sarebbe fatto fare anche una flebo, se necessario!
“Mi piacciono le tue
ricette, Doc, potresti prescrivere qualcosa anche a me oppure devo fingere uno
svenimento per avere la tua attenzione?” scherzò un ragazzo biondo dall’aria
allegra che era entrato e si era messo proprio accanto a Bruce.
“Non dire sciocchezze,
Pietro” mormorò il dottore, improvvisamente a disagio. “Bene, se ora non avete
più bisogno di me posso tornare al mio laboratorio. Ti senti meglio, Peter?”
Peter annuì, sempre
continuando a guardare stranito il giovane biondo che pareva avere tanta
confidenza con Banner e il dottore piuttosto imbarazzato. Evidentemente si era
perso qualcosa.
“Ehi, ma noi non ci
conosciamo!” esclamò Pietro, notando che Peter lo fissava incuriosito. “Sono Pietro
Maximoff e tu, ovviamente, sei Peter Parker, qui parlano di te anche le mura e
soprattutto il signor Stark! Ma guarda, abbiamo quasi lo stesso nome. Sono il
fratello gemello di Wanda. Non ci siamo mai incontrati perché io ero in Sokovia
quando sei arrivato tra gli Avengers e poi, dopo lo schiocco di Thanos, sono
stato uno degli scomparsi. E, a pensarci bene, ho perso quasi due anni della mia
vita e quindi ora Wanda è la mia sorella maggiore… come non perde occasione di
ricordarmi!”
Beh, a quanto pareva gli
Avengers non si facevano mai mancare uno che parlasse a raffica!
“Ehm… bene, Peter sarà
sicuramente contento di aver fatto la tua conoscenza” lo interruppe Bruce,
prendendolo per le spalle e cercando di sospingerlo fuori dalla stanza. “Adesso
starai meglio, Peter, vedrai. Tony, non preoccuparti, non era assolutamente
niente, solo un calo di zuccheri. E tu, Pietro, lasciali in pace, non vedi che
devono parlare e spiegarsi?”
“Ma sì, Doc, volevo solo
essere educato. Bene, allora anche noi andiamo a parlare e spiegarci nel tuo laboratorio?” fece Pietro, ridacchiando
malizioso.
Come Dio volle, Bruce riuscì
a portar fuori Pietro dalla stanza, mentre il suo faccione prendeva una strana
tonalità dal verde ad una specie di arancione. Che fosse una nuova mutazione di
Hulk?
“E’ una lunga storia” disse
Tony, vedendo che Peter continuava a fissare la porta dalla quale erano appena
usciti Bruce e Pietro, “e immagino che Pietro sarà felice di raccontartela
tutta se resterai con noi per un po’ di tempo. Adesso, però, devi mangiare e
intanto parleremo. Ho capito che sei molto arrabbiato con me perché pensi che
ti abbia abbandonato, ma… Senti, pensi di mangiare anche il tramezzino al
tonno? Perché, come diceva Bruce, è quasi ora di pranzo e…”
“Lo prenda pure, è casa sua,
questa” rispose Peter. Aveva bevuto il caffè e adesso iniziava ad attaccare il
tramezzino prosciutto e formaggio. Beh, a pensarci bene il dottor Banner non
aveva avuto una cattiva idea…
Per un attimo si vide lì,
seduto sul divano accanto al signor Stark a mangiare tramezzini e quell’immagine
ne riportò mille altre simili. Quante volte si erano divisi una pizza, o
avevano mangiato cheeseburger e patatine fritte prima di una maratona di serie
TV… Ma quelli erano ricordi che Peter voleva seppellire per sempre perché
facevano troppo male.
“Io non ti ho abbandonato, Peter. Ho usato il
Guanto dell’Infinito perché non avevo scelta, non potevo lasciare che Thanos
distruggesse la Terra, non potevo lasciare che facesse del male a te” riprese
Tony, approfittando del fatto che il ragazzo sembrava essersi calmato. “Non
avrei mai voluto che tu soffrissi tanto, sarebbe stato meglio se Fury ti avesse
avvertito subito e tu non avessi passato questi mesi…”
“Non ne voglio più parlare” tagliò corto
Peter, abbassando lo sguardo.
“Hai ragione, nemmeno io voglio parlarne”
concordò Stark. “Comunque siano andate le cose adesso sono tornato, sono qui
insieme a te ed è di questo che voglio parlare. Per domani Fury ha organizzato
una conferenza stampa in cui rivelerà a tutti che Tony Stark si è salvato e
sarà la mia prima riapparizione in
pubblico. Ovviamente non parleremo del Progetto T.A.H.I.T.I., diremo
semplicemente che ero rimasto gravemente ferito durante la battaglia contro Thanos,
che sono stato a lungo in coma ma che, dopo una lunga riabilitazione, mi sono
ripreso completamente. Potrò dire al mondo intero che Tony Stark è tornato, che
riprenderà tutte le sue attività alla Stark Foundation e anche che Iron Man è
ancora tra noi.”
“Sì, e che i cittadini possono dormire sonni
tranquilli” commentò Peter, con un’ironia che non gli si addiceva. “Sembra la
pubblicità di un brutto film.”
Tony decise di non raccogliere la
provocazione.
“Non hai tutti i torti, ma io ti ho solo
riassunto in poche parole quello che accadrà. Voglio che gli Avengers al
completo partecipino alla conferenza stampa, o almeno quelli che vorranno
farlo. Per me sarebbe molto importante se ci fossi anche tu.”
“E perché?” domandò Peter, fissando di nuovo
i grandi occhi scuri sul viso dell’uomo. Tony si sentiva sempre a disagio sotto
quello sguardo che pareva volerlo passare ai raggi X.
“Perché? Beh, perché tu fai parte degli
Avengers, come prima cosa, e mi sembrava bello mostrare al mondo che Iron Man e
Spiderman sono ancora insieme, a lottare contro il male e…”
“Odiavo le conferenze stampa e i fotografi
anche quando ero ancora Spiderman e
questo lei dovrebbe saperlo bene” lo interruppe Peter. “Non ho mai voluto che
la mia identità segreta venisse divulgata, al contrario di lei.”
L’uso dei verbi al passato da parte di Peter risuonò
con un tonfo sordo nel cuore di Stark.
“E comunque adesso non sono più Spiderman né,
tanto meno, uno degli Avengers. Non sono nessuno” chiarì il ragazzo.
“So che hai buttato il dispositivo di
nanoparticelle che conteneva la tua tuta nell’East River dopo il mio presunto
funerale, me lo ha detto Happy. Posso capire che quella tuta fosse solo fonte
di ricordi dolorosi per te, ma questo non significa che…”
“Lei mi ha fatto spiare da Happy? Non può proprio accettare di non avere il
controllo di tutto e tutti, non è così?” lo interruppe di nuovo Peter.
Negli occhi del ragazzo c’era un miscuglio di
delusione e accusa che Stark non poteva sopportare. Per sfuggire a quello
sguardo si mise a cercare qualcosa in un cassetto della scrivania e, quando lo
ebbe trovato, tornò a sedersi sul divano, di fronte a Peter.
“Nessuno ti ha spiato, Peter. Happy era uno
dei pochissimi a conoscere il segreto del Progetto T.A.H.I.T.I. e sapeva che io
avrei voluto che vegliasse su di te finché non mi fossi ripreso” disse poi. Gli
tese l’oggetto che aveva in mano, ma Peter gli lanciò uno sguardo distratto e
non accennò nemmeno a prenderlo. “Questo è un nuovo dispositivo, ancora più
avanzato di quello precedente. Diciamo che, durante la convalescenza, mi sono
divertito a realizzare nuove tute sia per me che per te e… beh, ti avevo detto
che avrei trovato il modo di fartelo portare al polso o qualcosa del genere. Ho
realizzato anche un bracciale con… beh, con dei resti della mia precedente
armatura fusi assieme. Mi era sembrata un’idea originale.”
Eppure, mentre continuava a tendere
inutilmente l’oggetto verso Peter, che non aveva la minima intenzione di
prenderlo, Tony Stark iniziò a pensare che, forse, era stata un’idea molto
stupida.
“Non la facevo così sentimentale, signor Stark.
E’ il DNA Kree oppure sta solo
invecchiando?” ribatté Peter, per nulla impressionato.
Tony, deluso, ritirò la mano e si fece
scivolare l’oggetto in tasca.
“Va bene, forse non era questo il momento
migliore per regalartelo, ma spero che ci penserai e che lo accetterai tra
qualche giorno” disse.
“Non vedo perché. Non sono più Spiderman, non
sono un supereroe, non sono niente” ripeté Peter.
“Hai ancora i sensi di ragno, però, quelli
non te li puoi togliere, che tu lo voglia o no. E non mi piace sentirti dire
che non sei niente” replicò Stark. “Sei
comunque Spiderman, con o senza la tuta, e io sarei felice di riaverti accanto
a me anche per lottare contro i criminali. Eri così fiero della tua
appartenenza agli Avengers, non capisco perché adesso tu…”
Peter si alzò dal divano, questa volta
lentamente e controllando di non avere capogiri o cose del genere. Chiaramente
per lui la visita era terminata e l’argomento era chiuso.
“Cinque anni fa c’era un ragazzino che era
stanco della sua routine da sfigato e che, quando scoprì di aver ottenuto dei
poteri speciali dopo il morso di un ragno radioattivo, pensò che la sua vita
sarebbe finalmente diventata un’emozionante avventura. Questo sogno sembrò avverarsi
ancora più completamente quando il ragazzino incontrò il suo idolo di sempre
che lo prese in simpatia e lo volle al suo fianco” iniziò a raccontare, come se
stesse parlando di qualcun altro. “Quello sfigato seguì il suo idolo in ogni
missione, in ogni impresa, desiderando solo essere come lui e si sentì al
settimo cielo quando poté entrare a far parte degli Avengers. Ogni battaglia
sembrava una meravigliosa avventura e il ragazzino credeva di essere un eroe,
un cavaliere dalla scintillante armatura, e che tutti i suoi desideri si
fossero realizzati.”
Le parole amare di Peter appesantivano il
cuore di Tony, che non aprì bocca e, nel silenzio che seguì, attese solo di
capire dove il ragazzo volesse andare a parare. Temeva di saperlo, però…
“Ma un giorno, all’improvviso, quel ragazzo
sciocco e ingenuo capì che non c’è niente di bello nel giocare a fare l’eroe, che le imprese dei cavalieri finiscono
sempre con il sangue, la morte, il dolore e che nessuno vince mai davvero”
riprese. “In pochi istanti perse tutto il suo mondo ed entrò in un incubo senza
fine. Ecco, signor Stark, quando lei è morto anche quel ragazzino ingenuo che
sognava l’avventura è morto. Il suo cuore e la sua anima se ne sono andati per
sempre nella polvere dell’ultima battaglia. Non voglio più essere Spiderman né
un Avenger, non voglio nessuna tuta, ritornerò ad essere semplicemente uno
studente che, qualche volta, può aiutare chi gli sta vicino.”
Tony si era alzato anche lui dal divano e lo
aveva seguito. Provava un desiderio immenso di abbracciarlo, di stringerlo
forte a sé e di dirgli che era tutto finito, che lui era tornato e che potevano
stare insieme come prima, che avrebbe potuto essere il suo Spiderino come era sempre stato e che niente più li avrebbe
separati… ma non sapeva come avrebbe reagito Peter a una cosa simile.
“Quindi cosa hai in mente di fare adesso?”
gli chiese invece.
“Devo recuperare l’ultimo anno di liceo, mi
hanno bocciato perché dopo… dopo… insomma, lo sa, ho smesso di andare a scuola.
Finito il liceo dovrei andare al college, sempre se riesco a vincere una borsa
di studio, perché non voglio pesare su zia May dopo tutto quello che ha fatto
per me. Cercherò di avere una vita normale, di perdermi tra i tanti eroi
anonimi che fanno il loro dovere ogni giorno senza finire sui giornali e senza
ringraziamenti” rispose il ragazzo. “Per questo non voglio la sua conferenza
stampa e non voglio nemmeno la tuta che ha realizzato per me. Voglio solo
scomparire, signor Stark, io non sono come lei.”
“Lo so e non ho mai voluto che lo fossi, ho
sempre sperato che fossi migliore di me” disse Stark, commosso.
“Io non sono migliore di lei” mormorò Peter,
a capo chino. “Se fossi stato migliore, lei non sarebbe morto. Se fossi stato
un vero supereroe, un vero Avenger, sarei riuscito a salvarla e invece… non ho
saputo fare niente. Se ci fosse stato un altro al mio posto…”
Adesso la rabbia di Peter era svanita,
sostituita da uno straziante intrecciarsi di sensi di colpa.
E, improvvisamente, Stark capì.
Anche quando Peter era arrabbiato e caustico,
non ce l’aveva con lui, la sua rabbia era rivolta contro se stesso. Peter si
riteneva responsabile della sua morte, pensava di non aver fatto abbastanza per
evitarla e per questo ora si puniva, si condannava alla solitudine e a un’esistenza
di dolore e vuoto.
Ma era pazzesco!
Tony prese Peter per le spalle e lo voltò
verso di sé, voleva che lo guardasse mentre gli parlava.
“Stammi bene a sentire, ragazzino” disse, “vuoi
capire o no che nessuno avrebbe potuto impedire quello che è successo? Strange
aveva già previsto che le cose dovessero andare a quel modo e, se io non avessi
usato il Guanto, Thanos avrebbe vinto. Nessun altro poteva fare niente. Né tu,
né Rogers, né Capitan Marvel né nessun altro. Doveva. Andare. Così. Se ci fosse
stato un altro modo, un modo qualsiasi, Strange l’avrebbe saputo. Per la
miseria, Peter, quell’uomo poteva anche far comparire un portale dal nulla e
spedire Thanos chissà dove! Non devi, non devi assolutamente portare un peso che non ti appartiene. Tu sei
indispensabile per la squadra degli Avengers, sei indispensabile per me, per cui togliti dalla testa di
essere colpevole o responsabile per qualsiasi cosa e ritorna nel posto che ti
spetta. Se non vuoi la conferenza stampa va bene, non partecipare, ci saranno
altri che sceglieranno di non esserci. Ma non sparire, Peter, non sprecare
tutto quello che di buono puoi ancora fare.”
Peter non rispose, ma i suoi immensi occhi
scuri pieni di dolore parlavano per lui.
“Torna a casa, adesso, se vuoi” continuò
Stark, “ma promettimi che ci penserai. Il dispositivo di nanoparticelle è
sempre qui che ti aspetta e anch’io sarei felice se potessimo rivederci.”
“Perché no?” rispose Peter. “Lei sa già dove
abito, no?”
Non era un sì, non ancora, ma era già un notevole passo avanti, sebbene il
ragazzo non avesse fatto parola della tuta e della possibilità di tornare ad
essere Spiderman.
“Allora salutiamoci qui, per adesso. Happy ti
accompagnerà a casa e… spero davvero di rivederti presto, Peter” disse Tony.
Peter annuì, si allontanò di qualche passo,
poi si voltò.
“Ah, quasi dimenticavo. Bentornato, signor
Stark. Sono contento che stia bene. Le è stata concessa una seconda occasione,
veda di non sprecarla” concluse, in un tono noncurante che non convinse
nessuno.
“Non la sprecherò” promise l’uomo.
Rimase a guardare Peter che si allontanava
nel corridoio finché non scomparve. No, non avrebbe sprecato la sua seconda
occasione, lo doveva a se stesso ma soprattutto a Peter. Perché era vero, il
ragazzino allegro e entusiasta che illuminava e rallegrava la sua vita non c’era
più ed era stata colpa sua se quella luce si era spenta. Avrebbe fatto di tutto
per riportare indietro quel ragazzo, per rivedere le stelle splendere nei suoi
occhi. Quella era la missione più importante che avesse mai intrapreso, la più
difficile ma anche la più preziosa. Era una missione per Tony Stark e anche per
Iron Man.
Doveva essere cauto, non esagerare,
altrimenti Peter sarebbe scappato. Ma era indispensabile che, in qualche modo,
lo raggiungesse.
Peter doveva essere salvato dall’abisso in
cui si era lasciato cadere e lui sarebbe stato lì per questo.
Insieme a Peter per rivedere la luce.
FINE