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Autore: Parmandil    29/06/2020    1 recensioni
Accertato che la Terra è il loro pianeta d’origine, i Voth – discendenti degli Hadrosauri – ne reclamano la proprietà. Gli Umani devono sloggiare o subiranno il trasferimento forzato. Piuttosto che affrontare una delle specie più potenti della Galassia, l’Unione cede all’ultimatum. Svenduta la Terra ai Voth, non resta che schiacciare gli ultimi difensori. I superstiti della Flotta Stellare devono scegliere: schierarsi col nuovo regime o fuggire col marchio di terroristi. La lunga notte della Guerra Civile è cominciata.
Senza più ordini, né rifugi, né certezze, gli ufficiali della Keter sono abbandonati a se stessi. Braccati dai loro ex colleghi. Divisi da lealtà inconciliabili e dal tradimento che non risparmia amici né parenti. Dai labirinti informatici del planetoide Memory Alpha ai laboratori degli orrori di Elba II, ogni tappa è una discesa agli Inferi. Con spietata efficienza tecnologica, il nuovo regime sta cancellando ogni memoria storica del passato, per creare una nuova società, “libera da tutto ciò che è Umano”. E allora non resta che combattere i mostri creando un nuovo mostro, la Banshee. Perché l’Unione ha scelto il disonore anziché la guerra, e ora li ha entrambi.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chakotay, Dottore, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Star Trek Keter Vol. VII:

Guerra Civile

 

SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA.

QUESTI SONO I VIAGGI DELLA

NAVE STELLARE KETER.

LA SUA MISSIONE È DIFENDERE

GLI ACCORDI TEMPORALI

E L’UNIONE GALATTICA,

CON OGNI MEZZO NECESSARIO.

QUANDO UNA MINACCIA ELUDE

LE CONTROMISURE TRADIZIONALI,

LA KETER ENTRA IN AZIONE.

 

 

-Prologo:

Data Stellare 2373.303

Luogo: Nave Città dei Voth, Quadrante Delta

 

   Il dottor Forra Gegen, eminente paleontologo, entrò nell’aula del tribunale, accompagnato dall’Umano di nome Chakotay. La sala circolare recava sul pavimento il simbolo azzurro dell’Autorità Voth: un cerchio parzialmente avvolto da un elaborato fregio. Gli imputati si fermarono lì, al centro del salone. Davanti a loro, quattro gradini portavano alla cornice soprelevata in cui sorgeva lo scranno del giudice, suggestivamente posto davanti all’ampia finestra che mostrava il firmamento trapunto di stelle.

   Il Ministro Odala entrò da un ingresso laterale e incedette solennemente verso il suo seggio, scortata da due guardie. Era una Voth di corporatura robusta, che camminava un po’ rigida, ma nel complesso portava bene i suoi 195 anni. La sua veste rosso scuro, riccamente ornata, era quella di un magistrato, e infatti il Ministro agiva a tutti gli effetti come un giudice, col potere di emanare sentenze. Non c’era giuria, né pubblico, e non c’erano nemmeno gli avvocati, perché quello era un processo per eresia. I capi d’accusa sarebbero stati letti direttamente dal Ministro, che avrebbe emanato la sentenza dopo aver offerto al colpevole la possibilità di abiurare.

   «Professor Gegen, lei è accusato di eresia contro la Dottrina» esordì Odala, prima ancora di sedersi. Parlava con voce lenta e grave, come richiesto dalle circostanze. «Desidera ritrattare le sue affermazioni riguardo la teoria dell’Origine Lontana?».

   «Io non le ritratto» rispose il paleontologo con voce limpida.

   «Quand’è così, procederemo» disse Odala, fissandolo con occhi che non promettevano nulla di buono. La Voth sedette pesantemente sul suo scranno. «Tre mesi fa, ha fatto circolare un saggio in cui criticava quella che definiva la “resistenza alla verità”, ancora una volta contestando la Dottrina» disse con voce dura e severa.

   «Io mi scuso se ho scritto qualcosa che può aver offeso gli Anziani, ma non ho neanche menzionato la parola “Dottrina”» notò il professor Gegen.

   «E non era necessario!» ribatté Odala. «Il suo intento era chiaro. Da circa un decennio, sta usando la teoria dell’Origine Lontana per attaccare e minare i principi guida della nostra società».

   «Non è così!» protestò Gegen, la voce appena venata di nervosismo. «Io stavo soltanto conducendo un’indagine scientifica. Non m’interesso affatto alla Dottrina!».

   «Ma è proprio questo il punto!» avvertì Odala, alzandosi. «Il suo disinteresse per gli effetti del suo disinvolto teorizzare è il motivo per cui è accusato. Lei è sconsiderato e irresponsabile, e ha un’influenza distruttiva sulla nostra società. Ma non è troppo tardi perché si ponga rimedio ai danni che ha fatto» aggiunse, addolcendo la voce. «Sconfessi le sue affermazioni, riconosca i suoi sbagli, e il Ministero si dimostrerà certo indulgente» promise.

   «Sono spiacente; non posso negare l’evidenza» ribatté il paleontologo. «La prova la vedete qui, di fianco a me» disse, accennando all’Umano che gli stava accanto.

   «La prova? Davvero?» fece Odala, in tono beffardo. «I nostri scienziati hanno analizzato i suoi dati» disse, prendendo un d-pad dalla guardia alla sua destra. «La loro conclusione? “Queste creature non sono affatto imparentate con noi”» disse, leggendo il report scientifico. «“Le similarità genetiche sono il risultato di una convergenza casuale, nulla di più”».

   Fu allora che Chakotay prese la parola. «Se posso parlare...» esordì in tono misurato. Il Ministro si degnò di rivolgergli un cenno di assenso. «Nel database della Voyager c’è una documentazione completa dei fossili del mio pianeta. I vostri marcatori genetici compaiono non solo negli Umani, ma in centinaia di specie nel corso dell’evoluzione. È straordinaria come “convergenza casuale”. Se analizzate i dati che...».

   «Lo abbiamo fatto» lo interruppe Odala. «I dati non sono in questione. La sua interpretazione invece sì» spiegò, restituendo il d-pad alla guardia. Il Ministro si rivolse nuovamente al paleontologo, ma ora parlava in tono più confidenziale, quasi complice. «Professor Gegen, questa situazione mi fa ancora meno piacere che a lei, e francamente preferirei non essere responsabile della caduta in disgrazia di uno dei nostri più valenti scienziati» spiego, avvicinandosi di un passo. «Tutto quello che le chiedo è di ammettere la possibilità che la sua interpretazione sia sbagliata. Vuole almeno accettare questo?».

   «Sono pronto ad ammettere che ci sono ancora tanti interrogativi» riconobbe lo scienziato, avanzando a sua volta. «Il quadro non è completo. Ma di una cosa sono certo: noi veniamo dal pianeta che questi Umani chiamano Terra!» disse, indicando Chakotay.

   «C’è chi non è d’accordo con lei» insisté il Ministro, guardandolo senza più alcuna simpatia. Uno strano, inquietante sorriso le aleggiò sulle labbra. La Voth si risedette sullo scranno e premette un comando mimetizzato tra i fregi decorativi.

   Il rimbombo del portone annunciò l’arrivo del testimone dall’ingresso laterale. Il professor Gegen sgranò gli occhi nel riconoscere Tova Veer, il suo fidato assistente, l’unico che lo avesse accompagnato nell’incerta missione sulle tracce della Voyager. A lenti passi, con sguardo basso, il testimone si accostò al Ministro.

   «Tova Veer, lei è un illustre, giovane scienziato» lo lodò Odala. «È stato introdotto nel Circolo della Paleontologia con il massimo degli onori».

   «Sì, Ministro» annuì Veer con un filo di voce.

   «Ed è stato assistente del professor Gegen per sei anni» proseguì Odala.

   «Ho avuto questo privilegio» confermò il giovane, dandogli solo una brevissima occhiata.

   «Lei ha familiarità – quindi è profondamente coinvolto – nelle ricerche del suo mentore riguardanti la cosiddetta teoria dell’Origine Lontana, giusto?» inquisì il Ministro.

   «Certo, è esatto».

   «Secondo la sua valutazione di esperto, quanto crede che sia valida l’analisi del professore?».

   Gegen si accese di speranza. Il giovane Veer gli era fedelissimo; lo aveva seguito anche dopo che tutti gli altri gli avevano voltato le spalle. Il suo ardore non era solo di natura scientifica: Gegen aveva notato il colore delle sue scaglie, quando guardava sua figlia Frola. Presso i Voth i matrimoni erano combinati tra le famiglie, ragion per cui Frola era già promessa al Clan Towt. Ma come Gegen stesso aveva detto al suo assistente, in un momento di confidenza, “le tradizioni sono fatte per essere infrante”. Per questa ragione il paleontologo sentiva di potersi fidare di lui.

   «La teoria è fallace, Ministro» mormorò invece Veer, con gli occhi bassi.

   Queste parole furono una doccia fredda per Gegen. «Veer!» gridò, scandalizzato dall’inatteso tradimento.

   «Sta dicendo che lei e Gegen vi sbagliavate?» incalzò Odala, con una luce di trionfo negli occhi.

   «Sì» confermò Veer. Sembrava che la parola gli fosse cavata con un uncino, tanto era sofferta. «Ho riesaminato tutte le ricerche, compresi i nuovi dati del computer della Voyager. Ho controllato e ricontrollato le procedure, e adesso penso che siamo stati... troppo zelanti. Abbiamo visto una connessione evolutiva dove, in effetti, non c’era».

   «Entusiasmo e passione non sono mai un male, Veer» disse benevolmente il Ministro. «Il vostro sbaglio è stato di permettere che distorcessero il vostro giudizio. Lei può andare» lo congedò.

   Veer chinò il capo, si girò e lasciò l’aula, senza guardare il suo mentore. Aveva il passo lento e pesante degli sconfitti.

   «Professor Gegen, glielo chiedo di nuovo: non può essersi sbagliato?» chiese Odala, concentrandosi di nuovo sul professore.

   «Che cosa gli avete detto? Che gli avreste tolto tutti gli onori se non avesse collaborato? Che lo avreste mandato in una colonia di detenzione?» ribatté Gegen, pieno di sdegno.

   «Non può essersi sbagliato?!» ripeté il Ministro, alzando la voce.

   «Avete minacciato la sua famiglia?!» incalzò il paleontologo.

   «Risponda alla domanda!» gridò Odala, alzandosi di scatto.

   «No! Perché dovrei? Avete già preso una decisione!» l’accusò Gegen. «Qui non si tratta di evidenza o di prove. Lei vuole solo mantenere il suo rango!».

   «Gegen!» lo richiamò Chakotay. Il Comandante sapeva come finivano i processi di quel tipo. La storia della Terra e di tanti altri mondi lo dimostrava ampiamente. Scontrandosi con le autorità, lo scienziato si metteva contro un nemico che non poteva sconfiggere... finché i tempi non fossero maturati.

   «Mantenere un mito che garantisca al Ministero il potere!» continuò lo scienziato, ignorandolo. «Fareste qualunque cosa per farmi tacere. Ma non ci riuscirete. Non ritratterò le mie affermazioni; preferisco la prigione che aiutarvi a perpetuare l’ignoranza!».

   «Ora mostra finalmente il vero colore delle sue scaglie» disse Odala, con voce intrisa di disprezzo.

   «Lei ha ragione, Ministro: io mi sono sbagliato» disse inaspettatamente Gegen. «Ho creduto che lei potesse davvero cercare la verità, anche se metteva in discussione alcune delle nostre più profonde convinzioni, ma...».

   «Noi non siamo degli emigranti!» ringhiò il Ministro, con una collera viscerale. «E non sarò certo io a rinnegare venti milioni di anni di Storia e di Dottrina, soltanto perché un insignificante sauro ha una sua strana teoria. Glielo chiedo per l’ultima volta: non potrebbe essersi sbagliato, Gegen?!» chiese, fissandolo con sguardo assassino.

   «È lei che si sbaglia, Ministro» intervenne Chakotay.

   «Che cosa?!» fece Odala, oltraggiata dall’accusa e ancor più dal fatto che venisse da un mammifero.

   «Lei accusa il professore di avere offuscato la sua obiettività per un pio desiderio. Ma non le si può rivolgere la stessa accusa?» la provocò il Comandante.

   «Non sono io in giudizio, qui!» rispose aspramente la Voth.

   «Me ne rendo conto; però lo è tutto quello in cui crede» precisò Chakotay. «Quello che pensate di voi stessi, il vostro posto nell’Universo... questo è in giudizio. E non è la prima volta».

   «Che cosa vuol dire?» chiese Odala, arcigna.

   «Ho avuto l’opportunità, negli ultimi giorni, d’imparare qualcosa sulla vostra cultura. Sulle vostre grandi conquiste» spiegò l’Umano. «Prendiamo la scoperta della transcurvatura: un progresso incredibile, eppure la vostra antica Dottrina prediceva un terribile disastro se solo aveste tentato. Tutto questo vi ha trattenuto per millenni, finché qualcuno non ha corso il rischio e ha sfidato la predizione. Ha avuto successo, e la vostra società ha aperto un nuovo capitolo dell’esplorazione, e la Dottrina è cambiata di conseguenza». Qui il Comandante abbassò la voce. «So, dalla storia del mio pianeta, che cambiare è molto difficile» riconobbe. «Le nuove idee sono spesso accolte con scetticismo, se non con paura. Ma certe volte quelle idee vengono accettate e quando accade è già un passo avanti. Gli occhi sono aperti!» disse in tono ispirato.

   Odala lo fissò con commiserazione. «Quando apro i miei occhi su questa vostra teoria, quello che vedo mi sgomenta a dir poco» disse con franchezza. «Vedo la mia razza fuggire dal vostro derelitto pianeta, un gruppo così patetico di profughi che a fatica si apre una strada attraverso la Galassia e s’imbatte in questo suo “dominio”». Così dicendo lasciò lo scranno e si recò alla finestra panoramica, contemplando le profondità dello spazio Voth. Quei soli che brillavano per centinaia di anni luce in ogni direzione appartenevano tutti al suo popolo, e così i pianeti che vi orbitavano attorno. Era motivo d’orgoglio per tutti i Voth sapere che la loro stirpe viveva in quella regione galattica da sempre e li aveva reclamati per prima, quando le altre specie erano ancora primitive. «Vedo una razza senza diritti di nascita, senza un retaggio, e questo è inaccettabile!» ringhiò Odala, volgendosi a fronteggiare di nuovo gli imputati.

   «Io vedo qualcosa di molto diverso, Ministro» ribatté Chakotay. «Un’antica razza di sauri, probabilmente la prima specie intelligente sulla Terra, circondata da alcune tra le più terrificanti creature mai esistite. Eppure ha progredito, ha sviluppato un linguaggio e una cultura e una tecnologia. E quando il pianeta è stato minacciato dal disastro, si è coraggiosamente lanciata nello spazio. Attraversando quelle che sembravano distanze inimmaginabili, affrontando ogni giorno l’ignoto... ma in qualche modo è rimasta unita» incalzò, avvicinandosi al Ministro. «È andata avanti, sempre con lo stesso coraggio del primo giorno, finché ha raggiunto questo Quadrante, dove ha posto le fondamenta di quella che sarebbe stata la grande civiltà dei Voth. Rinneghi questo passato e rinnegherà la lotta e le conquiste dei suoi antenati. Rinneghi le vostre origini sulla Terra... e rinnegherà il vostro vero retaggio» dichiarò, fissando la Voth.

   Dopo quest’arringa, Odala tornò al suo seggio. Si accomodò lentamente, distendendo bene le braccia, come una regina in trono, e inspirò a fondo. «Vuole ritrattare le sue affermazioni?» chiese a Gegen, come se Chakotay non avesse nemmeno parlato.

   «No» rispose il paleontologo con decisione. «Al contrario, io le confermo».

   «Molto bene» disse Odala, fissandolo con durezza. «Questo è il mio verdetto: lei subirà le conseguenze della sua ostinazione. Gegen, lei è colpevole di eresia contro la Dottrina e sarà inviato in una colonia di detenzione» sentenziò.

   Sconvolto e amareggiato, Chakotay guardò il suo amico scienziato. Conosceva il Voth da poco, ma lo aveva preso in simpatia. Non avrebbe mai voluto vederlo dietro le sbarre, solo perché aveva osato proclamare l’evidenza. Ma c’era qualcosa che preoccupava il Comandante ancora di più: la sorte della Voyager. In quel momento l’astronave federale si trovava nell’immenso hangar della Nave Città, con i sistemi offline e l’equipaggio agli arresti. Al Ministro bastava una parola perché la nave fosse distrutta e i federali condannati.

   «Finché avrà respiro, lei non insegnerà, né si dedicherà a ricerche. Dunque la sua vita di scienziato è finita» proseguì Odala, sempre rivolta al paleontologo.

   «Se così comanda...» disse Gegen, accettando il verdetto con dignità. Nutriva ancora la speranza che il suo processo giungesse all’attenzione del grande pubblico, stimolando dibattiti e alimentando quel cambiamento culturale che alla fine avrebbe reso la sua teoria meglio accetta.

   A questo punto il Ministro si rivolse all’Umano. «Chakotay, della nave stellare Voyager» disse con studiata lentezza «lei, il suo Capitano e tutto l’equipaggio seguirete il professor Gegen» decretò.

   Le scaglie dello scienziato si fecero blu dal terrore. «Perché?!» chiese con angoscia. «Non ha niente da guadagnare, imprigionandoli. Li lasci andare!» supplicò. Era stato lui a coinvolgere i federali nella sua ricerca, esponendoli ai rischi derivanti. Poteva sopportare un’ingiusta condanna per sé; ma non di trascinare centocinquanta innocenti nella sua rovina.

   «Voi passerete il resto dei vostri giorni in una colonia di detenzione e la vostra nave sarà distrutta!» sentenziò Odala, implacabile.

   Chakotay si sentì morire. Per quanto avesse a cuore il paleontologo e la sua causa, non poteva condannare i suoi compagni di viaggio, Maquis e federali, che ormai da tre anni avevano unito le forze per farsi strada in quel Quadrante ostile.

   «Ministro!» invocò Gegen.

   «Consegnerete la vostra nave immediatamente e informerete l’equipaggio che il verdetto sarà...» proseguì Odala.

   «Ministro, la prego!».

   A quelle parole, a lungo attese, la Voth s’interruppe e si rivolse allo scienziato, con la tranquilla superiorità di chi ha già vinto. «Ha forse deciso di offrirmi qualche alternativa?» chiese lentamente.

   Gegen balbettò, avvilito e confuso. Guardò Chakotay, che gli rivolse una muta supplica. La sorte dei federali dipendeva interamente da lui. Il paleontologo comprese che aveva perso. Il Ministero aveva tutti gli strumenti di pressione necessari a farlo abiurare. Oggi erano i federali della Voyager; ma un domani sarebbe stata sua figlia Frola. A questo pensiero, lo scienziato e il padre che erano in lui si scontrarono. La vittoria, fatalmente, andò al padre.

   «Io... io ho... riflettuto» mormorò Gegen. Si rivolse al Ministro, che sorrideva trionfante, ma tenne gli occhi bassi. «Ritratto le mie affermazioni riguardo alla teoria dell’Origine Lontana. La mia analisi dei dati era... ovviamente fallace». Le parole gli uscivano con dolorosa lentezza. Arrischiò una breve occhiata a Odala e continuò. «Io... mi sono... s-sbagliato» disse con un filo di voce. La sua coscienza e la sua integrità di scienziato morirono con quell’abiura. Qualcosa in lui si era spezzato e non si sarebbe più ripreso.

   «È pronto a rinnegare il suo lavoro pubblicamente, davanti al Circolo dei Paleontologi?» chiese Odala, non ancora sazia.

   «Sì» annuì Gegen. Stavolta fu facile parlare. Lo scienziato si era già arreso; qualunque autodafé a cui lo costringessero le autorità avrebbe aggiunto ben poco all’umiliazione.

   «In seguito lei verrà assegnato ad un’altra area di ricerca» disse il Ministro con scioltezza. «Di certo la paleontologia le sarà diventata tediosa, dopo tanti anni di studio» lo canzonò. «Probabilmente l’analisi metallurgica le riserverà maggiori onori e soddisfazioni».

   «Sì, può darsi» disse Gegen, parlando come un automa.

   «Non sono poi così irragionevole» commentò Odala, rivolgendosi a Chakotay. «Siete stati coinvolti in questa... situazione senza che ne aveste colpa. Lei sarà riportato sulla sua nave e quindi farete rotta lontano dal nostro territorio». Ciò detto il Ministro si sporse in avanti, fissando il federale dritto negli occhi. Nel suo sguardo c’era una minaccia così spietata, così inesauribile nel suo zelo, che il Comandante si sentì tremare fino al midollo. «Di certo sarebbe nel vostro interesse che io non avessi mai più a rivedervi» ammonì Odala.

   Dopo di che, con lente movenze regali, la Voth lasciò il suo scranno e si ritirò, scortata dalle guardie. Non aveva mai, neanche per un istante, dubitato della vittoria. E ora se ne andava con la coscienza limpida di chi ha fatto il suo dovere.

   Chakotay non osò fiatare. Si era sempre battuto contro le ingiustizie, tanto da unirsi ai Maquis; ma in quel momento comprese che non poteva raddrizzare tutti i torti della Galassia. La sua prima responsabilità erano i compagni della Voyager. Quanto ai Voth, la loro società chiaramente non era pronta ad accettare una simile rivoluzione. «Col tempo forse lo sarà» si disse il Comandante. «Ma non oggi. Oggi vince la censura».

 

   I Voth rilasciarono la Voyager, come promesso. L’astronave federale si allontanò subito dalla Nave Città, seguendo la rotta assegnata, che l’avrebbe portata fuori dal loro spazio nel più breve tempo. Gegen la accompagnò con la sua navicella scientifica, ma solo per un breve tratto. Era il momento degli addii. Chakotay salutò il paleontologo a bordo della sua astronave, nella stessa saletta in cui questi l’aveva interrogato dopo il loro burrascoso incontro.

   «Non sono molto portato per la chimica» confessò il Voth, sconsolato. «La mia carriera come scienziato metallurgico sarà, molto probabilmente, meno che mediocre».

   «Mi dispiace» disse il Comandante.

   «Sono stato sciocco... arrogante... e ho perso ogni cosa» ammise Gegen, fissando il vuoto. Non aveva ancora parlato con Frola. Come avrebbe potuto guardarla negli occhi, sapendo di averla delusa? Sempre che anche lei non si schierasse con il Ministero. Già una volta la ragazza lo aveva dissuaso dall’insistere con la sua teoria.

   «Lei è stato coraggioso, come sono sempre stati i Voth, sin dal momento in cui hanno lasciato la Terra» lo confortò l’Umano.

   «E lei, Chakotay, è stato più che un collega... è stato un amico. Non la dimenticherò» promise Gegen. Erano faccia a faccia; Chakotay comprese che era il momento di congedarsi.

   «C’è qualcos’altro che spero non dimentichi» disse il Comandante, aprendo una piccola borsa che si era portato dietro. Ne trasse un globo del diametro di un palmo: una perfetta raffigurazione del pianeta Terra, con gli oceani e i continenti disegnati nel dettaglio. Lo porse a Gegen, che lo prese con reverenza. Quell’oggetto ebbe il potere di confortarlo. «Un giorno, tutti i Voth la considereranno la loro patria» predisse lo scienziato, indicando la piccola Terra con un artiglio.

   «Sì, un giorno» convenne Chakotay, con un sorriso incoraggiante. «Occhi aperti».

   «Occhi aperti!» ripeté Gegen, a mo’ di augurio.

   Il Comandante si premette il comunicatore. «Chakotay a Voyager, energia» ordinò. Il raggio azzurro del teletrasporto lo riportò sulla nave. Come molte altre avventure, anche quella era terminata, seppur non nel modo migliore. Era tempo di riprendere il lungo viaggio di ritorno verso casa.

 

   Svanito l’Umano, Gegen contemplò a lungo il modellino. Se lo rigirava tra gli artigli, osservandolo da tutte le angolazioni. Per un attimo fu tentato di fare rotta verso il Quadrante Alfa, per vedere la Terra con i suoi occhi. Con i motori a transcurvatura, era un viaggio di poche settimane. Ma ricordando quanto accaduto sulla Nave Città, dovette seppellire questo sogno. Le autorità non gli avrebbero mai permesso un viaggio del genere. Se solo avessero sospettato le sue intenzioni, lo avrebbero imprigionato a vita. E se lui fosse partito all’improvviso, seminando gli inseguitori, che ne avrebbe ricavato? Anche trovando la Terra, non sarebbe potuto tornare tra la sua gente con i dati raccolti. Sarebbe stato esiliato per sempre tra alieni che, per quanto cortesi e ospitali, non erano la sua gente.

   Se fosse stato responsabile solo di se stesso, lo scienziato ci avrebbe fatto un pensierino; ma c’era Frola. Non poteva abbandonarla, né portarla con sé su un pianeta alieno, dove lei non avrebbe mai trovato un compagno. No, si disse con un sospiro; doveva restare per sua figlia. Ora che la sua teoria scientifica era stata messa al bando, Frola era tutto ciò che gli restava. Non poteva perdere anche lei. Né poteva lasciare che la usassero per ricattarlo. Perciò non gli restava che chinare il capo e sconfessare la sua teoria davanti al Circolo dei Paleontologi, in attesa di tempi migliori. Come aveva detto a Chakotay, un giorno i Voth avrebbero aperto gli occhi. Ma con ogni probabilità non sarebbe accaduto tanto presto, visto quant’erano forti le resistenze.

   «È probabile che per allora io sarò morto e sepolto» si disse Gegen con amarezza. «Ma Frola, chissà... forse lei vivrà tanto da vedere la Terra con i suoi occhi» si disse, contemplando il modellino. Né lui, né quelli della Voyager rifletterono a fondo su cosa sarebbe accaduto, qualora i Voth si fossero convinti che la Terra faceva parte del loro retaggio.

 

   
 
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