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Autore: sancali    01/07/2020    0 recensioni
«Mi ami ancora?» «Si.» «Saresti felice con me?» «Si.» «Allora perché stai rinunciando alla tua felicità?»
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Odiavo quando Internet non voleva collaborare, a volte avevo ancora bisogno di cercare il significato di alcune parole, solo per sicurezza, e senza un computer funzionante mi dovetti accontentare del dizionario, che certamente è molto più efficiente ma anche molto meno comodo del laptop che avevo davanti. Mi alzai per prendere il volume e mi sedetti sul letto.

Quella mattina mi ero svegliato all’alba perché il mio capo voleva che io scrivessi una lettera a un suo cliente e avevo deciso di togliermi immediatamente il pensiero così che avrei potuto festeggiare il giorno del mio compleanno in santa pace. 

Aprii il dizionario a caso e cadde una fotografia. La osservai a lungo, tornando con la mente a sette anni fa. In primo piano c’erano i volti di due giovani, un ragazzo e una ragazza, stesi abbracciati sul letto sorridenti. Erano cambiate così tante cose: il letto era lo stesso ma lei non era lì, e anche il mio sorriso era cambiato. Improvvisamente una profonda tristezza invase i miei pensieri e il mio sguardo si abbassò sulla pagina aperta del dizionario. C’era una parola sottolineata: Matrimonio, con una didascalia scritta affianco. La mia calligrafia era storta, quello non era cambiato. Lei mi prendeva sempre in giro per il modo in cui scrivevo. Avevo scritto: “Ti amo. Ti prometto che ti porterò all’altare.” L’altra riga, delicata, elegante e minuscola, diceva: “Ti amo. Ti prometto che dirò di sì.” Mi scese una lacrima e a quel punto saltai in piedi, colpito da un sospetto improvviso. Corsi in soggiorno e rovistai nel cestino, seduto per terra, e lo trovai: un invito a un matrimonio. Non l’avevo nemmeno aperto perchè tanto non andavo mai ai matrimoni. Aprii la lettera, tremante, e lessi: “Finalmente ci sposiamo, Sarah Flinker e Joseph Perry, 16 Giugno, 10 del mattino alla chiesa S. Gabriel. Segnatevi la data!” 

Il mio cuore fece un balzo e cominciai a piangere. 

No! 

La mia dolce Sarah non poteva sposarsi, non con un altro uomo. Ce lo eravamo promesso. Avevo bisogno di sfogarmi perciò urlai più forte che potei. Meno male che abitavo in una casa isolata perché altrimenti i miei vicini si sarebbero preoccupati da morire. Era un urlo straziante.

Il tempo passava e io ero ancora seduto sul pavimento a compiangermi. Suonò la sveglia delle 10 e sobbalzai, mi svegliai d’un colpo. 

-Dai, scemo!- disse la voce dentro la mia testa. -Si sposa fra un paio d’ore, vai da lei, veloce!-

Mi alzai, aiutato dall’adrenalina, mi misi le scarpe recuperando le chiavi della macchina e mi fiondai fuori.

Guidavo velocissimo con entrambi i finestrini abbassati così che l’aria fresca potesse rinfrescarmi la mente. Ero diretto a casa sua, pregando che non avesse traslocato. Parcheggiai meglio che potei di fronte alla porta d’ingresso e suonai il campanello due volte, in ansia. 

Aprì la porta una donna sui 70 anni, con i capelli castani e gli stessi occhi ghiaccio della figlia. «Buongiorno signora Flinker, sua figlia è in casa?» chiesi, preoccupato. «E tu chi saresti?» domandò lei con sospetto. «Mi ha mandato la chiesa signora, devo parlare con sua figlia.» Speravo con tutto me stesso che non mi riconoscesse, non mi avrebbe mai fatto entrare altrimenti.  «Puoi riferire a me.» «Mi dispiace signora non posso, mi hanno detto di parlare solo ed esclusivamente con la sposa.» La sposa. Mi faceva male il cuore solo al pensiero. 

La donna non si fidava. «Hai una faccia familiare..» «Probabilmente mi ha visto in giro in chiesa. La prego signora Flinker, è urgente, mi può far entrare?» «Si va bene, entra pure.» spostandosi su un lato. «Mia figlia è al primo piano, l’ultima porta sulla destra.» «Grazie, signora Flinker.» dissi, correndo sulle scale. Mi fermai di fronte alla porta, immobilizzato, poi bussai.

«Avanti.» la sua voce. Aprii la porta lentamente, un pò in ansia, e la vidi, avvolta in abito lungo e bianco. Era immobile, seduta allo specchio. Quando entrai nella stanza i suoi occhi color oceano si fissarono su di me. 

«Bryce.» sussurrò, scioccata. Dio mio, era stupenda, così bella che mi faceva male solo guardarla. «Cosa ci fai qui?» «Non puoi sposarti.» il commento uscì così, all’improvviso. «Cosa? Perchè no?» chiese, avvicinandosi a me. «Perchè avevi promesso che avresti sposato me.» «E’ stato tanto tempo fa.» mormorò con le lacrime agli occhi. «E’ sempre una promessa.» insistetti. «Sei bellissima Sarah, non sei cambiata per niente.» «Tu invece sei irriconoscibile.» lei sorrise. «Allora come hai fatto a riconoscermi subito appena sono entrato?» «I tuoi occhi.» rispose, facendomi battere il cuore più forte. «Ti amo.» le dissi, guardandola dritto negli occhi. «E’ sempre tardi per amare.» un sussurro appena udibile, abbassò lo sguardo. «Bisogna amare se non si vuole sentirsi soli. E’ meglio perdere ma amare piuttosto che vincere ma non amare mai.» «Cosa vuoi dire, Bryce?» «Significa che ti amo e voglio vincere contro il tempo, contro il destino, contro ogni cosa. Significa che anche se alla fine ti sposerai con lui io ci avrò provato, e io dovevo provarci perchè sono innamorato di te. Tu lo ami?» «No, non lo amo.» Un sussurro a malapena udibile, e il mio cuore scoppiò. «Allora perchè lo sposi?» «E’ quello che vuole mia madre.» «Non ti rende felice, vero?» scosse lentamente la testa. «Ti meriti di essere felice, Sarah. Ti meriti di essere felice più di chiunque altro.» mi guardò, senza dire niente. «Mi ami ancora?» ci stavo provando. «Si.» Incredibile. «Saresti felice con me?» lei non rispose ma mi abbracciò forte, era un abbraccio di addio. La strinsi a me. «Portami con te.» disse, tutto d’un fiato. 

Ci guardammo negli occhi e le nostre labbra si toccarono dolcemente. Incrociò le braccia attorno al mio collo mentre io continuavo a baciarla con bramosia. Erano passati sette lunghi anni dall’ultimo bacio, ma non avevo mai dimenticato. 

«Riesci a scendere giù dalla finestra?» le chiesi.

«Ehi, ho 25 anni, sono ancora in forma. Non mi sono dimenticata di tutte le volte che mi sei venuto a prendere in segreto.» «Meno male.» sorrisi.

Prese un post-it, ci scrisse velocemente qualcosa sopra e poi lo attaccò allo specchio mentre io tiravo fuori i suoi vestiti dall’armadio. Quando iniziò a mettere tutto nella borsa io mi concessi una sbirciatina al post-it.

“E’ arrivato il principe azzurro.”

Sorrisi.

Con l’aiuto di un paio di lenzuola calammo le borse piene di vestiti dalla finestra, poi arrivò il suo turno e io scesi per ringraziare e salutare sua madre, e raggiunsi Sarah alla macchina. Tirammo le borse nel bagagliaio e partimmo, ridendo, emozionati per quella follia. 

Il mio sorriso era tornato.


 
   
 
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