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Autore: _Lightning_    29/06/2020    8 recensioni
Dopo aver lasciato Nevarro, Din Djarin ha ormai poche certezze: è ancora un Mandaloriano, deve trovare il pianeta natale del Bambino, e i compagni sfuggiti al massacro di Gideon sono vivi, da qualche parte nella Galassia. Quest'ultima è più una speranza, e lui non ha idea di come si viva di speranza. Soprattutto quando tutte le altre certezze, quelle che ha sempre custodito tra cuore e beskar, sembrano sgretolarsi con ogni passo che compie.
Non tutti i suoi fantasmi sono marciati via.
Dall'ultimo capitolo: Il Moff lo conosceva – sapeva il suo nome, da dove veniva, chi fosse la sua famiglia.
Anche Din lo conosceva. Ricordava il suo nome sussurrato di elmo in elmo come quello di un demone durante le serate attorno al fuoco della sala comune, l’unica luce che potessero concedersi in quegli anni di persecuzione. Ricordava il Mandaloriano mutilato e con la corazza deforme che narrava singhiozzando della Notte delle Mille Lacrime, quando interi squadroni d’assalto erano stati vaporizzati a Keldabe dalle truppe imperiali.

[The Mandalorian // Missing Moments // Avventura&Azione // Din&Grogu // Post-S1 alternativo]
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin, Jango e Boba Fett, Yoda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Episodio 1
IL CACCIATORE DI TAGLIE

Parte II



 

“Certo, che ho dichiarato ‘pulito’ il settore zygerriano. Hai idea di quanti Hutt paghino ancora per la tratta di schiavi?
Non riusciremo comunque mai a smantellarla del tutto, quindi perché non godercene i frutti?
Come se la Nuova Repubblica guardasse mai così lontano dal Nucleo, poi.”

— Magistrato Kal-Atee in privato a un collega,
due mesi dopo la liberazione di Zygerria dall’Impero


L’Ufficio Riscossione Tributi della Nuova Repubblica rispecchiava il proprio nome nel suo essere ridicolmente tedioso, oltre che fuori posto in ogni angolo della Galassia, non importa quanto civilizzato o meno. Din poteva solo definire "paradossale" il fatto di dover sottostare a una trafila burocratica districandosi tra pile di flimsi obsoleto scritto in caratteri microscopici dopo aver appena rischiato la pelle nei bassifondi di Agruss.

Per fortuna, era Ikko a doversi occupare di quello sporco compito, in quanto operativa neorepubblicana autorizzata. Lui, ufficialmente, non esisteva, né aveva mai preso parte alla taglia. Questioni di forma che non stentava a immaginare: nessun governo neonato avrebbe mai voluto avvalersi a viso aperto dell’aiuto di mercenari, né tantomeno affiliarsi alla Gilda dei Cacciatori di Taglie. 


Né il contrario, come Greef Karga aveva avuto premura di ricordargli con stizzita veemenza più di una volta, dopo un bicchiere di grog nevarriano di troppo. Non correva buon sangue, tra le Gilde e il governo. Dal canto proprio, non poteva chiedere di meglio che contratti irrintracciabili e non riconducibili a lui, senza per questo doversi addentrare nella completa illegalità smuovendo le acque sbagliate.

Si piazzò lateralmente allingresso, con visuale sulla strada e le spalle coperte dal muro delledificio, oltre che dalla sua gradita ombra. Era un palazzone squadrato, imponente e troppo pulito, che spiccava con i suoi colori artificialmente brillanti in mezzo alle altre costruzioni temprate dal caldo feroce e imbrattate da gas di scarico e graffiti. 

Lo stemma della Nuova Repubblica era impresso in rosso vivo sopra lingresso. Catalizzava allistante lo sguardo con la sua raggiera di stelle e le ali stilizzate della Fenice, simili a una mezzaluna.

Din incrociò le caviglie e si poggiò indolente al muro, tendendo le gambe e facendo scivolare lAmban sul davanti. Prese poi a fissare il cielo giallognolo, offuscato più dalla calura che dal rado via vai di astromezzi. Il traffico si era sensibilmente ridotto, da quando Zygerria aveva perso la sua fonte di sostentamento primaria. Il degrado della capitale era evidente dallo stato dincuria delle ziqqurat regali, ormai abbandonate da anni allinfestazione di giardini un tempo curati e adesso simili a giungle. 

Ma ricordava la Agruss imperiale: fastosa, opulenta, lussureggiante, e non poteva dire che gli mancasse vedere processioni di schiavi di ogni specie scortati da carcerieri che non lesinavano sulluso delle elettrofruste. I miasmi di quei fuochi estinti si levavano ancora qua e là sottoforma di sporadici sbuffi tossici come Baath, che tentavano di cambiare mestiere senza però cambiare pelle.

Ripensò alle parole di questultimo, e si chiese quanti Mandaloriani avessero effettivamente calcato quelle strade ammanettati e soggiogati da collari-shock. Non molti nel corso della storia, immaginava, ma in seguito alla Grande Purga e al massacro di Nevarro... ma quelli erano quesiti sterili su cui avrebbe fatto meglio a non soffermarsi. Doveva concentrarsi sui fantasmi del presente, non su quelli del passato; fantasmi che forse avrebbe ancora potuto raggiungere e non erano ancora marciati via.

Al momento, era solo quietamente rallegrato dalla prospettiva che Baath sarebbe finito a minare spezia medica su Kessel per conto della Repubblica. Trovò specchio del suo umore quando Ikko gli venne incontro con fare baldanzoso e un sorriso innegabilmente compiaciuto ad attraversarle il muso.

Bel colpo, latrò, piazzandogli nel guanto il chip della taglia, che Din accettò con un breve cenno del capo, esaminando poi con criticità il sottile quadratino di plastoid. Nuovo governo, nuova valuta; avrebbe dovuto abituarsi.

«Grazie, Ikko,» disse, prendendo a frugare nella scarsella legata alla cintura. «Sei stata molto utile. Ecco la tua quota,» concluse, premendo nellampio e calloso palmo della Wookiee un quarto esatto della taglia – trecento crediti. Lei era già pagata dalla Repubblica per il suo lavoro di vigilanza, e non era tenuto a spartire nulla. Ma voleva farlo: se lera meritato.

Lei spalancò con sorpresa gli occhi scuri alla vista dei piccoli lingotti argentati, poi lanciò un alto verso dapprovazione e rispose calandogli entrambe le zampe sulle spalle, in una pacca così energica da mandarlo quasi a gambe allaria. Ikko sorrise, con un grugnito amichevole che parve smussarle le zanne. Alla prossima.

Lui rispose con un mezzo inchino del capo, suggellando quellaugurio. Infine, Ikko si avviò per la sua strada, mescolandosi ben presto alla fiumana variopinta delle strade di Agruss. Rimase in vista a lungo, bowcaster in spalla, svettando di un metro buono sopra al resto degli abitanti indaffarati che le lasciavano il passo, finché non scomparve dietro al primo angolo.

Din si sciolse le spalle con una rotazione contratta e fu grato allo strato di solido beskar e cuoio di bantha contro la decisa esuberanza degli Wookiee. Scansionò il chip dei crediti, più per riflesso condizionato che per assicurarsi che fossero davvero tutti, e calcolò che sarebbero bastati a coprire carburante e provviste per almeno qualche giorno. 

Avrebbe dovuto rinunciare alla pulizia dei filtri di scarico, ma poteva sempre cercare qualche taglia o incarico minore per raggranellare dei crediti in più ed evitare di appestare la cabina di pilotaggio ad ogni decollo. O, magari, poteva far leva sul buon cuore di Motto, la sua meccanica di fiducia...

Lasciò scivolare il chip assieme ai suoi tradizionali compagni metallici, incamminandosi verso il parcheggio in cui aveva lasciato lo speeder, da dove avrebbe raggiunto lo spazioporto, e si scrollò di testa quel pensiero pericoloso. 

Pericoloso per lui e per Motto, ma soprattutto per il Bambino. Tornare su Tatooine era meno rischioso rispetto a tornare su Nevarro, ma a Mos Eisley cera una cospicua quantità di approfittatori e opportunisti che non avrebbero tardato a riconoscere allistante un certo Mandaloriano con una beskar’gam fresca di forgia.

La sua fama spesso lo precedeva, vi aveva fatto labitudine, ma adesso cominciava a diventare molesta e inopportuna. A volte gli sembrava che avere tutto quel beskar addosso fosse un catalizzatore di guai, non una protezione.

Accelerò il passo, sollevando nuvolette di polvere con gli stivali mentre zigzagava tra la folla che, col lento calare del sole, era tornata a riempire le strade. Voleva lasciare il pianeta il prima possibile. 

Il solo pensiero di avere il Bambino nei pressi dei mercati, un tempo brulicanti di creature di ogni specie messe allasta ed annientate dalle sevizie, bastava a renderlo impaziente di arrivare al punto di salto più vicino. La possibilità irrealistica di quellesserino inerme – almeno di solito – confinato in una gabbia alla stregua di una scimmia-lucertola da compagnia gli strizzava lo stomaco.

La Razor Crest era blindata, protetta da un hangar privato con porte in durasteel, e limpero schiavista zygerriano era ormai precipitato assieme agli incrociatori stellari su Jakku, ma lui non aveva la minima intenzione di prolungare la loro permanenza in quel luogo in rovina dove si aggiravano fin troppi spettri.

«Hai qualche idea?»

Il Bambino batté lentamente le palpebre, fissandolo dalla culla con quegli occhi liquidi e privi di sclera che gli davano un’aria di profonda saggezza a dispetto del suo essere un neonato. Un neonato di cinquant’anni. Din teneva sempre in sordina quel dettaglio destabilizzante, ma ogni tanto faceva capolino con più prepotenza. 

Non era raro incontrare specie molto più longeve degli umani, e aveva trattato con abbastanza Hutt per esserne ben cosciente della propria limitata aspettativa di vita, ma ogni volta che si trovava a fissare quell’esserino verde finiva a chiedersi se, per caso, non fosse davvero più adulto, intelligente e capace di lui. Era di sicuro più potente: lo stemma lucido del mudhorn sul suo spallaccio parlava chiaro. Così come il fatto stesso di essere vivo, e non un cadavere carbonizzato in una Cantina devastata.

Il Bambino lo fissò ancora per qualche secondo, inclinando il capo come se stesse scrutando dentro di lui. Era perfettamente plausibile. Poi puntò un’unghia aguzza sulla mappa stellare, con una sicurezza e una precisione disturbanti: Nevarro. Din scosse appena la testa, trattenendo un sospiro e tradendo un pensiero fugace a Cara e Greef.

«No. Non possiamo tornare là.»

A casa, si lasciò quasi sfuggire.

Il Bambino afflosciò mogio le orecchie, mettendo su quello che somigliava molto a un broncio infantile – un qualcosa che non avrebbe stonato su un umano di tre o quattro anni, ma che sul suo volto alieno e verde di neonato impossibilmente anziano era fuori posto. La delusione che emanava era però nitida, quasi tangibile – una vibrazione a pelo d
acqua. La conosceva bene.


«Ruu… perché non possiamo?»
«Perché non c’è più nessuno ad aspettarti. Non è casa. Non potrà esserlo mai più, per te. Ke’taab, ad’ikaKe’taab


Continua a marciare. Din serrò il palmo sul pomello dell’iperguida, gettando via quei ricordi assieme a un respiro amaro. Dove, però?

Il Bambino tolse il dito dalla mappa e andò a stringere con entrambe le mani il teschio di mitosauro in beskar che portava al collo, forse in cerca di rassicurazione – come aveva fatto lui stesso da bambino così tanti anni prima, quando ascoltava ad occhi sgranati i racconti di Ruu su quelle creature colossali. Di rimando, sentì un velo di calma scendergli sulle spalle come un secondo mantello. Si chiese se scaturisse da lui, dal Bambino o da chissà quale altra energia mistica che serpeggiava per la Galassia.

Iniziava a intuire, con qualcosa di molto simile ad angoscia, di conoscere il proprio mondo molto meno di quanto egli stesso o la Tribù avessero mai creduto. Ultimamente gli veniva spontaneo mettere in dubbio anche tutto ciò che aveva sempre dato per scontato, materiale o meno che fosse. Persino il manda, quella collettività di persone marciate via che rimanevano però inesorabilmente presenti, assumeva sfumature ignote e a tratti oscure, quando osservava i poteri del Bambino all’opera.

Sospirò via quei pensieri, scorrendo la mappa stellare in cerca del successivo approdo sicuro, nonostante persino le sue certezze a quel riguardo si fossero fatte molto più fragili. Anche Nevarro, casa, era stato sicuro. Ma di certo non potevano rimanere nei dintorni di Zygerria: li aspettava un altro viaggio transgalattico nell’Orlo Esterno per confondere le loro tracce – come aveva fatto lui anni prima, da solo o meno. All’epoca, almeno, gli Imperiali non erano specificamente sulle sue tracce, al contrario di ora. Doveva essere ancor più cauto.

Il Bambino lo osservava, intento a mordicchiare con dedizione un corno del mitosauro. Din prese il pendente lucido tra due dita, passandovi con delicatezza il pollice, e il Bambino spostò la presa dal metallo al suo guanto, emettendo un verso quasi muto mentre schiudeva le labbra in un sorriso. Din non si sottrasse, lasciando che prendesse a mordere il cuoio temprato coi suoi dentini affilati.

«Dantooine? Sullust?» iniziò poi ad elencare ad alta voce i pianeti, senza suscitare alcuna reazione, con la mano libera che sfogliava i quadranti. «Altora… no, non di nuovo a caccia di altagaks.»

Scosse sovrappensiero la testa e il Bambino lo imitò, più lentamente, forse ricordando le ferite che si era rimediato in quell’occasione per colpa di quelle bestiacce – e che lui stesso aveva aiutato a rimarginare. La mappa prese a inquadrare i settori più lontani della Galassia, fino a soffermarsi su uno dei tanti pianeti trascurabili e inospitali alle propaggini estreme della Rotta di Hydian. Se ne sentì attratto, non seppe dire perché, come se qualcuno gli avesse dato una piccola, amichevole spinta sulla schiena.

«Awath?» chiese quindi, scoccando un
occhiata al Bambino, che smise di mettere alla prova la tenuta del suo guanto per fissarlo. «Lava, vulcani… e oceani. Quasi casa.»

Vide le enormi orecchie verdi inclinarsi un poco, in segno d’interesse, e sentì la presa sul suo pollice farsi più salda. Fu abbastanza per spingerlo a fissare la rotta dell’iperguida e preparare la Crest al decollo.
 
 
 
 
 
Note&Glossario:
flimsi: l’equivalente della carta sintetica.
manda: questo concetto, simile ma non uguale alla Forza, è la base fondante dell’intera cultura mandaloriana, e verrà approfondito nel corso della storia... quindi non temete, ci ritorneremo ;)
Awath: è un pianeta di mia invenzione. Volevo evitare qualunque coincidenza con canon/fanon.
NB. I brani in corsivo sono sempre dei flashback più o meno brevi di Mando (o altri personaggi).

Note dell’Autrice:

Cari Lettori, rieccoci qui, con questo capitolo un po’ più introspettivo che mi auguro sia stato gradito.
Come spero avrete notato, oltre ai personaggi cerco di trattare anche il contesto in cui si muovono per renderlo verosimile: aspettatevi altri ex cursus sulla situazione della Galassia e sull’operato del nuovo governo, come appunto l’accenno allo sfruttare sottobanco i cacciatori di taglie per eliminare ex-Imperiali e affiliati all’Impero.

Grazie infinite a Miryel, che ho coattamente obbligato a recuperare tutto The Dad-alorian The Mandalorian attirandomi il suo amore-odio, e a Old Fashioned e LadyOfMischief per aver commentato lo scorso capitolo!
E grazie a tutti coloro che hanno semplicemente letto e/o aggiunto la storia alle loro liste :)
Alla prossima, spero presto,

-Light-
   
 
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