Jean-Joseph Benjamin-Constant, Antigone presso il corpo di Polinice, 1868
O tomba, o nuzïal camera, o eterna mia prigione rupestre, ove m'avvio verso i miei cari che defunti giacciono la piú gran parte, e li ospita Persèfone! Ultima ora io fra loro, e assai piú misera, discendo, prima che sia giunto il termine della mia vita. E, lí discesa, spero giunger diletta al padre, a te diletta, madre, diletta, o mio fratello, a te. Ché, poiché spenti foste, io vi lavai con queste mani, vi vestii, v'offersi le libagioni funebri. E perché cura mi presi della salma tua, o Poliníce, il mio compenso è questo. (Antigone – Sofocle)
Fanciulla coraggiosa
Nata d’incesto
Di Edipo gran Re
Figlia indomita.
Al caro fratello
Degna sepoltura
Conceder volesti.
Oltraggio terribile
Per Creonte
Di Tebe sovrano.
Imprigionata
Murata viva
Sacrificata
All’altare dell’umana giustizia,
Fallace
Effimera
Ipocrita e menzognera.
Affrontasti il tuo destino
Testa eretta
Sguardo fiero
Mai pentita
Del gesto magnanimo
Da te compiuto.
La corda tesa
Il collo spezzato
Così la tua vita
La fine trovò.
Visione atroce,
Insopportabile
Per Emone
Sposo diletto.
La spada sguainò
Contro il padre
Colpevole
Di tale abominio,
ma il Re si ritrasse
e così
il cuore infranto
la spada assassina
contro se stesso puntò.
La sposa diletta
Egli abbracciò
Accogliendo la Morte,
Infame Destino.
Euridice sua madre
la tremenda visione
non sopportò.
La fine
Anche per lei
Arrivò.
E infine Creonte,
Da disgrazia raggiunto,
Perdono per i propri peccati
Invano invocò.
Sconfitto
Arreso al Fato crudele
Calde e ipocrite lacrime
Versò.
La tragedia compiuta
In pochi versi narrata
Per ricordare all’infinito,
Sporcata nero su bianco,
La breve vita
Di fanciulla leggiadra
Che il destino sfidò,
La morte trovò,
Ma il cui ricordo
Per sempre vivrà.