Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: Pawa    01/07/2020    11 recensioni
Dopo "Il gioco della bottiglia", i Pirati del Cuore se ne escono con una nuova bravata. Stavolta, però, il loro scopo è rallegrare Trafalgar Law, che a ventiquattro anni suonati piange il proprio cappello rovinato durante una battaglia.
La storia di come Law ha cambiato a malincuore il design del proprio copricapo preferito e di come la sua adorabile ciurma l'ha aiutato a ingoiare la pillola.
Toni seri e situazioni del passato che si accostano a tutta la demenzialità che gli Hearts possono generare.
-CON LA GENTILE PARTECIPAZIONE DI: papà e mamma Trafalgar e Lamy!
(NOTE)
Vi ho citato un'altra One Shot antecedente a questa, ma le due, seppur cronologicamente collegate, possono essere lette in maniera indipendente!
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Penguin, Pirati Heart, Shachi, Trafalgar Lamy, Trafalgar Law
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Heart Pirates One Shot'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Strip Poker, con amore, la tua ciurma


- Perché la serenità del Captain viene prima della nostra serietà -




Le prime impressioni sono quelle che contano.

È ridicolo.”

E questo valeva anche per Trafalgar Law.
Beh, forse nel tempo si era costretto a scendere a compromessi con quella che era stata la sua prima impressione per ciò che attualmente era uno dei suoi beni più preziosi.

Sicuramente perdere tutto e tutti era ciò che più aveva contribuito alla sua rivalutazione.
Riflettendoci, la sua resa e l'accettazione di quell'improbabile ammasso di stoffa e pelliccia erano state determinate anche da un adorabile broncio, che gli era stato rivolto dopo che aveva tanto delicatamente pronunciato le gentili parole che esprimevano il proprio giudizio per quell'imbarazzante cappello a macchie.

“Avanti, tesoro, sii comprensivo.”
Sua madre gli aveva passato una mano tra i capelli un paio di volte, un gesto che Law ricordava vederla compiere da sempre, e che crescendo aveva imparato ad amare sino al punto che con qualche carezza tra i suoi arruffati capelli corvini, si sarebbe addormentato nel giro di pochi minuti, nonostante la sua insonnia.

Il futuro più brillante medico del mondo aveva appoggiato la guancia contro la gamba della genitrice, mentre attendevano in piedi e in mezzo all'ampia via che Lamy tornasse dalla bancarella verso la quale era corsa, sfuggendo di mano al capofamiglia.
Il dottor Trafalgar aveva raggiunto moglie e figlio dopo qualche attimo con un sorriso leggermente impacciato.
“Scusami, cara. Lo sai com'è insistente Lamy quando si tratta di gelato.”

La donna aveva ridacchiato, conscia che il proprio amato fosse un po' troppo permissivo con la piccolina di casa, ma almeno la loro bambina si sarebbe presto scordata delle fredde parole del fratello.

Il marito le aveva nuovamente sorriso, complice dei suoi pensieri, e aveva poi guardato il loro adorato primogenito.
“Sai, tua sorella ha speso tutti i suoi risparmi per farti questo regalo.” Aveva fatto un cenno con il mento in direzione del cappello a macchie che Law stringeva nel pugnetto, più per rabbia e imbarazzo che perché temesse di perderlo con una presa più debole.

Il giovane prodigio della medicina aveva squadrato il padre con un cipiglio inquisitorio, prima di riportare la propria attenzione su quel maledetto copricapo.
“Papà, ma a me non piace. È oggettivamente brutto. Tu andresti in giro con questo coso in testa?”

L'adulto sarebbe rimasto positivamente colpito dalla dialettica che il suo figlioletto riusciva a sfoggiare già a sette anni, con la quale gli aveva rigirato il problema con una breve e concisa frase, ma se il piccolo Trafalgar era tanto sagace era innanzitutto per una dote ereditata, e poi il medico doveva dar peso ad un'altra questione.
Si era inginocchiato così da poter incatenare le proprie iridi di un nocciola scurissimo con quelle chiare che Law aveva preso dall'altro genitore.
“Non sei costretto a indossarlo sempre. Potresti metterlo solo ogni tanto in casa, cosa ne dici?”

Law si era premuto maggiormente contro la gamba della madre. Non gli piaceva l'idea, neanche un po'.

“Vedi, figliolo...” Il padre l'aveva richiamato con tono basso e gentile. “... i regali non sono dovuti e proprio per questo dovrebbero essere apprezzati. Nessuno è tenuto a donare, e chi riceve è quasi come fosse un privilegiato. Qualcuno di speciale, non credi?”
Gli aveva fatto l'occhiolino e Law aveva capito perfettamente quello che aveva voluto spiegargli, indeciso se continuare a fissare il proprio papà con adorazione, giacché tutto ciò che diceva era terribilmente giusto, o se provare a dare un secondo sguardo a quel cappello.
In fondo glielo aveva comprato la sua sorellina e se lei aveva deciso di regalarglielo, significava che reputava Law importante.

Infine il bimbo aveva lasciato andare la gonna della madre per potersi rigirare il cappello tra le manine, il volto chino in contemplazione con le guance paffute, che lo facevano apparire ancora più tenero di quanto già non fosse agli occhi della signora Trafalgar.
L'estetica non lo convinceva per niente, ma era morbido, molto. Gli piaceva quel dettaglio, gli ricordava il suo peluche preferito, nonché l'unico incolume del suo esperimento di quattro anni prima, che aveva avuto l'obiettivo di scoprire se era possibile dissezionare e riassemblare con successo dei pupazzi. La conclusione di quella ricerca assolutamente scientifica era stata positiva, poiché sì, era possibile fare ciò che auspicava il futuro chirurgo, ma serviva il set da cucito di sua madre, la quale era stata piuttosto alterata.
In compenso, Law aveva imparato diversi tipi di sutura ad appena tre anni.

Quando Lamy era tornata da loro col gelato, che già le colava sulle dita, il fratello aveva rialzato lo sguardo e aveva constatato con stupore che quella volta il cono a due gusti non era stato sufficiente per farle passare il broncio. Dando una rapida occhiata in giro per assicurarsi che non ci fosse nessuno dei suoi compagni di classe e poi cercando il viso rassicurante di suo padre, si era messo il cappello in testa. Non aveva aspettato la reazione della sorella. Aveva preso per mano la madre e si era girato incamminandosi verso l'ospedale, costringendo il resto della famiglia a seguirlo.
Non gli serviva voltarsi per sapere che tutti e tre stavano sorridendo, Lamy più di chiunque altro in quella città.


 
***


Il Chirurgo della Morte aveva sospirato con affetto al ricordo di quel lontano giorno della sua infanzia.

Era sdraiato supino sul letto e non fissava nulla in particolare, seppure i suoi occhi sembrassero ammirare la fantasia del tetto del suo baldacchino. Si era abbandonato a quel momento di ozio perché costretto dalle circostanze, non certo perché fosse uno che apprezzava perdere tempo o, tanto meno, perché gli piaceva rilassarsi.
Era in attesa di sapere se il paziente sul tavolo operatorio si sarebbe salvato e, quella volta, non poteva essere lui il medico che eseguiva l'operazione. Già, perché il poveretto che doveva essere ricucito non era affatto un essere vivente e, dunque, Law non aveva le competenze per rimetterlo insieme.
Infatti, mentre aveva smisurate conoscenze dell'anatomia di tutte le specie umanoidi e di quasi ogni specie animale, non era mai stato un asso nel rammendare pezzi di stoffa, e quel vecchio episodio con i suoi pupazzi non valeva, giacché considerava i suoi vecchi peluche dei corpicini a tutti gli effetti.

Si era girato su un fianco sospirando per l'ennesima volta e giocando distrattamente col velluto di un cuscino.

Il suo povero cappello.

Era lui lo sfortunato che era uscito più emaciato degli altri dall'ultima battaglia, e colei che aveva il compito di rimetterlo in salute era l'unica fanciulla di bordo, che stava operando concentrata sulla scrivania della propria cabina da ormai troppo tempo, secondo i gusti del capitano.

Questi aveva storto il naso.

Era colpa di quegli idioti della Marina.
Da soli pareva non riuscissero a portare a termine mezza missione e così dovevano sempre chiamare uno della Flotta dei Sette.

Law, che era nuovo e pure il più giovane flottaro della storia, era stato la scelta migliore secondo il Quartier Generale. Effettivamente i Pirati del Cuore avevano svolto egregiamente il loro compito, e stavano già rientrando alla base allestita dai militari quando uno dei soldati si era fatto bellamente scoprire. Nel giro di un attimo, la copertura era saltata, i nemici li avevano individuati ed era infuriata una battaglia che tra le tante vittime aveva visto il cappello di Trafalgar Law. L'amato copricapo era stato strappato da un fendente, che l'aveva raggiunto solo perché un inetto marine era collassato addosso allo sfortunato chirurgo, limitandogli i movimenti.
In seguito a quel grave, gravissimo affronto nei confronti del capitano pirata, il conflitto si era velocemente risolto con la disfatta dei nemici degli Hearts.
Questi ultimi, tutti perfettamente illesi, erano tornati alla loro nave senza degnare la Marina di una parola né tanto meno di un briciolo di attenzione, e solo una volta circondato dalle pareti metalliche del Polar Tang Law aveva fatto cadere la propria maschera di freddezza e impassibilità.

Aveva estratto i lembi del cappello dalla tasca dei jeans, che li aveva contenuti a malapena, e aveva riservato al suo equipaggio uno sguardo afflitto che aveva colpito profondamente sia i cuori da mamme chiocce dei compagni sia la loro adorazione per il loro comandante.
In men che non si dica, Law era stato trascinato in un abbraccio di gruppo, mentre Ikkaku era corsa a cercare ago e filo.

Non era chiaro perché il Doc tenesse tanto a quel cappello, che lui stesso aveva definito come la bizzarra antitesi della moda, ma tutti sapevano che lo possedeva da una vita, e tanto bastava ai Pirati Heart.
Shachi, Penguin e Bepo erano gli unici a conoscenza del fatto che un evento simile si era già verificato e, più di dieci anni prima, il maggiore dei quattro fratelli, mentre gli altri tre supervisionavano il suo lavoro da oltre le sue spalle, si era prodigato per riparare la tesa del cappello maculato. Era risultata un po' ridotta e più tonda rispetto l'originale, ma al Law tredicenne era piaciuta e il piccolo aveva immediatamente medicato le dita del pinguino, sanguinanti per tutti gli intoppi con ago e spilli, in un tacito ringraziamento.
All'epoca Trafalgar Law era stato troppo traumatizzato, chiuso e restio ai contatti fisici per esprimere la propria gratitudine in maniera più affettuosa, ma Penguin aveva colto il significato dietro il veloce e perfetto trattamento che gli aveva riservato il proprio nuovo fratellino, e si era sentito pieno di orgoglio.

Ora, così tanto tempo dopo, erano in una situazione terribilmente simile, forse persino peggiore.

Dopo l'abbraccio con tutti i nakama, Law si era trascinato nella sua cabina, ripetendosi in testa il motivo per cui si era reso un cane del governo, e sperando che quella sorta di mantra lo convincesse che ne valeva la pena.

Non ricordava di essersi tolto la felpa e le scarpe, eppure queste ultime erano disordinatamente in punti diversi della grande cabina, mentre la sua felpa preferita non era visibile, almeno non dalla sua posizione attuale.

Il giovane corsaro era rotolato a pancia in giù.

Gli sembrava stupido essere in ansia per le sorti di un oggetto inanimato. Insomma, avrebbe potuto struggersi se avessero gravemente danneggiato il Polar Tang, che considerava un membro della ciurma nonché la sua casa, oppure Kikoku, sua fedele partner nelle battaglie e nelle punizioni per gli Hearts. Ma la foca morta che si metteva in testa che utilità aveva?

Nessuna.
Se non che gli permetteva di ricordare la sua famiglia.

Nonostante Trafalgar D Water Law fosse la mente più geniale che il mondo avesse mai avuto l'onore di ospitare, gli eventi tragici che aveva vissuto e il tempo erano stati crudeli con la sua memoria, solitamente perfetta, e spesso si ritrovava a chiedersi se il naso di Lamy girasse all'insù o se fosse dritto come il suo. Talvolta, guardandosi allo specchio, si domandava se suo padre avesse tenuto un pizzetto folto o se invece aveva avuto una barbetta poco curata. Di sua madre ricordava precisamente gli occhi e le labbra, perché sapeva che era da lei che li aveva ereditati, ma era spesso in dubbio sul colore dei suoi capelli. Erano castano chiaro o biondo scuro?

Molti dettagli dei suoi famigliari erano sfumati con gli anni, si erano resi più opachi, erano svaniti, e quando Law se n'era reso conto aveva subito l'ennesima pugnalata al cuore.
Si era abbassato la visiera del cappello sugli occhi, perché sebbene fosse stato solo nel suo laboratorio, aveva sentito la necessità di nascondere le ciglia che si erano inumidite dopo quella crudele realizzazione.

Era stato a quel punto che aveva scoperto qualcos'altro, di tanto interessante quanto rincuorante.

Toccando la pelliccia morbida del suo copricapo, aveva rammentato quel giorno in cui Lamy glielo aveva regalato.
La sua voce acuta e raggiante, che gli urlava di avere una sorpresa stupenda per lui, il suo sorriso esagerato, che col senno di poi, somigliava tanto a quello di un certo pirata col cappello di paglia, e chissà se era quello il motivo per cui Law si era immischiato nella Guerra dei Vertici per salvarlo.
La sua sorellina gli era corsa in contro sventolando il cappello con tutta la gioia e l'entusiasmo che poteva esprimere il suo corpicino. Gli occhioni nocciola scuro trasmettevano aspettativa e spensieratezza e solo dopo che Law, con poco tatto e senza peli sulla lingua, aveva affermato di trovare imbarazzante il cappello, le fini sopracciglia di lei si erano corrugate e il suo nasino rigorosamente all'insù si era storto.
La loro mamma si era chinata verso i due, che avevano preso a bisticciare e una ciocca castana e ribelle che non voleva saperne di essere trattenuta nella treccia che la donna portava abitualmente, gli era scivolata da dietro l'orecchio, sfiorando e solleticando il visino del figlio.
Il futuro corsaro, anche se solo per un frangente, aveva potuto annusare il profumo della madre. Non era un aroma preciso, come di rose o vaniglia, ma tutt'ora, se il Chirurgo della Morte fosse entrato in una profumeria, avrebbe saputo riconoscerlo, pur ignorandone la marca.
Suo padre aveva smorzato sul nascere il litigio tra lui e Lamy, costringendoli in un abbraccio a tre, che aveva visto i due bambini ridacchianti lottare per sfuggire dalla barba pungente del medico, che lui aveva sfregato per dispetto contro le loro morbide guance.

Law aveva sorriso col volto sepolto nelle lenzuola.

Quando verso i vent'anni aveva ormai perso i lineamenti gentili che lo avevano caratterizzato durante l'infanzia e aveva raggiunto un aspetto maturo, era stato grazie al suo cappello se si era reso conto di essere la fotocopia di suo padre. Da allora era stato molto più facile ricordare il volto del medico che aveva stimato più di chiunque altro. Certo, alcuni particolari erano diversi, d'altronde il Trafalgar più anziano aveva curato basette e barba in maniera piuttosto diversa, e gli occhi e le labbra di Law erano una gentile eredità della sua mamma, ma quando la memoria vacillava sulle particolarità del padre, Law poteva fare affidamento sul proprio cappello e sui ricordi che portava con sé.

Il suo cappello, quel ridicolo insieme di stoffa e pelliccia, lo aveva salvato.

Non sapeva cosa avrebbe fatto se avesse dimenticato per sempre l'aspetto dei suoi genitori e di sua sorella.
Sicuramente sarebbe stato terribile.

Adesso, invece, quando aveva qualche dubbio tornava con la memoria a quella tranquilla giornata nuvolosa, che non aveva fatto desistere Lamy dal voler fare una passeggiata con la famiglia.
Così Law poteva descrivere senza tentennamento le figure dei suoi parenti. Poteva pure farne un ritratto, se necessario.

Il comandante degli Hearts era sobbalzato sentendo un lieve bussare alla porta. Aveva scacciato i pensieri a cui si stava abbandonando, domandando con poco garbo e troppa stanchezza chi cavolo ci fosse fuori dalla sua stanza.

“La tua persona preferita.”

Quel pirla di Shachi era riuscito a strappargli un sorriso. Gli aveva quindi bofonchiato il permesso per entrare mentre si puntava sui gomiti.

Shachi e Penguin l'avevano subito raggiunto, sdraiandosi sul suo ampio letto senza troppi convenevoli e Law non era affatto sorpreso che, oltre al rosso, ci fosse anche l'altro compagno. D'altronde, quei due erano in una sorta di simbiosi da tutta la vita.

“Sei in lutto o possiamo chiacchierare un po'?” Il tono canzonatorio di Shachi non nascondeva una nota di preoccupazione.

Law aveva scosso il capo, mentre un piccolo ghigno gli piegava le labbra.
“Non essere ridicolo, è solo un cappello.” Aveva mentito e lo sapevano tutti e tre, tuttavia reputava davvero sciocco abbattersi per qualcosa del genere. Ormai poteva rammentare la sua famiglia anche solo pensando al suo cappello, che lo rimandava alla Flevance di diciott'anni prima. Certo, era un po' più confuso il ricordo se non toccava la morbida pelliccia della copula e non fissava la fantasia a macchie, ma poteva farcela.
Giusto?
Supponeva di sì, ma era un po' restio ad esprimersi definitivamente a questo riguardo.

Inoltre, per una serie di ragioni, forse fin troppe, ormai era affezionato alla sua foca morta. Gli sarebbe davvero dispiaciuto non poterla più sfoggiare in tutta la sua bruttezza.
Circolavano voci bizzarre ma lusinghiere che sostenevano che lui fosse talmente bello da risultare affascinante perfino con un cappello tanto strambo in testa. Se Law avesse smesso di indossarlo quelle voci sarebbero scemate e, sotto sotto, esse lo divertivano.

Il medico si era messo a sedere, fissando di sottecchi i fratelli e fingendo indifferenza.
“Allora, a cosa devo la visita?”

Aveva osservato come Penguin corrucciasse il viso mezzo sepolto in uno dei suoi cuscini, ignorando bellamente la sua domanda.
“Non stare a petto nudo. Abbiamo buttato l'ancora presso un'isola autunnale.”

Law aveva avuto giusto il tempo di alzare gli occhi al cielo per la petulante preoccupazione di colui che ormai chiamava Mamma Penguin, che Shachi gli aveva schiaffeggiato sonoramente un pettorale. Il moro l'aveva squadrato con un'aria metà sconvolta e mezza contrariata.
“Sei cretino o ti impegni per esserlo?”

Aveva visto l'altro sorridere, mentre un secondo schiaffo lo colpiva sulla sua pelle nuda e fredda per il clima dell'isola e l'aria nella stanza. Il capitano si era voltato con sguardo tradito verso il suo fratellone, massaggiandosi il pettorale.
“Pen, bastava che insistessi, lo sai?”

Il pirata di Swallow Island gli aveva riservato un'occhiata scettica da sotto la visiera del proprio berretto.
“Sappiamo entrambi che non mi avresti dato retta. Ora, se non vuoi pure lo strizza capezzoli, mi fai il favore di evitarti una bronchite e di indossare qualcosa?”

Law era rimasto in silenzio e immobile finché nella sua visione periferica non era entrata la mano di Shachi, che con lentezza calcolata si stava avvicinando nuovamente al suo petto.
Il più giovane dei tre fratelli aveva regalato un doloroso calcio nel fianco al rosso, che aveva ritratto la mano. Temendo altri attentati, però, il comandante era gattonato fino al bordo del letto e si era poi diretto verso il proprio armadio. Di sfuggita aveva adocchiato la propria felpa gialla e nera essere stata lanciata sulla scrivania, in mezzo a tutti i libri, ma non aveva intenzione di indossarla nuovamente, tutt'al più che necessitava di un bel lavaggio per togliere sporcizia e sangue altrui.
Sperava solo che non stesse sporcando i propri appunti.

Aveva velocemente indossato la prima maglia a maniche lunghe che gli era capitata sotto mano. Non l'aveva scelta per la sua semplicità, né per il colore scuro che la caratterizzava e che, oltre al giallo, prediligeva indossare, ma semplicemente gli serviva come scudo per il suo povero petto. A volte, avere per fratelli adottivi due deficienti iperprotettivi era una grande seccatura.

Si era voltato mantenendo un'espressione annoiata mentre mimava un plateale inchino, che oltre a esibire il suo nuovo look aveva tutto l'intento di schernire il pinguino e la sua richiesta di evitarsi malanni. Aveva prontamente schivato il cuscino che gli era stato scagliato contro dal compare.

“Dovresti essere grato che io mio preoccupi per la tua salute.”

Il moro aveva alzato un sopracciglio, tornando a riposare sul proprio materasso e aspettando che Penguin continuasse a parlare. La perplessità che esprimeva il suo volto non era prettamente legata alle parole dell'amico. Sapeva benissimo che tutti gli Hearts avevano a cuore il suo benessere, tuttavia era altrettanto conscio che in quel momento non c'era un briciolo di serietà nella cabina, nonostante gli avvenimenti di quel giorno, e qualunque cosa stesse intendendo Penguin doveva avere un doppio fine.

“I medici sono i pazienti peggiori. Se tu ti ammalassi, sarebbe un casino prendersi cura di te.”

Ah, ecco dove voleva andare a parere.
“Insomma, non vuoi una rottura di scatole.”
Aveva dunque concluso il Chirurgo della Morte.

“Precisamente. Ma, come ti ho detto, dovresti essermene grato, perché una ciurma snervata è un ciurma che si lamenta col proprio comandante.”

Law aveva alzato gli occhi al cielo. Il suo equipaggio lo tartassava per ogni cavolata, e non certo perché non fosse in grado di gestire le cose da sé, bensì perché reputava il giudizio del Doc essenziale per qualsiasi piccolezza e perché gli piaceva stuzzicare il medico di bordo, nei limiti delle sue punizioni senza Kikoku. Dunque Law non dubitava minimamente che se i suoi uomini si fossero ritrovati a curarlo, poi, una volta che fosse guarito, si sarebbero lamentati con lui stesso.

La sua attenzione era poi stata richiamata dal rosso, che era rotolato fino a poter poggiare il proprio capo sullo stomaco di Law. Quest'ultimo non aveva commentato. Non amava il contatto fisico e con degli estranei, addirittura, lo schifava, tuttavia con il suo equipaggio era ben diverso. Con i tre con cui aveva vissuto più di metà della sua vita, poi, la faccenda era proprio un'altra.
Anche se, tutt'ora, spesso protestava a troppe effusioni, ormai era abituato a certi atteggiamenti da parte dei propri fratelli, e in fondo li apprezzava pure.

“Abbiamo fatto un salto in città.” Così aveva esordito Shachi, con voce leggera, eppure seria, incuriosendo il Doc. “Sai, stavolta era piuttosto danneggiato il cappello. Ikkaku ha detto che serviva del nuovo materiale per la tesa.”

Il moro era rimasto in silenzio. Non si aspettava che il danno fosse tanto grave. Qualcosa di nuovo significava sostituire parte dei suoi ricordi, anche se solo metaforicamente, o almeno così sperava. In ogni caso non lo aggradava l'idea.
“Non si può proprio recuperare quella vecchia?”

Shachi aveva allungato il collo per poter scorgere il volto dell'amico.
“Non credo, Cap'. Ma non darci troppo peso, dai.” Sperava che qualunque sentimento legasse Law al suo cappello non lo spingesse a ripudiare quella che era l'unica possibilità per aggiustarlo. Per qualche motivo, era sempre stato restio alle modifiche. “Ikkaku è brava a cucire. Farà un buon lavoro.”

“E ti abbiamo preso la miglior merce in circolazione” Aveva aggiunto Penguin.

Law aveva mugugnato in risposta.

Era grato ai suoi amici per quello che stavano facendo e si sentiva terribilmente infantile per starsi abbattendo per un oggetto. Eppure la sua razionalità e la sua maturità, per le quali era ben noto, non stavano avendo la meglio.
Purtroppo era qualcosa di più forte del suo carattere calmo e riflessivo. Quando c'era di mezzo un elemento che lo rimandava a Flevance, Law faticava a mantenere erette le proprie barriere di impassibilità.

Il più anziano dei membri fondatori degli Hearts si era messo a sedere con la schiena poggiata alla testiera del letto, il pompon del proprio berretto che sfiorava i vecchi interfoni uscenti dalla parete. Aveva cinto le spalle del proprio fratellino, mordendosi l'interno di una guancia mentre prendeva a riflettere. Non gli piaceva vedere Law così taciturno.
Certo, il Doc era sempre di poche parole, ma c'era una palese differenza tra i suoi grugniti soliti e quelli attuali, e Penguin sapeva coglierla perfettamente.

“Senti, perché non andiamo a fare una passeggiata per l'isola?”

Gli altri due corsari l'avevano fissato in attesa, un'espressione vagamente scettica sul viso del medico.

“Stare qua a rimuginare non aggiusterà all'istante il capello e abbiamo appena portato le stoffe a Ikkaku, quindi immagino ci vorrà un po'.”

Il medico non aveva risposto ancora una volta, si era solo lasciato scivolare un po', fino a riposare con una guancia premuta contro al petto dell'altro.
Adorava passeggiare, era uno dei suoi passatempi preferiti, ma era colto da una svogliatezza indotta da malumore che non lo avrebbe mai indotto a schiodarsi dal letto. Non di propria iniziativa, perlomeno.

I suoi fratelli dovevano averlo intuito, perché con una velocità troppo elevata per i riflessi impigriti e svogliati di Law, Shachi e Penguin si erano alzati e, tirandolo per le braccia, avevano costretto il capitano a mettersi in piedi.
Non aveva neanche avuto il tempo di protestare. Il rosso gli aveva lanciato le sue scarpe, e in altre circostanze Law gliele avrebbe tirate in testa di risposta, dato che la suola di una aveva impattato sulla sua maglia pulita appena messa indosso, ma stavolta il più giovane pirata di Swallow era salvo, e già fuori dalla sua cabina.
Lo aveva seguito perché sospinto da un Penguin decisamente troppo sorridente ed era stato costretto a infilarsi le scarpe saltellando mentre avanzava, dirigendosi verso il ponte principale.
Sceso sul lungo pontile di legno presso il quale avevano buttato l'ancora, Law non era stato così sorpreso dal proprio fratellone che, superandolo senza dirgli una parola, ma con un veemente ghigno, gli aveva porto il suo giubbotto di pelle rigorosamente ricamato col loro Jolly Roger.
D'altronde, erano approdati su di un'isola autunnale, per quanto non tirasse un filo di vento e in fondo non facesse così freddo come il pinguino aveva affermato precedentemente.
Law si chiedeva solo con quale faccia tosta l'amico gli imponeva implicitamente di coprirsi maggiormente, quando lui stesso aveva lasciato il suo inseparabile cappello invernale a bordo del sottomarino.
Da quando Penguin girasse senza cappello, poi, non lo sapeva proprio.

Sbuffando con leggero affetto, il medico era stato pronto a seguirli per i viottoli in pietra di quella città, senonché i due corsari stavano costeggiando il porto, per poi scendere in spiaggia.
Avevano camminato quel tanto che gli bastava per trovare un angolino tranquillo, fuori da sguardi indiscreti. Posto privato, che era già stato occupato e allestito da tutta la sua ciurma, Ikkaku come unica assente.

Il comandante degli Hearts aveva alzato un sopracciglio in attesa di spiegazioni, perché c'era palesemente qualcosa sotto.

“Non sappiamo perché stravedi per quel cadavere di foca, Cap'...” Clione si era fatto avanti, tenendo le mani dietro la schiena. “... Ma sappiamo che ci tieni molto e vista la situazione volevamo distrarti un po'. Magari, tirati su il morale.” Aveva mostrato la propria mano destra al dottore di bordo e questi aveva osservato con curiosità il mazzo di carte che il compagno reggeva.

Gli sembrava strano che si fossero radunati tutti quanti e in gran segreto solo per una partita a carte, ma in fondo a Law non importava.
Non aveva dubbi che si sarebbe discostato dal pensiero del suo povero cappello, almeno per poco, qualsiasi cosa i suoi uomini stessero architettando.
Aveva scrollato le spalle, buttandosi a sedere sulla sabbia e imitato subito dal resto dell'equipaggio.
“Allora, a cosa giochiamo?”

Shachi gli aveva regalato il più grande sorriso da pugni sui denti e calci sugli occhiali da sole che si fosse mai visto.

“Strip poker.”

Law non era sicuro di come reagire.
Era ben conscio che la trovata della sua ciurma servisse per intrattenerlo in modo sciocco, leggero e divertente, con una nota di disagio e una piccante dettate dal fatto che fossero in un luogo pubblico e dal gioco stesso, ma al medesimo tempo era così insensato.
Nonostante ciò, la sua mente gli aveva ricordato che, poiché era qualcosa di stupido e illogico, era proprio una mossa tipica dei suoi Hearts.
Questi ultimi, poi, erano perfettamente al corrente della sua leggendaria sfiga, quindi avevano sicuramente già tenuto conto del fatto che avrebbe perso miseramente partita dopo partita.

Infidi e bastardi.

Era vagamente fiero di loro.

“Pen, ti lamentavi fino a poco fa perché ero senza maglietta in camera mia... e adesso mi vuoi far denudare qui? Non ti preoccupa più la bronchite?”

L'amico, di tutta risposta, aveva fatto un cenno a Jean Bart e la recluta dei Pirati del Cuore aveva acceso il falò che Law neanche aveva notato fosse stato preparato.

“Se avevate già programmato il fuoco, allora perché hai rubato la mia giacca dall'armadio e hai voluto che la indossassi?”

“Perché sei sfigato e con un indumento aggiuntivo, possiamo far durare il gioco leggermente di più.”

A quel punto il capitano aveva alzato le mani in segno di resa.

Shachi aveva iniziato a mischiare le carte.


 
***


“ 'Fanculo, ragazzi.”

La ciurma era scoppiata a ridere all'ennesimo gemito del comandante, che con tanta voglia di morire sul posto, ma con la mente sgombra da altri pensieri negativi che non fossero quelli inerenti al gioco a cui stava partecipando, si stava levando anche i jeans.
Fischi e applausi si erano uditi almeno fino in centro città.

“Captain, ti giuro che sono etero, ma amo le tue gambe.”

Law neanche aveva rivolto un'occhiataccia al compagno che aveva fatto quel commento, perché era stato molto più propenso ad afferrarsi il ponte del naso e a cercare di ignorare i complimenti relativi al suo fondoschiena insieme alle stime sulle misure di qualcos'altro che aveva nell'ultimo indumento che indossava.

L'esasperazione per l'infantilismo dei suoi uomini, accompagnata da un sano seppur mite divertimento, lo aveva completamente distratto dall'ansia per le sorti del suo oggetto più caro.
Col senno di poi, sarebbe stato tremendamente grato ai suoi amici.

Ora, però, era indeciso se farsi più vicino al fuoco o se tirare la sabbia in bocca a Shachi, che rideva sguaiatamente.
Ovvio che rideva. Lui si era dovuto levare solo il cappello, che aveva stranamente abbandonato con noncuranza accanto a sé, mentre Penguin i guanti. Clione aveva perso tre partite, ma aveva saggiamente scelto di togliersi stivali, cuffia e canottiera. Law, l'ultimo dei quattro giocatori, aveva fatto pena in quasi ogni manche.

Quando era stato battuto le prime volte, c'erano stati relativamente pochi risolini. Certo, l'aveano bloccato per impedire che fuggisse e ci aveva pensato un compagno a levargli le scarpe e le calze, ma tutto sommato la situazione non era stata pessima.
Poi, quando si era sfilato la maglia, qualcuno aveva messo della musica lenta con un Dial.
Quindi davvero, non doveva neanche essere così estraniato dall'idiozia che stava rivelando il suo equipaggio ora che era perlopiù come mamma Trafalgar l'aveva deliziosamente fatto.

Gli Hearts l'avevano pure incitato e supportato, tuttavia erano rimasti piuttosto compiaciuti ad ogni sua sconfitta.
Law si era chiesto che utilità avesse un tifo del genere, ma il sesto boccale di rum che gli era stato offerto gli dava qualche suggerimento.

“Siete pazzi? Il capitano mostra tutto sto ben di Dio e non mi chiamate?”

La voce fintamente alterata dell'unica donna di bordo aveva fatto voltare tutti quanti. La riccia aveva assunto un cipiglio che voleva essere arrabbiato, ma palesava divertimento e soddisfazione, nonché reale apprezzamento per quanto poteva pregustare con gli occhi.
Le mani erano strette sui fianchi prosperosi e Law non aveva potuto fare a meno di notare che un suo braccio reggeva un sacchetto con qualcosa di tondo al suo interno.
Era decisamente troppo voluminoso per essere il suo cappello... ma cos'altro poteva essere?
Realisticamente poteva trattarsi di qualunque cosa, ma ora che il medico era stato ridestato dal gioco, la sua attenzione verteva nuovamente attorno a un unico argomento.

“Ho portato un regalo per qualcuno...” Ikkaku aveva abbandonato la propria recita, seppur un po' di risentimento per non aver assistito allo spogliarello del proprio Cap' lo provasse davvero, e aveva preso a frugare nel sacchetto. Infine, aveva lanciato un cappello a Shachi.

Law aveva sbattuto gli occhi, perplesso.
Aveva fissato il nuovo berretto del fratello. Era bianco e nero e, inverosimilmente, a forma di orca assassina. Era tanto diverso eppure simile a quello che giaceva nella sabbia vicino le gambe del compagno.

“E ovviamente...” La fanciulla degli Hearts aveva fatto girare il Doc nuovamente verso di lei. “... quello che mi avevi chiesto, Penguin.”

Un altro copricapo era stato estratto dal sacchetto. Era il solito cappello di Pen, ma con un pinguino al posto del pompon.

Trafalgar Law era semplicemente basito.

Si era sentito toccare un spalla e aveva sollevato la testa per incrociare lo sguardo con Shachi, che stava in piedi accanto a lui. Il loro fratellone li aveva silenziosamente raggiunti.

“Non ti biasimo per avere quella faccia confusa...” Il rosso aveva allungato una mano verso Ikkaku e lei gli aveva affidato il sacchetto. “...insomma, è successo tutto molto in fretta e ci siamo ritrovati a improvvisare, perlopiù, ma ci tenevamo ad aiutarti. Io non ho legami affettivi con un oggetto... eppure venero come una reliquia ogni merce proveniente da Pleasure Town in cui mi imbatto.”

Law aveva lentamente sgranato gli occhi.
Senza che gli avesse rivelato qualcosa, Shachi aveva compreso parte del motivo per cui amava tanto quell'obbrobrio che si metteva in testa. Sicuramente, Penguin condivideva gli stessi pensieri.

“Quindi posso capire,” Aveva proseguito. “e se mi fossi ritrovato nella tua situazione, avrei voluto svagarmi in qualche modo, anche in maniera demenziale.”

“Sebbene non sia proprio il tuo stile... noi ci abbiamo provato.” Era stato Penguin a concludere il discorso e in altre circostanze Law avrebbe ghignato per la complicità tra i suoi due più vecchi amici, oltre a Bepo, ma stavolta si era limitato a un sincero sorriso.

Era stato davvero tutto improvviso.

L'irruzione dei suoi fratelli nella sua cabina, la finta passeggiata e quel poker maledetto. Quest'ultimo aveva funzionato più di qualunque altra cosa.
Stare sul letto a piangersi addosso non avrebbe sortito nessun effetto. Camminare per la città l'avrebbe solo visto passare le ore a trucidare con lo sguardo ogni passante che incrociava, e non lo avrebbe mai distratto. Essere costretto a fare lo scemo insieme a quegli scemi dei suoi uomini, invece, era stato dannatamente efficace.
La sua mente si era alleggerita, mentre il tempo era volato e Ikkaku aveva finito il proprio lavoro.

Operato che stava finalmente per vedere.

Il rosso aveva lasciato cadere il sacchetto per terra e gli aveva infine mostrato il suo cappello.

La pelliccia era sempre la stessa. La copula era la solita, solo leggermente più bombata. La novità era la tesa.
Ora era una visiera.

“Sappiamo che è diverso, ma crediamo che ti piacerà!”

Ikkaku si era inginocchiata davanti a lui, le labbra sempre abbellite dal rossetto piegate in un sorriso.
“Sono riuscita a recuperare la pelliccia della vecchia tesa e l'unica soluzione che ho trovato per sfruttarla era la visiera. Purtroppo la parte rigida interna era completamente andata e ho dovuto sostituirla e aggiungere della nuova stoffa per evitare che la visiera non fosse omogenea. Ho fatto del mio meglio, Captain!”

Law non aveva risposto, ma era positivamente sbalordito dal risultato ottenuto da Ikkaku.
Gli piaceva il nuovo aspetto della sua foca morta. Lo trovava vagamente più stiloso, nonostante il suo cappello e la moda si venissero in contro come due asintoti.
C'era solo una piccola nota amara che ancora non lo abbandonava, perché la novità della nuova forma gli pareva allontanarlo dai ricordi che il cappello portava con sé. Ma si sbagliava e se ne sarebbe presto reso conto.

Aveva diversi pensieri per la testa, ciononostante aveva parlato senza che il cervello ne avesse ordinato l'azione.

“E i vostri cappelli?”

Penguin si era messo a sedere a gambe incrociate al suo fianco, la nuova decorazione del suo berretto pareva felice quanto il proprietario.
“Che fratelli maggiori saremmo se ti costringessimo a un cambio look da affrontare totalmente da solo? Sappiamo quanto sei timido...” Il che era una grandissima balla, ma il tono giocoso dell'amico gli impediva di precisarlo. “E poi, in fondo, anche i nostri cappelli erano vecchi e rovinati qua e là... abbiamo preso due piccioni con una fava.”

Law aveva trattenuto un sorriso. Sapeva cosa implicava il breve discorso di Penguin. Anche se meno ardentemente, anche i suoi duen compagni erano affezionati ai loro berretti e quello che avevano compiuto era un piccolo sacrificio per far sì che lui fosse a proprio agio con le modifiche riscontrate nel proprio amato cappello.
Erano due adorabili idioti sentimentali che sapevano come raggiungere i proprio obiettivi.

“Sperando davvero che sia di tuo gradimento... consideralo un regalo da parte nostra!” Il più vecchio dei membri fondatori degli Hearts non si era preso la briga di specificare a cosa si stesse riferendo, ma non ce n'era bisogno. “Volevamo davvero aiutarti a salvare il tuo cappello.”

Dopo quelle parole la nostalgia per la vecchia silhouette del proprio copricapo era scemata.

I suoi uomini, in modo tutto loro, si erano prodigati per donargli una giornata splendida nonostante l'accaduto, e pure per regalargli quel nuovo ma vecchio cappello a macchie.

E se avevano deciso di fargli un regalo, era perché lo consideravano qualcuno di davvero speciale.
L'aveva detto suo padre, tanti anni prima, quindi doveva sicuramente essere così.
Inoltre, gli Hearts non mancavano mai di sottolineargli quanto lui fosse importante per ognuno di loro, con continue e plateali dimostrazioni d'affetto, semplici gentilezze e pure coinvolgendolo in giochi idioti e imbarazzanti, che sapevano che in fondo lo divertivano immensamente.

Aveva indossato la propria foca morta e si era rimirato nello specchio che Uni gli aveva porto, tirato fuori da chissà dove. 
Era vagamente divertente l'ansia e l'attesa sui volti dei suoi nakama, ma con tutto quello che avevano fatto per lui quel giorno, non era giusto lasciarli così sulle spine. 
"Mi piace. Sono sicuro che mi starà perfino meglio con dei vestiti addosso."

Come aveva previsto, gli Hearts si erano abbandonati a una grassa risata e lui non poteva che esserne compiaciuto. 

Gli era così riconoscente. 
Aveva ancora il suo cappello ed era ancora più prezioso di prima. 

Da quel giorno in poi, Trafalgar Law avrebbe rivisto la sua famiglia fissando la fantasia maculata della copula o toccando la morbida pelliccia, e avrebbe rimembrato l'altra sua famiglia, sfiorando la visiera del suo caratteristico e inseparabile cappello antiestetico assolutamente ridicolo.



 
FINE


 
Grazie per aver letto questa One Shot! Fa parte della serie: "Heart Pirates One Shot", che vi ivito a leggere e, se vi va, a recensire. Rispondo sempre con gioia ad ogni commento ♥

Allora, cosa ne pensate di questa storia?
Presenta situazioni davvero tristi, che si imbattono però con lo strip poker :'D Salvo ne Il Mostro Bianco, i Pirati Heart non riescono proprio a fare le persone serie xD Ma li amiamo anche per questo U.U

Ho sempre pensato che il cappello di Law dovesse essere il medesimo che aveva da bambino a Flevance. Sebbene la tesa si sia trasformata e pure la copula cambia leggermente negli anni, mi dite dove va a trovare cappelli diversi eppure simili e così stravaganti? Non penso ci sia un mercato apposito, quindi è più probabile che il cappello sia sempre lo stesso, ma semplicemente è stato aggiustato qua e là col passare del tempo e degli incidenti. 

Fatemi sapere cosa ne pensate *^* Ci spero ♥

E perdonate la mia assenza dal sito! Purtroppo è un periodo che non mi da pace, in nessun modo! Oltre a problemi seri legati alla mia vita reale, ci si mette pure il computer che si suicida, perché gli sembrava una cosa divertente, e troppi progetti da gestire per l'università. Detto questo, spero comunque di aggiornare il prima possibile le altre fiction che ho in corso! 

Aspettatemi e vi prego di essere pazienti, 
bacioni
Pawa
 

 
   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Pawa