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Autore: shilyss    30/06/2020    14 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 15

 

 

Le labbra della ragazza che gli aveva servito l’idromele fino a pochi minuti prima erano più carnose di quelle di Sigyn, il suo seno sicuramente più pieno e largo. Le strappò un altro bacio, impaziente di soddisfare la voglia improvvisa che quella donna compiacente e bella gli ispirava. Non era lei, ma lei era perduta. Inavvicinabile come un fantasma, intoccabile come un sogno. E allora tanto valeva bere e pensare alla faida, allo scrigno e a Gudrun dalle trecce rosse e le lentiggini sul naso, che gli slacciava i pantaloni nonostante fosse abbastanza sveglia da capire che pensava ad altro – al potere che gli era scivolato via dalle dita, al trono, allo scrigno e a Sigyn, col suo sguardo liquido e grigio, carico di disapprovazione. Ma la scintilla era una bugiarda, che aveva preferito fuggire, anziché rivelargli della maledizione da cui non l’aveva liberata e ora non c’era più tempo per fare nulla. Baciò la ragazza con più foga e lei rispose con un trasporto identico, figlio di un desiderio sterile e breve che sarebbe durato fino alle prime luci dell’alba e non oltre, esaurendosi in carezze urgenti e necessarie sotto cui sarebbe stato più facile soffocare quell’unico momento di fatale debolezza che aveva un nome musicale di due sillabe e gli aveva aperto le porte dell’oscurità: Sigyn. Bugia, non era colpa sua se il suo spirito fiero e guardingo conosceva solo la malizia. Il potere era riuscito a corromperlo e lui aveva lasciato che lo facesse, compiacendosi per ogni trionfo ottenuto mentendo, per tutte le vittorie strappate grazie a una mossa audace e astuta.

 

Il giorno dopo Oddr, il fratello di Helgi, disse loro che non avrebbe accettato l’accordo: l’oro promesso non era abbastanza e la morte dei cognati del fratello non sarebbe servita a placare il suo rancore. Era una giornata grigia e l’aria sapeva di neve.

Loki lo ascoltò e non nascose il disappunto. “Perderai più di quanto ti offriamo adesso. Non avrai nulla e stanotte, mentre noi berremo idromele, tu riposerai in Hel,” profetizzò con voce asciutta e cattiva. Il vento gli agitava il mantello chiuso sotto il mento, accanendosi su di lui come su tutti i presenti.

“È un buon accordo ed è la legge. Credi di essere al di sopra delle regole fatte dai nostri padri?” tuonò Thor accanto a lui, offeso e impaziente[1].

Oddr non poteva rifiutare i tentativi di pacificazione di Helgi mediati da Loki per conto di Odino. Era un affronto non tanto alla casa regnante di Asgard, che si era esposta come garante, ma all’insieme di norme che ordinavano i vari popoli tra cui spiccavano gli Æsir.

“Principe Loki, ho seguito mio fratello in ogni impresa. Abbiamo navigato e commerciato per anni e combattuto in molte guerre: sono sempre stato al suo fianco, ma né lui né mio padre sono stati giusti con me. Nessuna ricompensa potrà cancellare un testamento offensivo, una donna rubata, una vita passata all’ombra,” ribadì l’uomo con fermezza, ma nella sua voce c’era una tristezza infinita.

L’ingannatore fissò l’uomo dall’alto in basso. Si trovava davanti a un guerriero alto e forte, imponente persino, con negli occhi ambrati un dolore sordo, ma non senza nome. Un combattente che considerava la propria scelta ineluttabile e ne comprendeva il prezzo. Eppure, nonostante questo, aveva scelto di pagarlo, perché da quell’ombra Oddr non era uscito a emergere mai, neppure dopo che il suo vecchio padre era morto. Nel modo accorato in cui l’uomo aveva perorato la propria causa, Loki riuscì a riconoscere il barlume di una similitudine graffiante. Scosse il capo, inghiottendo un pensiero crudele che aveva già fatto in passato e che portava con sé solamente considerazioni pericolose e indegne.

“Allora hai deciso: il tuo destino è morire,” sentenziò cupo, sfilando dalla bandoliera una coppia di pugnali dalla lama luccicante e affilata.

“Ed è una decisione che non approvi, principe?”

Loki gli scoccò un’occhiata offesa e altera. Oddr lo fissò di rimando, come se cercasse in lui un alleato o una comprensione che il principe cadetto non poteva né doveva offrire.

“È una decisione che non mi riguarda,” tagliò corto.

Helgi s’intromise tra loro. “Mi hai tradito, Oddr. Alla fine tu mi hai tradito,” disse, ma era poco più di un pensiero espresso con un filo amaro di voce. Furono le ultime parole che si scambiò in vita con suo fratello. Oddr si difese con coraggio e valore, ma quando si trovò di fronte a Helgi, attese il colpo mortale senza nemmeno pararlo, anzi: lo accolse, mettendosi in ginocchio e allargando le braccia.

 

Asgard accolse i suoi principi mostrando loro tutta la sua bellezza. Il fiordo su cui si affacciava scintillava alla luce di un sole che, pur non scaldando l’aria pungente, regalava alla capitale degli Æsir un aspetto luminoso e imponente. Durante il viaggio di ritorno, Thor si espresso duramente nei confronti di Oddr e di Helgi, ma non si trattava che di un modo per soffocare lo sgomento che provava. La faida non si era risolta come auspicato, arrivando, invece, fino alle estreme, assurde, conseguenze; il primo figlio di Odino sentiva di aver fallito. La cosa peggiore, tuttavia, non era la frustrazione provata perché le cose non erano andate come dovevano, ma il fatto che Loki sembrava immerso in altri pensieri e più il tempo passava, meno era disposto a condannare del tutto il comportamento di Oddr. Non era la prima volta che le loro aspettative circa una missione venivano brutalmente disattese, ma se c’era una cosa che suo fratello sapeva fare era senz’altro mostrargli gli eventi in prospettiva e rinfrancarlo. Del resto, Loki era dalla sua parte, sempre o quasi. Ecco perché la lite mortale dei due fratelli avrebbe dovuto sconvolgerlo tanto quanto era riuscita a turbare lui. Certo, non si sarebbe dovuto stupire più di tanto. Loki aveva la lingua lunga e la mente svelta, e giocava con la realtà fino a far sembrare bianco il nero e viceversa, eppure la faida cui avevano partecipato poteva essere interpretata unicamente come una tragedia orribile in cui l’unico colpevole era Oddr, che aveva rifiutato di accettare un lauto risarcimento e qualche testa su cui sfogarsi. Invece, gli occhi verdi e pieni di dubbi di Loki cercavano inquieti qualcosa, tradendo la voce calma e composta con cui gli si rivolgeva. Ma quello sguardo nervoso Thor non lo vide mai e, seppure fosse riuscito a scorgerlo, non lo avrebbe compreso appieno.

 

C’era stato un tempo in cui Loki, rientrando dalle sue spedizioni, scorgeva l’ombra sottile di Sigyn. A volte lei era casualmente affacciata a uno dei balconi che abbellivano Asgard, altre camminava nascondendosi dietro il porticato, ma spesse volte gli veniva incontro osando fissarlo negli occhi, impallidendo di fronte alle sue battute provocatorie e salaci. Era fiera come una regina, ma per molte cose mostrava una timidezza figlia della vita appartata che aveva condotto da sempre. L’avevano convinta di essere un’intoccabile privilegiata e invece era una donna – una bella donna, pensava con sordo dispetto le sere in cui l’idromele iniziava a fargli girare la testa. Allora la sognava, immaginando l’abito rosso che aderiva perfettamente al suo seno bianco, i capelli color miele trattenuti a stento da qualche ciocca e quello sguardo liquido e grigio, carico di curiosità e di disapprovazione, che l’aveva stregato durante la visita a Sigurdr. Pensava a lei – a toglierle quel corsetto, a baciarle la pelle morbida e profumata e quando Sif gli chiedeva a chi pensasse, rispondeva con qualche battuta pungente perché non sembrasse ciò che in realtà era. Continuava a non essere in grado di obbedire alle direttive di Padre Tutto e a desiderare l’intoccabile scintilla, condannata ad appartenere all’oscurità.

Ma entrando nel cortile del palazzo di Odino dopo l’ultima, amara missione, Loki non pensò a Sigyn. L’aveva esclusa dalla sua vita un’altra volta, bandendo dalla propria mente ogni riferimento a lei. Fermò il cavallo qualche momento prima di Thor perché Balder, senz’altro avvertito da Heimdall, li aspettava senza riuscire a mascherare l’impazienza. Era ancora un ragazzo, del resto. Con una smorfia, l’ingannatore pensò che non sarebbe mai stato un buon capo militare: era troppo sincero e onesto.

“Ho una notizia da darvi,” esordì quello ansioso, senza attendere nemmeno che scendessero da cavallo.

“Ma giura,” lo canzonò Loki, raggiungendo terra con un movimento svelto e agile.

Thor rise, scuotendo tuttavia la testa di fronte alla battuta perfida del fratello preferito.

Balder li fissò interdetto, spostando lo sguardo dall’uno all’altro. Non si aspettava di vedere sui loro volti le tracce di un combattimento; non era previsto e Loki e Thor erano troppo abili perché uno scontro veloce lasciasse addirittura qualche segno. “Nostro padre ha scelto,” disse lentamente. “Durante la prossima luna nuova proclamerà il suo successore.”

“Beh, era ora. Stapperemo le botti d’idromele di Bor, per l’occasione,” proclamò Thor con un sorriso largo e gioviale, incamminandosi verso le stalle.

“Com’è andato il viaggio? Avete un aspetto stanco,” insistette Balder, seguendoli come faceva da quando aveva iniziato a camminare, senza mai raggiungerli.

Loki si voltò appena. “Abbiamo assistito a un fratricidio e partecipato a uno scontro piuttosto vivace, ma dopo un bagno caldo staremo senz’altro meglio,” spiegò faceto, col chiaro intento di mascherare sotto il velo dell’ironia l’oscurità che gli era rimasta appiccicata addosso dopo aver assistito alla doverosa morte di Oddr.

Balder spalancò gli occhi, senza capire il perché del tono forzatamente leggero del fratello.

“Incidenti che capitano quando si va verso il confine con quella terra di mostri,” spiegò Thor, subito spalleggiato dalla risata sghignazzante dell’ingannatore. Era certamente colpa della vicinanza con gli Jotnar e della disgustosa mescolanza cui verso il confine si abbandonavano sia i sudditi di Odino che quelli di Laufey se due fratelli erano arrivati ad uccidersi. Nella splendida Asgard una cosa del genere non sarebbe potuta accadere, mai. E poi, i principi avevano altro a cui pensare: gli Æsir presto avrebbero avuto un nuovo re, uno degno.

 

Ma che cosa significava essere degni? Loki aveva assecondato suo padre in ogni sua richiesta, cercando di carpirne i ragionamenti logici e anticipandone persino i voleri: immerso nella vasca che avrebbe dovuto ritemprarlo dal lungo viaggio, con la nuca bagnata poggiata sul bordo in marmo, rifletté che non aveva alcuna possibilità di essere stato scelto da Padre Tutto come proprio erede. Mjollnir era di Thor, il primo figlio, il comandante coraggioso e audace dall’animo nobile, se si volevano ignorare i suoi molti, imperdonabili difetti. Increspò le labbra in una smorfia. Suo fratello era arrogante, superbo, vanaglorioso e impulsivo, ma questo non sminuiva la sua presunta grandezza. Lui, invece, era l’astuto cadetto, il maestro di magia da cui ci si aspettava sempre qualche trucco meschino; era la faccia oscura di Asgard, quella che conosceva la provenienza di tutte le reliquie collezionate da Odino e da Bor. Sentì la porta aprirsi e un rumore di passi far scricchiolare leggermente il bel pavimento in legno. Riconobbe di chi erano e piegò le labbra in una smorfia.

“Per un attimo ho sperato foste due graziose serve,” sospirò stancamente, “ma poi ho sentito la puzza.”

Thor gli lanciò un asciugamano mirando alla faccia. “Nostro fratello ha della corrispondenza per te. Privata. Dal nostro amico Kalfr, stavolta.”

Loki serrò la mascella e si tirò su, stringendosi l’asciugamano sui fianchi stretti. “Non c’era alcuna fretta,” disse. Prese la pergamena arrotolata che Balder gli porgeva, tastando il sigillo per controllare che fosse intatto. Non desiderava leggerla sul momento, né credeva che l’altro avrebbe osato intromettersi nei suoi affari, ma quel gesto era stato rapido e istintivo.  

“Vorrà altro oro. Credo che non sia il caso di farne parola con nostro padre, stasera,” decise Thor.

“Pensi che una lettera dal Tempio possa cambiare la sua decisione?” Loki lo superò per raggiungere un mobile dove erano posati degli abiti puliti e prese a vestirsi con movimenti rapidi e decisi. “Lui ha scelto molto tempo fa.”

“E tu approverai in ogni caso la sua scelta?” chiese Balder.

Loki s’infilò una tunica scura coprendo il petto segnato dagli allenamenti e dalle guerre e fissò per un lungo istante il ragazzo, chiedendosi se in lui ci fosse una qualche malizia. Non ne trovò traccia. “Se non lo facessi sarei un traditore,” spiegò con lentezza. “Ogni decisione di nostro padre è il frutto di una riflessione lunga e attenta. Noi siamo i suoi figli e dobbiamo attenerci scrupolosamente al suo volere,” concluse, ma sebbene la sua voce era risuonata forte e chiara nella sala ancora piena dei vapori del bagno, si accorse di non credere davvero in ciò che aveva detto. Aveva recitato un copione già scritto e privo di senso e si sentiva svuotato, offeso, tradito da un destino bastardo.

“Sarà comunque meglio che non veda quella lettera in giro,” sibilò. Prese la pergamena e raggiunse a passo svelto il grande camino che troneggiava nella sua camera da letto, quello accanto cui Sigyn si metteva a leggere la sera quando s’intestardiva nel volerlo aspettare sveglia. Gettò la missiva nel fuoco senza nemmeno aprirla, osservandola bruciare mentre i fratelli gli rimproveravano quel gesto impetuoso e carico d’ira. Ma la scintilla era perduta, chiusa dentro un doppio recinto di mura, colpita da una cecità irrisolvibile. Il suo potere e il suo corpo appartenevano a Kalfr finché l’altro, l’orrore, non l’avrebbe reclamata. E sarebbe accaduto presto.

 

Quella sera l’unico occhio di Odino si puntò a turno sui suoi tre figli, soffermandosi più a lungo sui maggiori. Durante il banchetto i due fratelli, come sempre, si erano spalleggiati raccontando l’episodio di Helgi e Oddr con dovizia e attenzione. Il re degli Æsir aveva ascoltato il loro racconto soppesando ogni parola. Sapeva già come si erano svolti i fatti – gliel’avevano mormorato i suoi corvi – ma era interessato a conoscere come i due avevano elaborato quella vicenda. Erano una squadra ben assortita, capace di sostenersi a vicenda, ma erano anche due giovani uomini volitivi e orgogliosi. Padre Tutto aveva punito le loro intemperanze infantili prima e giovanili poi così come aveva sedato le furiose liti che si erano scatenate tra di loro. Quanti banchetti erano stati rovinati da Thor, che cercava vendetta nei confronti di suo fratello, quanti incantesimi inopportuni gli aveva scagliato contro Loki sogghignando con perfidia. Erano sempre pronti a sfidarsi, a rincorrersi, a competere per ottenere la sua approvazione o per conquistare qualche reliquia con cui vantarsi, ma se c’era da combattere contro un avversario comune, vero o ipotetico che fosse, subito si alleavano. Erano cresciuti insieme e non potevano essere più diversi, ma forse proprio in questo era racchiuso il motivo per cui erano tanto letali e inaspettati. Avrebbero dato lustro ad Asgard – ne avevano le potenzialità, a patto che l’intemperanza e l’ambizione si trasformassero in saggezza. Ma, a volte, quei figli tanto capaci gli incutevano lo stesso sospetto dei lupi perennemente affamati che dormivano ai suoi piedi mettendo il muso tra le zampe. Se messi alla prova, di cosa sarebbero stati capaci? Eppure, li aveva tirati su per essere esattamente così – due principi letali e fieri in grado di governare un regno, anzi, più d’uno.

“Durante la prossima luna verrai incoronato re, Thor. Sei il mio primo figlio ed è ora che tu ti prenda responsabilità più ampie,” decise. Sfiorò la mano candida e inanellata di Frigga, seduta accanto a lui. Nello sguardo limpido della consorte lesse il suo orgoglio di madre.

Non guardò Loki o, se lo fece, il suo unico occhio si soffermò in quelli verdi del figlio per troppo poco tempo, senza leggere quell’ombra di dolorosa consapevolezza che ne velò la trasparenza. L’ingannatore, del resto, sapeva che Odino avrebbe scelto Thor: non poteva dire che la notizia lo avesse sconvolto, eppure si rese conto che una parte di lui, quella più impulsiva, era comunque rimasta aggrappata all’esile filo del dubbio, della speranza appena recisa. Non poteva dire di essere sorpreso, ma.

“Congratulazioni, fratello,” sibilò, sforzandosi di dare una nota allegra e ironica alla sua battuta, chiedendosi se trapelasse l’incendio che lo divorava da dentro. Sorrise e capì di aver perso ognuna delle cose per cui aveva lottato negli ultimi anni: Sigyn, il trono, la conoscenza, la stima di suo padre.

Thor lo abbracciò come se stesse festeggiando non una vittoria personale, ma una comune, innaffiandolo con l’idromele per poi alzarsi in piedi e lodare suo padre e le Norne. Loki rimase seduto al proprio posto mentre suo fratello si piazzava in mezzo alla sala, vicino al fuoco centrale, per esternare la propria gioia incontenibile. No, non aveva mai dubitato che sarebbe diventato re e Loki lo aveva sempre saputo; se non si fosse lasciato ingannare dalla speranza, non sarebbe rimasto immobile cercando di evitare lo sguardo di Balder. In mezzo al frastuono delle stoviglie e delle armi battute sul tavolo per onorare il futuro re, Lingua d’Argento si voltò verso Odino, abbastanza vicino da poterlo udire, non troppo assorto per non ascoltarlo.

“E a me cosa toccherà, padre? Quale eredità mi hai riservato?[2]” domandò con una voce più roca di quanto non volesse. Il sovrano lo scrutò con attenzione e all’ingannatore sembrò che potesse leggergli fin dentro al cuore.

“Continua a servire Asgard e goditi la festa.”

“È questo il mio destino? Fargli da ministro, da consigliere?” Ora era l’orgoglio a parlare. Si rese conto di aver ribattuto in fretta e serrò la mascella, pronto a subire la severità di Odino, perché tutto ciò che contava e importava era e sarebbe stata per sempre Asgard, solo Asgard. Era l’obiettivo, la meta, il fine. Ogni decisione presa da Odino e da Bor prima di lui era volta unicamente ad accrescere il potere degli Æsir e a garantire la supremazia di questi ultimi sui Nove Regni, imponendosi come una forza politica anche oltre i confini dell’Yggdrasill. Loki lo sapeva, come era cosciente che il suo arrogante fratello non aveva la finezza e l’acume dei suoi predecessori. Se solo suo padre lo avesse visto. Se fosse riuscito a capire che i pregi di Thor non annullavano i suoi difetti, se avesse potuto perdonarlo per i sacrilegi necessari commessi, di cui, a ogni buon conto, Loki non si era mai pentito – né lo avrebbe fatto in seguito, forse ci sarebbe stato lui a festeggiare. Ma l’ingannatore era sceso nell’oscurità, tra le radici marce dell’Yggdrasill, e lo aveva fatto andando contro il volere di Odino.  

“Il tuo dovere, il tuo compito in quanto mio figlio, è obbedirmi e fare tutto ciò che è in tuo potere per rendere grande la nostra casata e Asgard a ogni costo. Lo sai.”

 

 

Sigyn[3] scoprì di essere la scintilla in una notte resa ancora più gelida dalla febbre che la scuoteva. Le girava la testa, faticava a tenere gli occhi aperti e sentiva freddo nonostante le coperte. C’era Loki, con lei. Il suo volto affilato portava i segni della stanchezza e le labbra sottili non erano arcuate nel consueto sorriso laterale e beffardo, no. Le aveva stirate in una smorfia che tratteneva a stento il dispetto.

“Tu sei l’ultima di loro,” le disse, e lei comprese che le stava dicendo la verità e non era affatto felice di farlo. Non doveva mancare molto all’alba. Sgomenta, sconvolta, rispose ancora che non era possibile: non aveva mai provato nulla che lasciasse presagire una simile maledizione e mai, mai aveva percepito o visto il futuro. Urd e Skuld non si erano degnata di rivelarle niente – altrimenti, pensò, non avrei mai messo l’abito rosso che tu hai notato e sarei scappata via alla tua prima occhiata[4].

“Capiterà,” si limitò a contraddirla Loki. “Un giorno sfiorerai il bracciale che ti ho riparato e capterai i pensieri dell’artigiano che ha scelto le pietre, di tua madre che te l’ha regalato[5].”

“E i tuoi, che l’hai aggiustato,” concluse Sigyn con voce bassa, senza riuscire a trovare le parole per ringraziarlo. E per cosa poi? Prima di incontrarlo la sua esistenza scorreva senza alcun turbamento, a eccezione di quella bramosia di vivere che, a volte, la lettura di poemi e poesie le ispirava. Poi, Loki era entrato nella sua vita regalandole paure e stupori, rimpianti e turbamenti, palpiti del cuore che non sapeva identificare. Le aveva aperto brutalmente gli occhi trascinandola nel bel mezzo di un mondo che aveva sempre desiderato ardentemente vedere, ma di cui non si aspettava la ferocia. La febbre le ottundeva i sensi, tanto da non farle rendere conto di quanto vicine fossero le loro dita, sottile la sua camicia da notte.

“Anche i miei, forse, sì,” concesse Loki sforzandosi di non sfiorarle la mano, ma desiderando baciarle le labbra semichiuse e senz’altro morbide, il collo su cui si adagiavano leggere le ciocche bionde e disordinate. Le guardava la bocca per non abbassare lo sguardo e incontrare, di nuovo, la conturbante scollatura che lasciava intravedere il suo seno appuntito di ragazza. La scintilla non doveva essere bella, non se suo padre aveva commesso l’errore di prometterla a ciò che marciva tra le radici dell’Yggdrasill.

“Da quanto lo sai?” insistette Sigyn, gli occhi lucidi per la febbre, ma sempre carichi di quella fierezza che lui ammirava.

“Ne avevo il sospetto al banchetto di tuo padre. Ci serviva una conferma.” Un altro pezzo di verità snocciolato a lume di candela e incassato da lei con grazia. Il principe di Asgard si chiese come avrebbe reagito il giorno in cui avrebbe scoperto ogni più oscuro dettaglio del suo futuro.

“Vi serviva una veggente.” Sigyn scoprì di essere offesa. Una parte di lei, quella che non sapeva gestire né controllare, s’infiammò al pensiero che Loki volesse sfruttare la sua maledizione e che non c’entrava affatto l’abito rosso. Era la scintilla ad averlo attratto, non lei – mai lei.

“Ci serviva una veggente, anche se definirti così è riduttivo. E volevamo punire tuo padre,” le confermò l’Ase con voce roca, respirando il suo profumo, leggendo la delusione che le velava lo sguardo. No, la scintilla non avrebbe dovuto essere bella, ma lo era, e Loki di Asgard, che non sapeva rinunciare a nessuna cosa, si chiese come avrebbe fatto ad averla.

 

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e cari Lettori,

è più di un mese che non aggiorno questa storia – mea culpa, mea grandissima culpa, lo so. Siamo nella fase centrale della storia e, come i più attenti avranno capito, ci stiamo avvicinando al momento in cui Loki scopre la sua vera natura. Intanto, come vedete, la trama è andata avanti. Odino ha nominato Thor come suo erede: ve lo confesso, avrei voluto scrivere 250 pagine solamente su questo, ma temevo di essere ridondante. Sono anche tornati i flashback: ero impaziente di arrivare qui perché ora scoprirete che cavolo è successo con Sigyn, come e quando si sono messi insieme e come le vicende dei film si intersecheranno con la saga di Avengers e con quella di Thor.

 

Voglio ringraziare coloro che recensiscono/ leggono/seguono/ricordano e preferiscono – ogni volta che listate o vi palesate m’illumino d’immenso, per voi sembrerà una cretinata ma io che ne so che non la aprite perché vi fa schifo? C’è gente che guarda le carogne agli angoli delle strade, mica sempre uno legge cose belle.

Prossima settimana vorrei aggiornare Ombre strette nel raso verde: ♥, ci tengo, è una fable AU liberamente tratta da Barbablù e... potrebbe piacervi.

Ricordo che il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose, vi si lovva (e spero voi lovviate me).

 

Shilyss



[1] Per regolare le faide nelle società scaldiche c’erano corrispettivi in denaro e accordi simili.

[2] La battuta vi suona come già sentita? Per forza, l’avete letta nella mia “Confessioni” ^^ (pubblicità occulta e sì, la continuo).

[3] Bentornati flashback! Qui siamo tornati a quando Sigyn, febbricitante, ha appena scoperto di essere la scintilla.

[4] Urd  e Skuld sono le due Norne che filano passato e futuro.

[5] Negli scorsi capitoli Sigyn fa riparare a Loki un bracciale. Quando lei si ammala, lui glielo lascia sul comodino.

   
 
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