Fanfic su artisti musicali > Pink Floyd
Ricorda la storia  |       
Autore: MackenziePhoenix94    01/07/2020    1 recensioni
Seguito di: "The Dark Side Of The Moon"
“Vuoi aggrapparti a me?”
“Cosa?”
“Aggrappati a me” ripeté lui, questa volta sottoforma di ordine malcelato; Ginger aveva sempre odiato quel tono di comando che il giovane uomo usava spesso quando parlava, ma a Jen provocò l’effetto opposto e la spinse ad obbedire, benché sentisse improvvisamente le guance calde, in netto contrasto con l’acqua fredda che ancora non era stata scaldata dai raggi del sole: gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò un po’ di più, ma senza stringersi contro il suo corpo, altrimenti il rossore sarebbe diventato impossibile da nascondere “meglio? Adesso ti senti più sicura?”.
La giovane alzò lo sguardo e si rese conto che il viso di Roger era terribilmente vicino, come mai prima d’ora; si rese conto che i suoi occhi azzurri erano molto più chiari di quello che aveva sempre creduto, e si rese anche conto che sul naso e sugli zigomi aveva delle piccolissime lentiggini di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Deglutì a vuoto nel vano tentativo di inumidire la gola che, tutto d’un tratto, si era fatta secca ed arida, e ciò non aveva
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1975, maggio.


 
“Roger?”.

Il giovane uomo ignorò stoicamente la persona che, da diversi minuti ormai, cercava in qualunque modo di attirare la sua attenzione.

“Roger? Roger, puoi guardarmi negli occhi, per favore? Roger? Per quanto ancora vuoi continuare ad ignorarci?”.

Roger sbuffò seccato e, dinanzi all’ennesima esortazione, alzò il viso dal tavolo su cui lo aveva appoggiato dieci minuti prima e guardò l’altro giovane uomo che lo stava fissando con uno sguardo serio negli occhi azzurri e con le mani appoggiate ai fianchi: sembravano un padre arrabbiato ed un figlio in vena di fare i capricci.

“Roger, tu hai un enorme problema”.

Il bassista sollevò le iridi chiare al soffitto della stanza ed emise un verso contrariato.

“Non è vero” obiettò subito dopo, appoggiando di nuovo la fronte sulla superficie fredda del tavolo: la sentiva scottare terribilmente “non ho alcun problema. Sto benissimo, grazie”

“Roger sta benissimo, Dave” intervenne Nick, dalla poltroncina bianca su cui era seduto a gambe accavallate “sai com’è… Si trova semplicemente in ‘quella’ fase del mese. Sono sicuro che con una bustina di antidolorifico si sentirà meglio nel giro di pochi minuti”

“Vaffanculo, Nick, mi hai rotto il cazzo con questa storia. Non sei affatto divertente, va bene? Perché non dici la verità, anziché continuare ad essere così sgradevole nei miei confronti? Dillo che sei semplicemente invidioso dei miei capelli perché vorresti averceli lunghi come i miei… O lo fai per sfogare la tua frustrazione, perché Lindy ti ha costretto a tagliare i baffi? Sai che ti dico? Ha fatto benissimo, perché erano ridicoli!”

“Ohh, sì, Rog, hai perfettamente ragione, come sempre del resto. La mia è solo invidia per la tua bellissima, lunghissima e foltissima chioma di capelli castani che ti sta d’incanto. Hai perfettamente ragione su tutto quanto, e sai cosa ti dico? Per farmi perdonare sono pronto a diventare il tuo parrucchiere personale. Che acconciatura preferisci? Delle codine? Uno chignon? Una treccia? Ti posso assicurare che sono diventato bravissimo a fare le trecce, perché ho fatto molta pratica sui capelli di Chloe”

“Vaffanculo! Hai capito? Vai a fanculo e restaci!”

“David, a me sembra che stia bene” commentò Mason, voltandosi a guardare Gilmour che stava scuotendo la testa in silenzio.

“Non sta affatto bene” ribatté il chitarrista incrociando le braccia all’altezza del petto “guardalo, non riesce neppure ad alzarsi. È ovvio che c’è qualcosa che non va”

“Però la lingua non gli manca affatto”

“Rog, puoi dirci qual è il problema?”

“Ho detto che non c’è nessun problema” ripeté per l’ennesima volta il bassista, col volto premuto contro il legno, digrignando i denti “sto benissimo e smettetela di farmi pressione. Tra poco dobbiamo salire sul palco”

“Tu non vai da nessuna parte in queste condizioni”.

A quelle parole, Waters tirò su il viso di scatto e spalancò gli occhi in un’espressione sconvolta; pensò che Gilmour stesse palesemente scherzando (non si poteva annullare un concerto a pochi minuti dall’inizio. Era un pensiero assolutamente inconcepibile! Pura follia!), ma quando vide la sua espressione seria ed impassibile, si rese conto che non era affatto così.

Non ebbe, però, il tempo di replicare alla sua assurda affermazione, perché qualcuno bussò alla porta del camerino e, subito dopo, entrò Steve.
“Allora, siete pronti?” domandò, com’era routine prima di ogni esibizione, il manager, sistemandosi gli occhi da vista “tra quindici minuti dovete essere sul palco”.

Si aspettava di ricevere la solita risposta affermativa dall’intero gruppo, invece il suo stato d’animo sereno venne bruscamente turbato dalle parole lapidarie e cupe di David.

“Temo che saremo costretti a fare un brusco cambio di programma, Steve. Non so proprio se questa sera ci esibiremo”

“Ma che diavolo state dicendo?” chiese il giovane uomo impallidendo vistosamente ed iniziando a sudare freddo; erano tre le situazioni più spaventose a cui un manager di una band desiderava non essere mai costretto a fare i conti: la dipartita improvvisa di un membro del gruppo in seguito ad un abuso di alcol, o droga o entrambi, lo scioglimento altrettanto improvviso del gruppo… E l’annullamento di una esibizione all’ultimo secondo, con il pubblico già in trepidante attesa al di sotto del palcoscenico “è uno scherzo? Vi siete messi d’accordo per farmi uno scherzo? Avanti, ragazzi, ditemelo se è così, per favore, perché altrimenti mi farete perdere trent’anni di vita. È uno scherzo, ho indovinato?”

“No, vorrei che fosse così, ma non lo è”

“Ed allora si può sapere per quale diavolo di motivo vorreste annullare tutto, Dave?”.

Gilmour, con un cenno della testa, indicò Waters.

“Rog sta male, ma non vuole dirci che cos’ha”

“Roger sta male?” ripeté O’Rourke allarmato, spostando lo sguardo sul diretto interessato che si ostinava a tenere il viso schiacciato contro il tavolo “Roger, si può sapere che ti prende? Che cos’hai? Perché stai male?”

“Io non sto male, maledizione!” ribatté, cocciuto, il bassista “è David che deve esagerare come sempre. Ho solo un… Ho solo un momento… Ho dei crampi allo stomaco, d’accordo? Posso avere dei crampi allo stomaco a pochi minuti dall’inizio di un concerto? Posso avere dei crampi allo stomaco, dal momento che sto per esibirmi davanti a migliaia e migliaia di persone? Nessuno di voi ha mai sentito parlare di tensione nervosa, maledizione? Siete tutti così perfetti, voi? Non vi siete mai sentiti un po’ nervosi prima di entrare in scena, cazzo?”

“Secondo me, sono state le ostriche di ieri sera” commentò Richard, intervenendo per la prima volta da quando la discussione aveva avuto inizio.

La sera precedente, i quattro giovani uomini erano andati a cena in un ristorante di pesce, e quando il cupo bassista aveva letto sul menù le parole ‘ostriche crude’, la sua mente era andata in completo blackout.

Da quando erano stati in Francia, quattro anni prima, per girare le riprese da integrare al Live a Pompei, Roger Waters aveva scoperto di nutrire una vera, profonda e viscerale passione per le ostriche crude con una spruzzata di succo di limone.

Il diretto interessato emise un altro verso seccato e palesò tutta la propria rimostranza nei confronti del tastierista, dicendogli che le sue parole erano illogiche, stupide e prive di alcun fondamento: tutti loro avevano mangiato pesce la sera precedente, ed era impossibile che fosse stato quello a fargli male perché altrimenti si sarebbero trovati tutti e quattro nella stessa situazione.

“Però tu sei stato l’unico a mangiare le ostriche” ribatté Rick, con un’occhiata eloquente “ed io ti avevo detto di non farlo perché non avevano un aspetto particolarmente… Invitante”

“È vero, Rog, quelle ostriche non avevano un aspetto così invitante” concordò Nick, facendo una smorfia al ricordo del vassoio colmo di mitili che un cameriere aveva portato al loro tavolo… Vassoio che non lo aveva convinto fino infondo, su cui, però, Roger si era fiondato senza alcuna esitazione “noi abbiamo provato a dirtelo, ma tu non hai voluto ascoltarci… Quando si tratta di ostriche, perdi letteralmente la testa… Io proprio non riesco a capirlo: ma come fanno a piacerti così tanto?”

“Piantatela entrambi”

“Temo proprio che sia accaduto quello che ho predetto quattro anni fa” continuò imperterrito Wright, spostandosi dal divanetto, su cui era seduto a leggere, alla sedia vuota posizionata di fronte a Waters “Rog… Roger, io spero profondamente di sbagliarmi, ma… Temo proprio che tu abbia preso una bella epatite coi fiocchi”

“Ohh, mio… Ohh, mio… Ma si può sapere cosa cazzo stai dicendo? Rick: se devi aprire bocca per dire cazzate prive di senso, allora fammi il fottuto favore di stare zitto, porca puttana. Una epatite! Io! È assolutamente impossibile che proprio io mi sia beccato una epatite… Queste… Queste sono cose che accadono alle altre persone… Non a me!”

“Stai dicendo che nel mondo di Roger Waters esiste altra gente?” intervenne Nick fingendo un’espressione di assoluta incredulità; in tutta risposta, in preda ad uno scatto d’ira incontrollabile, il bassista si tolse una scarpa da ginnastica e gliela tirò addosso.

Nel compiere un movimento così brusco, si ritrovò senza fiato e con le lacrime agli occhi a causa di una dolorosissima fitta all’altezza dello stomaco.

No, non era esatto.

Non era all’altezza dello stomaco, ma bensì del fegato.

Era il fegato che continuava a fargli male, che continuava a pulsare dolorosamente da ore, ormai, come se si preparasse ad esplodergli nel corpo da un momento all’altro; se qualcuno gli avesse chiesto di descrivergli che genere di sensazione provava, avrebbe risposto, senza alcun indugio, che ora capiva perfettamente ciò che aveva sofferto Prometeo, legato ad una roccia, quando Giove sottoforma di aquila andava a fargli visita durante la notte per strappargli e divorargli il fegato.

“Roger” adesso nel tono di voce di David la preoccupazione aveva lasciato posto ad una profonda irritazione, insieme ad una vena di rabbia “Roger, adesso basta, per favore. Sei ridicolo a comportarti in questo modo, te ne rendi conto? Pensi di essere circondato da poveri ignori senza cervello? È ovvio che stai male e che non puoi salire sul palco in queste condizioni. Non riesci ad alzarti… Come puoi pretendere di suonare e cantare per due ore e mezza?”

“Però la gente è abituata a sentire le sue grida…” commentò, di nuovo, Nick rischiando di vedersi arrivare contro l’altra scarpa da ginnastica; Roger lo risparmiò solo perché stava troppo male, ma in compenso lo ripagò con un’occhiata fulminante che ridusse subito al silenzio il batterista e che gli fece alzare le mani in segno di resa.

Aveva capito. Il messaggio era arrivato a destinazione forte e chiaro.

“Aiutatemi a sdraiarmi sul divano” disse alla fine il bassista, emettendo un profondo sospiro “andate a chiamare il medico e cercate di prendere un po’ di tempo con il pubblico. Qualcuno inventi un problema tecnico o qualunque altra scusa convincente”.



 
Roger non riuscì a trattenere una smorfia di dolore quando le dita del medico esercitarono una leggera pressione sullo sterno, proprio all’altezza del fegato: il punto esatto da cui partiva il fuoco bruciante che lo stava divorando dall’interno; girò il viso dall’altra parte, verso lo schienale del divano ed iniziò a battere i denti a causa del dolore che si era fatto più intenso ed insopportabile rispetto a pochi minuti prima.

Gli altri assistevano alla visita in silenzio, con delle espressioni preoccupate.

“Allora?” domandò Nick per primo, perché ormai non riusciva più a sopportare quel lungo silenzio: adesso si sentiva un verme per le battutine idiote che aveva fatto a Roger; non si era reso conto di quanto fosse grave la situazione “dottore? Dottore, come sta? Quanto seria è la situazione?”

“Ha l’epatite?” domandò a sua volta Rick, che non riusciva a togliersi dalla testa quell’orribile sospetto.

Sperava con tutto sé stesso di sbagliarsi, tuttavia…

“Non posso dirlo con certezza, riguardo a questo ci penseranno gli esami che farà in ospedale. L’unica cosa sicura, per il momento, è che il signor Waters non può assolutamente salire sul palco in queste condizioni” rispose l’uomo in camice bianco, riponendo dentro una valigetta lo stetoscopio con cui aveva sentito il respiro ed il battito del cuore del bassista; prima che potesse alzarsi dalla sedia, venne bloccato prontamente da Roger, che lo afferrò per il polso destro.

Waters si era alzato di scatto e, per lo sforzo, aveva la fronte imperlata da un sottile velo di sudore.

“Non se ne parla nemmeno” disse, continuando a battere i denti “io non sono intenzionato ad annullare nulla all’ultimo secondo. Andrò a fare tutti gli esami necessari… Ma dopo lo spettacolo”.

David spalancò gli occhi incredulo: aveva visto più e più volte a quali livelli poteva arrivare la testardaggine di Roger, ma così era troppo!

“Rog, sei completamente fuori di testa! Ti sei bevuto il cervello, per caso? Non puoi parlare sul serio, non puoi essere davvero intenzionato a salire sul palco in queste condizioni. È bastato che il dottore ti sfiorasse appena per farti tremare come una foglia, come diavolo pensi di riuscire a suonare il basso e cantare? Se anche riuscissi a raggiungere il palco, finiresti per crollare a terra dopo neanche due minuti dall’inizio dello spettacolo. Non fare l’idiota e lascia da parte l’orgoglio per una buona volta: hai bisogno di andare subito in ospedale prima che la situazione si aggravi ulteriormente. Stiamo già sprecando tempo prezioso”

“Ho detto che andrò in ospedale dopo la fine del concerto” ribatté, testardo, il bassista scuotendo più volte la testa, rivolgendosi poi all’uomo che lo aveva appena visitato “dottore, sono sicuro che deve avere pur con sé qualcosa che faccia al mio caso. Sono sicuro che dentro la valigetta avrà un antidolorifico che faccia al caso mio”

“Lei non ha bisogno di un antidolorifico, signor Waters. Lei ha bisogno di andare il prima possibile in ospedale. Credo che sia proprio il caso che qualcuno chiami immediatamente un’ambulanza per un trasporto più sicuro e veloce”

“Vado io a chiamare” si offrì Rick, alzandosi prontamente dalla sedia ed avvicinandosi al telefono posizionato sopra un tavolino, affianco al divano; con uno scatto rapido, ignorando una lancinante fitta che gli appannò la vista per qualche istante, Roger afferrò l’apparecchio elettronico e lo scagliò contro una parete.

Wright spalancò gli occhi, sconcertato, e Gilmour iniziò a gridare, perché esasperato dall’atteggiamento di Waters: neppure lui era elettrizzato all’idea di dover annullare tutto a pochi minuti dall’inizio dal concerto, ma quando di mezzo c’era la salute fisica, tutto il resto passava (giustamente) in secondo piano.

Ma Roger, evidentemente e come sempre, la pensava in modo completamente diverso dal suo.

“Ma che cazzo fai? Ma si può sapere che cazzo stai facendo? Ma sei completamente impazzito? Roger? Roger, porca puttana, ma lo capisci che non si tratta di uno scherzo? Ti rendi conto che stai male e tra poco starai ancora peggio, se non chiamiamo un’ambulanza e non ti portiamo immediatamente all’ospedale più vicino? Lascia perdere il concerto, dimenticalo! Tu adesso devi subito andare in ospedale per capire che cosa ti sta succedendo”

“Rog, avanti, non fare così” tentò di persuaderlo in modo più tranquillo Mason, appoggiandogli una mano sulla spalla sinistra “capiamo la tua frustrazione, ma non bisogno giocare col fuoco quando si tratta della propria salute. Sono sicuro che il pubblico capirà quando verrà loro spiegato perché siamo costretti ad annullare l’esibizione”

“Sì, Roger” rincarò la dose Wright “soprattutto se si tratta di epatite. Non è affatto una cosa su cui scherzare… Anzi… Può essere molto pericolosa se non viene fermata e curata in tempo. Avere il fegato compromesso è un bel casino”

“Siete voi che vi ostinate a non voler capire”sibilò Waters, tirandosi su col busto, senza però togliere la mano destra dal punto da cui partivano le fitte lancinanti “non possiamo annullare tutto all’ultimo secondo. La situazione non è così grave. Sono per terra a contorcermi dal dolore, per caso? Sto sanguinando o sto avendo le convulsioni, per caso? Sto avendo difficoltà a respirare? No, non mi sta accedendo nulla di tutto questo, quindi non è necessario creare allarmismo e malcontento inutilmente. Quello di cui ho bisogno, ora, è una bella dose di antidolorifico. Dottore, mi dia qualcosa che sia abbastanza potente da permettermi di stare sul palco il tempo necessario per arrivare infondo allo spettacolo… Poi potete fare di me ciò che volete”.

A nulla servirono gli altri tentativi di persuasione per far desistere Roger dall’assurda idea di esibirsi con una presunta epatite che lo costringeva letteralmente a stare piegato a metà; il giovane uomo non era intenzionato a retrocedere di un solo passo e, alla fine, con un sospiro rassegnato, il medico si ritrovò costretto a somministrargli un’abbondante dose di un forte antidolorifico, il tutto sotto lo sguardo contrariato di David.

“Sentirà solo un lieve fastidio” lo avvisò l’uomo in camice, mentre aspirava del liquido trasparente da una boccetta tramite l’ago di una siringa “l’effetto è praticamente immediato, quindi dovrebbe sentirsi meglio fin da subito. Ma una volta finito il concerto, dovrà recarsi immediatamente in ospedale per un controllo e per degli esami più approfonditi, mi ha capito?”

“Sì, ho capito, dottore. Ma adesso, per l’amor del cielo, si sbrighi a farmi quella maledetta iniezione perché dobbiamo uscire a momenti”

“Tutto questo è una enorme cazzata” disse in un soffio Gilmour, scuotendo la testa, esprimendo il pensiero in comune del resto della band e del loro manager.

Roger non ascoltò il commento lapidario del chitarrista: chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale del divano in attesa dell’iniezione che lo avrebbe fatto sentire subito meglio; increspò le labbra e corrucciò le sopracciglia quando sentì la fastidiosa puntura d’ago, ma poi le rilassò quando sentì l’effetto immediato dell’antidolorifico che iniziava a circolargli in corpo.

Inclinò la testa leggermente a sinistra, schiuse le labbra carnose ed emise un profondo sospiro.

“Roger?” chiese Nick, più allarmato che sollevato da quella reazione; ora il bassista sembra improvvisamente fin troppo rilassato “Roger, come ti senti?”.

Roger socchiuse gli occhi appannati e, lentamente, girò la testa verso il batterista.

Mason pensò che sembrava più strafatto che rilassato.

“Credo di essere pronto a salire sul palco” rispose lui, con una voce strascicata che dimostrava l’esatto opposto.
 
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Pink Floyd / Vai alla pagina dell'autore: MackenziePhoenix94