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Autore: Sion26    30/06/2020    2 recensioni
[Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru (Run with the wind)]
[Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru (Run with the wind)][Kakeru/Haiji]
Dal testo:
Alzò la testa, lasciò cadere il braccio e guardò dritto davanti a sé. Se avesse preso la metro, anche se avesse corso per arrivare in tempo, avrebbe dovuto aspettare un’eternità prima di trovare un vagone che non fosse troppo pieno, avrebbe dovuto scendere e poi salire, perdendo così un sacco di minuti preziosi.
Fece un passo, l’ansia che gli attanagliava il petto, le lacrime agli occhi, il cuore pesante come un macigno, e iniziò a correre.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve a tutti. Eccomi con la seconda One Shot su questo magnifico anime, incentrata nuovamente sulla coppia Kakeru/Haiji, stavolta prima di un momento importante della vita di Haiji. Ancora una volta, l'ispirazione è arrivata dalla stessa canzone, "Enchanted". Questa canzone mi ha ispirata davvero tanto a scrivere di loro due xD spero che l'idea vi piaccia :) come annunciato, ci sono dei piccoli spoiler qua e là. Questa storia non è in nessun modo collegata alla prima che ho pubblicato, ma fa parte dello stesso universo, quindi è come se questo fosse successo tre anni prima. Detto questo, vi lascio leggere xD 
Buona lettura, 

Sion. 

UNTIL I SEE YOU AGAIN

This is me praying that this was the very first page
Not where the story line ends

My thoughts will echo your name until I see you again
These are the words I held back as I was leaving too soon
I was enchanted to meet you too
 
Kakeru si mise a contare sulle dita tutto quello di cui Haiji avrebbe avuto bisogno: due paia di pigiami puliti da indossare durante la notte, biancheria pulita, un cambio di emergenza, i libri che gli sarebbero serviti per la tesi e il suo computer. Quella settimana era stato lui in carica del bucato, quindi si era assicurato che avesse tutto pronto in previsione di quel giorno.
“Ohi, Kakeru!” Nico-chan senpai si materializzò davanti alla porta della stanza di Haiji. “È pronto?”
“Sì. Non manca nulla.” Esclamò quest’ultimo passandogli il grosso borsone che aveva appena finito di preparare e il computer portatile.
“Davvero gli serve tutta questa roba? Non sta mica andando in vacanza, sono solo qualche giorno in ospedale.”
“Sono sicuro che si annoierà se non avrà nulla da fare tutto il giorno.”
Nico-chan sorrise, prendendo il borsone e il computer in mano. “Sveglia il bell’addormentato, altrimenti si farà tardi.”
“Sì.”
Il moro annuì mentre si avvicinava a Haiji. Il mese di marzo stava giungendo al termine e il giorno in cui Haiji avrebbe dovuto sottoporsi all’operazione al ginocchio era arrivato fin troppo presto a detta di Kakeru. Erano riusciti ad arrivare decimi alla Hakone Ekiden, ma non tutto di quel giorno era stato un ricordo felice. Haiji non era ritornato in dormitorio tutto intero. Il suo medico sportivo gli aveva prescritto antidolorifici e assoluto riposo. Era rimasto bloccato a letto per giorni interi, in preda a forti dolori e costantemente sotto farmaci. Per questo motivo aveva aspettato con una certa ansia quel giorno; sarebbe stato ricoverato in mattinata e operato nel tardo pomeriggio. Avrebbe passato qualche giorno di degenza in ospedale, per prevenire l’insorgenza di qualche complicanza post-operatoria, e poi sarebbe tornato a casa nel giro di qualche giorno.
Dato che doveva restare a stomaco vuoto, Haiji aveva chiesto a Kakeru di svegliarlo solo quando era già ora di andare. La sera prima era stato particolarmente silenzioso. Con il ginocchio in quello stato, Kakeru gli aveva assolutamente proibito di cucinare, aveva passato le ultime settimane a riposo forzato, il che per Haiji era davvero una sfida. Nonostante avesse atteso l’operazione per sentirsi di nuovo bene, gli ultimi giorni erano stati molto duri per lui.
“Haiji-san?” lo toccò leggermente sulla spalla per svegliarlo, senza però spaventarlo. L’ultima cosa che voleva era essere mangiato vivo per aver disturbato brutalmente il suo sonno. “Haiji-san?” ripeté stavolta con un tono di voce più alto, al che il moretto aprì gli occhi e si voltò verso di lui, mettendosi seduto e stropicciandosi gli occhi stanchi.
“Mmm? Kakeru?”
“È quasi ora di andare. Devi prepararti.” Esclamò questi sorridendo, mentre gli prendeva un braccio e lo aiutava a tirarsi su dal futon. “Ci sei?”
“Sì.” Il ragazzo annuì. Ormai Kakeru era abituato a quella piccola routine. Quasi tutte le mattine lo aiutava ad alzarsi, andare in bagno e scendere le scale per andare a mangiare. Haiji lo prendeva in giro, dicendo che era diventato il suo infermiere. In effetti, tra assistere Haiji, pulire la casa e studiare non gli rimaneva tempo per fare nient’altro.
Tenendolo ben saldo, lo aiutò ad alzarsi. Lo accompagnò in bagno e poi di nuovo in camera, dove Haiji si infilò una tuta pulita.
“Sei pronto?” gli chiese Kakeru raccogliendo i vestiti che erano sparsi sul pavimento. “Sei diventato disordinato in questo periodo.” Borbottò.
Normalmente avrebbe fatto qualche battutina che avrebbe sicuramente messo in imbarazzo l’amico, ma contrariamente alle sue aspettative, Haiji era rimasto indifferente al commento e teneva lo sguardo fisso verso la sua stanza mentre si reggeva alla parete per stare in piedi. Non conosceva Haiji da molto tempo, ma sapeva quando qualcosa non andava. E quello era uno di quei momenti. Non aveva mai visto quell’espressione sul suo volto.
“Haiji-san? Stai bene?” esclamò Kakeru all’improvviso prendendogli la mano, come se Haiji stesse per perdere l’equilibrio e lui lo avesse afferrato appena in tempo.
Lo sguardo stupito e sorpreso di Haiji durò pochi secondi, prima di lasciare il posto al suo solito sorriso. “Tutto bene.” esclamò semplicemente, la mano ancora stretta in quella di Kakeru. I due ragazzi rimasero così ancora per qualche secondo. Nessuno dei due sembrava intenzionato a interrompere quel contatto.
“Haiji-san…” iniziò Kakeru, ma il rumore di passi sulle scale e la voce di Yuki rovinò quel momento. Kakeru lasciò andare la mano dell’amico mentre Yuki faceva capolino in stanza.
“Haiji, sei pronto? Nico-chan mi ha detto di venire a chiamarti.”
“Sì sono pronto.” 
Kakeru strinse il pugno. Non aveva neanche avuto il tempo di salutarlo a dovere, in più ora era preoccupato a causa di quell’ombra che aveva visto sul suo viso poco prima. Kakeru aveva un seminario alle 11 che si sarebbe protratto fino alle 13, quindi non poteva accompagnare Haiji in ospedale assieme a Nico-chan, ma avrebbe avuto tutto il tempo più tardi per indagare sul suo stato d’animo, pensava mentre gli metteva il braccio attorno alle sue spalle e lo aiutava a scendere cautamente le scale, un passo alla volta per adattarsi al ritmo di Haiji. Una volta arrivati alla porta Haiji si voltò verso Musa e Ouji, che erano gli unici rimasti in dormitorio quel giorno, per salutarli.
“Ti raggiungeremo tutti in ospedale prima dell’operazione per salutarti, quindi non preoccuparti, Haiji-san.” Esclamò Musa, con quel solito tono incoraggiante. Haiji gli rivolse un sorriso di gratitudine.
“Mi dispiace essere di peso in questo modo.” Esclamò. “Kakeru,” aggiunse poi voltandosi a guardarlo. “Per che ora pensi di arrivare?”
“Sarò lì massimo per le 14, se i mezzi non fanno ritardo.” Rispose il ragazzo mentre lo aiutava a camminare verso la macchina. “Ti ho messo un po’ di libri nel borsone, così non ti annoierai nell’attesa. A che ora inizia l’operazione?”
“Per le 16.” Rispose Nico-chan, mentre caricava le stampelle di Haiji in macchina, “hai un bel margine di tempo per arrivare.”
Kakeru ne fu sollevato. Aprì la portiera della macchina e aiutò Haiji a salire.
“Allora ci vediamo più tardi.” Esclamò Haiji, guardandolo dal basso del sedile, il tono di voce diverso dal solito, quasi come se non se ne volesse davvero andare. Un altro dei sintomi che qualcosa non andava. Haiji era sempre il più fiducioso tra tutti loro, lo dimostrava il fatto che mai una volta aveva dimostrato insicurezza o cedimento da quando aveva espresso la sua decisione di correre la Hakone assieme al gruppo. Per lo meno, non fino alla fine.
La sensazione di ansia nel petto di Kakeru si fece più forte, ma non voleva darlo a vedere agli altri, soprattutto ad Haiji. Stava per chiudere la portiera, quando all’improvviso Haiji lo bloccò afferrandolo per il polso.
“Kakeru…” esclamò questi. Nico-chan aveva già messo in moto la macchina e stava solo aspettando che Kakeru si decidesse a chiudere la portiera per partire.
“Arriverò in tempo.” Rispose Kakeru alla domanda silenziosa di Haiji.
Haiji annuì e non distolse lo sguardo, mentre gli lasciava il polso e Kakeru chiudeva la portiera. Dopo essersi assicurato che non passasse nessuno, Nico-chan si immise in strada e la macchina sparì dalla sua visuale.
Yuki mise una mano sulla spalla di Kakeru, prima di rientrare in dormitorio. Kakeru strinse il pugno, doveva solo pazientare ancora un po’, poi lo avrebbe di nuovo rivisto. Non c’era motivo di preoccuparsi. 

******

“Non aveva detto che sarebbe arrivato alle 14?” domandò Haiji guardando per l’ennesima volta l’orologio e osservando, inutilmente, fuori dalla finestra. Non c’era la minima possibilità che potesse vedere Kakeru, dato che si trovava al quarto piano, ma magari sarebbe riuscito a distinguere la sua testa tra i passanti.
“Forse ci sarà un po’ di traffico e i mezzi sono in ritardo.” Aveva cercato di tranquillizzarlo Nico-chan. Shindo, Musa, King e Ouji avevano dato il cambio a Nico, Yuki e i gemelli, dato che non erano ammesse troppe persone in stanza, che erano arrivati da poco. I gemelli stavano mangiando il pasto che l’infermiera aveva consegnato per errore nella stanza di Haiji, mentre questi, seduto alla sedia accanto alla finestra, nell’attesa di avvistare Kakeru da un momento all’altro, cercava di non pensare all’ansia che gli stava crescendo nel petto. Anche se avesse potuto, non sarebbe comunque riuscito a mangiare nulla.
Perché era in ritardo? Che gli fosse successo qualcosa?
Guardò nuovamente lo schermo del cellulare.
14.40.
Non era da lui non avvisare, non mandargli un messaggio con scritto che stava per arrivare, o che i mezzi erano in ritardo. Scorse la rubrica e trovò il suo numero, fece partire la chiamata.
“Il telefono da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La preghiamo di richiamare più tardi.”
Haiji imprecò tra i denti, mentre chiudeva la chiamata e tornava a guardare fuori dalla finestra. “Se gli è successo qualcosa?” domandò poi.
“Perché sei così nervoso?” esclamò Yuki avvicinandosi. “Avrà avuto un contrattempo.”
“Ma non risponde al telefono.”
“Aveva un seminario, no?” esclamò Joji all’improvviso, mentre il fratello gli rubava il budino di mano per assaggiarlo.
“Forse è dovuto rimanere in università più del previsto.” Aveva commentato Nico-chan, che si era stravaccato sul letto dove, in teoria, avrebbe dovuto trovarsi Haiji.
“Giusto, ultimamente diceva che non riusciva a trovare un attimo per parlare con il professore per il report di fine semestre, vero Joji?”
Il gemello annuì, mentre riprendeva possesso del budino e se ne metteva una generosa quantità in bocca. “Ahh che buono.”
“Davvero? A proposito, perché voi due non avete impegni oggi?” chiese Haiji.
“Noi?” Joji e Jota si indicarono l’un l’altro. “Noi non abbiamo avuto problemi a seguire i corsi, Kakeru ha collezionato delle assenze, a cui ha dovuto rimediare con il seminario.” Rispose Joji. “Almeno così è quello che mi ha detto.”
Haiji guardò i gemelli e si fece pensieroso. Nelle ultime settimane, a parte per la cucina, fortunatamente, a cui pensava Nico-chan, Kakeru aveva praticamente preso il suo posto al dormitorio tra fare il bucato e pulire. Inoltre, quando non era impegnato a fare queste cose, si prendeva cura di lui. Aveva pensato che studiasse nel tempo libero o quando era in università, ma ora che ci pensava non si era neppure accorto che non gli rimaneva molto tempo per fare entrambe le cose. 
“Haiji!” Nico-chan lo rimproverò dal letto e Haiji lo fissò dapprima confuso, poi un po’ imbronciato.
“Non mi sono accorto che fosse così indietro con l’università.” Esclamò piano poggiando il mento sulla mano e guardando fuori dalla finestra. I gemelli avevano iniziato una discussione infinita con Yuki riguardo il succo di frutta, quindi solo Nico-chan aveva potuto sentirlo.
“Non essere così duro con te stesso. Avevi ben altro a cui pensare dato che il ginocchio non ti faceva dormire.”
Haiji non rispose e guardò di nuovo il cellulare. Erano quasi le 15. Forse si stava preoccupando troppo, ma la sensazione che provava da quando si era svegliato quella mattina non accennava ad andarsene. Qualcosa non andava. E di quel passo non sarebbe riuscito a dirgli quello che avrebbe voluto prima di entrare in sala operatoria.
“Ma come, è già qui?”
La voce di Joji lo distrasse e si voltò verso la porta, sperando di vedere Kakeru, in realtà si trovò faccia a faccia con il chirurgo che si stava avvicinando a lui sorridendo. “Sensei?”
“Come ti senti, Kyose-san? Non sono sicuro di chi sia il paziente, oggi.”
Haiji guardò Nico-chan che si alzava dal letto, bofonchiando qualche parola di scusa al dottore, mentre questi sorrideva nella sua direzione.
“Sto bene.” rispose Haiji, “ma non è presto, sono appena le 15.”
“L’operazione prima della tua si è conclusa prima del previsto, se non ci sono problemi ti porterei subito in sala operatoria.” Esclamò l’uomo aprendo la cartella clinica di Haiji. “Sei a digiuno, vero? Mi è stato detto che ti hanno portato il pranzo.”
“Nessun problema, sensei,” esclamò Jota radiante, “ce lo siamo mangiato noi.”
“Con prima del previsto, intende che il suo paziente è morto?”
“Chiudi quella bocca, idiota!” Yuki diede un colpo in testa a Joji, che si portò le mani alla nuca piagnucolando. Il dottore rise. “Niente del genere. Non dovete preoccuparvi per il vostro amico, è in buone mani.” Commentò l’uomo.
Joji chinò il capo e annuì. Yuki gli massaggiò la schiena, stavolta premuroso, sapeva quanto fosse preoccupato in realtà. I gemelli non erano bravi a gestire l’ansia.
Haiji guardò Joji con il cuore colmo di affetto, mentre Nico-chan lo aiutava a mettersi sul letto. “Non può aspettare ancora qualche minuto?” chiese al dottore, “sto aspettando una persona, sarà qui a momenti.”
Il medico diede un’ultima occhiata alla cartella e poi alzò di nuovo lo sguardo. “Preferirei intervenire subito, sono sicuro che il tuo amico sarà qui quando l’operazione sarà terminata.”
Haiji era consapevole del motivo per cui il dottore preferiva iniziare al più presto. Nel caso fossero insorte delle complicanze, avrebbe avuto più tempo per agire, senza ritardare ulteriormente le restanti operazioni della giornata. Sospirò annuendo e guardando Nico-chan.
“Sta tranquillo, appena leggerà i tuoi messaggi verrà subito qui. Non c’è motivo che ti preoccupi.”
Non doveva entrare in sala operatoria con quei pensieri in testa. Quindi annuì. Non c’era motivo di preoccuparsi, infondo era lui quello ricoverato in ospedale.
Mentre le infermiere lo preparavano, sbloccando i freni del letto, Haiji diede il cellulare a Nico-chan.
“Haiji-san, ganbatte!”
Faito!” esclamarono i gemelli in coro.
“Mi raccomando!” esclamò Yuki sorridendo.
“Ci vediamo al tuo risveglio.” Esclamò Nico-chan.
“Se Kakeru…”
“Non preoccuparti!” esclamò di nuovo quest’ultimo scompigliandogli i capelli.
“Ragazzi…” l'infermiera si era fermate per permettere al ragazzo di salutare tutti i suoi amici che si erano radunati per guardarlo varcare le porte a cui loro non avrebbero avuto accesso. “Grazie a tutti. Ci vediamo dopo.”
Si sdraiò e fece un respiro profondo mentre l’infermiera sorrideva.
“Sono venuti a salutarti tutti i tuoi amici. Devono volerti davvero molto bene.”
Haiji sorrise, poi si voltò stanco dall’altra parte.
No, non c’erano tutti. Pensò, sospirando.

*********

Kakeru non riusciva a credere che si fosse già fatto così tardi. Quando il seminario era finito, il professore a cui avrebbe dovuto consegnare il report di fine semestre lo aveva preso da parte per rimproverarlo delle assenze che aveva collezionato in quell’ultimo periodo. Kakeru si era scusato diverse volte, attribuendo quella mancanza a vari imprevisti che si era ritrovato ad affrontare dopo la maratona. Il professore non aveva commentato altro, ma aveva insistito che rimanesse dopo il seminario a discutere del report, pronunciandosi preoccupato per la sua situazione.
A nulla era servito pensare a una scusa plausibile. Erano le 15.45 esatte, quando l’uomo lo aveva finalmente lasciato andare e Kakeru si era ritrovato con una miriade di cose da cambiare nel suo compito e solo 15 minuti di tempo per arrivare in ospedale prima che Haiji venisse portato in sala operatoria. Quando riaccese il cellulare, questi iniziò a suonare come un matto, annunciando una serie di chiamate perse da Haiji e un ultimo messaggio di qualche minuto prima.
Dannazione!
Aprì il messaggio mentre correva in direzione della metro, ma non appena lo lesse si fermò sui suoi passi, come se fosse stato improvvisamente colpito da un fulmine.

 
Sono Yuki. Non preoccuparti, ok? Ma appena hai finito vieni in ospedale il prima possibile.

Che diavolo era successo? E poi che voleva dire non preoccuparti? Se come prima cosa sentiva il bisogno di dirgli di non preoccuparsi (e non che andava tutto bene) significava che in realtà c’era qualcosa di cui preoccuparsi.
Alzò la testa, lasciò cadere il braccio e guardò dritto davanti a sé. Se avesse preso la metro, anche se avesse corso per arrivare in tempo, avrebbe dovuto aspettare un’eternità prima di trovare un vagone che non fosse troppo pieno, avrebbe dovuto scendere e poi salire, perdendo così un sacco di minuti preziosi.
Fece un passo, l’ansia che gli attanagliava il petto, le lacrime agli occhi, il cuore pesante come un macigno, e iniziò a correre.

********

“Un’embolia polmonare?” ripeté Nico-chan con le braccia incrociate, mentre cercava di metabolizzare le parole del dottore. Kakeru non lo stava neppure ascoltando. Si era fermato alla parola ‘complicanza’, da quel momento in poi non aveva sentito nient’altro. Se ne stava a capo chino a contemplare i suoi piedi, mentre Shindo accanto a lui gli teneva la bottiglia d’acqua che aveva appena bevuto e un braccio attorno alle spalle.

“Che cosa è successo?” aveva esclamato quando si era presentato davanti ai suoi amici, radunati nella sala d’attesa, con il fiatone e letteralmente grondante di sudore.
“Kakeru-san!” Shindo era stato quello più veloce del gruppo. Gli aveva preso qualcosa da mangiare e una bottiglia d’acqua, obbligandolo a bere.
“Che cosa è successo?” ripeté questi dopo che ebbe preso un morso della barretta energetica e un sorso d’acqua.
Yuki aveva sospirato. “L’infermiera è uscita mezz’ora fa dicendo che c’è stata una complicanza durante l’operazione, per questo ci vorrà molto più del previsto.”
“Quanto di più?”
“Non lo ha detto.” Aveva risposto Shindo, mentre tutti gli altri tenevano il capo chino, preoccupati.
Kakeru aveva sbattuto le palpebre un po’ di volte per allontanare le lacrime. “Ho fiducia in lui.” Aveva detto poi stringendo il pugno, “andrà tutto bene.”

Il dottore stava continuando a spiegare a Nico-chan cosa fosse successo, ma lui non stava davvero prestando attenzione. Non ci riusciva. La testa era piena delle cose che non aveva potuto dire ad Haiji prima dell’operazione. Mentre correva per arrivare in ospedale il prima possibile, la sua mente aveva prodotto scenari a cui non osava neanche ripensare.
“Il trombo ha istruito l’arteria polmonare, causando un infarto polmonare. Per fortuna lo abbiamo notato in tempo e siamo riusciti a liberare l’arteria. Abbiamo somministrato degli anticoagulanti. Dobbiamo solo aspettare che si risvegli per assicurarci che non si siano verificati danni più gravi.”
“Quindi sta bene? possiamo vederlo?” domandò Yuki, che Kakeru si accorse essere al fianco di Nico-chan.
“Consiglierei solo una persona alla volta.”
Così dicendo, otto teste di voltarono all’unisono verso Kakeru, che si sentì improvvisamente osservato.
“C-Cosa?”
“Vai, hai corso quasi 10 chilometri per arrivare in tempo. Direi che ti sei aggiudicato il diritto di vederlo per primo.”
Kakeru si alzò di scatto, rimanendo però immobile. Lo sguardo fisso a quello di Nico-chan, le lacrime agli occhi, i pugni stretti e le gambe rigide.
“Forza, non farmelo ripetere due volte!” esclamò Nico-chan imbarazzato.
“Grazie!” esclamò Kakeru inchinandosi a novanta gradi, per poi correre, dove il dottore lo stava aspettando.
“Kakeru non correre!” sbottò Nico-chan portandosi una mano alla fronte.
L’avvertimento arrivò in tempo e Kakeru allentò il passo mentre si avvicinava alla stanza di Haiji.
“Non preoccuparti per l'ossigeno, è solo una prevenzione.” Esclamò il dottore premuroso. “Sei la persona che stava aspettando, vero?”
Il moro si voltò confuso verso il dottore. “Come?”
“Prima dell’operazione diceva che stava aspettando qualcuno che sarebbe arrivato da un momento all’altro. Sei tu, vero? Sono lieto che sei arrivato in tempo.” Il medico sorrise. “Vi lascio soli.”
Esclamò chiudendo la porta alle sue spalle e solo in quel momento Kakeru ebbe il coraggio di voltarsi a guardare Haiji. Come gli aveva annunciato il dottore, aveva una cannula nasale che lo aiutava a respirare, il ginocchio era sollevato di modo da evitare la formazione di altri trombi, così gli era sembrato di capire dal dottore mentre parlava con Nico-chan.
Kakeru si avvicinò al letto. Esitò a toccarlo, ma solo per qualche secondo. Gli prese la mano, stando attento a non toccare le flebo, e si sedette vicino a lui.
“Haiji-san, non so se riesci a sentirmi, ma te lo dico lo stesso.” Esclamò il ragazzo, cercando le parole giuste per esprimere quello che sentiva. Una sfida ardua, dato che non era mai stato bravo in queste cose. Il fatto che il moretto fosse addormentato giocava un punto a suo favore.
“Mi dispiace di non essere riuscito ad arrivare in tempo!” esclamò stringendo la mano alla sua e il pugno con l’altra, “ma adesso sono qui! Devo dirti ancora un sacco di cose, quindi per favore svegliati presto.” Esitò cercando di trattenere un singhiozzo inutilmente, “poi ti prometto che ti farò dormire quanto vuoi!”
Non riusciva a togliersi della testa la frase del dottore. Cosa avrebbe fatto se non si fosse svegliato affatto? Scosse il capo per allontanare quei pensieri e sospirò. Stava provando una paura che non aveva mai provato prima, e non sarebbe svanita finché non avrebbe rivisto gli occhi aperti di Haiji.
“Kakeru…?”
Il moro alzò lo sguardo quando sentì il suo nome. Come se si trovassero al dormitorio e lo avesse appena chiamato per chiedergli di aiutarlo in cucina.
“Perché piangi?” esclamò il moretto tossicchiando.
Kakeru strabuzzò gli occhi sorpreso. “Haiji-san! Ti sei svegliato!!!!”
Haiji si portò la mano libera sul volto, per togliersi la cannula.
“Aspetta!” Kakeru gli lasciò la mano per toglierla e Haiji fece qualche respiro profondo, prima di tornare a guardarlo.
“Come ti senti?” domandò Kakeru preoccupato.
“Meglio, adesso.” La voce di Haiji era quasi un sussurro. Sembrava che fosse tutto a posto, forse doveva chiamare il dottore o l’infermiera? Però non voleva che quel momento venisse rovinato così presto con la presenza di un’altra persona. Quindi decise di rimanere ancora un altro po’ così.
“Allora…? Perché stai piangendo?”
Kakeru lo guardò di nuovo sorpreso e arrossì imbarazzato, asciugandosi il volto. Le guance già bagnate erano solcate da nuove lacrime. Non si era neppure reso conto di aver iniziato a piangere. “Perché… hai avuto una complicanza… e pensavo che… non ti saresti più svegliato…” sembrava quasi stupido dire ad alta voce qualcosa di cui aveva avuto così tanta paura, ora che Haiji aveva di nuovo gli occhi aperti e parlava.
“Una complicanza? Eri preoccupato quindi?” Haiji sorrise e Kakeru distolse lo sguardo grattandosi la nuca. “Beh mi sembra normale.”
Haiji ridacchiò leggermente. Una risata stanca, ma era la sua risata. In qualche modo l’ombra di quella mattina era svanita.
“Sono sollevato…” disse Haiji dopo un po’.
“Cosa intendi?”
“Ero preoccupato che ti fosse successo qualcosa, ho fatto un sogno orribile mentre dormivo. Ma quando ho sentito la tua voce… mi sono tranquillizzato. Sono contento che sei riuscito ad arrivare in tempo.”
“Haiji-san, mi dispiace! Il mio professore…” no, Haiji non sembrava in cerca di una giustificazione. Gli prese di nuovo la mano e poggiò la fronte sulla sua chiudendo gli occhi.
Haiji lo imitò e stavolta sentì la stretta leggera ricambiare la sua.
“Sono stato felice stamattina.” Esclamò Haiji mezzo addormentato.
Kakeru aprì gli occhi. Lui aveva ancora gli occhi chiusi.
“Quando mi hai preso la mano. Se non lo avessi fatto non sarei riuscito ad affrontare tutto di nuovo… quindi non scusarti. Mi sei stato vicino per tutto il tempo…”
“Eri spaventato?” chiese piano Kakeru.
Haiji sorrise e annuì. “Grazie, Kakeru.” Così dicendo era tornato di nuovo a dormire. Le loro mani erano ancora strette come quella mattina, ma stavolta non gliela avrebbe lasciata per nulla al mondo.  
Si portò la mano libera sugli occhi asciugandosi le lacrime.
“Haiji-san…” sussurrò piano.

*********

“Wow, Kakeru!!!!” Haiji schiacciò il pulsante stop del timer.
“Quanto???” esclamò Kakeru fermandosi. Non dava il minimo segno di stanchezza. Ansimava leggermente, ma non sembrava che avesse appena corso 5 km.
“14 minuti e 13 secondi.” Esclamò Haiji. “Sei ancora più veloce dell’ultima volta.” Che risaliva esattamente a prima della maratona. Anche senza allenarsi il suo tempo era notevolmente migliorato.
Haiji gli passò un asciugamano, mentre lui si appoggiava alle stampelle per riposare il ginocchio. Erano passate due settimane dell’operazione e il dottore gli aveva fatto promettere di non stare troppo tempo seduto e di camminare il più possibile, per evitare la formazione di ulteriori trombi. Se possibile, Kakeru era diventato ancora più premuroso e insieme avevano pensato che sarebbe stata una soluzione ottimale andare in pista assieme: Haiji avrebbe camminato, Kakeru avrebbe corso. Era prendere due piccioni con una fava.
“Quando hai trovato il tempo di allenarti?” domandò Haiji.
“A dire il vero non corro dalla maratona.” Esclamò Kakeru portandosi una mano alla nuca. No, un momento… non era vero. “A essere precisi non corro dal giorno dell’operazione.”
Aveva fatto giurare si suoi amici di non dire nulla a Haiji di come avesse corso dall’università all’ospedale quel giorno. In quel momento non ci avevo fatto caso, ma ripensandoci a posteriori, era stato imbarazzante quando gli avevano chiesto perché non avesse preso la metro.
“Che intendi dire?” esclamò Haiji incuriosito.
“Beh… quando ho letto il messaggio di Yuki… ho corso dall’università all’ospedale senza pensarci…” borbottò Kakeru distogliendo lo sguardo imbarazzato da quello di Haiji.
“Tu cosa?” Haiji fece una risata sommessa.
“Ero preoccupato!” sbottò Kakeru colto sul vivo. “Ho avuto davvero paura di…” lasciò la frase in sospeso.
“Scusa, hai ragione! Non avrei dovuto ridere.” Si avvicinò piano a lui, il ginocchio gli faceva male. Poteva dirlo dal modo in cui camminava.
“Grazie, Kakeru.” Esclamò semplicemente appoggiando la fronte sulla sua. Quel gesto, che in teoria avrebbero dovuto metterlo in imbarazzo, lo calmava sempre. Solo quello, bastava più di mille parole. Chiuse gli occhi e rimase così per un po’, finché non sentì Haiji allontanarsi.
Quando Kakeru aprì gli occhi, lo trovò intento a fissare la pista. Forse era troppo presto? Per quanto non volesse darlo a vedere, era sicuro che gli mancasse correre. Nonostante non gli piacesse vedere quell’espressione sul suo viso, sapeva che non avrebbe potuto evitarlo. Quindi lo lasciò per qualche minuto ai suoi pensieri, mentre tirava i muscoli per rilassarli dopo la corsa.
“Haiji-san, sei stanco?” chiese infine.
“Un po’…” esclamò sinceramente, non avrebbe avuto senso mentire a Kakeru, lui lo capiva solo guardandolo negli occhi.
“Torniamo a casa, allora! Siamo già stati abbastanza.” Kakeru fece per prendere le sue cose, ma Haiji lo bloccò.
“No, fai un ultimo giro.” Esclamò sorridendo. Quel solito sorriso con cui riusciva a convincere la gente a fare quello che voleva. In realtà funzionava molto spesso con Kakeru, ultimamente.
“Haiji-san!!!” lo rimproverò il moro.
“Prometto che una volta a casa farò il bravo. Ma ora… corri per me, Kakeru.”
Il moro lo guardò a lungo negli occhi. Come pensava non riusciva proprio a dirgli di no. La verità era che avrebbe corso fino al tramonto se nessuno lo avesse fermato. Non aveva mai provato così tanta fiducia in se stesso prima di allora, amava correre, gli piaceva molto più di prima da quando aveva incontrato Haiji. Chissà se un giorno sarebbe riuscito a dirgli quanto gli fosse grato e quanto fosse felice di averlo conosciuto.
Lasciò andare il borsone per terra, lo sguardo fisso in un punto lontano. Mise un piede davanti all’altro. Avrebbe continuato a correre anche per Haiji.
 
Kakeru sfrecciava sulla pista, sembrava come se avesse appena trovato la sua motivazione per correre. Di nuovo, Haiji vide quella striscia luminosa ai suoi piedi. Non avrebbe mai più potuto correre, ma poco gli importava se gli fosse stato concesso di assistere a quello spettacolo.
Lo spettacolo che era Kakeru per lui. Strinse il pugno, una lacrima scese furtiva dal suo occhio.
Pregò con tutto se stesso che quello sarebbe stato l’inizio della sua vita con lui, non la fine. Erano quelle le parole in sospeso che non era riuscito a dire a Kakeru prima dell’operazione.
“Papà…” pronunciò piano sorridendo. “Ora ho capito cosa vuol dire correre.”
   
 
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