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Autore: IneffablePlotters    30/06/2020    2 recensioni
‘La serpe di buio veglierà assieme al farfallino di luce su quel che sembra ma poi non è… trovando quel che non sapevano nemmeno di star cercando.’
Da leggere anche come ‘Tutto ciò che avreste voluto sapere, ma che nessuno vi ha mai rivelato, sugli anni passati a casa Dowling!’
dal capitolo I:
* “Warlock? Ma che nome delizioso. Scommetto che è un vero angioletto”
“Un demone semmai. Certe volte mi chiedo se non sia stato Satana in persona a mandarmelo”
Crowley sentì l'impulso di ridere, ma virò su ciò che una tata avrebbe detto.
“I bambini sono un dono di Dio, Mrs. Dowling,” e quasi la lingua cominciò a pizzicargli. “Solo che certe volte bisogna solo saperli prendere... *
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Warlock Dowling
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Loka-98






 

1.1 CAMERA DI CROWLEY E AZIRAPHALE...

 

Allo scadere del tempo libero a sua disposizione, Crowley si diresse al grosso armadio in cui oltre ai vestiti aveva riposto un oggetto prezioso, premurandosi di portarlo con sé ben nascosto sotto le vesti nere. Anzi, per l'esattezza gli oggetti erano due.

 

"Che cosa fai?"

 

"Mi faccio trovare preparato a qualsiasi cosa."

 

Quello che tra loro aveva le sembianze di una bambinaia uscita da un horror anni ottanta, lasciò le stanze che avevano adibito al loro soggiorno abbassando gli occhiali fino alla punta del naso, mentre stava aprendo la porta. Voltò il capo in direzione dell'angelo mentre lui gli era ancora alle spalle, e strizzò un occhio per pochissimi attimi, parlando con la sua 'voce da donna' che di femminile non aveva assolutamente niente. "Buona giornata, Fratello Francis."

Crowley ricoprì quelli che Aziraphale riteneva gli occhi più belli che avesse mai visto dietro le sue lenti scure, e lo lasciò lì a finire di prepararsi portandosi dietro la porta sino a richiuderla del tutto.

Aziraphale restò fermo con la tenuta da giardiniere in bilico sul suo avambraccio piegato a fissare il vuoto dove prima c'era la sua immagine, avvertendo la gola seccarsi.

Sapeva che i prossimi mesi in sua compagnia sarebbero stati terribilmente difficili da sopportare. Crowley sapeva essere irresistibile, anche con quella voce e quel suo nuovo look.

Ma ora toccava a lui.

Per quanto amasse poco il suo naturale aspetto, si costrinse a salutare il suo dolce, paffuto e pulito visetto, per poi trasformarsi in un giardiniere più vecchio e che trasmetteva la sua bellezza solo caratterialmente.

Una tata horror e un giardiniere sfatto. Che coppia stramba. Aziraphale si infilò i vestiti, e uscì dalla stanza cercando di non tremare dal nervoso e dalla paura, e con passo veloce, si diresse verso il suo nuovo lavoro.

 

“Chi non ha visto piovere a Londra, non ha visto Londra”si dice. Eppure, un giorno di pioggia e di freschezza Aziraphale lo avrebbe voluto più che volentieri, dato il sole ardente che lo stava facendo sudare sotto tutti quegli strati di stoffa che Crowley gli aveva suggerito di indossare quando ancora progettavano il loro travestimento. Almeno lui non avrebbe dovuto stare piegato tra terra e polline danzante, mentre l’afa lo faceva grondare di sudore.

Ma da bravo angelo, decise di non lamentarsi e di non demordere. Anche se rimpiangeva la salopette verde che all’inizio aveva scelto, era così comoda e fresca...

Certo, il suo umore era peggiorato notevolmente da quando si era presentato nel giardino poche ore prima: quando ancora il sole era sopportabile, e con un sorriso, aveva iniziato con un giro preliminare. L’erba era verde e soffice, le siepi cominciavano a risentire dell’assenza di un giardiniere, infatti quella a forma di stella era diventata più cicciotta e tonda, ma le foglie erano comunque idratate e verdi smeraldo. I fiori, oh, quei bellissimi esemplari, e anche molto costosi, sembravano quasi delle adorabili casette per le fate. Ci si sarebbero appoggiate sopra, e si sarebbero rannicchiate tra quei petali colorati e morbidi. Gli arnesi che gli erano stati forniti erano nuovi e ben affilati, cosa che all'inizio sembrò spaventare qualche piccolo bonsai e qualche rametto dall'aria fragile. Aziraphale, o Francis, con tutto il suo buon umore e il suo angelico carattere, si era seduto sul manto erboso, davanti ad un cespuglietto di rose che sembrava molto preoccupato.

Adocchiò uno dei fiori, quello più malmesso, e con i suoi occhi gli sembrò di scorgere un tremolio spaventato. Con le sue dita delicate, sollevò il fiore leggermente pendente, e proprio quando sembrava giunta la sua ora, l’angelo ci passò sopra la mano: come per magia, il fiore fu bello e rinvigorito.

 

“Mie care, ho promesso di non sfruttare troppo i miei poteri...ma se lo faccio solo una volta non se ne accorgerà nessuno. Dovrò prenderci la mano con i vari unguenti e rivitalizzanti, ma vi prometto che andremo d’amore e d’accordo”

 

Il giardino sembrava aver compreso la vera natura dell’angelo, il quale si chiese come poteva il suo compare trattare quegli esseri meravigliosi con così tanta cattiveria. Gli era capitato di sentirlo urlare contro le sue stesse piante, con l’intento di spaventarle a morte, e presto ci sarebbe riuscito.

Quel demone.. le piante hanno un cuore, un’anima, e l’amore e il rispetto non devono mancare a nessun essere vivente.

Di buona lena, Aziraphale iniziò il suo lavoro, questa volta senza usare i suoi poteri. Ma proprio questo gesto sconsiderato lo portò a soffrire sotto un caldissimo sole londinese, con la schiena ormai piegata in maniera non proprio normale, e con macchie di sudore su tutti i suoi abiti.

 

“Spero che almeno a Crowley stia andando bene.. per i primi mesi poi il bambino non avrà nemmeno bisogno di me, e io dovrò starmene qui a prendermi cura di ogni filo d’erba che nasce, cresce, fa il suo corso e muore..” prese l'innaffiatoio e diede da bere ad cespuglio di rose bianche. “Speriamo che con l’età cominci ad uscire, in questo modo potrei stare più tempo insieme a lui e a Crowley.”

Quest’ultima frase lo fece arrossire, anche se era da solo.

“Oh ma che sciocchezze.. la priorità è il bambino, non certo lui.” cercò di autoconvincersi, anche se la prospettiva di avere Warlock in giro per il giardino mentre lui e Nanny prendono un tè insieme seduti su una delle panchine, era tremendamente invitante. Già poche ore e sentiva la mancanza del suo migliore amico.

 

“Oh, meglio non pensarci!” si disse, e nel mentre sentì un rumore di ali, e poco dopo un passerotto gli si era posato sulla testa.

“Ma che cosa abbiamo qui?" con un dito, prese l’uccellino, il quale si aggrappò forte a lui con le zampette.

“Qualcuno qui ha sentito il pezzo di pane che avevo in tasca” Con l'altra mano tirò fuori delle piccole briciole dal cappotto, e il piccolo

affamato si gettò subito a picchiettare il suo palmo. Non fu il solo animale che Francis vide quel giorno.

Qualche chiocciola, la parte restante della famiglia del passero, e addirittura una coppietta di scoiattoli.

Il suo buonumore fu ristabilito nel giro di poco, e addentrandosi in un’altra parte del giardino, vide una bellissima distesa di fiori,di ogni genere, colore e tipo. Il confine di quel paradiso era la cancellata laterale della villa, dove dei passanti camminavano e talvolta si fermavano per ammirare l’abitazione.

Francis si mise a lavorare, come estasiato da tutti quei boccioli colorati e dal profumo così intenso, preoccupandosi di capire come prendersi cura di ogni fiore senza lasciarne morire qualcun altro.

 

Mentre era inginocchiato, con la coda dell’occhio notò che qualcuno lo stava osservando. Era una bambina, che si era appesa alle sbarre del cancello, e lo guardava incuriosita. Non sembrava essere turbata dal suo aspetto, ma era molto curiosa riguardo ai fiori.

“Tu sembri un angelo.” gli disse la bambina con fare innocente.

“Un angelo?” Aziraphale si girò. “Perché ti sembro un angelo?” le chiese con un sorriso.

 

“Non lo so..” alzò le spalle lei. “Io vorrei essere un angelo” sorrise timidamente. Aziraphale si tolse il cappello, intenerito da quella piccolina.

 

“Forse lo sei. Vediamo se sai fare una magia. Chiudi gli occhi.” La bambina annuì e chiuse i suoi occhi verdi.

 

“Ora tendi la mano”

 

“Va bene”

“E ora vediamo se sei capace di far crescere un fiore.” il biondo schioccò le dita, e la bambina aprì gli occhi come incuriosita da un leggero solletico sul palmo. Un bellissimo gelsomino stava sbocciando dalla sua manina;

Lei aprì la bocca, stupefatta.

 

“Oh.. ci sei riuscita. Brava, sei proprio stata brava.”

La piccola rise, prendendo il fiorellino con entrambe le mani.

“Ora vai piccola, raggiungi la mamma.” si premurò Azi, e la vide correre felice, mentre sventolava le dita per salutarlo.

Il sorriso di un bambino era una delle cose che più faceva sciogliere il cuore di Aziraphale. Come primo giorno di lavoro, non stava procedendo affatto male.. a proposito di bambini, chissà cosa stava combinando Crowley…

 

 

 

1.2 INTANTO, ALL’INTERNO DI VILLA DOWLING...

 

 

 

Se prima aveva rifiutato l'idea di aggiungere un minimo di tacco alle scarpe lucide, adesso il demone ne era del tutto convinto. Le domestiche avevano dato la cera al pavimento di primo mattino, forse ne avevano passata anche troppa. Quella casa doveva avere sempre un aspetto lustro e considerevole viste le tante persone che ne entravano e uscivano ad ogni ora del giorno.

Un diplomatico americano e la sua brava signora dovevano avere il tatto di accogliere ospiti illustri e non, e con un bambino in braccio avrebbe dovuto tenere conto di camminare sulle uova, per non rischiare di far battere la testa a entrambi con una rovinosa caduta, anche poco elegante e per niente nel suo stile.

Teneva le mani giunte l'una sull'altra in avanti all'altezza del ventre, mentre si dirigeva dove la signora Dowling gli aveva detto di farsi trovare prima dell'inizio della sua effettiva carriera per i futuri anni a loro disposizione.

 

Con suo enorme fastidio, fu proprio il maggiordomo ad accoglierla. Paul inscenò un mezzo inchino, più finto del ritocco che aveva fatto alle rughe intorno agli occhi per far apparire il viso ancora fresco e giovane come se avesse vent'anni.

Se Crowley avesse avuto la capacità di operare solo battendo le ciglia, lo avrebbe reso tanto tirato miracolandogli in faccia tanto di quel botulino da non riuscire a dire neanche 'a'.

 

"Buongiorno Miss Asthoreth."

 

"Oh sì, lo è."

Paul aggrottò le sopracciglia evidentemente colto di sorpresa da quel commento. Niente pieghe nella pelle. Che iniziasse a notare, quanto doveva stargli antipatico?

Si destò quasi subito dal suo stato di confusione, battendo un paio di volte le palpebre e ritornando a quel suo ignobile sorriso di accoglienza. Accennò un'espressione di accordo annuendo senza aggiungere altro, e bussò dolcemente alla porta in cui la padrona di casa la stava aspettando. "Miss Dowling, la tata è qui."

 

"Falla entrare, Paul, sbrigati!"

 

Il maggiordomo aprì la porta facendola accomodare, e quel che si trovò dinanzi fu un'immagine che gli diede l'impulso di fare marcia indietro e ritornarsene nel suo tranquillo appartamento senza doversi preoccupare di nulla se non della crescita di esseri verdi che oltre a tremare non parlavano, non piangevano, e non facevano la pipì all'aria. La neo madre chiaramente incapace e per niente preda dell'istinto materno si era presa la briga di cambiare il pannolino del figlioletto stendendolo sopra la scrivania con solo il sottile quadrato sotto di lui. Privo della tutina e a contatto con il legno freddo, Warlock stava dando la sua benedizione personale alla casa che lo ospitava e alla donna che lo aveva partorito in preda agli stessi attacchi nevrotici di chi subiva un esorcismo. La poveretta cercava di proteggersi con i palmi delle mani per salvaguardare almeno il suo costoso vestito urlando al bambino di smetterla, come se avesse potuto capire o eseguire un comando del genere chiesto da un essere umano qualsiasi, ma per le scartoffie a cui stava lavorando non c'era stato nulla da fare.

 

Crowley rovesciò gli occhi al cielo e poi li portò in basso conscio di non essere visto da nessuno dietro la sua personale protezione. 'Di- Sata- qualcuno per grazia di qualcun altro, mi dia la forza di non raggiungere un esaurimento nervoso!' Paul si era ritratto chiudendo Nanny nella stanza con i due preso dal panico più totale, e allora la tata aveva risposto alle tacite preghiere della donna, accorrendo in soccorso prima ancora di essere richiamata all'attenzione.

 

"Miss Ashtoreth, per grazia di Dio è arrivata!"

Se possibile, la signora Dowling sembrava invecchiata dal loro ultimo incontro. Si accasciò sulla sedia portandosi un braccio sulla fronte, mentre Crowley si piegava sul bambino per rimediare al suo innocente danno a un gran numero di documenti importanti. Solo allora il demone di era reso conto che forse, l'audiolibro che Aziraphale gli aveva prestato lo avrebbe dovuto ascoltare la sera precedente, non sul posto di lavoro come aveva intenzione di fare. Guardò alla sua destra, la donna aveva lasciato fazzoletti imbevuti e pannolino nuovo alla rinfusa insieme a penne e cartelline.

Crowley si trovò davanti al suo primo cambio, era giusto dover fare una bella figura, era davanti alla madre del suo figlioccio acquisito. Ebbe la tentazione di schioccare le dita e renderlo pulito e profumato nel giro di due secondi, ma prima che potesse avvicinare pollice e medio, la voce forte e chiara del suo angelo gli tornò all'orecchio esattamente come pochi giorni prima, in uno dei tanti loro piccoli litigi.

 

"Non usare miracoli con lui, se non è strettamente necessario, i bambini si crescono con nient'altro che amore!"

 

In altre circostanze avrebbe dovuto infischiarsi di quell'assurdità, ma dopotutto, quella creatura andava influenzata. Doveva guadagnarsi fiducia sin dai primi giorni di vita, senza contare che avesse addosso il suo scudo protettivo. Sospirò dal naso osservando il visetto dolce del piccolo. A dirla tutta non gli dava così tanta noia stare a stretto contatto con lui. Non si sarebbe mai detto a vederlo così, indifeso e docile, che un giorno sarebbe stato capace di distruggere il mondo. Sperò che quel senso di calma gli restasse per sempre, o stava davvero appiccicando le linguette di un assorbi-bisogni addosso a un neonato per niente.

Gli venne inspiegabilmente da ridere, e scrollò le spalle rivolgendosi al figlio del suo capo sicuro che in qualche modo lo capisse bene.

"Che dici, un altro miracolo demoniaco sulla tua mamma umana cambierà qualcosa?"

Crowley schioccò le dita facendole dimenticare di aver sentito quell'ultima frase, e la lasciò addormentata mentre lui si prendeva il suo tempo per tirare fuori l'audiolibro da sotto la camicia con gli auricolari, e cercare il capitolo del 'Pulito e Asciutto senza Impiccio' e seguire alla lettera le istruzioni con tanto di polvere al talco, che gli provocò una grande quantità di starnuti imbiancandogli la gonna. Infilò il bodino e la tutina, e poi lo raccolse tra le braccia riponendolo nel passeggino, mentre ricacciava tutto il necessario nel borsone che la madre aveva già preparato. Lo raccolse in spalla, e lasciò quella stanza cogliendo di sorpresa Paul a guardia dietro la porta, che sobbalzò al suo scatto improvviso.

 

"Buona giornata Miss Ashtoreth."

 

"Attento alla porta."

 

"Come..? AHI!"

Solo il tempo di recepire quel messaggio dal tono distaccato e impassibile, e la porta si richiuse con un tonfo secco sulla mano del maggiordomo che influenzato indirettamente dal demone, aveva appoggiato allo stipite. Quando si girò in cerca di aiuto, Nanny si era già allontanata ancheggiando.

 

Aveva trascorso il grosso della mattinata passeggiando e narrando ad alta voce tante storie su quante e quali fossero le punizioni che infliggevano ai dannati all'inferno, alternando un tono divertito, ad uno che poteva avere solo un maestro che chiacchierava con il suo studente preferito.

Warlock dopo un po' manifestò un ripetitivo singhiozzo, che costrinse Crowley a tenerlo in braccio e battergli delicatamente dietro la schiena perché si alleviasse, facendolo bere da un biberon apposito colmo di acqua clinicamente testata per i neonati. Solo il meglio per il pargolo di un uomo illustre come suo padre. In questo caso, quello umano.

 

Nel borsone c'era anche la tabella delle poppate, la signora si era rifiutata di dargli il latte dal seno poiché aveva letto di piaghe ai capezzoli e di prolasso dei muscoli. Aveva tutti i soldi a disposizione per rifarsi un petto nuovo, ma aveva paura di operarsi.

"Quando si dice l'amore di una madre e di un padre." esordì il demone leggendo tutte le altre istruzioni che doveva seguire. In pratica, la signora Dowling vedeva suo figlio al mattino e alla sera, e qualche volta, durante gli incroci nei corridoi, o durante le pausa dal lavoro, dal parrucchiere, e dal massaggiatore. Il padre invece a stento sapeva di che colore avesse gli occhi.

 

E così doveva recarsi ogni tre ore in cucina per farsi riscaldare il latte da dare a Warlock. Senza accorgersene, il demone aveva sviluppato la tendenza a parlare con il bambino anche quando non era necessario. "Andiamo dal cuoco, forza."

Non appena Nanny fece il gesto di rimetterlo in carrozzina, Warlock iniziò a lamentarsi fastidiosamente, piuttosto contrariato da quell'idea. Stava così bene tra le braccia della tata, ma tenerlo in braccio gli costava l'imbottitura ai seni. Si spostavano, o si deformavano, ed ogni volta doveva aggiustarsi.

Urgeva un miracolo.

 

Sbuffò indispettito cullando il neonato.

"Allora demonietto, non iniziamo con le lagne insensate!"

Quella frase parve scomporre la quiete che il pargolo aveva avuto tutta la mattina, ed iniziò a piangere di brutto.

"Va bene, d'accordo, ti tengo io!" Warlock vinse su Crowley.

Uno a zero per l'Anticristo.

 

Mentre gli dava il biberon colmo di latte seduta su una delle tante poltrone della villa immensa, una cameriera le passò davanti salutandola frettolosamente. Crowley allora si rivolse al bambino tra le sue braccia, ammiccando divertito.

"Coraggio demonietto, fa' qualche capriccio, rutta, falle cadere quel vaso in testa."

Il bambino continuò imperterrito a succhiare dalla tettarella senza interrompere il contatto visivo con colui vestito da colei lo stava sfamando, senza dare segni di volontà oltre che saziarsi.

"Troppo presto? Sei sulla terra da qualche giorno, devi iniziare a fare guai o il tuo paparino mi farà il culo a strisce."

Malgrado le parole, Crowley utilizzava un tono mieloso e divertito. Quel bambino un po' gli faceva tenerezza.

 

Gli fece fare il ruttino guardando poi l'orologio al polso.

 

"Credo proprio che una passeggiata fuori ti farà bene."

 

 

 

1.3 GIARDINO DI VILLA DOWLING, POCO DOPO...

 

 

Fino a pochi istanti prima, Aziraphale riusciva a sentire solo il cinguettio degli uccellini e il vento che sospirava leggermente sul manto erboso. Ma da poco aveva cominciato ad udire un cigolio di ruote che si impastavano con la terra o con la ghiaia che circondava il giardino, ottimo da percorrere a piedi, ma pessimo con una carrozzina per neonati.

Era proprio quello il suono, e Crowley, o la tata del piccolo Warlock, spingeva a fatica quel trabiccolo.

“Sai caro” disse Aziraphale senza voltarsi. “Dovresti seguire il percorso più liscio e meno dissestato, o farai venire la nausea al piccolo.”

 

“Come se non avesse già problemi di stomaco. Ci è mancato tanto così che mi prendesse in pieno con il suo getto infernale di latte.” rispose il rosso arrivandogli vicino. “Ma non hai caldo? Il sole è a dir poco cocente! Voglio dire, io sono un demone, e non provo molto fastidio, ma tu sei vestito peggio di un beduino!”

 

“Sei tu che mi hai costretto ad indossare questa roba!” L’angelo si alzò per dirigersi verso di loro.“Altrimenti a quest’ora indosserei una salopette, e non perderei litri di sudore!”

 

“Si, ma saresti anche sotto le grinfie di quel perverso maggiordomo! E non mi pare il caso di mostrare così tanta carne al vento, nemmeno io sarei arrivato a tanto! Inoltre in questo modo riuscirai finalmente a perdere quei chiletti di troppo di cui ti lamenti sempre.” Si mise le mani sui fianchi.

 

Aziraphale venne colpito profondamente nell’orgoglio.

“Insinui forse che io sia grasso?” si mise una mano sul petto con fare sconfortato e infastidito.

 

Crowley per un attimo sbiancò. Proprio lui, che amava la rotondità del corpo di Aziraphale, lui che avrebbe voluto vedere di più che un singolo lembo di pelle che fuoriusciva dalla camicia lunga e ben abbottonata, come poteva dire una cosa simile? Cercò di rimediare scuotendo la testa.

“Assolutamente no! Sei tu quello che si lamenta! Per me tu sei perfe-.. voglio dire, a mio parere, non ne avresti bisogno.” alzò la mano come a scacciare la frase che gli era sfuggita poco prima.

 

“Oh, certo. Come no. Facile parlare da chi ha il fisico asciutto, vero?” alzò un sopracciglio.

 

“Questo è perché io non mangio, te ne sei dimenticato? E nemmeno tu ne avresti bisogno.”

 

“Tu non capirai mai il piacere di gustarsi un buon piatto di sushi accompagnato da salsa di soia. E francamente, sudare mi fa impazzire, vorrei tanto togliermi questa robaccia! Mi sento uno spaventapasseri!”

 

“Beh, fallo, ci sono solo io qui.” alzò le spalle il rosso, prendendo in braccio il piccolo Warlock dalla carrozzina, il quale appoggiò la sua dolce testolina sulla spalla della sua tata.

 

“Magari più tardi, qui sono troppo esposto.. potrei andare a curare le piante nella parte più ombreggiata, sicuramente lì avrei più privacy. E non immagini quanto siano fastidiose queste basette!” disse afferrandone una.

“Un vero incubo, mi fanno continuamente prurito per la loro lunghezza!”

 

 

“Non posso capirti, per me tu sei sempre uguale a prima.” constatò, notando che effettivamente per i suoi occhi lui era uguale al solito angelo di sempre.

 

“Beh, io le sento, e sinceramente non le sopporto più”

“Certo che sei un lamentone.” alzò gli occhi, coccolando la testa del piccolo.

 

“Beh, non sono certo io a prendere in braccio un bambino e a tenermelo sul fianco per tutto il giorno, prova tu a stare chinato per ore sotto il sole. Guarda le macchie di erba e terra sulle mani, nemmeno con la parte meno morbida della spugna andranno via.”

 

“Vuoi tenerlo in braccio? Va bene, d’accordo, tienilo.” e senza preavviso, mise tra le braccia di Aziraphale il piccolo addormentato, il quale lanciò un breve lamento prima di accoccolarsi su quella giacca che profumava di erba e fiori.

 

“Ma che fai?” chiese un po’ impanicato, trovandosi Warlock tra le mani.

 

“Facciamo a cambio.” Crowley si mosse verso un cespuglietto di rose, e si abbassò verso di loro senza piegare le ginocchia. Si tolse gli occhiali ed esaminò ogni fiore, prima di schiarirsi la voce.

“Voi.. DANNATISSIME FIGLIE DI-”

 

“NO!” urlò subito l’angelo, rischiando di svegliare il bambino. Si avvicinò a lui, prima che potesse terminare la frase.

 

“Lascia stare quelle rose! Ecco perché io faccio questo lavoro e invece tu stai dentro casa. A proposito, questo caldo non farà male al bambino?”

 

“I bambini hanno bisogno della luce solare, gli rende le ossa forti, non te lo hanno detto? E anche dell’aria fresca. Non posso certo stare dentro casa tutto il giorno, inoltre quando imparerà a camminare per bene dovrò per forza portarlo qui in giardino, vedo già tanti percorsi per correre.. e tanti punti in cui può cadere, sbucciarsi il ginocchio e imparare ad imprecare per bene.” sogghignò guardando la ghiaia, pericolosissima per le ginocchia di qualsiasi bambino.

 

“Tu mi renderai il lavoro un inferno. Ma almeno tutto questo ha dei lati positivi, posso fermarmi quando preferisco, tu invece dovrai stare dietro ad un altro essere vivente dotato di libero arbitrio.” sorrise, cullando il bebè. Profumava di buono.

 

“Si, ma io potrò interagire molto di più con lui. Inoltre, ammettilo, è piuttosto gradevole.. specialmente quando dorme.” si avvicinò all’amico, sfiorando la testolina morbida con la punta delle dita.

“Su questo non c’è dubbio. Credo che mi ci affezionerò molto presto.. guarda che nasino, e che piedini.. sono così piccoli, ma come possono essere così minuscoli? Inoltre la pelle dei neonati è così morbida.. dici che se gli do un bacino si arrabbia?” chiese pensieroso.

 

“Vedo che ti basta poco per intenerirti angelo.” disse Crowley. “Dovrò portartelo fuori parecchie volte, o rischiamo di vederti girare incazzato per tutto il giardino.” ridacchiò.

 

“Oh e piantala, non sono come te! A differenza tua, tratto bene queste piante, e sai una cosa, nemmeno io uso i miei miracoli. Anche le piante hanno bisogno di amore e dolcezza.” annuì fiero, mentre cullava ancora Warlock.

 

“Ah ma davvero?” chiese il demone con aria di sfida. “E allora suppongo che per potare quella siepe a forma di cigno tu ci abbia messo solo tre ore?” indicò quella che era effettivamente un opera d’arte botanica non indifferente, ben tagliata e dalle forme proporzionate.

 

“Beh, veramente quella è un’anatra.” la indicò con la testa.

 

“Oh, vade retro!” Crowley arretrò di qualche passo. “Ma non pensare di cambiare argomento. Tu hai barato.”

 

“Oh, come se tu non lo facessi! Inoltre, devo fare una buona impressione ai Dowling, vuoi che mi caccino via?” Aziraphale porse il bambino alla tata, il quale lo prese in braccio e gli coccolò il pancino.

 

“Nessuno potrebbe volerlo angelo, non dopo tutta la fatica che ho fatto per aiutarti. Ma non esagerare, non potrai sempre usare dei miracoli per uscire da certe situazioni.” scosse la testa.

 

“Ma senti da che pulpito.” alzò gli occhi al cielo divertito. Mentre li riabbassava, notò un bellissimo fiore viola a terra, e nella sua mente qualcosa scattò, suggerendo al biondo che molto probabilmente il colore si intonasse perfettamente al vestito e al trucco del suo migliore amico. Si abbassò, gentilmente lo fece fluttuare da terra, senza strapparlo, e si rialzò portandolo vicino a Crowley.

 

“Ecco, vedi? Di nuovo ad usare dei miracoli.” disapprovò il demone con aria scherzosa.

 

“Questo non conta come miracolo.” Aziraphale gli sorrise dolcemente, e con la mano andò a posizionare quel fiore esattamente tra i capelli rossi e lunghi di Crowley, il quale si pietrificò a vedere l’angelo così vicino a lui, e specialmente con le mani nei suoi capelli.

 

Gli donava molto. Con un altro piccolo trucchetto, Aziraphale concesse al fiore di non appassire, nonostante non fosse più con le sue radici terreno. “Si intona. Così avrai un’aria.. meno gotica. Al bambino potrebbe piacere.”

 

Il rosso esitò, prima di riprendersi, e anche se il suo corpo gli pregava di rispondere con qualcosa di più gentile, quasi virando al dolce, il suo lato sarcastico molto spesso aveva la meglio quando l’imbarazzo entrava in gioco.

“Nkg.. emh, il bambino non riesce ancora a capire cosa sia un fiore, cosa vuoi che ne capisca?”

 

“Beh, allora al momento piacerà a me.” come rinnovato dal buonumore, Aziraphale gli sorrise, e si tolse il cappello per farsi un po’ d’aria.

 

Crowley ebbe un battito più forte degli altri, ed era sicuro di essere quasi arrossito. Mugolò qualcosa di incomprensibile, prima di concentrarsi su un inesistente bisogno del bambino, cercando così di evitare il contatto visivo con il biondo. Come faceva a fargli questo effetto solo con uno stupido fiore? Era incredibile. Quell’angelo era incredibile.

 

Ed era incredibilmente forte il suo amore per lui.

 

“Allora, che si mangia oggi?” chiese intanto il giardiniere, svegliandolo dai suoi pensieri.

 

“Eh?”

“Cosa si mangia. Sto morendo fame, e tu sei la tata, avrai controllato nelle cucine no? Così almeno rimetterò su il peso che ho perso lavorando. Non arriverò ad un bel fisico, ma non credo interesserà a qualcuno.” sospirò prima di andare a posare i suoi attrezzi.

Oh, a qualcuno invece interessava molto, ma non si sarebbe mai permesso di desiderare un Aziraphale senza quella morbidezza che lo rendeva così dolce, tenero, puro e tremendamente invitante.

Ma Crowley non disse niente.

Ancora una volta, il suo coraggio venne meno.

 

Se solo avesse esitato un altro istante si sarebbe giocato il ruolo che copriva, rivelando una verità che lui stesso non aveva ancora preso in confidenza, troppo spaventato dalla reazione che poteva avere il suo angelo davanti a una dichiarazione.

 

Si era sentito più di una volta ridicolo, pensando a quanto fosse lontano da lui l’idea di poter essere amato, da un essere tanto puro come Aziraphale poi era il massimo dell’improbabilità. Si faceva andar bene la sua vicinanza così come l’avevano sempre impostata. Dopotutto, era stato proprio lui a dirgli che correva troppo. Crowley non stava facendo altro che aspettare, come aveva sempre fatto.

Non aveva idea che Aziraphale fosse pronto, che era pur sempre privo della minima idea di come farsi avanti, e che anche lui stesse temporeggiando in attesa di un solo altro minimo segnale da parte del demone. Quelli erano pur sempre gli ultimi ipotetici undic’anni che avevano a disposizione. Se non ora, quando?

 

Nanny si schiarì la gola, cercando di assumere una posa distaccata e un’aria indifferente, incrociando le braccia, dopo aver indossato di nuovo gli occhiali.

 

“Io mi occupo solo del cibo del bambino, di quello neonato tanto per precisare visto che quello un po’ troppo cresciuto può andare a prenderselo da solo, e smettila di agitare quel coso, così lo svegli!” tagliò corto allora il demone che intanto aveva ritrovato il sorriso nel suo essere spigoloso, preso da un senso di agitazione crescente nel trovarsi in quella situazione imbarazzante. Canzonò l’angelo afferrando personalmente il copricapo di paglia per fargli segno di star fermo, allentando uno dei bottoncini della tutina di Warlock, aiutandosi con le braccia dell’angelo a mo’ di fasciatoio. Effettivamente un po’ di fresco gli avrebbe fatto bene.

 

Aziraphale nei momenti di silenzio che seguirono osservò i movimenti di Nanny con attenzione. Le sue mani sembravano così delicate alle prese con quella stoffa, trattava quella creatura come fosse fatta dei petali del fiore che gli aveva appena posato nei crini e che, con sua grande sorpresa e felicità, non si era tolto. Da così vicino poteva vedergli le ciglia sbattere anche dietro le lenti, sentiva il suo odore nelle narici molto più forte del profumo di tutti i fiori attorno a lui.

 

Si chiese per un attimo che sensazione avrebbe provato lui nell’essere accarezzato in quel modo affabile da quelle mani che sembravano tutt’altro che demoniache, in un momento in cui potevano essere soli.. Il calore del sole sui vestiti era diventato insopportabile, o almeno a quello l’angelo aveva associato la vampata di calore che gli era salita fin sopra l’attaccatura dei capelli.

 

“Allora?”

 

“Allora cosa?”

 

“Non volevi dare un bacio? Sbrigati, che devo tornare dentro.”

 

Il giardiniere sgranò gli occhi, chiedendosi se per caso adesso il suo amico a stretto contatto con quello che credevano essere l’Anticristo non avesse sviluppato il potere di leggere le menti. Iniziò a boccheggiare incapace di articolare un pensiero sensato, si ricordò per miracolo di avere Warlock in braccio, o avrebbe alzato e scosso entrambe le mani in segno di resa come se lo avesse morso una tarantola. Nanny sollevò un sopracciglio battendo più volte la punta di un piede al suolo.

 

“Che ti prende, angelo?! Dai o no un bacio al bambino? Lo stai sporcando tutto quanto e se gli viene una reazione allergica chi la sente sua madre?”

 

Aziraphale spalancò la bocca trasformando quasi subito, per sua (s)fortuna, l’espressione di sollievo di chi aveva appena realizzato di non aver ucciso nessuno in una gaia smorfia di approvazione, mentre annuiva energicamente. In effetti si rese conto che l’arrivo di Nanny ed il loro battibecco si era svolto così velocemente, che si era dimenticato di gustarsi il momento che aveva desiderato fin dall’attimo che aveva visto quel neonato nella sua culletta.

 

Si beò della sensazione di stringere quella creaturina al suo petto a cui sentì di volere un gran bene, respirando tutto l’amore che infondeva quell’abbraccio, e poi posò gentilmente le labbra sulla sua fronte facendo una leggera pressione. La potente ondata di quel sentimento travolse Crowley tanto da mozzargli il respiro per un attimo. Era la speranza, che un giorno li avrebbe salvati anziché estinti. L’angelo rise in un modo tanto coinvolgente e cristallino che ogni pianta alla portata d’orecchio iniziò a dondolarsi felice, come se avessero appena ricevuto una buona dose del miglior fertilizzante.

 

A Crowley sembrò infatti guardandosi intorno, che avessero preso tutte più colore.

Non andava bene, avrebbe dovuto insegnare a Fratello Francis come tenere abbassata la cresta -o le fronde- di quegli stupidi esseri.

Si appuntò mentalmente di dargli una lezioncina più tardi in camera sua con i suoi esemplari, anche se tutto sporco, sudato, e rozzo com’era, erano altre le cose che gli avrebbe voluto mostrare.

 

Nanny controllò l’orologio da polso. Era passato esattamente un quarto d’ora da quando l’angelo aveva avuto quel piccolo casto contatto col neonato, e non accennava ancora a lasciarlo andare.

 

“Oh, solo altri due minuti!” continuava a ripetergli ogni volta che il demone gli faceva cenno di lasciargli il pupo.

 

“Ma guarda che amore sei! Tu piccolino, sei la creatura più dolce che io abbia mai vist-”

 

“Guarda che il Grande Capo ti ascolta.” Puntualizzò Crowley indicando il limpido cielo azzurro con l’indice. “Trovi più dolce il figlio del mio superiore di quanto lo era quello del tuo? Vuoi dirlo davvero ad alta voce?” la frecciatina non impedì all’angelo di continuare a dondolare Warlock e parlargli con una vocina stridula e dannatam- beatamente soave, malgrado stesse lanciando un’occhiata esasperata e di puro rimprovero al suo compare che intanto, se la stava ridendo senza scrupoli. Crowley adorava mettere in difficoltà il suo migliore amico, tentare di portarlo al suo limite, e rendergli ambigua ed equivoca una situazione o una semplice frase come quella, del tutto innocente. Non puntava al suo senso di colpa, quanto piuttosto a dargli un gran fastidio aspettandosi una reazione di quelle vere.

 

Inoltre se solo fosse riuscito a farsi mandare a quel paese, davanti a Warlock per giunta, per il suo divertimento glielo avrebbe fatto ricordare a vita. E in più se lo avesse sentito pronunciare una parolaccia sarebbe potuto esplodere dalla gioia, e dall’eccitazione, era chiaro.

 

“Chissà se dirai queste cose anche quando gli comprerò il triciclo e lo inciterò a correre sulle aiuole..’

Intimò Nanny con aria beffarda.

 

“Tu cosa?!”

 

“Stavo pensando.” continuò il rosso ignorando le proteste dell’amico; “Visto che tu stai ficcando il naso nel mio lavoro dato che fai le coccole al demonietto qui.”

 

“Non è un demonietto, è un piccolo angelo.” Il demone finse di avere un attacco di nausea, scuotendo la testa.

 

“Sarebbe il caso che anche io dovrei rientrare nel tuo, poi lo hai detto tu se non erro che ho più familiarità con le piante. Questo fiore, guarda, ha una foglia in meno rispetto a questi altri.”

 

“E quind..” prima che potesse finire la frase, senza cerimonie, Crowley afferrò un fiore da un ramo rampicante e lo strappò in malo modo, ciò causò anche la caduta di alcune foglie della pianta.

 

“CHE FAI?!’ Inevitabilmente, dopo il suo urlo, anche un altro a pieni polmoni invase l’aria. Era decisamente più lamentoso, piccato, e pungente come la sirena di un’ambulanza rotta.

 

“Oh no, no no no piccolo, scusami, va tutto b-” Warlock urlava come impazzito sovrastando i tentativi di Aziraphale di calmarlo, strappato al suo beato sonno. Crowley alzò gli occhi aspettandosi di vedere un uccello cadere al suolo stecchito o una pianta appassire seduta stante, un’automobile schiantarsi oltre il cancello della villa, ma niente di tutto ciò accadde.

 

Sospirò avvicinandosi al bambino, e incrociando le sue braccia con quelle dell’angelo per far sentire la sua vicinanza all’Anticristo senza toglierlo dalla presa del compagno.

 

“Però, lo sto influenzando così bene che ti sopporta solo quando dorme, no? Demonietto, ascolta, shh, shh, ora basta, su, non è niente.”

 

Il bambino parve acquietarsi sotto le indicazioni del demone, con gran sorpresa dell’angelo. Dovette ammettere a se stesso che non era stata un’idea tanto assurda permettergli di fare la tata.

 

“Lo so che questo signore ti ha urlato in testa, ed anche se a te oltre ad essere burbero sembrerà anche abbastanza brutto..”

 

Aziraphale lottò contro se stesso per chiedergli se stesse cercando di

aiutarlo o di girare il coltello nella piaga, ma tacque troppo incuriosito della piega che avrebbe preso il discorso.

 

“Detesto doverti dire, che ti vuole e ti vorrà un grande bene. Lui è un po’ come la crema sui dolci che assaggerai tra qualche anno, una crema che non può fare altro che piacerti. Non è cattivo, non devi avere paura.” Warlock alzò i suoi occhietti sul giardiniere, intenerito e completamente senza parole da quella descrizione sulla sua persona uscita proprio dalle labbra di un demone, del suo demone.

 

Il bambino sorrise, di quei sorrisi dei neonati che nelle favole si diceva facessero ogni volta nascere una fata. Favole che naturalmente, Crowley non gli avrebbe mai raccontato. Era calmo, ma non accennava ad addormentarsi di nuovo.

 

I due allora approfittarono per giocarci un po’, seduti con lui sull’erba sotto un albero. Ad un certo punto, Crowley ebbe la brillante idea di sollevarlo in posizione verticale e portarselo al petto per cambiargli la tuta ormai sporca d’erba, e Warlock rispose con una copiosa quantità di latte rappreso da una chiara indigestione proprio sul suo petto.

 

Aziraphale, contro la sua volontà, iniziò a ridere di gusto cercando di calmare il demone che intanto stava animatamente imprecando, prendendo il neonato.

 

Le piante attorno a loro sembravano ridere con lui, tanto che Crowley si sentì in dovere di far capire loro chi comandava, sollevando un pugno chiuso.

Tutte avevano cominciato a tremare di paura.

“VI INCENERISCO UNA AD UNA STRON-”

Aziraphale aveva schiaffato la mano sulla sua bocca, appiccicandosi il rossetto sul palmo. Nanny invece aveva dal naso al mento una colorazione marroncina, e Warlock stava steso indisturbato emettendo versi di approvazione ormai libero dal peso allo stomaco, che iniziava a puzzare fortemente di acido sul seno della tata.

 

“Guarda che disastro.. angelo, nella borsa sul carrozzino, i fazzoletti umidificati.”

 

“Er- aspetta, caro, ti aiuto io.”

 

L’angelo prese dalla tasca interna della giacca un panno candido, come fosse bianco e asciutto era un mistero, fatto sta che il biondo iniziò a sfregare la stoffa sulla camicetta del compagno energicamente.

 

“Però, stai diventando bravo con i costumi di scena. Guarda come si mantengono alte, e sode, sembrano vere.”

 

Crowley era ammutolito senza dire una sola parola. Inspirò a fondo prima di rivolgersi all’amico, a voce molto bassa.

 

“Questo è perché lo sono. Vere.”

 

 

1.4 VILLA DOWLING, DOPO PRANZO...

 

 

L’ora di pranzo a casa Dowling era una dei momenti più belli della giornata; per Aziraphale in generale, la pausa pranzo era già uno dei momenti migliori, ma il pasto che aveva appena consumato in villa era uno dei più gustosi e abbondanti che avesse mai provato negli ultimi anni. Sicuramente, dopo la visita inaspettata da parte di Crowley, il suo umore si era già disabilito, ma dopo essere uscito dalla sala da pranzo riservata ai servitori si sentiva proprio felice. Non aveva avuto occasione di conoscere molta gente nuova, sfortunatamente molti avevano già pranzato o dovevano ancora farlo, quindi si accontentò di chiacchierare con qualche domestico.

 

Non vi era traccia di Crowley, fino a quando non sentì sprigionarsi dal piano di sopra della villa, un terribile grido. Il grido dell’Anticristo.

L’angelo si mise subito in posizione di difesa, pronto a schioccare le dita, per paura che quell’urlo potesse incendiare la casa, o far crollare i costosissimi ma letali candelabri di cristallo che pendevano dal soffitto. Ma non successe.

Erano solo le urla di un bambino in fasce, che attendeva di mangiare, o di essere cambiato o che qualcuno lo addormentasse.

Aziraphale attese ancora qualche istante, prima di sentire da lontano una boccuccia di neonato essere tappata o con un biberon o con un ciuccio. E brava tata!

L’orologio rintoccò le due, e il biondo si mise nuovamente il cappello, pronto a ricominciare da dove si era fermato.

 

 

 

Era passata circa un’ora, ma il caldo non se ne era andato, anzi, picchiava più forte di prima sul povero angelo, il quale boccheggiava. Lui era abituato ad una fresca ed accogliente libreria, non ad un caldo torrido.

No, decisamente no, non poteva continuare così, ne sarebbe andata della sua salute mentale e di conseguenza anche le sue buone influenze nei confronti del piccolo Warlock ne avrebbero risentito, diventando cattive.

 

Non poteva certo contribuire alla sua cattiva crescita.

Doveva rilassarsi, e al diav- o meglio, all’angelo i miracoli. Come aveva progettato fin dal mattino, si inoltrò in una zona più coperta del giardino, dove poteva vedere che le persone più vicine erano non più grandi di un moscerino.

 

“Qui dovrebbe andare bene..” si assicurò di essere solo, e cominciò a togliersi l’enorme giaccone che indossava, appendendolo ad un ramo lì accanto, si sbottonò la camicia, e sentire finalmente la pelle libera fu il paradiso; con un piccolo miracolo, tornò alle sue fattezze di sempre, potendo finalmente toccare le sue guance glabre e senza più quelle orribili basette che gli davano solo un grande prurito.

 

Si cambiò i pantaloni optando per un paio più comodo e leggero, un pinocchietto non molto elegante ma decisamente più funzionale. Prima di infilarsi un altra camicia meno soffocante, rimase però a godersi quella misera folata di vento, che però sul suo corpo sudato aveva l’effetto di un vento gelato.

 

“Oh, finalmente.” sospirò appagato. “Non avrei sopportato un secondo di più” si aiutò facendosi aria con il cappello, avvertendo la sua pelle rinfrescarsi, e le macchie rosse farsi meno intense. Sarebbe stato proprio il clima ideale per prendere una coperta e stendersi sotto quell’albero, magari in compagnia di Crowley e del bambino. Sarebbe perfetto, avrebbero entrambi giocato con lui, avrebbero sonnecchiato insieme, e fatto merenda, anche se quella del bambino sarebbe stata a base di latte. A proposito di latte, dopo quella terribile figuraccia riguardo al nuovo “equipaggiamento” di Crowley, Aziraphale si chiedeva se quelle.. cosette, le avesse prese solo per far scena o anche per dare da mangiare al neonato.

 

Ma poi, si era detto che fosse una domanda alquanto sciocca.

Era stato abbastanza imbarazzante strofinare energicamente sul suo petto, prima di scoprire che non era un travestimento, ma allo stesso tempo l’angelo aveva provato qualcosa dentro di lui, uno strano calore a livello dello stomaco.

 

Si chiedeva come sarebbe stato vederle senza quegli inutili strati di stoffa, se fossero effettivamente così belle e sode come sembravano essere sotto quella camicetta.. erano pensieri irrazionali, forse anche peccaminosi per un angelo, ma lui non poteva fare a meno di pensarci. Provò caldo di nuovo.

Scuotendo energicamente la testa, il biondo cercò di non pensarci, preferendo rivolgere le sue energie al lavoro. Mancavano ancora le begonie, che avevano l’aria di essere assetate.

 

Ma anche qualcun altro avrebbe preteso presto le attenzioni del giardiniere.

Aveva infatti fatto rumore, con il suo passo pesante, e Aziraphale sorrise.

 

“Caro, dovresti fare meno rumore, se non vuoi farti scoprire.”

 

“Ha ragione, ma in ogni caso, sono lieto che lei mi abbia scoperto.”

 

Il sangue nel corpo di Aziraphale gelò, e il suo cuore perse un colpo. Rabbrividì, riconoscendo a chi appartenesse quella voce.

Si girò di scatto, e come temeva, vide proprio lui, Paul, che gli sorrideva. Un sorriso tra il compiaciuto e la sua solita espressione cordiale che riservava ad ogni ospite.

Un miracolo, certo, ci voleva un miracolo! Perché non agiva, perché Aziraphale non alzava la mano per liberarsi da quella situazione?

 

Purtroppo, il panico aveva colpito il povero angelo, il quale non aveva la forza per muoversi tanta era la paura. Si ricordò inoltre di essere mezzo svestito e non nelle sue solite fattezze. Ebbe solo la reazione di coprirsi il petto e la pancia con la camicia azzurra che teneva sottobraccio.

 

“Lo sapevo.” sussurrò l’uomo. “Sapevo che non me lo ero sognato.” avanzò di un passo, molto lentamente. “Non poteva essere solo la mia immaginazione.”

 

“Non.. non so di che parla.” Aziraphale ebbe la forza di alzarsi per indietreggiare.

“Non capisco cosa-”

 

“Oh andiamo signor Francis. Non mi dica bugie.. mi dica la verità e anche io sarò sincero con lei.”

 

“S-sincero?”

 

Paul, si fermò non appena vide che il povero giardiniere aveva toccato il tronco dell’albero con la schiena. Lo guardò dritto negli occhi.

“La mia verità, è che io non riesco a non pensare al giorno in cui ci siamo conosciuti. So che non è passato molto tempo, ma io non posso rassegnarmi. Lei, non so come abbia fatto, ha tramutato il suo aspetto, o forse me lo sono immaginato io, ma non mi importa. Lei è un vero angelo, mio caro, e non posso negarlo. Mi ha rubato il cuore, e ora è suo, oh signor Francis.” si abbassò sul proprio ginocchio, gesticolando in maniera teatrale.

 

“Ma lei non capisce!” Aziraphale si sentì il cuore in gola dopo tale dichiarazione.

Crowley aveva ragione, quel Paul puntava veramente a lui.

 

“Lei è così bello, garbato, e così dolce.. confesso non aver mai provato emozioni simili. Mi scusi se l’ho spiata di nascosto, ma non ho potuto farne a meno. Cupido mi ha colpito con la sua freccia, io la amo Francis!”

 

COSA??!

Il biondo rimase senza fiato.

Sgranò gli occhi in una smorfia spaventata, e si dimenticò del fatto che potesse agire in meno di qualche secondo schioccando le dita.

Le parole giuste, dalla persona sbagliata!

 

Provò a dire qualcosa, ma gli fu impossibile.

 

“Chi mai amò che non abbia amato al primo sguardo?” esordì, prendendo la sua mano candida e fredda dalla paura tra le dita. Ora ci si mette anche con Shakespeare!

Baciò elegantemente il dorso della mano, e il biondo non aveva la forza per rimuoverla. Era tutto così imbarazzante, e il panico lo aveva colto nel peggiore dei modi.

 

“Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?” si rialzò in piedi, avvicinandosi sempre di più. “Ricorda, mio caro? La nostra passione per Shakespeare? Sono certo che potrei recitargliene altre mille di queste parole.. non mi dica di no, oh mio candido angelo..” parlava dolcemente, ma il disagio nel cuore di

 

Aziraphale lo stava facendo ammattire. Non riusciva a muoversi, a svincolarsi, e ora che erano ben chiare le intenzioni di Paul, non sapeva come agire.

 

Cominciò a tremare, quasi indeciso se chiamare aiuto.

Si stava avvicinando pericolosamente con il viso, e avvertì una mano sfiorargli dolcemente la gota.

 

“N.. no..” sussurrò, ma fu un sospiro che non riuscì nemmeno lui ad udire.

 

Poco prima che potesse succedere il fattaccio però, una graziosa quanto inquietante donna in gonnella era esattamente dietro la schiena di Paul, e ci era arrivata quasi strisciando anche se camminava su due gambe, silenziosa come il serpente che era sotto quegli abiti e quelle sembianze.

 

Crowley, come previsto nella speciale agenda che la signora Dowling gli aveva dato con gli orari in cui era libera di fare la mamma, le aveva lasciato la custodia dell’Anticristo per un’oretta, approfittando del tempo libero non per rilassarsi, non per indurre in tentazione qualche servitore a derubare i padroni di casa dei loro beni alla portata di chi aveva accesso alla pulizia delle loro camere e quindi, cassetti e armadi. Ma per uscire nell’immenso cortile che dava al giardino, e raggiungere nel verde circostante il suo migliore amico.

 

Ogni momento era buono per trascorrere del tempo insieme, e le scuse da utilizzare per camuffare il mero desiderio di vederlo erano milioni.

 

Ma vedere quel che gli era capitato quel tardo pomeriggio, era esattamente quello di cui un demone aveva bisogno per ricordarsi che anche se abitava la terra e gli esseri umani, aveva un potere sconfinato e nessuna limitazione, specie se ciò significava dare dolore. Il rosso aumentò la sua camminata così come stava aumentando la sua ira, fino a non toccare quasi terra passo dopo passo, svelto e sempre più in collera. Con un miracolo, anche se a distanza aveva ascoltato quella conversazione molto chiaramente, e così anche le suppliche di Aziraphale.

 

E in quel momento, l’intensa voglia di punire quell’individuo meschino che si stava quasi approfittando dell’impotenza e dell’attimo di smarrimento e di puro terrore che davano gli occhi del suo angelo, fingendo di non cogliere il suo disagio e il suo rifiuto, era più forte di qualunque altro istinto.

 

Nanny si fermò proprio dietro di lui, e se l’angelo non lo aveva visto era solo perché aveva strizzato gli occhi prima che le labbra di Paul si posassero sulle sue, e negli attimi prima, era troppo impegnato a schiacciarsi contro l’albero come se volesse passare attraverso al tronco per scappare non trovando altra via di uscita, spaventato com’era per fare caso a una sagoma nera che si avvicinava.

 

Adesso che si era ripresentata quell’occasione, il demone era in carne e ossa, poteva toccarlo, poteva essere ascoltato.

 

Questo per Paul fu un grosso inconveniente.

 

“Oh che amore potente! Che a volte fa di un uomo una bessstia, e altre, di una bestia un uomo.”

 

La voce del rosso era dura e profonda, tremava dal fondo della gola come se pronunciare quella frase anziché prenderlo a pugni fosse un oltraggio ad Aziraphale, e una costosissima mossa di autocontrollo. Non aveva potuto fare a meno di sibilare, quasi sbuffando fuoco dalle narici.

 

Nel sentire una nuova citazione di Shakespeare, detta da una terza voce, una che anche se fredda come un intero blocco di ghiaccio per l’inviato dei cieli era bella più dei cori del Paradiso cantati dal suo capo in persona, Aziraphale rinvenne dal suo stato di trance, piantando i palmi delle mani sul petto di Paul e allontanandolo da sé con uno strattone, anche se la forza che aveva in corpo era davvero minima.

 

Talmente debole anche mentalmente da non realizzare che il suo migliore amico aveva scelto una frase apposta per dirgli che da quando lo amava era meno cattivo del solito.

 

Il maggiordomo era stato colto di sorpresa andando all’indietro, e Crowley lo afferrò prontamente per le spalle, girandolo in malo modo per averlo di faccia. Il rosso spostò solo un brevissimo attimo gli occhi sul biondo; era mezzo nudo, la faccia simile a una maschera greca inespressiva, e sudato sulla fronte anche se bianco quanto le begonie che voleva annaffiare.

 

Era Paul adesso ad indietreggiare, man mano che la tata avanzava con le mani intrecciate lunghe sulla gonna. Non sapeva spiegarsi il perché non riusciva a darsela a gambe anche se ne aveva tutta l’intenzione, si sentiva come forzato a restare a meno di un metro da quella bambinaia. La bocca del maggiordomo era serrata e secca come il deserto, mentre quella della donna più strana che avesse mai visto, era contratta in una smorfia storta che lasciava vedere i denti superiori.

“Miss Ashtoreth, che piacere vederla qui, ehm.. d-dov’è il bambino?”

 

“L’ho mangiato. Sono brava anch’io a recitare il caro vecchio William, Paul. Assscolti; Se pur sia bello l'amore che è implorato, assai più bello è quell'amore che sssi concede di propria volontà.”

 

Il demone si era sfilato gli occhiali e aveva cambiato voce, modificandola tante volte quante erano le parole che aveva detto fino a raggiungere un tono infelice e terrificante.

 

Paul era a dir poco sconvolto, intimorito come mai in vita sua. Un urlo gli morì in gola quando Crowley spalancò la bocca per mostrargli la sua vera faccia, quella da demone senza un corpo, in procinto di saltargli addosso.

 

Uno schiocco di dita aveva messo una fine a tutto; Paul si era bloccato come una statua con le mani in posizione di difesa, e Crowley era tornato la solita e ormai già iconica tata di villa Dowling.

 

“Er- non farlo, caro!”

L’angelo si era messo a correre allarmato verso di lui prendendogli le mani nelle sue, e abbassandole per renderlo inoffensivo.

 

Aziraphale lo guardava tanto intensamente scuotendo la testa da fargli mancare la parola, ma i due ormai si capivano tanto bene che quello che

 

il rosso voleva dire era arrivato forte e chiaro, per quello l’angelo abbassò la testa incapace di affrontare una ramanzina, sapendo di essere in torto. Quell’atteggiamento pudico e colpevole non bastò a placare il demone.

“Ma che diavolo fai?!”

 

“Io..”

 

“Ti metti a nudo dei vestiti e del tuo aspetto anche senza ricorrere ai tuoi poteri per vedere quali rischi corri!”

Aziraphale guardava le sue mani sporche che giravano i pollici, piccolo sotto quella figura che non conosceva altro modo di sfogare il sollievo per la frustrazione provata in quegli attimi di paura per il suo innamorato, se non urlare il suo disappunto.

 

“Spedisci questo.. esssere lontano da me tu se non vuoi che lo faccia io, potrei mangiarmi l’anima, e se lo meriterebbe! Potrebbe comportarsi così anche con la servitù umana, e quelli non si potrebbero sottrarre a differenza tua, che te ne stai lo stesso lì impalato!”

 

“Scusami, io.. ero spaventato..”

Non lo considerava debole, anzi, Aziraphale era la persona più forte che conosceva, e capiva la sua reazione. La voce era quasi rotta, preludio di un pianto imminente. Fu quella la cosa che lo riportò alla realtà.

 

Con un coraggio venuto da un luogo di se stesso che forse solo Aziraphale ne aveva trovato la chiave, Crowley portò le sue mani sul viso dove poco prima c’erano state quelle di Paul asciugando una lacrima, e quella volta non provò fastidio, ma una bellissima sensazione di leggerezza, calore.

 

“Non metterti a piangere, ho sentito troppe lagne da stamattina, non è ancora finita e le mie orecchie ne hanno già abbastanza..”

L’angelo sorrise quasi ridacchiando, più sicuro in quella vicinanza che amava. Si voltò a guardare quell’uomo.

 

“Di lui che ne facciamo?”

 

“Mi pentirò, ma è giusto che sia tu a decidere.”

 

 

1.5 VERSO VILLA DOWLING...

 

 

Era ormai arrivata l’ora di rientrare. Avrebbero avuto circa un’ ora per sistemarsi, prima di cena. Nanny e Francis camminavano per il giardino,

 

in direzione della villa, e l’angelo era ancora un po' turbato da quello che era successo poco prima.

Forse non era troppo disturbato dall’atteggiamento di Paul, quanto dalla piccola sgridata che aveva ricevuto dal suo migliore amico. Era stato anche di conforto, asciugando le sue lacrime e aiutandolo a calmarsi, eppure non poteva fare a meno di pensare che Crowley avesse ragione.

C’era ben poca gente di cui fidarsi, e con Paul era anche stato fortunato, era anche stato cordiale nelle sue avances.

 

Ma secondo Crowley, avrebbe dovuto punirlo più duramente; invece il biondo non faceva altro che pensare che fosse stato troppo duro con quel maggiordomo.

“Spero solo di non avergli fatto troppo male..” sussurrò entrando in casa insieme a Nanny.

 

“Oh diamine, spero che tu stia scherzando! Angelo, si meritava quello schiaffo. Inoltre, se non te lo ricordi, gli hai cancellato la memoria per l’ultima mezz’ora, non si ricorderà niente.” alzò le spalle il rosso, ancora scocciato da quei suoi sciocchi pensieri.

 

“Ma potrebbe fargli male comunque, e potrebbe notare il rossore! Magari poi in quell’ultima mezz’ora gli era successo qualcosa di bello, e magari ho fatto qualcosa di imperdonabile togliendogli quel ricordo..”

 

“Allora, pensiamoci un attimo. Lavora qui, quindi non può aver trovato un lavoro nuovo. Non può aver fatto qualcosa di così straordinario qui in villa, e sicuramente non si sarà trovato il vero amore perché quell'energumeno puntava dritto a te e al tuo bel fondoschiena, in tutti i sensi! Quindi no, angelo! Non hai causato nessun danno irreparabile!” la sua voce si intensificò dall’inizio del discorso, fino ad arrivare alle ultime parole, pronunciate quasi con rabbia e disprezzo, non pensando al fatto che avesse fatto un sincero apprezzamento al sedere del compagno.

 

Quest’ultimo un po’ lo aveva notato, e ne rimase un po' spiazzato.

“Non so cosa ci potrebbe trovare di bello.. nel mio fondoschiena, almeno”

Intrecciò le dita delle mani, mentre proseguiva insieme a Crowley verso la loro camera.

 

“Probabilmente l’amore non guarda con gli occhi” si diede una risposta.

 

“Oh si che lo guarda. Guarda eccome.” gli disse invece Crowley. In qualche modo, dopo quel complimento velato, Aziraphale si sentì leggermente meglio.

 

“Penso che tu abbia ragione caro, alla fine non avrebbe dovuto permettersi di.. di..”

 

“Molestarti?” suggerì l’amico entrando nella stanza.

 

“Non mi ha proprio molestato.. diciamo che ci ha provato, ha persino intonato quei versi di William..”

“Angelo, li so intonare persino io, direi che non è una giustificazione valida!” Crowley cominciò di nuovo ad innervosirsi mentre richiudeva la porta dietro al biondo.

 

“Non dirmi che tutto quello che è successo oggi non è servito, vero?”

 

“No, non lo stavo giustificando! Solo, non mi è saltato addosso e non ha cercato di attentare alla mia virtù, tutto qui.”

In quel momento però si rese conto di aver rivelato il segreto della sua verginità a Crowley, il quale si girò verso di lui.

 

Aziraphale era certo che avrebbe cominciato a parlarne, e probabilmente anche la mente del demone avrebbe voluto saperne di più, ma per non farlo sentire troppo in imbarazzo decise di non virare sull’argomento, tenendoselo bene in serbo per un’altra volta. “Beh, c’è mancato tanto così!” indicò con pollice e indice guantato una distanza minima, dove non ci sarebbe passata nemmeno una mosca. “Shakespeare di lì, Shakespeare di là.. chi non usa questi trucchetti per arrivare al cuore o al cu.. alla virtù di qualcuno?” il demone intanto si sedette su una delle poltrone della camera di Azi e cominciò a levarsi gli stivaletti.

 

“Rendi tutto così poco romantico.. se qualcuno.. o meglio, se chi dico io, e non un maggiordomo che ho chiaramente rifiutato, mi recitasse qualcosa del nostro caro Will.. magari in un ristorantino, o sulle rive di un fiume..” I suoi occhi sognanti cominciavano già ad immaginare un ipotetico e smielato scenario.

“Sarebbe tutto così bello..” incrociò le mani e se le portò vicino ad una guancia.

 

“Oh angelo, quanto sei ingenuo..” in malo modo, il rosso lanciò via le sue scarpe, riconoscendo però nell’immaginazione dell’angelo una fantasia nella quale lui si sarebbe calato volentieri.

 

“Forse hai ragione.. scusami. Oggi ero molto spaventato e io non.. non ero pronto a provare una moltitudine simile di sensazioni. Pensa che ero pronto a schioccare le dita, ma ero troppo preso dal panico, e volevo.. non so nemmeno io cosa volevo fare. Per fortuna che sei arrivato tu. Sei il mio a..- o meglio, il mio diavolo custode!” si rivolse con uno sguardo gentile al demone, il quale cominciò a togliersi gli occhiali e il suo cappellino.

 

Con delicatezza, prese il fiore che l’amico gli aveva donato la mattina stessa, e lo fece volteggiare su un comodino al lato del letto, quello vicino alla finestra, e lo fece adagiare in un piccolo bicchierino di acqua fresca.

 

“L’ho fatto per seimila anni, e lo farò per i prossimi undici. E nei prossimi seimila se ce ne saranno. Dipende tutto da noi. Dopo ti dovrò raccontare molte cose, quel bambino è un angelo e un demone messi insieme, sembra quasi nostro figlio!” disse ironicamente.

 

“Oh.. beh, è uno strano paragone, ma ammetto che non è male.” ridacchiò nervoso l’angelo all’allusione di un loro ipotetico figlio.

 

“Oh, te ne devo raccontare di cose.. ma adesso credo che sia arrivato il momento di andare a toglierti quelle macchie di erba dalle mani e di metterti dei vestiti nuovi. Si va a cena col capo questa sera.” intanto, Crowley ancora vestita da tata, si gettò sul letto di Aziraphale, incrociando le braccia dietro la testa e aprendo le gambe.

 

“Beh, serviti pure.” disse ironico l’angelo vedendolo spaparanzato sul proprio letto.

 

“Che hai detto?” gli chiese Crowley disattento.

 

“Non fa niente” rispose con un sorriso.

“Credo che sì, mi serva un bel bagno rilassante, lavarmi via lo sporco, l’acqua calda, il vapore e un buon bagnoschiuma.. la mia pelle e i miei muscoli duri e tesi ne saranno sollevati.”

 

Quelle parole furono pronunciate in modo totalmente puro e angelico da parte di Aziraphale, esattamente nel modo in cui le avrebbe pronunciate un bambino. Ma nella mente di Crowley esse assunsero un tono molto provocante, quasi tentatore, un tono che fece scattare dentro il corpo di Crowley un meccanismo chiamato: “quell’angelo mi vuole far morire di crepacuore”.

 

Rimase fermo con gli occhi verso il soffitto, con un’espressione vuota ma che in realtà era piena. Molto piena.

Troppo piena, di immagini, di suoni, di qualsiasi cosa di peccaminoso.

Non si rese nemmeno conto che la porta del bagno si era richiusa e che l’acqua della doccia stava ormai scrosciando, sul pavimento, e sulla pelle nuda del suo amato angelo.

 

Si portò le mani sulla bocca e sulle gote, certo di non avere mai avuto nella sua testa un pensiero tanto eccitante.

 

“Gwaah!” mugugnò. “Ma che cazzo di pensieri mi fai fare angelo!” si tirò su con un colpo di addominali e cominciò a battere nervosamente il dito sul letto, indeciso. “Musica, mi serve della musica, devo calmarmi..”

 

Fece partire, al suo solito, con un miracolo, “killer queen”. Si distese nuovamente, alzando il volume al massimo.

 

Nel mentre, pochi metri al suo fianco, Aziraphale si stava godendo una coccola intima, lavando via tutto il sudore e la stanchezza con un bagnoschiuma alla vaniglia. Chiuse gli occhi, lasciando che il profumo e la fragranza del liquido denso e giallo gli entrasse nelle narici.

 

L’acqua calda lenì i suoi muscoli, e in pochi minuti si sentì subito meglio. Le macchie che si era procurato in giardino vennero via con un piccolo aiutino, e i suoi capelli tornarono ad essere soffici e puliti.

Una volta che ebbe finito, uscì dalla vasca, per poi indossare un accappatoio bianco e morbido. Si asciugò, e non appena passò il tessuto sui propri fianchi, non poté non notare quel piccolo accenno di smagliature che gli solcava la pelle. Erano rossastre, e partivano dal gluteo fino all’anca. Le guardò trovandole orribili, e appena le sfiorò con i polpastrelli, tastò il loro spessore.

 

 

Era veramente disgustoso.. non riusciva a togliersele, e ogni volta cercava di non guardare. Accidenti.. forse con un po’ di olio per il corpo sarebbero andate via, o almeno sarebbero diventate bianche. Almeno, questo è quello che sperava.

 

Decise di vestirsi, in modo tale da coprire le sue rotondità e da lasciare il bagno a Crowley.

Ma appena si mise alla ricerca della biancheria, si accorse di non aver portato nulla in bagno, nemmeno la camicia, o i pantaloni.

 

“Oh cavolo.. Crowley! Crowley? Crowley, caro mi senti?” domandò ad alta voce.

 

Il rosso, destatosi dalla voce angelica, aprì gli occhi, ma non rispose. “Caro, ci sei? Ho dimenticato fuori i vestiti, potresti portarmeli senza che esca io?”

Ancora una volta, Crowley preferì non rispondere. Qualcosa nella sua testa gli imponeva di stare zitto, e di vedere dove quella cosa sarebbe arrivata.

“Ehi?!” cominciò a bussare sulla porta. “Crowley, mi senti? Oh diamine..” mugugnò innervosito.

 

Sentendo la musica alta, il biondo pensò che fosse tornato nella sua parte di camera per ascoltare un po’ i suoi dischi. Quindi decise di

afferrare un asciugamano e di metterlo attorno ai fianchi, quasi in malo modo, e preoccupandosi di non voler arrivare in ritardo alla cena, uscì dalla porta. Ma un demone dai capelli rossi stava aspettando, proprio dove lo aveva lasciato, sdraiato e con le mani dietro la testa. La canzone nell’aria era cambiata, ma era sempre un successo dei Queen, “Body langue”.

 

E sembrava cadere a fagiolo.

 

Il demone fu ricompensato, e si godette con la bocca socchiusa e stupita un angelo che usciva dal bagno solo con un asciugamano addosso.

Peccato che dal suo urlo di terrore non sembrava molto felice di essere lì.

 

“Crowley, ma che- io pensavo che tu fossi nell’altra stanza!” Si coprì il petto con una mano, come se dovesse coprire il proprio seno. “Ti avevo chiamato, perché non rispondevi?”

 

“La musica era alta angelo, non ti ho sentito!” Mentì spudoratamente.

 

Ma il biondo non rispose, abbassò lo sguardo imbarazzato e cominciò a cercare con gli occhi I suoi abiti.

“Di che avevi bisogno?” chiese il rosso cercando di godersi quella vista, anche se non voleva farlo capire esplicitamente. Si girò sul fianco, sorridendo e alzando un sopracciglio.

 

“I miei vestiti per la cena.. non li trovo.”

 

“Sono proprio lì, all’entrata” indicò l’appendiabiti vicino alla porta, dove effettivamente stavano appesi giacca, camicia e via dicendo.

 

“Oh, giusto..” l’angelo continuò a reggersi l’asciugamano e a nascondere la sua parziale nudità.

 

“Potresti portarmeli?” chiese imbarazzato.

 

“Perché?” chiese il rosso.

 

“Perché te l’ho chiesto.” ribadì Aziraphale.

 

“Ma perché? L’appendiabiti è a due passi”

 

“Perché...” prese un respiro profondo, cercando di allontanare la rabbia e il nervoso. “Perché sotto questo asciugamano sono nudo.”

 

“E allora?” chiese il rosso alzando le spalle.

 

“E se mi muovo troppo rischia di cadere!”

 

“Beh, che problemi ci sono? Siamo amici, no? Inoltre, se non ti conoscessi penserei che stessi cercando di sedurmi” ridacchiò.

 

“Cosa?!”

 

“Ammettilo, la canzone aiuta.” indicò l’aria con il palmo della mano. Effettivamente, Body Language era sempre una canzone ad effetto, chiunque vedendo quella scena senza saperne i precedenti, avrebbe pensato a qualcosa di decisamente poco consono tra due amici.

 

“No-non è questo il punto!” scosse la testa. “E inoltre, anche se volessi sedurre qualcuno, non ci riuscirei.” sputò fuori senza pensarci.

 

“Ma che dici?” la smorfia del rosso fu di sincera curiosità.

 

“Diciamo che non.. non sono tipo da queste cose, ne fuori né dentro!”

 

“Beh, sul dentro ci si può lavorare, ma sul fuori non vedo proprio nulla di strano.” cercò di non mettere troppo in evidenza la sua ammirazione per il corpo angelico.

 

“Ma che dici, sono pieno di segni sui fianchi, e ho dei rotoli su tutto il- ma perché ne sto parlando con te! I demoni non possono capire! Non ho mai visto un demone grasso!” Aziraphale si agitava ad ogni parola che diceva, desideroso solo di prendere quei vestiti e tornare in bagno.

 

Il rosso, d’altro canto, non sembrava della stessa idea.

 

“Beh, quei segni sono smagliature. Non le ho, ma.. non sono male.” Il biondo girò lo sguardo verso di lui, incerto di aver capito bene.

 

“Cosa?”

 

“Ho detto che no sono male. Sono delle piccole venette bianche, sono affascinanti. Io penso che un corpo non sia bello o brutto. Semplicemente, piace o non piace. E a molte persone piacciono le imperfezioni, che siano rotolini, o smagliature. Non vedo perché ti fai così tanti problemi, Aziraphale”

 

“..Non lo so. Io.. sono sempre stato insicuro. Non me la sento di espormi molto con.. le persone. Posso, posso avere i miei vestiti?”

 

“Vai a prenderli angelo.” lo incoraggiò il rosso. “Se,tifa stare meglio, io non guarderò.”

 

“Ma.. non è che mi vergogni di te, ma mi vergogno con tutti.. non volevo essere cattivo.” Si scusò.

 

“Allora coraggio, vai a prenderli. Vai a vestirti in camera mia, altrimenti faremo tardi”

Aziraphale si sentì sollevato, e con una piccola botta di coraggio camminò verso l’appendiabiti, e prese i suoi vestiti. Provò a non pensare di essere goffo o ridicolo, e per quei pochi secondi ci riuscì. Appena si voltò, vide che Crowley non aveva distolto lo sguardo.

 

“Ehi!” rimproverò subito. “Avevi detto che non avresti guardato!”

 

“No, te l’ho proposto, ma tu non hai detto niente.” si giustificò. “Inoltre, è un buon esercizio per aumentare la tua autostima, quindi dovresti ringraziarmi.” sorrise.

 

“Sei.. perfido.” gli disse scherzosamente. Andò verso la camera di Crowley, e si chiuse dentro per vestirsi. Non appena il meccanismo della serratura scattò,

Crowley prese un cuscino e se lo puntò dritto in faccia, soffocandoci un urlo.

 

“Cazzo!!!” si sentiva dal cuscino. “Cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo!”

 

ripeté come una cantilena. Quell’angelo era incredibile, e non poteva credere a ciò che aveva visto con i suoi stessi occhi negli ultimi dieci minuti. Aveva visto Aziraphale con meno vestiti di quanti gliene avesse mai visti, e tutta quella morbidezza che durante gli anni precedenti aveva solo avuto il piacere di immaginare sotto ai pantaloni e alle camicie, esisteva per davvero! Aveva anche delle smagliature, Oh Satana!

Inoltre è inutile dire che sotto la gonna nascondeva il frutto di tanta peccaminosa visione.

 

Ne aveva approfittato, ma sotto sotto, Crowley teneva davvero all’autostima del compagno, ci teneva davvero al fatto che si rendesse conto che il suo fisico fosse bellissimo, e che lo avrebbe dovuto amare esattamente come lo faceva lui.

 

Ci avesse messo anche tutta la vita, quella era una missione da portare avanti! Cercò di tenere nella testa tutto quello che potesse ricordare, dai fianchi prominenti, alle smagliature che sembravano quasi delle tracce di pennello su un dipinto, alle meravigliose fossette di Venere che aveva potuto osservare sulla schiena dell’angelo una volta che si era girato per andare vicino alla porta d’ingresso.

 

Erano bellissime, ed erano proprio sotto a due piccoli rotolini di candida e dolce ciccetta. Cosa non avrebbe dato per rivedere tutto ancora, e di poterlo anche saggiare con le proprie mani.

Ma al demone in questione, sarebbe bastato rivedere ancora il suo sorriso. Perché senza un sorriso da parte di quell’angioletto bastardo non sapeva vivere. Gli sarebbe bastata la sua dolce risata per stare in pace con sé stesso.

 

Nonostante tutti questi suoi pensieri smielati, sotto la doccia avevano avuto la meglio quelli piccanti. E per ben due volte, Crowley dovette aggrapparsi al muro, con l’unica mano che gli era rimasta, per evitare di cadere a terra.

 

Una cosa unica, meravigliosa, una visione celestiale.

Ma niente lo fu come quando vide uscire l’angelo dalla propria stanza. Con quella camicia e quel completo stava un amore, al diavolo le sue curve esposte, a Crowley andava bene anche così.. anche se ogni tanto una sbirciatina sotto i vestiti l’avrebbe gradita..

 

“Allora, come sto?” chiese contento e soddisfatto. “Non sono sono troppo elegante?” fece un giro su sé stesso.

 

Crowley cercò di pensare ad una risposta dolce, galante e romantica, ma la sua lingua da serpente gli impose di rispondere altro.

 

“Sicuramente stai bene, ma in fatto di eleganza, Nanny non si batte.” Incrociò le braccia, andando a scegliersi un vestito adatto all’occasione. “Ci vediamo a cena, angioletto.” rese la sua voce più femminile, esattamente come quella che usava quando era Nanny Ashtoreth.

 

“Ci vediamo a cena, mia cara” rispose Aziraphale stando al gioco.

 

Quando abbandonò la stanza, Crowley si diresse nella propria aprendo le ante dell’armadio per guardarsi nello specchio che gli dava completa visione della sua statura.

 

A differenza del suo migliore amico, lui non aveva sprecato del tempo in seimila anni di permanenza, per assaporare le sensazioni di tutti e sette i vizi capitali, e in quel tanto tempo aveva avuto spazio per ponderare cosa trovava attraente in un corpo maschile, e altrettanto, in uno femminile.

 

Per comodità, si era tenuto i seni.

Li fasciò per primi senza reggiseno, con un corsetto in ricami che andava in sfumature dal nero al bordeaux in punti strategici che terminava in pizzo sulle rotondità esposte, e una serie di bottoni dietro la schiena. Non

 

lacci, in quanto amava strappare i lembi e farli saltare ovunque quando lo toglieva di dosso a qualcuno in una notte particolare, esattamente come avrebbe voluto fare col davanti della camicia del suo angelo.

 

La gonna che scelse era a tubino e non morbida e propensa a volteggiare al passaggio, aveva uno spacco sul retro che partiva da poco più in alto dell’incavo delle ginocchia, dava un lungo triangolo perfetto. Le gambe private della loro peluria erano coperte dalla semitrasparenza delle calze scure, e gli stivaletti comodi di prima, con uno schiocco delle dita diventarono dei tacchi che indossò provando a camminare con disinvoltura. Fortuna che avrebbe passato il più della serata seduto.

Le unghie laccate di nero, qualche anello sulle dita.

 

Lasciò i capelli sciolti in boccoli dando un solo punto dietro la nuca con una forcina, lasciando alcuni crini ricadergli sul collo esposto e sui rigonfiamenti. Proprio quando stava per uscire, si arrestò imprecando. “Piccolo bastardo di un angelo, se n’è andato prima di truccarmi! Ah, me la paga!” Inveì con poca convinzione, armeggiando in bagno in cerca della borsa del makeup.

 

Scelse una tonalità vermiglia per le labbra, una sfumatura per le palpebre appena visibile sotto gli occhiali, e una generosa quantità di mascara.

Quando lo metteva da solo, non aveva paura di perdere la vista, ma avrebbe preferito di gran lunga che ci fosse Aziraphale a pochissima distanza dal suo viso, quindi scelse di non rivelare la sua sicurezza in merito al trucco fai-da-te.

 

Si diede un’ultima occhiata, sorridendo beffardo.

Sembrava appena appena uscito dall’inferno apposta per sedurre qualcuno e trascinarlo giù con lui irreparabilmente.

 

Tanto valeva divertirsi un po’, in quelle fattezze, e godersi l’effetto che sperava di dare.

 

“Se potessi sdoppiarmi così, farei volentieri un menage a trois con un certo chi so io.” Disse al se stesso nello specchio con un certo fastidio, alludendo alla stessa frase del biondo, anche se lui immaginava con chissà chi una passeggiata al fiume al chiaro di luna e Will in sottofondo. Si rese conto che stava seriamente impazzendo, parlava da solo gettandogli frecciatine anche quando non c’era. Scosse la testa inforcando gli occhiali e si presentò nella grande sala da pranzo.

 

 

 

1.6 SALA DA PRANZO DI VILLA DOWLING

 

 

Aziraphale sorseggiava in piedi davanti ad una statua di marmo, vino bianco da aperitivo insieme ad altri domestici a pochi metri dall’enorme tavolata, ridendo e scherzando giocosamente, e facendo ben attenzione ad evitare il maggiordomo. Era stupido si disse, scappare da lui quando non si ricordava assolutamente niente, ma l’angelo aveva tutto bene impresso nel cervello e non voleva ricapitasse assolutamente.

 

La stanza era immensa, tutta dipinta di un bianco sporco e ornata di lampadari moderni con rifiniture color oro. Lusso sfrenato, si disse.

 

Le porte si aprirono un'ultima volta, ed in quel momento fece ingresso quella che poteva essere una dama uscita dal dodicesimo secolo e vissuta negli anni duemila per un po’, giusto il tempo di adattarsi alla cultura moderna.

 

Aziraphale restò per molti attimi imbambolato a fissare quella visione in ogni suo piccolo dettaglio, dimenticando le buone maniere e allontanandosi dai suoi colleghi per avvicinarsi. Molte teste si girarono verso Nanny, e il signor Dowling in persona le si avvicinò prima di lui porgendole la mano.

“Miss Asthtoreth, buonasera.” Il padrone di casa si chinò a baciarle il dorso, con fare da cavaliere. In quel momento, Aziraphale si sentì più di quel che volesse ammettere in linea con la prima reazione del rosso alla vista di Paul, mentre flirtava con lui. Ma non poteva dire nulla, ed era anche irrazionale pensare ad una sorta di interesse da parte del padre dell’Anticristo, sposato e con una vita troppo piena per un’.. non ce la faceva neanche a pensare alla parola amante.

 

Crowley parlava con una voce affabile.

 

 

“Buonasera signor Dowling, spero di aver.. di non aver fatto attendere troppo i commensali.”

 

“Affatto, e se anche fosse, non deve preoccuparsi. Mia moglie mi ha raccontato personalmente l’egregio modo in cui si è presa cura di mio figlio dal primo istante. Prego, venga.”

 

“Oh, buonasera signor Francis, ha trascorso una buona giornata?” Da sotto le lenti, mentre gli passava accanto, Aziraphale potè notare lo stesso occhiolino di quel mattino. Arrossì sperando di non aver fatto capire più del dovuto con i suoi continui sguardi. I due si avvicinarono alla tavola, e il biondo li seguì a passo svelto.

 

“Molto gentile. A proposito, dov’è il dem- il piccolo angioletto?”

 

“Questa sera si godrà la cena senza nessun impegno. Ralph, procediamo! Signori, vogliate accomodarvi tutti. Venga, Fratello Francis, prenda posto accanto alla nostra tata, è giusto che i nostri collaboratori più giovani in fatto di carriera si conoscano.”

 

La cena ebbe inizio, e con gran gioia dell’angelo, finì con ben cinque portate al di fuori del dolce. Crowley si limitò ad assaggiare un po’ di tutto, osservando la meravigliosa curva dell’ugola dell’angelo muoversi al passaggio del cibo. Quanto avrebbe voluto chinarsi e mordere quel collo bianco, ci avrebbe messo davvero pochissimo..

 

La serata prevedeva chiacchiere domanda-risposta, a cui avevano dovuto partecipare entrambi. I due finsero di essere sorpresi delle referenze dell’altro, e nel modo in cui parlavano tra loro, i coniugi Dowling discussero dell’indomani e di ciò che avevano in mente per loro, una specie di rito per ogni nuovo impiegato, senza farsi udire dagli ospiti.

 

Crowley aveva notato gli sguardi di Aziraphale, e apposta muoveva la testa agitando i boccoli che ricadevano proprio lì, e non smetteva di fargli domande ad alta voce in modo che tutti avessero gli occhi su di lui aspettando la sua risposta. Lo faceva perché, per buona educazione, lui si doveva rivolgere a chi gli faceva la domanda, e in quel momento il demone si portava la forchetta alla bocca prendendo un boccone e passandosi l’argento tra le labbra in modo suadente.

 

Aziraphale era convinto facesse parte della scena, della sua inclinazione sfacciata, e non si fece domande. Ma quella vista mescolata al suo toccargli la caviglia con il piede quando accavallava le gambe, gli mettevano una pressione strana.

 

Pregò che tutto finisse presto, e quando insieme ritornarono in camera, la prima cosa che fecero fu sospirare e togliersi le scarpe senza usare le mani. Il demone le aveva lanciate con due calci dall’altro lato della stanza. Aziraphale crollò a terra strusciando vicino la porta e Crowley avanzò giusto due passi prima di accasciarsi sul letto. L’angelo lo raggiunse un minuto dopo a fatica, stendendosi con lui.

 

“Ouch.. Er- caro, era almeno un secolo che non facevo neanche una corsetta.. sono esausto..”

 

“A chi lo dici, credo che il braccio destro sia completamente fuori uso, no?” domandò il rosso facendo segno di non riuscire ad alzare l’arto con cui aveva tenuto Warlock tutto il giorno. Il biondo annuì portando le mani dietro la schiena e stiracchiandosi.

 

“Ho dolori ovunque.. non riesco a piegare le dita per spogliarmi..”

 

Crowley trovò allora la forza di muovere la manina per togliersi gli occhiali, e lanciare uno sguardo d’intesa al compagno.

 

“Io non ho la forza di alzarmi.”

“Non farlo.” rispose il biondo alzando le spalle come se invitarlo a restare nel suo letto fosse la cosa più normale al mondo, o almeno provandoci.

 

Appena fece quel piccolo movimento, un gridolino lamentoso fuoriuscì dalle sue labbra segno del dolore fisico che stava patendo, segno inconfutabile che l’imbarazzo era stato sovrastato dalla stanchezza.

Crowley si girò sul fianco.

“Riesci a girarti a pancia in giù?”

 

“Si sta meglio?”

 

“Qualcosa del genere.”

 

 

L’angelo allora ubbidì sperando di trovare sollievo. Non avvertì niente di nuovo fin quando Crowley non si tirò sù, e iniziò a passare le sue mani sulla schiena dell’amico senza alcun preavviso. Sgranò gli occhi senza dire una parola trattenendo addirittura il fiato, per il demone fu un invito a continuare il massaggio. Era a disagio, fortemente. Ma non un disagio malvagio come con le mani di Paul su di lui, era un disagio dettato dalla vergogna di non riuscire a parlare, perché se lo avesse fatto avrebbe proposto di togliersi la camicia. Il suo non era un pensiero lussurioso, né equivoco, semplicemente Crowley era talmente bravo che il dolore si stava alleviando e lui si stava rilassando. Gli toccava con maestria facendo pressione il collo, le spalle, le braccia, la schiena, l’inizio del bacino, e i versi di approvazione a cui l’angelo si era lasciato facevano sorridere l’artefice di quel piacere indiretto. Il biondo aveva ormai chiuso gli occhi, oltre al relax si era aggiunta la sua bellissima voce, che gli raccontava i momenti passati da solo con Warlock. Era tanto tempo che l’angelo non si sentiva così bene, ridacchiava e ogni tanto incontrava il suo sguardo, fino a che un tuono squarciò il cielo.

 

La pioggia batteva sulla finestra proprio quando Crowley aveva smesso quel tocco angeli- demoniaco avendo il tatto di non scendere a massaggiare le gambe solo perché in quel caso si sarebbe messo a pregare l’angelo per chiedergli di essere lui ad approfittare di sé, posizionandosi a poca distanza da lui, parallelo, nella stessa posizione dandogli il viso. Gli sorrise incontrando le sue iridi cerulee.

 

“Caro, dovresti struccarti.”

 

“Non posso, ho sprecato le ultime energie per il tuo benessere.” ammiccò il rosso sollevando le sopracciglia.

“Beh allora ti ringrazio. Sai quando ti dicevo che il letto non mi sarebbe servito molto?”

 

“Sssi..”

 

“Ho cambiato idea.” sorrise l’angelo schioccando le dita per spegnere le luci, e bearsi del suono della pioggia, della presenza del demone, del suo calore e del suo profumo, per chiudere gli occhi e farsi un pochinopochino più vicino a lui.

 

“Ehm..”

 

“Cosa?!”

 

“Ecco..”

 

“Angelo, parla, cosa c’è?”

 

Il biondo sospirò coprendosi il viso con la mano anche se erano completamente al buio, per non farsi vedere mentre pronunciava quella frase.

 

“Mi chiedevo.. faresti.. quella cosa che fai al piccolo anche a me?”

 

“Quale cosa?”

 

Aziraphale dopo un attimo di tentennamento, mosse la

sua mano per cercare quella del demone, la incontrò, la avvolse nella sua e se la portò in testa mimando il gesto di una carezza.

 

Crowley sentì il fiato mancargli, e dopo essersi schiarito la gola, iniziò ad accarezzargli i riccioli biondi in movimenti lenti, prima circolari con il palmo, sopra e dietro la testa, poi sfregando le unghie sulla cute con delicatezza, sentendolo fremere sotto quel tocco.

 

“Buonanotte Crowley.”

 

“Buonanotte Aziraphale.”

 

 

 

 

FINE DEL QUINTO CAPITOLO

 

 

 

Note delle autrici:

 

Allora, come possiamo iniziare?

 

Questa storia è partita un po’ di mesi fa, ha portato tantissima gioia nel mio cuore e a quanto ne so anche in quello di qualcun’altro.

Sono Loka 98 https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=781448, o Lorenza, e ho iniziato questo percorso insieme alla bravissima e talentuosa scrittrice MusicAddicted, o Luana, e insieme a lei mi sono divertita tantissimo. Per cause esterne, questa storia purtroppo è rimasta per un po' di tempo in stand-by, ma oggi a grande sorpresa è tornata, e ne sono molto felice. Non sono più insieme alla cara Luana, che saluto e che ringrazio tantissimo, ma oggi vi parlo insieme a colei che nelle ultime settimane è diventata una delle mie più care amiche, Arianna, o Longriffiths https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=264882

Lei si è offerta di darmi una mano e di continuare questa fanfiction, che ci sta entrando nel cuore sempre di più. Ringrazio ancora Luana per avermi accompagnato nei primi capitoli, e ringrazio anche Arianna, che si sta dando da fare con tutto il suo cuore e la sua anima per far riprendere questo piccolo progetto. La posso definire veramente una persona di cuore, dolce, divertente, e mi diverto a definirla spesso “il mio Crowley” perché ha un carattere molto simile a quello del nostro demone, mentre io sono uguale ad Azi, ingenuo, a volte permaloso, ma tenero. Ringrazio anche voi lettori per aver pazientato abbastanza, e di aver finito anche questo “piccolo” capitolo, ne arriveranno presto molti altri. A presto, un bacione da entrambe!

 

Ah, avete notato l’immagine iniziale? Tutto merito di Longriffiths, ha un talento meraviglioso <3

 

Goodbye anche da Azi e Cro, tornati in tutto il loro splendore!

 

Longriffiths e Loka98

   
 
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