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Autore: RLandH    01/07/2020    1 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Sono tornata dal regno dei morti, avrei voluto aggiornare prima, ma mi sono persa, lo confesso, tra originali ed altre ff, però sono tornata. Finalmente cominciamo a sbrogliare la matassa (almeno spero) di questo ‘gran casino’ che è questa storia e concludiamo finalmente la ‘questione di Sciro’, sebbene non tutti i nodi vengono al pettine, ma dal prossimo capitolo si comincia nuovamente la ronda (penso toccherà al povero Carter, ormai abbandonato da troppo tempo).
Pace e amore,
RLandH

Il Crepuscolo degli Idoli

Anche dei semidei senza ne arte ne parte meritano le proprie profezie, il problema è capire dove sono finite

Bernie IV

E ti amo” aveva insistito nuovamente Arvey.
“Mi ami?” aveva chiesto Bernie stupita, confusa; Arvey la amava?
“Come un pari, non come un cacciatore per la sua preda, ma come un pari. Se fossi stato un mezzo-dio come te mi sarei dichiarato dopo l’esplosione della principessa e se tu fossi stata una lestrigona ti avrei già dichiarato mia” aveva asserito il lestrigone.
Il momento dopo Bernie aveva sentito le labbra di Arvey premute contro le sue.
Un bacio.
Tranquillo.
Giusto un tocco.
Diverso dalla passionalità del Dio Vestito di Bianco, e dall’imbarazzata irruenta di Hannah Phoenix.
Non sapeva come comportarsi in quel momento.
In quel contesto.
Nel mezzo di uno scontro …
Bernie non riusciva neanche a mettere assieme i suoi pensieri.
Aveva sempre voluto bene ad Arvey ed Arvey ne aveva voluto lei, ma amore.
Il lestrigone si era allontanato da lei, con un viso pieno d’ansia ed aspettativa.
Aspettativa per una sua risposta.
“Arvey, io …” era riuscita solamente a farfugliare, l’attimo dopo aveva visto qualcosa con la coda dell’occhio un ombra oscura, alata.
“No!” aveva urlato, troppo tardi, quando aveva capito.
Degli artigli affilati come rasoi aveva scalato il petto di Arvey, un colpo alle sue spalle, letale.
“Era da Vernon che ti dovevo questo colpo” aveva gracchiato una voce femminile alle spalle di Arvey, Bernie aveva distinto il viso di un arpia scorrere alle spalle del lestrigone.
Arvey aveva voltato il capo verso di lei e Bernie aveva potuto leggerci dentro tutto la disperata consapevolezza dei suoi occhi.
“Aspettami” sussurrò lui, con un solo filo di voce, prima di scomparire, di disgregarsi nel nulla.
Lasciandola lì sola.
“Ennoia ti ha trovato, figlia di Nyx” sussurrò l’arpia, allungando una mano verso di lei.
Bernie non riuscì a processare bene ciò che stava succedendo.
Arvey … Arvey era morto.
Arvey si era disgregato.
Arvey …
“No” sussurrò.
O Forse lo pensò.
Il momento dopo sentì una torrenziale rabbia sgorgare in lei.
Dentro di lei.
Da lei.
“No” urlò più forte.
Certa che in ogni angolo della terra potessero sentire la sua disperazione.

Una serie di immagini era vorticata nella sua mente.
Arvey l’afferava per un braccio.
Arvey sorrideva.
Un sorriso pieno di vita, da squalo.
Arvey che la stringeva, avvolti dalle fiamme, con l’acqua che risaliva fino alle narici.
Il sangue le scivolava dalla fronte, mentre il caos della battaglia s’apriva davanti a loro, mentre sentiva l’erba sotto di lei. Il campo mezzosangue.
Le mani di Arvey sotto le sue ascelle per tirarla su.
Lei che si svegliava a Boston, da sola, nessun ragazzo silenzioso, nessuna Bells, se solo avesse Arvey.
Arvey che le pulisce le mani scorticate, sporche di sangue.
Arvey che sorrideva come uno squalo.
Arvey che voleva mangiarla.
Arvey che la baciava.
Arvey che le premeva la testa contro un muro a Denver.
Arvey sul ponte della Principessa, con il vento a muovere i capelli e impregnato di salsedine.
Arvey che mangiava … umani.
Avey che  la colpiva.
Arvey che le insegnava a combattere.
Avey che aveva rinunciato tutto per lei.
Arvey che moriva …
Arvey …
Arvey …
Arvey …
Arvey!

“Ben sveglia” la voce che l’aveva accolta era stata carezzevole, profonda … materna.
“Bells?”  aveva provato Bernie, rifugiandosi nel più atavico desiderio della sua anima, mentre forzava le palpebre a stare su. Ma non era il viso di sua sorella quello che fluttuato davanti i suoi occhi.
Un viso scuro, occhi scintillanti come quasar incandescenti. Il volto incorniciato di spessi e neri capelli; Bernie aveva messo a fuoco gli occhi, riconoscendo anche il resto: sua madre, vestita del manto della notte. Un lungo abito da sera vantablack, puntellato di diamanti lucenti come stelle, di colore bianco, viola e blu.
“Temo di no, bambina mia” aveva sussurrato sua madre, allungando una mano verso di lei, per accarezzarle le guance con i polpastrelli, erano mai calde, quasi brucianti.
“Mamma” si era lasciata sfuggire, lacrimosa.
La dea aveva stretto a coppa ambedue le mani sulle sue guance prima di baciarla sulla fronte tonda, prima di stringerla in un abbraccio caloroso.
“Dove mi trovo?” aveva chiesto poi, guardandosi intorno, era  in un palazzo, più bello e allo stesso tempo spaventoso di quello di Sciro.
Pavimenti di marmo nero, colonne e semicolonne d’onice, anche le pareti erano scure come la notte e figure dipinte in bianco imitavano le costellazioni nel cielo. Invece di essere statiche, si muovevano in una continua danza.
Nyx le aveva sorriso, con una fila di denti bianchi perfetti, “Sei nella mia dimora, bambina mia, nel mio palazzo Nel Tartaro” aveva confidato, “Qui dove finisce la notte degli uomini e comincia quella dell’Oltre” aveva detto serafica.
“Come ci sono arrivata … io ero a Sciro … con Arv- Arvey!” aveva strillato Bernie, ricordando ciò che era accaduto, come il suo amico si era disgregato davanti a lei.
Nyx aveva sciolto l’abbraccio, “Si, temo di si, bambina, il tuo amico mostro sia … defunto, nonostante la benedizione posata sulla sua testa” aveva detto risposto sua madre, tentando di mantenere un tono gentile, ma la sua voce tradiva un certo disinteresse.
Tutto sommato Nyx, rimaneva comunque una dea.

Bernie aveva trattenuto un urlo di dolore, chiudendo le mani sul suo viso. “L’Arpia” aveva soffiato, ricordandone i contorni con precisione, piume nerissime, un viso grigio e quasi crudele.
Lo aveva infilzato, nel cuore, con un quel suo artiglio affilato.
Aveva pianto, soffocata dal dolore.
Arvey era suo amico. Il suo unico amico.
La sola persona, oltre a suo padre, a non averla mai delusa.
Dove anche Bells aveva fallito.
“Aspetta” aveva detto poi, allontanandosi da sua madre, “I mostri vanno nel Tartaro” aveva detto, poi, sfuggendo alla presa di sua madre, “Adesso siamo nel tartaro” aveva detto, “Posso raggiungerlo …” si era lasciata sfuggire, poteva trovare le porte della morte e valicarle … assieme.
Nyx si era lasciata sfuggire un risolino amaro, “No, Berenyx” aveva detto, “Temo che se tu lasciassi questo palazzo moriresti” aveva detto con una punta di cattiveria, “Morirei?” aveva chiesto confusa Bernie.  “Tralasciando che il Tartaro non è luogo adatto agli umani” aveva detto subito la dea della notte con una punta di cattiveria, “Forse se fossi giunta qui con le tue carni potresti” aveva ripreso sua madre, “Ma ora, tu, bambina mia, tu non sei umana” aveva sancito poi.
“Non sono umana?” aveva domandato confusa Bernie, “No, sei nera ombra” aveva aggiunto, “Il dolore per la morte del tuo amico ti ha … come possiamo dire? Scioccata, al punto di averti disgregata” aveva raccontato, “Ho pescato la tua coscienza prima che si dissolvesse come il tuo corpo” aveva aggiunto sua madre.
“Mi sono cosa?” aveva domandato Bernie, guardando le sue mani, sul polso non scintillava in bianco la freccia del Dio Vestito di Bianco, né le nocche risentivano delle ferite ricevuto nello scontro con Ines.
Cosa era successo?
Aveva affrontato Ines.
Era stata cattura a Sciro.
Il pranzo.
Il sogno.
Lo scontro con Neottolemo.
Heather Shine.
Aveva ritrovato Arvey e Jake.
Avevano recuperato il cartiglio.
Aveva ucciso Neottolemo.
… Arvey era morto.
Poi buio.
Buio.
“Onestamente, sono ammirata”, aveva ripreso a parlare sua madre. “Nel corso della mia permanenza in questo mondo ho avuto solamente nove figli semidivini” dopo aver detto quello, Nyx le aveva accarezzato una guancia, “Fino ad oggi, solo uno di loro aveva dimostrato di avere ereditato come potere il ‘buio pesto’” c’era, davvero, profonda ammirazione nella voce di sua madre.
“Certo. Questo è un potere che devi imparare a controllare o finirà per ucciderti” aveva terminato la dea della notte, con voce cupa.
“Mi ucciderà?” aveva chiesto Bernie.
“Hai presente quanto utilizzi le ombre per muoverti?” aveva chiesto sua madre, Bernie aveva annuito, “In questo caso sei divenuta l’ombra” aveva rivelato quello, “Hai trasformato il tuo corpo affinché divenisse ombra” aveva aggiunto, “Ti sei disgregata completamente” aveva rivelato, “E se non migliori con il controllo delle tue emozioni, la prossima volta non sono sicura di riuscire a pescare la tua anima prima che si dissolva anche lei in ombra e se perdi il tuo spirito non solo non potrai ricomporti, ma non potrai neanche accedere al regno dei morti” aveva spiegato sua madre.
Bernie era crollata per terra, sopraffatta.
“Ma tranquilla, se imparerai a domare questo potere, sarai inoppugnabile, figlia mia” aveva cercato di rassicurarla sua madre.
Bernie si era tirata su, sorretta da Nyx; “E come dovrei fare?” aveva domandato poi Bernie rabbiosa; sua madre aveva, letteralmente, fatto spallucce, “Non so, io sono sempre stata capace” aveva confessato senza esitazione.

“Però, ora, io e te, dobbiamo parlare di un’altra cosa” aveva detto sua madre, prendendole una mano e guidandola verso un divanetto.
“C’è qualcosa di più importante di un potere che può potenzialmente uccidermi?” aveva chiesto Bernie, con una puntina di sarcasmo, ottenendo da sua madre uno sguardo abbastanza allusivo.
“L’arma” aveva compreso Bernie. “Si, devi concentrarti su questa cosa solamente” le aveva ordinato sua madre, “So che è difficile, ma per ora devi dimenticarti del Buio Pesto ed anche di Bells; a proposito tua sorella sta benissimo” aveva commentato.
“È scappata da Ify?” aveva chiesto Bernie con apprensione, “Scappata? Sono diventate anche amiche” l’aveva rassicurata Nyx,  si era strappata un lembo di stoffa dal vestito e lo aveva spiegato nell’aria, un momento dopo il nero si era rarefatto mostrando l’immagine di due ragazze che parlavano vicine.
Una era certamente sua sorella, con i capelli sciolti ed una maglietta con le paillettes, l’altra sembrava la persona che aveva visto nel sogno, Ify, però priva di quel sorriso maniacale e la punta lucente del coltello alla mano.
“Bells” aveva detto con una punta di dolcezza.
“Sta bene, tue e tua sorella siete sicuramente ricche di temperanza” aveva detto con orgoglio Nyx, “Ma ora: concentrati” aveva commentato sua madre.
“L’arma, si” aveva ripetuto Bernie; “Ti dissi di recuperare l’arma per te stessa, non per Gea, me o il Campo” le aveva ricordato Nyx, Bernie aveva annuito; “In questo contesto potrei aver trascurato qualcuno” aveva ammesso la dea, piena di imbarazzo.
“Chi?” aveva chiesto Bernie, “Tua sorella” aveva risposto la dea della notte. “Bells?” aveva chiesto confusa allora la giovane semidea, “Oh! In effetti c’è anche la questione Bellatryx, sta lavorando per qualcuno ed onestamente quel gioco mi pare enigmatico” aveva valutato Nyx, sollevandosi dall’ottomana rivestita di velluto, “No, comunque una tua sorellastra, Eris, dea della discordia” aveva illustrato Nyx. Sembrava nervosa.
Bernie non credeva di aver mai visto una dea nervosa, in particolare una oscura e potente quale Nyx.
“Fedele a sé stessa, la mia adorata figlioletta ha cominciato a gironzolare intorno a questa storia e mandare i suoi galoppini” aveva raccontato Nyx.


“Lei da che parte sta?” aveva genuinamente chiesto Bernie, incrociando le gambe.  Aveva compreso che spesso Nyx fosse una dea al di là delle parti, una per ogni occasione. Sua madre aveva fatto una smorfia, “La sua” aveva risposto con ovvietà la dea, “Eris vive per l’unico gusto di creare caos” aveva detto, “O per sentirsi riconosciuta. Ha un grosso complesso di inferiorità ed abbandono, devo ammettere, immagino sia colpa mia. Non dicono che è sempre colpa delle madri?” aveva cominciato sua madre senza freni.
“Non so. Non ho mai parlato con uno psicologo o studiato” aveva detto Bernie, anche se non era certa che fosse la cosa giusta da fare. Nyx appunto aveva interrotto il suo flusso di coscienza, per sollevare un sopracciglio e guardarla, non aveva detto niente.
“Si, be. Eris potrebbe offrire i suoi servigi a Gea, o agli Olimpi, oppure tenersi un arma di questo potere tra le sue mani per usarla quando vuole lei. Come dicevo: caos” aveva soffiato Nyx.
 “Devo guardarmi dai galoppini di Eris” aveva aggiunto allora Bernie, “Ma potresti spiegarmi per bene cosa è questa arma?” aveva chiesto poi.
Sua madre si era accomodata di nuovo sull’ottomana, rovesciato il nome di Eris, sembrava che il nervosismo le fosse stato succhiato via dal corpo. “Un sidro: polvere di luna dalla pelle di Selene, capelli essicati di Crono, lacrime di Hypno e sangue di Tanatos” aveva raccontato Nyx, “Ovviamente raccolti in un determinato ordine, in un determinata situazione, cotti in una kylyx al centro dell’universo con una temperatura specifica, in un giorno particolare, che cade qualcosa come un lunedì ventinove febbraio ad un quarto dalla mezzanotte” aveva sciorinato sua madre.
“In pratica qualcosa di irripetibile” aveva valutato Bernie.
“Figlia intelligente” aveva risposto sua madre, pigiandole la punta del naso con un dito, “Una sola goccia sulla lingua è può cristallizzare il corpo nel tempo, in un sonno senza più risveglio” aveva detto, “Uomini e dei” aveva aggiunto.
“Il piano B. contro Gea, se i Sette falliscono” aveva commentato Bernie, “Si, o un arma pericolosa nelle mani di Gea o peggio di Eris” aveva aggiunto, “Personalmente io non me ne faccio nulla” aveva detto Nyx.
“Ma perché io?” aveva chiesto Bernie.
Sua madre si era morsa un labbro, “Molti anni fa una donna piuttosto rancorosa scrisse una serie di libri di profezie e cerco di venderle ad un Re piuttosto arrogante, poi li brucio … ed è una storia lunga è molto noiosa” aveva detto Nyx, “Comunque c’era questo libro di profezie, i Libri Sibillini – sì al plurale, come veniva chiamato” aveva spiegato sua madre,  “Be, questo libro è andato perduto molto, molto, tempo fa, forse nel quattrocentodieci dopo Cristo[1], non ne sono sicura” aveva raccontato con disinteresse.
“Comunque prima di questo evento,  una dea molto ribelle” aveva ripreso la dea, “Rubò una pagina, ai tempi di Alessandro Severo, credo. La strappò dal larario personale dell’imperatore, lui era uno dei decemviri sacris faciundis, i custodi dei Libri Sibillini” aveva raccontato.
“Come? Chi?” aveva chiesto confusa Bernie, chiedendosi cosa in quella storia fosse legata a lei.
“Alessandro accoglieva qualsiasi religione si potesse immaginare, sul serio aveva anche la statua il tipo simpatico del vino” aveva raccontato Nyx.
“Uhm, Bacco?” aveva provato Bernie, “Uhm, no, ma avevano un sacco di cose in comune” aveva valutato sua madre, “Però non è importante! Dicevo: una Dea palesatasi davanti all’imperatore con una richiesta non poteva tradursi in nessun altro modo che con il desiderio di Alessandro di soddisfarla; se devo esser onesta credo che quel ragazzo necessitasse di approvazione, forse spaventato a morte di poter far la fine del caro cugino. Comunque, questa deauccia aveva chiesto di  visitare il larario, guardare le profezie …” aveva cominciato la dea, “Prendere una pagina” aveva capito Bernie.
“Ecco, una pagina molto importante” aveva detto, “Che parlava di questo” aveva aggiunto Nyx facendo un ampio movimento con le mani, come a voler abbracciare il globo, “Di un sole che muore, una notte che incombe e di una figlia di due dee” aveva raccontato.
“Cos …?” aveva chiesto Bernie, ma sua madre aveva ripreso a parlare, “Così mi è stato detto da Eris, molti, molti Eoni fa” aveva detto.
“Ha rubato lei la profezia?” aveva domandato allora Bernie, “No. Ma ci ha provato, un paio di volte nel corso dell’impero romano, durante una notte di bagordi organizzata dalla Bestia c’era quasi riuscita. Poi quel figlio d’un’avvelenatrice se n’è accorto, ma non ci ha dato molto peso. Immagino che ora si stia mangiando le mani a non aver letto le profezie quando poteva” aveva raccontando poi sua madre. “Fai molte digressioni” aveva valutato Bernie, “Si, lo so. Dopo tutti i millenni che ho sulle spalle, cominciò a sviluppare un problema di attenzione” aveva detto lugubre la dea della notte. “Comunque quella profezia, ormai persa più di millecinquecento anni fa” aveva ripreso Nyx, “È stata ripescata dall’Oracolo del campo mezzosangue, a causa delle azione di Python,  il futuro si è fatto una tela nera e Rachel l’Oracolo non ha potuto che sbirciare poco della profezia” aveva spiegato, “Ha parlato dell’arma e praterie marce[2] ma credo fosse solo un modo di riferirsi al regno dei morti … o del tuo buon amico mortiferaio”.
Bernie non aveva la minima a chi stesse facendo riferimento.
“Ma pensi che sia io, la notte che avanza” aveva sussurrato poi.
Poi si era guardata il polso, non c’era il segno della freccia del Dio vestito di Bianco, ma ricordava le sue parole, “Il sole! Il sole sarebbe venuto in mio aiuto” aveva detto subito, “Heather è il sole” aveva aggiunto.
“Penso di sì” aveva riconosciuto sua madre, “Dalla lettura della profezia da parte di Eris ad oggi ho avuto solo quattro figli semidivini, un uomo di nome Al-Fayd, l’unico ad aver ereditato il buio-pesto,  Caterina De Medici” aveva ripreso sua madre, “Che sorella illustre” si era lasciata sfuggire lei, “E voi due, le uniche gemelle che io abbia mai avuto” aveva raccontato, “Ho anche ipotizzato che una delle due sarebbe nata dea e l’altra umana. Eravate una così incredibile stranezza” aveva aggiunto.
“Per ognuno di voi ho guardato avidamente per scoprire se era nata ‘La Notte Incombente’” aveva detto. “Con Caterina ci andammo vicini, alla sua corte non mancavano figli di Apollo” aveva raccontato, “Giurerei anche Apollo stesso ad un certo punto” aveva riportato.
“Ma non fu così” aveva compreso Bernie.
Nyx aveva mosso il capo in segno d’assenso, “Si. Quando siete nate tu e tua sorella però ho capito che doveva essere una di voi” aveva raccontato, “Chiamalo sesto senso da Dea” aveva aggiunto.
“Ho leggere il nostro destino” aveva borbottato Bernie. Il loro mondo sembrava orribilmente deterministico.
“Mi hai preso per Ermes?” aveva chiesto irritata sua madre, “La vostra forza me lo ha fatto intuire” aveva aggiunto questa.
“Perché io e non Bells?” aveva chiesto allora Bernie.
“Se posso essere onesta pensavo sarebbe stata tua sorella” aveva raccontato Nyx, “Era più socievole di te, aveva interagito con più soli” aveva aggiunto, “Tu d’altro campo avevi il tuo lestrigone” aveva commentato.
Arvey.
Bernie era rimasta in silenzio, “Ed Arvey ha sempre tenuto tutto il mondo lontano da me” aveva commentato con una punta d’amarezza.
“Poi un anno fa ho compreso che saresti stata tu, dopo la battaglia di Manhattan, ma ho scelto di non intervenire” aveva raccontato, prima che Bernie potesse chiederle perché, la dea aveva ricominciato: “Ovviamente perché speravo di sbagliarmi. Speravo che la ricerca di quest’arma sarebbe avvenuta molto più avanti, ma non è stato così” aveva detto, “Quando Rachel Elizabeth Dare ha vomitato la sua profezia, orribili forze si sono messe in moto” aveva raccontato Nyx, “Stavo parlando specificatamente di quella su di te e non quella su Gea, ma in effetti …” aveva valutato poi la dea.

“Cosa dice la Profezia?” aveva chiesto Bernie interrompendo la probabile digressione, “Nel senso: precisamente. Le parole” aveva raccontato.
“Questa è la parte che mi frustra” aveva commentato Nyx, mordendosi un labbro, “Sono solo quattro le persone al mondo, attualmente, a conoscerla tutta. Anzi tre e mezzo. E non tutti per esteso. Per quel che ne so io” aveva rivelato sua madre.
Eris, che ne lesse una buona metà durante un banchetto della Bestia, la Dea che ha strappato la pagina” aveva aggiunto Nyx. “Quindi, possiamo presuppore che l’Arpia scribacchina che ha raccattato Percy Jackson, non abbia potuto leggere quella specifica pagina” aveva rivelato Nyx.
“Hai detto quattro persone” aveva commentato Bernie, “Uno zombie poco socievole e una barattolo di marmellata parlante” aveva risposto sua madre.
Bernie aveva battuto le ciglia, “Cos-?” aveva chiesto, legittimamente confusa; “Non possono aiutarti fidati. Non vorrebbero neanche” aveva aggiunto sua madre, “Oltre al fatto che non ho idea di dove siano finiti” aveva aggiunto.
Se Nyx avesse avuto l’intenzione di continuare con le sue divagazioni, non l’aveva fatto.
“Quindi io sono la notte che avanza e Heather è il sole che muore, questo è sicuro?” aveva chiesto spaventata Bernie.
“Si. La tua amica ha avuto una profezia dalla nefasta Cassandra, le sue parole possono essere ignorate e disprezzate, ma non conoscono menzogna” aveva controbattuto Nyx.
“E la figlia di due dee?” aveva chiesto.
Sua madre l’aveva guardata con serietà spaventosa, “Non ne ho idea” aveva ammesso poi, con un briciolo di imbarazzo.
“Ah” era stata la risposta di Bernie, un po’ piccata.
“Comunque, dal canto mio, ho cercato di lavorare con frammenti di una profezia riportata da Eris, la discordia, che lesse per metà ad una festa. Sono una Dea ma non sono onnisciente” aveva cercato di giustificarsi sua madre, “Onestamente non ho idea neanche se figlia di due dee possa essere letterale o figurato. Una volta, Iris uscì con un tipo che di madre ne aveva Nove[3], il modo degli dei è incredibilmente complesso, bambina mia ” aveva ammesso nyx, stanca.

“Chi è la dea che ha rubato la pagina contenente la profezia?” aveva chiesto allora Bernie.
Sua madre aveva fatto un’espressione un po’ strana, come se dirlo le costasse qualcosa, “Psiche” aveva risposto. “La Psiche di Amore e Psiche?” aveva chiesto Bernie, confusa. Quello sembrava davvero gratuito.
“Ha dato colpa alla sua curiosità, il suo difetto fatale, a detta sua” aveva confermato Nyx, “E a detta sua non ricorda cosa diceva la profezia e ne dove accidentalmente abbia lasciato la sua pagina, troppo impegnata a girovagare per cercare Eros” aveva raccontato. “Ma tu non le credi” era intervenuta Bernie, “Si, ma non si può accusare senza prove la dea dell’Anima di mentire” era stata la risposta di sua madre.
“Ma al momento Psiche è un problema molto, molto, secondario” aveva detto, “Eris è il problema principale” aveva detto, “Gea è potente, il campo sa difendersi” aveva raccontato, “Ma entrambi sono presi da altro, come puoi immaginare” aveva detto.
“Mentre Eris no” aveva capito Bernie, “Ed è l’unica che ha letto almeno un pezzo della profezia, per davvero” aveva insistito Bernie, “Che conosce le esatte parole e le sfumature”.
Perché era lì il problema.
Eris avrebbe potuto mentire a Nyx, o la presenza di una parola al posto di un’altra avrebbe potuto capovolgere tutto.
“Lo sapevo quando ho conosciuto tuo padre che avrei avuto dei figli intelligenti” aveva ghignato con profondo divertimento Nyx, allungando una mano per accarezzarle i capelli, materna.
Bernie sentì una sensazione di calore allo stomaco, come non gli era mai capitato prima.
Era orgogliosa di quel complimento … venuto da sua madre.
“Adesso dobbiamo parlare dei tuoi nemici” aveva aggiunto, “Eris ha tre cavalli, che io sappia” aveva ammesso, “Sì, lo so, sono una madre pessima, ma differentemente da te e tua sorella, Eris ha una fissazione per rimanere anonima, prima del Grande Finale, come con la dannata guerra di Troia” aveva ringhiato.
“Sua figlia” aveva dichiarato Nyx, “Una tua conoscenza, una tale July Goldenapple” aveva raccontato.
July?
July che era con Alabaster! La July di Jake?
July che aveva una madre ignota?
“Certo July potrebbe essere un’arma a doppio taglio per Eris, perché pare l’abbia incastrata in questa missione” aveva raccontato poi, “Poi c’è la galoppina preferita di mia figlia” aveva aggiunto Nyx, “Giovanna D’Arco” aveva detto.
“Mi prendi in giro?” aveva esclamato Bernie confusa; “No. Hai presente quella storia che sentiva la voce di Dio? Era Eris, che cercava di incrementare la guerra tra inglesi e francesi” aveva raccontato. “Giovanna d’Arco è una cacciatrice di Artemide e figlia di Atena, un cocktail mortale: superbia e cieca rettitudine” aveva aggiunto, “Una che non può proprio credere di non essere indispensabile” aveva detto ridacchiando.
“Però Eris la sta ingannando di nuovo?” aveva domandato Bernie, “Probabile. Hybris difetto fatale, parecchio mortale” aveva risposto sua madre, prima di riprendere, “Per ultima abbiamo l’Arpia” aveva detto.
Un lampo nei suoi ricordi era comparso, “Quella che ha ucciso Arvey” aveva ricordato.
“Si. Ha cercato di prenderti a Vernon, ma il tuo buon mostro glielo ha impedito” aveva ammesso, “Così alla fine ha ripiegato su Heather quando ha capito che lei era il sole morente” aveva raccontato.
“Ha sfruttato il senso di colpa del Mortiferaio per raggiungerti” aveva aggiunto sua madre, pizzicandoli una guancia, “Ovviamente non è un’arpia, è una fastidiosa dea babilonese. Si lo so, non ha senso”.
“Adesso però è necessario che tu recuperi il tuo corpo” l’aveva avvertita sua madre.
“Facile, eh” aveva stabilito Bernie, onestamente non aveva la minima idea di come farlo, non era neanche riuscita a comprendere come aveva fatto, ne cosa avesse fatto.
Era uno spettro nel palazzo di sua madre, nel Tartaro, mentre il suo corpo si era disfatto nelle ombre a Sciro, all’Antelopee Canyon.
Sua madre aveva sollevato le spalle, “Immagino che se non troverai il modo di farlo, ci saremo sbagliati tutti” aveva detto perdendo tutto il suo charme materno, il viso si era contorto in un sorriso più spietato e crudo; “La porta è a sinistra” aveva detto, indicando la porta, “Adesso ho un appuntamento con una testa parlante” aveva detto sua madre con un allegrezza un po’ superficiale.

 

Bernie aveva annuito, prendendo la porta indicata, era di un legno nero con infissi d’oro opaco, l’aveva aperta aspettandosi di vedere comparire un corridoio o il Tartaro, qualunque fosse il loro aspetto, ma era solo uno spesso muro nero.
Ombra.
Solida.
L’aveva attraversata, trattenendo il fiato come quando si era immersa nella fonte di Thalassa.
Si era sentita come avvolta nell’acqua, solo che non riusciva a percepire il suo corpo, non percepiva niente, solo pace.
Come se galleggiasse nell’etere, aveva voglia di arrendersi a quella pace, a quella tranquillità.
Ma poi aveva sentito una voce, un sussurro appena, calmo, una litania leggera, delicata.
Era Oh My Darling Clementine, in una versione più lenta e sicuramente più depressiva della versione ufficiale.
La voce era femminile e dolce.
Bernie si era sentita leggermente più consapevole, mentre cercava di orientarsi nell’oscurità, attirata da quella voce.
Man mano che la seguiva, non sapeva come, visto che non aveva corpo, visto che non esisteva, ma lo percepiva, un avvicinamento, la voce si era fatta più intensa, forte e vibrante.
Poi era stata la luce, prima fioca, una sfera luminosa, non più grande di un pugno, nelle viscere dell’oscurità, poi aveva brillato con più vigore e si era espansa.
I contorni delle cose avevano cominciato a farsi più definiti, non era più nell’oscurità, c’erano cose accanto a lei, era reale e tangibile.
Aveva sentito sotto di se il freddo del marmo, la sua testa era sollevata, posata su qualcosa di morbido e caldo.
Oh My Darling Clementine si era fatta più forte e quando era finalmente riuscita ad aprire gli occhi. Era Heather che cantava, con la sua voce ipnotica, era sul suo ventre che aveva posato la testa. I capelli rossi della ragazza scivolavano verso di lei, solleticandole le guance e la fronte.
Dee, Heather era bellissima.
Splendeva come la luce del sole.
Splendeva letteralmente.
“Sei tornata, grazie al cielo” Heather aveva interrotto il suo canto per dirle quello, alle sue spalle. “Ti sei disgregata completamente!” aveva strillato, “Non ero neanche sicura che il piano di Jude potesse funzionare” aveva ammesso con imbarazzo, serrando le labbra.
Tremava. Heather tremava.
“Arvey è morto” era riuscita a sussurrare solamente Bernie, non riuscendo a frenare le lacrime che roteavano giù dalle sue guance, “Il mio Arvey è morto” aveva aggiunto. Portandosi le mani sul viso per trattenere i singhiozzi.
L’amava ed era morto.
Era nel Tartaro.
Forse un giorno si sarebbero rivisti, forse no.
Aveva riconosciuto sul suo polso la freccia bianca stilizzata.
Heather le accarezzò con le nocche la fronte, “Mi dispiace” le aveva detto e c’era onestà nella voce. Si erano conosciute neanche ventiquattro ore prima, non erano amiche, non avevano niente in comune, Heather non conosceva Arvey, non l’aveva vista interagire con Arvey, eppure sentiva reale afflizione, empatia, in quella voce.
“Mia madre mi ha detto che morirai” aveva sussurrato, tirandosi sui gomiti, tutto il suo corpo doleva, tutte le sue ossa, come se fosse finita sotto una pressa, prima di lanciarsi, nonostante i dolori lancinanti, su Heather per stringerla.
La figlia di Apollo era rimasta sconvolta da quello slancio d’affetto, “Si. Tutti dobbiamo morire” aveva scherzato Heather, per sferzare la tensione, “Mi piacerebbe non fosse qui ed ora, ritiriamoci al C.I.B.E.L.E.” aveva detto poi, mentre Bernie scioglieva l’abbraccio.
“Dobbiamo raggiungere Jude e gli altri, stanno affrontando Lilith, e Xander che non so dove sia finito e … tutto il resto” aveva detto la figlia di Apollo sollevandosi con fatica ed aiutandola a tirarsi su, “Come stai?” aveva domandato poi Heather, “Ti riesci a reggere in piedi?” aveva insistito.
 “Si per essermi appena liquefatta sto sorprendentemente bene” aveva scherzato, “Tranne che mi sento come se fossi finita dentro una trebbiatrice” aveva ammesso, prima di chinare lo sguardo sulla clavicola della  ragazza, lì svettava sanguinolente una ferita.
“Tu?” aveva chiesto poi, preoccupata.
La profezia!
“Mi hanno avvelenata! Ma sto bene, quando saremo al sicuro mi curerò per bene, adesso andiamo” aveva stabilito con sicurezza, prendendole una mano.
“Mi dispiace tanto per il tuo amico” aveva ripreso alla fine Heather, “So cosa provi” aveva raccontato la figlia di Apollo, “Ho perso due delle persone più importanti nella mia vita, negli ultimi anni” aveva ammesso lacrimosa.

 

“Ho preso dalla cucina qualcosa di dolce” aveva detto Puma, sedendosi davanti a lei, aveva uno zigomo completamente tumefatto, un occhio gonfio ed un labbro spaccato. Da questo stato anche la sua bellezza ferace ne era uscita compromessa. Aveva un vassoio di biscottini al burro in una mano.
“Dovresti metterti apposto la faccia” aveva risposto apatica, mentre teneva le ginocchia contro il petto, seduta su quel divano.
“Deedo dice sempre che i lividi sono lezioni” aveva raccontato lui, con un sorriso sfrontato, mentre le posava davanti quello che sembrava un buon piatto di pasta, “Anche se in questo caso, sono un cazzo, di trofeo” aveva aggiunto poi con ancora più orgoglio Puma, “Abbiamo catturato una fottuta dea” aveva detto tronfio.
Bernie aveva annuito,  l’arpia era la dea Lilith. Ecco cosa aveva scoperto quando era giunta al C.I.B.E.L.E.    
“Voglio parlarle” aveva stabilito, “Con Heather” aveva aggiunto poi, “Credo sia nella sua stanza, Grande Madre Idea la ha sepolta sotto un sacco di coperte. Le stavano facendo impacchi e non mi sorprenderebbe anche un salasso” aveva cercato di scherzare Puma, ma la sua voce era carica di tensione, “Posso accompagnarti da lei, volevo comunque passarci” aveva provato. Bernie aveva scosso il capo, “No, io ed Heather, insieme, noi due dobbiamo parlare con Lilith. Ci siamo dentro tutte e due” aveva spiegato.
“Certo, possiamo insistere con Grande Madre Idea” aveva detto Puma, “Però prima mangia!” aveva commentato, forzandola a mangiare i dolci che le aveva preso.
Bastò un morso per riconoscere il sapore delle uova fritte di suo padre la domenica mattina, “In questi biscottini c’è dell’ambrosia” aveva esclamato.
“Esatto. Una bella tagliata di carne, con un retrogusto zuccheroso” aveva ridacchiato Puma, “Comunque l’ambrosia è porzionata in modo che un semidio possa mangiarne due, massimo tre, Grande Madre Idea ha calcolato che tu potresti prenderne anche cinque” aveva esclamato, “Ma non è il caso di esagerare” aveva detto.
Sul piatto erano rimasti solo altri tre biscotti.

Jake l’aspettava fuori dalla stanza, aveva un’espressione contrita e gli occhi scuri persi, si era sporto, senza pronunciare una sola domanda e l’aveva stretto.
Era freddo. Come un morto doveva essere. Rigido.
Però Bernie si era accovacciata in quell’abbraccio, cercando la più piccola forma di calore e affetto. In quel momento Bernie era davvero grata della sua presenza, sembrava un pensiero egoistico, ma Jake c’era. C’era durante la guerra. Era suo amico prima. Era stato uno di loro.
Ed avevo visto il legame che aveva unito lei ed Arvey ed era l’unico, in quel momento che poteva davvero capire la sua perdita.
Aveva deciso di accantonare la morte del suo amico per un bene superiore, ma in quell’abbraccio tutti i suoi propositi si erano sciolti in un pianto liberatorio.
“Senti, Arvey era una brutta bestiaccia. Non lo conoscevo come te, ma sicuramente in questo momento sta scalando le porte della morte prendendo a pugni in faccia e strappando meningi a chiunque abbia la malaugurata idea di mettersi tra lui e te” aveva sussurrato Jake, “Probabilmente entro due settimane te lo ritroverai dietro come il segugio che è” aveva aggiunto.
Bernie aveva annuito. Si. Doveva pensarla anche lei in quella maniera. Arvey. Bells. Papà. Erano la sua famiglia ed aveva tutta l’intenzione di riunirla.
“Devo parlare con Heather Shine” disse poi.
“Ottimo tempismo, è rimasta incosciente più di te, ma Xander mi ha detto che si è appena svegliata” aveva detto Jake con un tono leggermente preoccupato. “Il veleno, si” aveva pensato nuovamente, il sole che muore.
Puma si era accodato a loro quando avevano intrapreso la strada per raggiungere la camera dove era stata sistemata Heahter. Dopo aver ripreso conoscenza, a seguito del suo viaggino nel Tartaro, era riuscita a fare ben poco, con la figlia di Apollo a seguito, raggiungere la donna-leone Atalanta, prima di soccombere nuovamente.
Heather per il veleno.
Lei per la stanchezza.
Era venuta l’alba.
Non aveva dormito, aveva affrontare una piccola pestilenza che aveva offeso la salute, Ines con cui si era scontrata con spirito e corpo. Il banchetto.
I due scontri con Neottolemo.
Arvey.
La disgregazione.

Avevano incontrato un ragazzo simpatico di nome Josh, piuttosto divertente, oltre che il non-morto – quanti c’erano negli ultimi tempi, doveva dire – con il sorriso rilassato, labbra piene e carnose, al suo fianco c’era anche la ragazza incinta, che aveva partecipato al pranzo degli orrori di Neottolemo.
Ora che la guardava da vicino sembrava quasi una sua coetanea, il viso soffriva ancora di una curva morbida infantile, aveva la carnagione rosea ed i capelli biondo grano, ordinati in una treccia. Era piccola e pingue, ma molto più pulita rispetto il giorno prima.
Continuava a passarsi la mano sul ventre, per calmarsi.
“Si chiama Skylar Casterly” l’aveva introdotta Xander mentre la guardava, non lontano, Skylar era seduta su una sedia, continuando ad accarezzare il suo ventre, quasi ignorando tutte le persone del C.I.B.E.L.E. che cercavano di conversare con lei.
“A quanto pare è incinta di un Dio, cosa di cui non aveva la minima idea” aveva raccontato tetro il figlio di Freya, “Situazione in cui confesso, mio padre non si è trovato, avendomi mia madre letteralmente sbolognato tra le sue braccia” aveva raccontato.
“Idem con patate” era stata la pigra risposta di Bernie, “Si, mi aggrego” aveva confermato Puma. Che stranezza, tutti e tre figli di una dea.
Jake aveva sbuffato, “Quando ho conosciuto mia madre ho dimenticato di chiederle come era andata con mio padre, solo domandarglielo la faceva andare su tutte le furie e le veniva voglia di uccidere” aveva ammesso Jake, “Inoltre si è scopata due dei, è non ha idea di chi sia mio padre” aveva esclamato. “Non gli ho mai chiesto se avesse idea se fossero due o come è andata l’incontro, o anche solo perché” aveva soffiato.
Si erano voltati tutti e tre verso di lui, sconvolti.
“Tua madre e mio padre dovrebbero darsi il cinque” aveva esclamato Puma, “Tecnicamente mio padre ha avuto tre figli da tre dee, ma Minerva ha la simpatica questione di forte sintonia mentale” aveva ridacchio Puma.
Bernie lo guardava davvero stupita, “Sai chi sono?” aveva chiesto con genuina curiosità, Jake aveva ridacchiato, “Mia madre non ha effettivamente certezze, ma ha le sue teorie. Ares ed Efesto sono esclusi” aveva ammesso. “Apollo è nel ballottaggio però” aveva raccontato Jake.
“Non sono un esperto di mitologia greco-romana confesso” aveva detto Xander, “Ma ricordo che era uno abbastanza socievole da questo punto di vista, si” aveva valutato il figlio di Freya.
“Potresti essere fratello di Heather!” aveva detto Puma, dando un buffetto, sulla schiena del Ghoul, fin troppo forte, da aver quasi fatto perdere l’equilibrio a questo.
Questo aveva fatto ripiombare nel buio Bernie, aveva gettato un ultimo sguardo a Skylar, “Povera anima; non sa cosa aspetta ne a lei ne alla sua creatura” aveva stabilito.
Skylar era condannata ad una vita di preoccupazione perenne per un figlio che probabilmente sarebbe morto giovane, come era quasi capitato molteplici volte a loro. Anche solo in quelle ventiquattro ore.

 

Ippomene era dritto davanti la porta di Heather, “La Grande Madre Idea sta conferendo con la vostra amica” aveva detto lui, cercando di apparire morbido, “Vi chiedo di aspettare” aveva ammesso, “Cortesemente” aveva aggiunto, gentile.
Bernie aveva sorriso.
“Però dentro c’è Trevor” aveva valutato Xander, indicando la porta, “Manca anche il satiro” aveva valutato Puma, “E Jude” aveva sottolineato Jake.
Ippomene, l’uomo leone, compagno di Atalanta era sembrato in difficoltà. “Guarda, a me non frega un cazzo, di nessuna dea in questo momento” aveva valutato Bernie, “Ho mangiato il suo cibo nella sua casa e sono perciò protettata dalle leggi dell’ospitalità, se fuori di qui vorrà punirmi, l’aspetto” aveva stabilito Bernie, provando a valicare la porta.
“Ho ordini pr-“ ma la figlia di Nyx non ascoltò il resto delle parole del giovane uomo, scomparendo in un nero turbine di ombre e riapparendo neanche un metro più in là all’interno della stanza.
Il primo viso che vide fu quello di sua sorella Bells, prima di capire che non era lei. C’era qualcosa di più maturo, adulto ed anche confortevole.
Poi riconobbe un giovane satiro agitato, che teneva la mano di Heather. Nel suo campo visivo si fece spazio il mago egizio Trevor che si fiondò ad abbracciarla come se fossero stati vecchi amici anziché appena conoscenti.
Bernie aveva comunque ricambiato l’abbraccio.
Poi vide Heather, seduta sul letto, con la schiena posata alla spalliera, quasi grigia in viso, con i capelli rossi unti, che scendevano a ciocche sulle spalle.
E sebbene fosse stata arpionata verso di lei, accadde qualcosa che non aveva previsto.
Il Jude di cui aveva parlato Jake era una sua vecchia conoscenza.
Jude il mortiferaio di cui aveva parlato sua madre, più volte.
L’ombra di Albaster, il ragazzo che non parlava mai, con la lama di nero stige.
Jude, si chiamava Jude e Bernie non lo aveva mai saputo.
Erano scappati assieme, da Manatthan.
Jude l’aveva tirata via dalla bolgia che era diventata quella città, quella battaglia, tutto quel sangue, quella morte. E la sconfitta.
E poi avevano vissuto per due settimane assieme, girovagando.
Jude non le aveva mai parlato, erano stati quasi due estranei, ma era stato bello avere qualcuno, con cui entrare in empatia.
Qualcuno con cui trovarsi.
Però una mattina, senza preavviso, a Boston, Bernie si era svegliata da sola. Jude se n’era andato, senza dirle nulla, neanche un addio, lasciandola sola in un mondo che l’aveva privata di Bells ed Arvey.
“B-Bernie” pronunciò Jude, con una voce profonda, greve, come il roborante della terra, anche se basso,
Lei di rimando sentì in quella voce, che mai prima di allora aveva pronunciato il suo nome, un fuoco dentro di lei, non pari alla morte di Arvey né alla furia che aveva provato contro Neottolemo o Ines, ma abbastanza da accenderla.
Tu bastardo!” strillò solamente.
Ma tutta la sua rabbia fu chetata dalla mano della donna dal viso simile a quello di Bells, posarsi sulla sua spalla, “La terribile Berenyx LaFayett, immagino” aveva sussurrato la donna, “Grande Madre Idea” aveva risposto Bernie. Qualcosa in quella donna non poteva che trasmettere altro che pace, sicurezza e quasi nostalgia, più materna di quanto non sarebbe mai stata Nyx in una vita.
“Immagino tu conosca già il nostro Jude” aveva sussurrato Heather, nonostante l’aspetto pallido, c’era un certo sarcasmo nella sua voce, “E faccia parte del club siamo arrabbiati con lui” aveva scherzato Heather.
Poi si era voltata verso il ragazzo taciturno, che se ne stava con le spalle, posate contro un muro e lo sguardo basso, che ogni tanto faceva slittare da Bernie ad Heather, “Tranquilla, non sono veramente arrabbiata con te” aveva detto con un sorriso buono, la figlia di Apollo, “A colpirmi è stato mio fratello Troilo” aveva stabilito, prima di voltarsi di nuovo verso Bernie.
“Come stai?” aveva chiesto la figlia della notte, “Pronta per partecipare a Project Runnaway” aveva dichiarato Heather, facendosi aiutare dal satiro a tirarsi su.
Doveva ammettere una cosa, anche grigia come uno spettro e con i segni di un avvelenamento, Heather Shine era la degna erede del sole.
Bernie aveva curvato le labbra in un sorriso, fino a quel momento aveva conosciuto solo Carter Gale – e forse Jake ? – come figlio di Apollo e mancava completamente di quella luce calda che emanava Heather.
“Dobbiamo parlare con Lilith, io e te” aveva detto poi, “Siamo finite in una profezia piuttosto lambiccata” aveva ammesso.

Grande Madre Idea aveva tossicchiato, attirando l’attenzione, “E lo farete, senza ombra di dubbio” aveva stabilito quella, “Ma prima: vorrei tentare qualcosa di potenzialmente mortale per aiutare Heahter” aveva aggiunto.
Tutti gli occhi erano proiettati su di lei, rapiti, “Il Nostro caro Sol Invictus ha cercato di ingannare Heather e la ha legata a lui, nella speranza di sfruttarla e consumarla; noi ricambieremo” aveva detto Grande Madre Idea.
“Suono proprio bene” si era lasciato sfuggire il Satiro, stringendo la mano sulla vita della sua amica.



[1] IL SACCO DI ROMA. ZANZAN

[2] Riferimento a capitolo 8.

[3] Si sta riferendo ad Heimdallr, che era figlio di nove madri diverse, era il guardiano del Bifrost (un ponte arcobaleno) per questo ho pensato ad un appuntamento con Iris.

   
 
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