Sono
tornata dal
regno dei morti, avrei voluto aggiornare prima, ma mi sono persa, lo
confesso,
tra originali ed altre ff, però sono tornata. Finalmente
cominciamo a
sbrogliare la matassa (almeno spero) di questo ‘gran
casino’ che è questa
storia e concludiamo finalmente la ‘questione di
Sciro’, sebbene non tutti i
nodi vengono al pettine, ma dal prossimo capitolo si comincia
nuovamente la
ronda (penso toccherà al povero Carter, ormai abbandonato da
troppo tempo).
Pace e amore,
RLandH
Il Crepuscolo degli Idoli
Anche
dei
semidei senza ne arte ne parte meritano le proprie profezie, il
problema è
capire dove sono finite
Bernie IV
“E ti amo”
aveva
insistito nuovamente Arvey.
“Mi ami?” aveva chiesto Bernie stupita, confusa; Arvey
la amava?
“Come un pari, non come un cacciatore per la sua
preda, ma come un pari. Se
fossi stato un mezzo-dio come te mi sarei dichiarato dopo
l’esplosione della
principessa e se tu fossi stata una lestrigona ti avrei già
dichiarato mia”
aveva asserito il lestrigone.
Il momento dopo Bernie aveva sentito le labbra di Arvey premute contro
le sue.
Un bacio.
Tranquillo.
Giusto un tocco.
Diverso dalla passionalità del Dio Vestito di Bianco, e
dall’imbarazzata
irruenta di Hannah Phoenix.
Non sapeva come comportarsi in quel momento.
In quel contesto.
Nel mezzo di uno scontro …
Bernie non riusciva neanche a mettere assieme i suoi pensieri.
Aveva sempre voluto bene ad Arvey ed Arvey ne aveva voluto lei, ma amore.
Il lestrigone si era allontanato da lei, con un viso pieno
d’ansia ed
aspettativa.
Aspettativa per una sua risposta.
“Arvey, io …” era riuscita solamente a
farfugliare, l’attimo dopo aveva visto
qualcosa con la coda dell’occhio un ombra oscura, alata.
“No!” aveva urlato, troppo tardi, quando aveva
capito.
Degli artigli affilati come rasoi aveva scalato il petto di Arvey, un
colpo
alle sue spalle, letale.
“Era da Vernon che ti dovevo questo colpo” aveva
gracchiato una voce femminile
alle spalle di Arvey, Bernie aveva distinto il viso di un arpia
scorrere alle
spalle del lestrigone.
Arvey aveva voltato il capo verso di lei e Bernie aveva potuto leggerci
dentro
tutto la disperata consapevolezza dei suoi occhi.
“Aspettami” sussurrò lui, con un solo
filo di voce, prima di scomparire, di
disgregarsi nel nulla.
Lasciandola lì sola.
“Ennoia ti ha trovato, figlia di Nyx”
sussurrò l’arpia, allungando una mano
verso di lei.
Bernie non riuscì a processare bene ciò che stava
succedendo.
Arvey … Arvey era morto.
Arvey si era disgregato.
Arvey …
“No” sussurrò.
O Forse lo pensò.
Il momento dopo sentì una torrenziale rabbia sgorgare in lei.
Dentro di lei.
Da lei.
“No” urlò più forte.
Certa che in ogni angolo della terra potessero sentire la sua
disperazione.
Una serie di
immagini era vorticata nella sua mente.
Arvey l’afferava per un braccio.
Arvey sorrideva.
Un sorriso pieno di vita, da squalo.
Arvey che la stringeva, avvolti dalle fiamme, con l’acqua che
risaliva fino
alle narici.
Il sangue le scivolava dalla fronte, mentre il caos della battaglia
s’apriva davanti
a loro, mentre sentiva l’erba sotto di lei. Il campo
mezzosangue.
Le mani di Arvey sotto le sue ascelle per tirarla su.
Lei che si svegliava a Boston, da sola, nessun ragazzo silenzioso,
nessuna
Bells, se solo avesse Arvey.
Arvey che le pulisce le mani scorticate, sporche di sangue.
Arvey che sorrideva come uno squalo.
Arvey che voleva mangiarla.
Arvey che la baciava.
Arvey che le premeva la testa contro un muro a Denver.
Arvey sul ponte della Principessa, con il vento a muovere i capelli e
impregnato di salsedine.
Arvey che mangiava … umani.
Avey che la colpiva.
Arvey che le insegnava a combattere.
Avey che aveva rinunciato tutto per lei.
Arvey che moriva …
Arvey …
Arvey …
Arvey …
Arvey!
“Ben
sveglia” la
voce che l’aveva accolta era stata carezzevole, profonda
… materna.
“Bells?” aveva
provato Bernie, rifugiandosi
nel più atavico desiderio della sua anima, mentre forzava le
palpebre a stare
su. Ma non era il viso di sua sorella quello che fluttuato davanti i
suoi
occhi.
Un viso scuro, occhi scintillanti come quasar incandescenti. Il volto
incorniciato
di spessi e neri capelli; Bernie aveva messo a fuoco gli occhi,
riconoscendo
anche il resto: sua madre, vestita del manto della notte. Un lungo
abito da
sera vantablack, puntellato di diamanti lucenti come stelle, di colore
bianco,
viola e blu.
“Temo di no, bambina mia” aveva sussurrato sua
madre, allungando una mano verso
di lei, per accarezzarle le guance con i polpastrelli, erano mai calde,
quasi
brucianti.
“Mamma” si era lasciata sfuggire, lacrimosa.
La dea aveva stretto a coppa ambedue le mani sulle sue guance prima di
baciarla
sulla fronte tonda, prima di stringerla in un abbraccio caloroso.
“Dove mi trovo?” aveva chiesto poi, guardandosi
intorno, era in un
palazzo, più bello e allo stesso tempo
spaventoso di quello di Sciro.
Pavimenti di marmo nero, colonne e semicolonne d’onice, anche
le pareti erano
scure come la notte e figure dipinte in bianco imitavano le
costellazioni nel
cielo. Invece di essere statiche, si muovevano in una continua danza.
Nyx le aveva sorriso, con una fila di denti bianchi perfetti,
“Sei nella mia
dimora, bambina mia, nel mio palazzo Nel Tartaro” aveva
confidato, “Qui dove
finisce la notte degli uomini e comincia quella
dell’Oltre” aveva detto
serafica.
“Come ci sono arrivata … io ero a Sciro
… con Arv- Arvey!” aveva strillato
Bernie, ricordando ciò che era accaduto, come il suo amico
si era disgregato
davanti a lei.
Nyx aveva sciolto l’abbraccio, “Si, temo di si,
bambina, il tuo amico mostro
sia … defunto, nonostante la
benedizione posata sulla sua testa” aveva
detto risposto sua madre, tentando di mantenere un tono gentile, ma la
sua voce
tradiva un certo disinteresse.
Tutto sommato Nyx, rimaneva comunque una dea.
Bernie aveva trattenuto un urlo di dolore, chiudendo le mani sul suo
viso. “L’Arpia”
aveva soffiato, ricordandone i contorni con precisione, piume
nerissime, un
viso grigio e quasi crudele.
Lo aveva infilzato, nel cuore, con un quel suo artiglio affilato.
Aveva pianto, soffocata dal dolore.
Arvey era suo amico. Il suo unico amico.
La sola persona, oltre a suo padre, a non averla mai delusa.
Dove anche Bells aveva fallito.
“Aspetta” aveva detto poi, allontanandosi da sua
madre, “I mostri vanno nel
Tartaro” aveva detto, poi, sfuggendo alla presa di sua madre,
“Adesso siamo nel
tartaro” aveva detto, “Posso raggiungerlo
…” si era lasciata sfuggire, poteva
trovare le porte della morte e valicarle … assieme.
Nyx si era lasciata sfuggire un risolino amaro, “No,
Berenyx” aveva detto,
“Temo che se tu lasciassi questo palazzo moriresti”
aveva detto con una punta
di cattiveria, “Morirei?” aveva chiesto confusa
Bernie. “Tralasciando
che il Tartaro non è luogo
adatto agli umani” aveva detto subito la dea della notte con
una punta di
cattiveria, “Forse se fossi giunta qui con le tue carni
potresti” aveva ripreso
sua madre, “Ma ora, tu, bambina mia, tu non sei
umana” aveva sancito poi.
“Non sono umana?” aveva domandato confusa Bernie,
“No, sei nera ombra”
aveva aggiunto, “Il dolore per la morte del tuo amico ti ha
… come possiamo
dire? Scioccata, al punto di averti disgregata” aveva
raccontato, “Ho pescato
la tua coscienza prima che si dissolvesse come il tuo corpo”
aveva aggiunto sua
madre.
“Mi sono cosa?” aveva domandato
Bernie, guardando le sue mani, sul polso
non scintillava in bianco la freccia del Dio Vestito di Bianco,
né le nocche
risentivano delle ferite ricevuto nello scontro con Ines.
Cosa era successo?
Aveva affrontato Ines.
Era stata cattura a Sciro.
Il pranzo.
Il sogno.
Lo scontro con Neottolemo.
Heather Shine.
Aveva ritrovato Arvey e Jake.
Avevano recuperato il cartiglio.
Aveva ucciso Neottolemo.
… Arvey era morto.
Poi buio.
Buio.
“Onestamente, sono ammirata”, aveva ripreso a
parlare sua madre. “Nel corso
della mia permanenza in questo mondo ho avuto solamente nove figli
semidivini”
dopo aver detto quello, Nyx le aveva accarezzato una guancia,
“Fino ad oggi,
solo uno di loro aveva dimostrato di avere ereditato come potere il
‘buio
pesto’” c’era, davvero,
profonda ammirazione nella voce di sua madre.
“Certo. Questo è un potere che devi imparare a
controllare o finirà per
ucciderti” aveva terminato la dea della notte, con voce cupa.
“Mi ucciderà?” aveva chiesto Bernie.
“Hai presente quanto utilizzi le ombre per
muoverti?” aveva chiesto sua madre,
Bernie aveva annuito, “In questo caso sei divenuta
l’ombra” aveva rivelato
quello, “Hai trasformato il tuo corpo affinché
divenisse ombra” aveva aggiunto,
“Ti sei disgregata completamente” aveva rivelato,
“E se non migliori con il
controllo delle tue emozioni, la prossima volta non sono sicura di
riuscire a
pescare la tua anima prima che si dissolva anche lei in ombra e se
perdi il tuo
spirito non solo non potrai ricomporti, ma non potrai neanche accedere
al regno
dei morti” aveva spiegato sua madre.
Bernie era crollata per terra, sopraffatta.
“Ma tranquilla, se imparerai a domare questo potere, sarai
inoppugnabile,
figlia mia” aveva cercato di rassicurarla sua madre.
Bernie si era tirata su, sorretta da Nyx; “E come dovrei
fare?” aveva domandato
poi Bernie rabbiosa; sua madre aveva, letteralmente,
fatto spallucce,
“Non so, io sono sempre stata capace” aveva
confessato senza esitazione.
“Però,
ora, io e
te, dobbiamo parlare di un’altra cosa”
aveva detto sua madre,
prendendole una mano e guidandola verso un divanetto.
“C’è qualcosa di più
importante di un potere che può potenzialmente
uccidermi?”
aveva chiesto Bernie, con una puntina di sarcasmo, ottenendo da sua
madre uno
sguardo abbastanza allusivo.
“L’arma” aveva compreso Bernie.
“Si, devi concentrarti su questa cosa solamente”
le aveva ordinato sua madre, “So che è difficile,
ma per ora devi dimenticarti
del Buio Pesto ed anche di Bells; a proposito tua sorella sta
benissimo” aveva
commentato.
“È scappata da Ify?” aveva chiesto
Bernie con apprensione, “Scappata?
Sono diventate anche amiche” l’aveva rassicurata
Nyx, si era
strappata un lembo di stoffa dal
vestito e lo aveva spiegato nell’aria, un momento dopo il
nero si era rarefatto
mostrando l’immagine di due ragazze che parlavano vicine.
Una era certamente sua sorella, con i capelli sciolti ed una maglietta
con le paillettes,
l’altra sembrava la persona che aveva visto nel sogno, Ify,
però priva di quel
sorriso maniacale e la punta lucente del coltello alla mano.
“Bells” aveva detto con una punta di dolcezza.
“Sta bene, tue e tua sorella siete sicuramente ricche di
temperanza” aveva
detto con orgoglio Nyx, “Ma ora: concentrati” aveva
commentato sua madre.
“L’arma, si” aveva ripetuto Bernie;
“Ti dissi di recuperare l’arma per te
stessa, non per Gea, me o il Campo” le aveva ricordato Nyx,
Bernie aveva
annuito; “In questo contesto potrei aver trascurato
qualcuno” aveva ammesso la
dea, piena di imbarazzo.
“Chi?” aveva chiesto Bernie, “Tua
sorella” aveva risposto la dea della notte.
“Bells?” aveva chiesto confusa allora la giovane
semidea, “Oh! In
effetti c’è anche la questione Bellatryx, sta
lavorando per qualcuno ed
onestamente quel gioco mi pare
enigmatico” aveva valutato Nyx, sollevandosi
dall’ottomana rivestita di velluto, “No, comunque
una tua sorellastra,
Eris, dea della discordia” aveva illustrato Nyx. Sembrava
nervosa.
Bernie non credeva di aver mai visto una dea nervosa, in particolare
una oscura
e potente quale Nyx.
“Fedele a sé stessa, la mia adorata figlioletta ha
cominciato a gironzolare
intorno a questa storia e mandare i suoi galoppini” aveva
raccontato Nyx.
“Lei
da che parte sta?” aveva genuinamente chiesto Bernie,
incrociando le gambe.
Aveva compreso che spesso Nyx fosse una
dea al di là delle parti, una per ogni occasione. Sua madre
aveva fatto una
smorfia, “La sua” aveva risposto con
ovvietà la dea, “Eris vive per l’unico
gusto di creare caos” aveva detto, “O per sentirsi
riconosciuta. Ha un grosso
complesso di inferiorità ed abbandono, devo ammettere,
immagino sia colpa mia.
Non dicono che è sempre colpa delle madri?” aveva
cominciato sua madre senza freni.
“Non
so. Non ho mai parlato con uno psicologo o studiato” aveva
detto Bernie,
anche se non era certa che fosse la cosa giusta da fare. Nyx appunto
aveva
interrotto il suo flusso di coscienza, per sollevare un sopracciglio e
guardarla,
non aveva detto niente.
“Si,
be. Eris potrebbe offrire i suoi servigi a Gea, o agli Olimpi, oppure
tenersi un arma di questo potere tra le sue mani per usarla quando
vuole lei.
Come dicevo: caos” aveva soffiato Nyx.
“Devo
guardarmi dai galoppini di Eris”
aveva aggiunto allora Bernie, “Ma potresti spiegarmi per bene
cosa è questa
arma?” aveva chiesto poi.
Sua
madre si era accomodata di nuovo sull’ottomana, rovesciato il
nome di Eris,
sembrava che il nervosismo le fosse stato succhiato via dal corpo.
“Un sidro:
polvere di luna dalla pelle di Selene, capelli essicati di Crono,
lacrime di
Hypno e sangue di Tanatos” aveva raccontato Nyx,
“Ovviamente raccolti in un
determinato ordine, in un determinata situazione, cotti in una kylyx al
centro
dell’universo con una temperatura specifica, in un giorno
particolare, che cade
qualcosa come un lunedì ventinove febbraio ad un quarto
dalla mezzanotte” aveva
sciorinato sua madre.
“In
pratica qualcosa di irripetibile” aveva valutato Bernie.
“Figlia
intelligente” aveva risposto sua madre, pigiandole la punta
del naso
con un dito, “Una sola goccia sulla lingua è
può cristallizzare il corpo nel
tempo, in un sonno senza più risveglio” aveva
detto, “Uomini e dei” aveva
aggiunto.
“Il
piano B. contro Gea, se i Sette falliscono” aveva commentato
Bernie, “Si, o
un arma pericolosa nelle mani di Gea o peggio di Eris” aveva
aggiunto,
“Personalmente io non me ne faccio nulla” aveva
detto Nyx.
“Ma
perché io?” aveva chiesto Bernie.
Sua
madre si era morsa un labbro, “Molti anni fa una donna
piuttosto rancorosa
scrisse una serie di libri di profezie e cerco di venderle ad un Re
piuttosto
arrogante, poi li brucio … ed è una storia lunga
è molto noiosa” aveva detto
Nyx, “Comunque c’era questo libro di profezie, i
Libri Sibillini – sì al
plurale, come veniva chiamato” aveva spiegato sua madre,
“Be, questo libro è andato perduto molto,
molto, tempo fa, forse nel quattrocentodieci dopo Cristo[1],
non ne sono sicura” aveva raccontato con disinteresse.
“Comunque
prima di questo evento, una dea
molto ribelle” aveva ripreso la dea,
“Rubò una pagina, ai tempi di Alessandro
Severo, credo. La strappò dal larario personale
dell’imperatore, lui era uno
dei decemviri
sacris faciundis, i
custodi dei Libri Sibillini” aveva
raccontato.
“Come?
Chi?” aveva chiesto confusa Bernie, chiedendosi cosa in
quella storia
fosse legata a lei.
“Alessandro
accoglieva qualsiasi religione si potesse immaginare, sul serio
aveva anche la statua il tipo simpatico del vino” aveva
raccontato Nyx.
“Uhm,
Bacco?” aveva provato Bernie, “Uhm, no, ma avevano
un sacco di cose in
comune” aveva valutato sua madre, “Però
non è importante! Dicevo: una Dea
palesatasi davanti all’imperatore con una richiesta non
poteva tradursi in
nessun altro modo che con il desiderio di Alessandro di soddisfarla; se
devo
esser onesta credo che quel ragazzo necessitasse di approvazione, forse
spaventato a morte di poter far la fine del caro cugino. Comunque,
questa deauccia
aveva chiesto di visitare il larario,
guardare le profezie …” aveva cominciato la dea,
“Prendere una pagina” aveva capito
Bernie.
“Ecco,
una pagina molto importante” aveva detto, “Che
parlava di questo”
aveva aggiunto Nyx facendo un ampio movimento con le mani, come a voler
abbracciare il globo, “Di un sole che
muore, una notte che
incombe
e di una figlia di
due dee”
aveva raccontato.
“Cos
…?” aveva chiesto Bernie, ma sua madre aveva
ripreso a parlare, “Così mi è
stato detto da Eris, molti, molti Eoni fa” aveva detto.
“Ha
rubato lei la profezia?” aveva domandato allora Bernie,
“No. Ma ci ha
provato, un paio di volte nel corso dell’impero romano,
durante una notte di
bagordi organizzata dalla Bestia c’era quasi riuscita. Poi
quel figlio
d’un’avvelenatrice se n’è
accorto, ma non ci ha dato molto peso. Immagino che
ora si stia mangiando le mani a non aver letto le profezie quando
poteva” aveva
raccontando poi sua madre. “Fai molte digressioni”
aveva valutato Bernie, “Si,
lo so. Dopo tutti i millenni che ho sulle spalle, cominciò a
sviluppare un
problema di attenzione” aveva detto lugubre la dea della
notte. “Comunque
quella profezia, ormai persa più di millecinquecento anni
fa” aveva ripreso Nyx,
“È stata ripescata dall’Oracolo del
campo mezzosangue, a causa delle azione di
Python, il futuro si è fatto una tela
nera e Rachel l’Oracolo non ha potuto che sbirciare poco
della profezia” aveva
spiegato, “Ha parlato dell’arma e praterie marce[2]
ma credo fosse solo un modo di riferirsi al regno dei morti
… o del tuo buon amico
mortiferaio”.
Bernie
non aveva la minima a chi stesse facendo riferimento.
“Ma
pensi che sia io, la notte che avanza” aveva sussurrato poi.
Poi
si era guardata il polso, non c’era il segno della freccia
del Dio vestito
di Bianco, ma ricordava le sue parole, “Il sole! Il sole
sarebbe venuto in mio
aiuto” aveva detto subito, “Heather è il
sole” aveva aggiunto.
“Penso
di sì” aveva riconosciuto sua madre,
“Dalla lettura della profezia da
parte di Eris ad oggi ho avuto solo quattro figli semidivini, un uomo
di nome
Al-Fayd, l’unico ad aver ereditato il buio-pesto,
Caterina De Medici” aveva ripreso sua madre,
“Che sorella illustre” si era lasciata sfuggire
lei, “E voi due, le uniche
gemelle che io abbia mai avuto” aveva raccontato,
“Ho anche ipotizzato che una
delle due sarebbe nata dea e l’altra umana. Eravate una
così incredibile
stranezza” aveva aggiunto.
“Per
ognuno di voi ho guardato avidamente per scoprire se era nata
‘La Notte
Incombente’”
aveva detto. “Con Caterina ci andammo vicini, alla sua corte
non mancavano figli di Apollo” aveva raccontato,
“Giurerei anche Apollo stesso
ad un certo punto” aveva riportato.
“Ma
non fu così” aveva compreso Bernie.
Nyx
aveva mosso il capo in segno d’assenso, “Si. Quando
siete nate tu e tua
sorella però ho capito che doveva essere una di
voi” aveva raccontato,
“Chiamalo sesto senso da Dea” aveva aggiunto.
“Ho
leggere il nostro destino” aveva borbottato Bernie. Il loro
mondo sembrava
orribilmente deterministico.
“Mi
hai preso per Ermes?” aveva chiesto irritata sua madre,
“La vostra forza me
lo ha fatto intuire” aveva aggiunto questa.
“Perché
io e non Bells?” aveva chiesto allora Bernie.
“Se
posso essere onesta pensavo sarebbe stata tua sorella” aveva
raccontato Nyx,
“Era più socievole di te, aveva interagito con
più soli” aveva aggiunto, “Tu
d’altro campo avevi il tuo lestrigone” aveva
commentato.
Arvey.
Bernie
era rimasta in silenzio, “Ed Arvey ha sempre tenuto tutto il
mondo lontano
da me” aveva commentato con una punta d’amarezza.
“Poi
un anno fa ho compreso che saresti stata tu, dopo la battaglia di
Manhattan, ma ho scelto di non intervenire” aveva raccontato,
prima che Bernie
potesse chiederle perché, la dea aveva ricominciato:
“Ovviamente perché speravo
di sbagliarmi. Speravo che la ricerca di quest’arma sarebbe
avvenuta molto più
avanti, ma non è stato così” aveva
detto, “Quando Rachel Elizabeth Dare ha
vomitato la sua profezia, orribili forze si sono messe in
moto” aveva raccontato
Nyx, “Stavo parlando specificatamente di quella su di te e
non quella su Gea,
ma in effetti …” aveva valutato poi la dea.
“Cosa
dice la
Profezia?” aveva chiesto Bernie interrompendo la probabile
digressione, “Nel
senso: precisamente. Le parole” aveva raccontato.
“Questa
è la parte che mi frustra” aveva commentato Nyx,
mordendosi un labbro,
“Sono solo quattro le persone al mondo, attualmente, a
conoscerla tutta. Anzi
tre e mezzo. E non tutti per esteso. Per quel che ne so io”
aveva rivelato sua
madre.
“Eris, che ne
lesse una buona metà durante un banchetto della Bestia, la
Dea che ha
strappato la pagina” aveva aggiunto Nyx. “Quindi,
possiamo
presuppore che l’Arpia scribacchina che ha raccattato Percy
Jackson, non abbia
potuto leggere quella specifica pagina” aveva rivelato Nyx.
“Hai
detto quattro persone” aveva commentato Bernie,
“Uno zombie poco socievole
e una barattolo di marmellata parlante” aveva risposto sua
madre.
Bernie
aveva battuto le ciglia, “Cos-?” aveva chiesto,
legittimamente confusa;
“Non possono aiutarti fidati. Non vorrebbero
neanche” aveva aggiunto sua madre,
“Oltre al fatto che non ho idea di dove siano
finiti” aveva aggiunto.
Se
Nyx avesse avuto l’intenzione di continuare con le sue
divagazioni, non l’aveva
fatto.
“Quindi
io sono la notte che
avanza e Heather
è il sole che
muore,
questo è sicuro?” aveva chiesto spaventata Bernie.
“Si.
La tua amica ha avuto una profezia dalla nefasta Cassandra, le sue
parole
possono essere ignorate e disprezzate, ma non conoscono
menzogna” aveva controbattuto
Nyx.
“E
la figlia di due dee?” aveva chiesto.
Sua
madre l’aveva guardata con serietà spaventosa,
“Non ne ho idea” aveva
ammesso poi, con un briciolo di imbarazzo.
“Ah”
era stata la risposta di Bernie, un po’ piccata.
“Comunque,
dal canto mio, ho cercato di lavorare con frammenti di una profezia
riportata da Eris, la discordia, che lesse per metà ad una
festa. Sono una Dea
ma non sono onnisciente”
aveva cercato di giustificarsi sua madre,
“Onestamente non ho idea neanche se figlia di due dee possa
essere letterale o
figurato. Una volta, Iris uscì con un tipo che di madre ne
aveva Nove[3],
il modo degli dei è incredibilmente complesso, bambina mia
” aveva ammesso nyx,
stanca.
“Chi
è la dea che
ha rubato la pagina contenente la profezia?” aveva chiesto
allora Bernie.
Sua
madre aveva fatto un’espressione un po’ strana,
come se dirlo le costasse
qualcosa, “Psiche” aveva risposto. “La
Psiche di Amore e Psiche?” aveva chiesto
Bernie, confusa. Quello sembrava davvero gratuito.
“Ha
dato colpa alla sua curiosità, il suo difetto fatale, a
detta sua” aveva confermato
Nyx, “E a detta sua non ricorda cosa diceva la profezia e ne
dove
accidentalmente abbia lasciato la sua pagina, troppo impegnata a
girovagare per
cercare Eros” aveva raccontato. “Ma tu non le
credi” era intervenuta Bernie,
“Si, ma non si può accusare senza prove la dea
dell’Anima di mentire” era stata
la risposta di sua madre.
“Ma
al momento Psiche è un problema molto, molto,
secondario” aveva detto,
“Eris è il problema principale” aveva
detto, “Gea è potente, il campo sa
difendersi” aveva raccontato, “Ma entrambi sono
presi da altro, come puoi
immaginare” aveva detto.
“Mentre
Eris no” aveva capito Bernie, “Ed è
l’unica che ha letto almeno un
pezzo della profezia, per davvero” aveva insistito Bernie,
“Che conosce le
esatte parole e le sfumature”.
Perché
era lì il problema.
Eris
avrebbe potuto mentire a Nyx, o la presenza di una parola al posto di
un’altra
avrebbe potuto capovolgere tutto.
“Lo
sapevo quando ho conosciuto tuo padre che avrei avuto dei figli
intelligenti” aveva ghignato con profondo divertimento Nyx,
allungando una mano
per accarezzarle i capelli, materna.
Bernie
sentì una sensazione di calore allo stomaco, come non gli
era mai
capitato prima.
Era
orgogliosa di quel complimento … venuto da sua madre.
“Adesso
dobbiamo parlare dei tuoi nemici” aveva aggiunto,
“Eris ha tre cavalli,
che io sappia” aveva ammesso, “Sì, lo
so, sono una madre pessima, ma
differentemente da te e tua sorella, Eris ha una fissazione per
rimanere
anonima, prima del Grande Finale, come con la dannata guerra di
Troia” aveva
ringhiato.
“Sua
figlia” aveva dichiarato Nyx, “Una tua conoscenza,
una tale July
Goldenapple” aveva raccontato.
July?
July
che era con Alabaster! La July di Jake?
July
che aveva una madre ignota?
“Certo
July potrebbe essere un’arma a doppio taglio per Eris,
perché pare
l’abbia incastrata in questa missione” aveva
raccontato poi, “Poi c’è la
galoppina preferita di mia figlia” aveva aggiunto Nyx,
“Giovanna D’Arco” aveva
detto.
“Mi
prendi in giro?” aveva esclamato Bernie confusa;
“No. Hai presente quella
storia che sentiva la voce di Dio? Era Eris, che cercava di
incrementare la
guerra tra inglesi e francesi” aveva raccontato.
“Giovanna d’Arco è una
cacciatrice di Artemide e figlia di Atena, un cocktail mortale:
superbia e
cieca rettitudine” aveva aggiunto, “Una che non
può proprio credere di non
essere indispensabile” aveva detto ridacchiando.
“Però
Eris la sta ingannando di nuovo?” aveva domandato Bernie,
“Probabile. Hybris
difetto fatale, parecchio mortale” aveva risposto sua madre,
prima di
riprendere, “Per ultima abbiamo l’Arpia”
aveva detto.
Un
lampo nei suoi ricordi era comparso, “Quella che ha ucciso
Arvey” aveva
ricordato.
“Si.
Ha cercato di prenderti a Vernon, ma il tuo buon mostro glielo ha
impedito” aveva ammesso, “Così alla fine
ha ripiegato su Heather quando ha
capito che lei era il sole morente” aveva raccontato.
“Ha
sfruttato il senso di colpa del Mortiferaio per raggiungerti”
aveva
aggiunto sua madre, pizzicandoli una guancia, “Ovviamente non
è un’arpia, è una
fastidiosa dea babilonese. Si lo so, non ha senso”.
“Adesso
però è necessario che tu recuperi il tuo
corpo” l’aveva avvertita sua
madre.
“Facile,
eh” aveva stabilito Bernie, onestamente non aveva la minima
idea di
come farlo, non era neanche riuscita a comprendere come aveva fatto, ne
cosa
avesse fatto.
Era
uno spettro nel palazzo di sua madre, nel Tartaro, mentre il suo corpo
si
era disfatto nelle ombre a Sciro, all’Antelopee Canyon.
Sua
madre aveva sollevato le spalle, “Immagino che se non
troverai il modo di
farlo, ci saremo sbagliati tutti” aveva detto perdendo tutto
il suo charme
materno, il viso si era contorto in un sorriso più spietato
e crudo; “La porta
è a sinistra” aveva detto, indicando la porta,
“Adesso ho un appuntamento con
una testa parlante” aveva detto sua madre con un allegrezza
un po’
superficiale.
Bernie aveva
annuito, prendendo la porta indicata, era di un legno nero con infissi
d’oro
opaco, l’aveva aperta aspettandosi di vedere comparire un
corridoio o il
Tartaro, qualunque fosse il loro aspetto, ma era solo uno spesso muro
nero.
Ombra.
Solida.
L’aveva attraversata, trattenendo il fiato come quando si era
immersa nella
fonte di Thalassa.
Si era sentita come avvolta nell’acqua, solo che non riusciva
a percepire il
suo corpo, non percepiva niente, solo pace.
Come se galleggiasse nell’etere, aveva voglia di arrendersi a
quella pace, a
quella tranquillità.
Ma poi aveva sentito una voce, un sussurro appena, calmo, una litania
leggera,
delicata.
Era Oh My Darling Clementine, in una versione
più lenta e sicuramente
più depressiva della versione ufficiale.
La voce era femminile e dolce.
Bernie si era sentita leggermente più consapevole, mentre
cercava di orientarsi
nell’oscurità, attirata da quella voce.
Man mano che la seguiva, non sapeva come, visto che non aveva corpo,
visto che
non esisteva, ma lo percepiva, un avvicinamento, la voce si era fatta
più
intensa, forte e vibrante.
Poi era stata la luce, prima fioca, una sfera luminosa, non
più grande di un
pugno, nelle viscere dell’oscurità, poi aveva
brillato con più vigore e si era
espansa.
I contorni delle cose avevano cominciato a farsi più
definiti, non era più
nell’oscurità, c’erano cose accanto a
lei, era reale e tangibile.
Aveva sentito sotto di se il freddo del marmo, la sua testa era
sollevata,
posata su qualcosa di morbido e caldo.
Oh My Darling Clementine si era fatta più
forte e quando era finalmente
riuscita ad aprire gli occhi. Era Heather che cantava, con la sua voce
ipnotica, era sul suo ventre che aveva posato la testa. I capelli rossi
della
ragazza scivolavano verso di lei, solleticandole le guance e la fronte.
Dee, Heather era bellissima.
Splendeva come la luce del sole.
Splendeva letteralmente.
“Sei tornata, grazie al cielo” Heather aveva
interrotto il suo canto per dirle
quello, alle sue spalle. “Ti sei disgregata
completamente!” aveva strillato,
“Non ero neanche sicura che il piano di Jude potesse
funzionare” aveva ammesso
con imbarazzo, serrando le labbra.
Tremava. Heather tremava.
“Arvey è morto” era riuscita a
sussurrare solamente Bernie, non riuscendo a
frenare le lacrime che roteavano giù dalle sue guance,
“Il mio Arvey è morto”
aveva aggiunto. Portandosi le mani sul viso per trattenere i singhiozzi.
L’amava ed era morto.
Era nel Tartaro.
Forse un giorno si sarebbero rivisti, forse no.
Aveva riconosciuto sul suo polso la freccia bianca stilizzata.
Heather le accarezzò con le nocche la fronte, “Mi
dispiace” le aveva detto e
c’era onestà nella voce. Si erano conosciute
neanche ventiquattro ore prima,
non erano amiche, non avevano niente in comune, Heather non conosceva
Arvey,
non l’aveva vista interagire con Arvey, eppure sentiva reale
afflizione,
empatia, in quella voce.
“Mia madre mi ha detto che morirai” aveva
sussurrato, tirandosi sui gomiti,
tutto il suo corpo doleva, tutte le sue ossa, come se fosse finita
sotto una
pressa, prima di lanciarsi, nonostante i dolori lancinanti, su Heather
per
stringerla.
La figlia di Apollo era rimasta sconvolta da quello slancio
d’affetto, “Si.
Tutti dobbiamo morire” aveva scherzato Heather, per sferzare
la tensione, “Mi
piacerebbe non fosse qui ed ora, ritiriamoci al C.I.B.E.L.E.”
aveva detto poi,
mentre Bernie scioglieva l’abbraccio.
“Dobbiamo raggiungere Jude e gli altri, stanno affrontando
Lilith, e Xander che
non so dove sia finito e … tutto il resto” aveva
detto la figlia di Apollo
sollevandosi con fatica ed aiutandola a tirarsi su, “Come
stai?” aveva domandato
poi Heather, “Ti riesci a reggere in piedi?” aveva
insistito.
“Si per
essermi appena liquefatta sto
sorprendentemente bene” aveva scherzato, “Tranne
che mi sento come se fossi
finita dentro una trebbiatrice” aveva ammesso, prima di
chinare lo sguardo
sulla clavicola della ragazza,
lì
svettava sanguinolente una ferita.
“Tu?” aveva chiesto poi, preoccupata.
La profezia!
“Mi hanno avvelenata! Ma sto bene, quando saremo al sicuro mi
curerò per bene,
adesso andiamo” aveva stabilito con sicurezza, prendendole
una mano.
“Mi dispiace tanto per il tuo amico” aveva ripreso
alla fine Heather, “So cosa
provi” aveva raccontato la figlia di Apollo, “Ho
perso due delle persone più
importanti nella mia vita, negli ultimi anni” aveva ammesso
lacrimosa.
“Ho preso dalla
cucina qualcosa di dolce” aveva detto Puma, sedendosi davanti
a lei, aveva uno
zigomo completamente tumefatto, un occhio gonfio ed un labbro spaccato.
Da
questo stato anche la sua bellezza ferace ne era uscita compromessa.
Aveva un
vassoio di biscottini al burro in una mano.
“Dovresti metterti apposto la faccia” aveva
risposto apatica, mentre teneva le
ginocchia contro il petto, seduta su quel divano.
“Deedo dice sempre che i lividi sono lezioni” aveva
raccontato lui, con un
sorriso sfrontato, mentre le posava davanti quello che sembrava un buon
piatto
di pasta, “Anche se in questo caso, sono un cazzo, di
trofeo” aveva aggiunto
poi con ancora più orgoglio Puma, “Abbiamo
catturato una fottuta dea” aveva
detto tronfio.
Bernie aveva annuito, l’arpia
era la dea
Lilith. Ecco cosa aveva scoperto quando era giunta al C.I.B.E.L.E.
“Voglio parlarle” aveva stabilito, “Con
Heather” aveva aggiunto poi, “Credo sia
nella sua stanza, Grande Madre Idea la ha sepolta sotto un sacco di
coperte. Le
stavano facendo impacchi e non mi sorprenderebbe anche un
salasso” aveva
cercato di scherzare Puma, ma la sua voce era carica di tensione,
“Posso
accompagnarti da lei, volevo comunque passarci” aveva
provato. Bernie aveva
scosso il capo, “No, io ed Heather, insieme, noi due dobbiamo
parlare con
Lilith. Ci siamo dentro tutte e due” aveva spiegato.
“Certo, possiamo insistere con Grande Madre Idea”
aveva detto Puma, “Però prima
mangia!” aveva commentato, forzandola a mangiare i dolci che
le aveva preso.
Bastò un morso per riconoscere il sapore delle uova fritte
di suo padre la
domenica mattina, “In questi biscottini
c’è dell’ambrosia” aveva
esclamato.
“Esatto. Una bella tagliata di carne, con un retrogusto
zuccheroso” aveva
ridacchiato Puma, “Comunque l’ambrosia è
porzionata in modo che un semidio
possa mangiarne due, massimo tre, Grande Madre Idea ha calcolato che tu
potresti prenderne anche cinque” aveva esclamato,
“Ma non è il caso di
esagerare” aveva detto.
Sul piatto erano rimasti solo altri tre biscotti.
Jake l’aspettava
fuori dalla stanza, aveva un’espressione contrita e gli occhi
scuri persi, si
era sporto, senza pronunciare una sola domanda e l’aveva
stretto.
Era freddo. Come un morto doveva essere. Rigido.
Però Bernie si era accovacciata in
quell’abbraccio, cercando la più piccola
forma di calore e affetto. In quel momento Bernie era davvero grata
della sua
presenza, sembrava un pensiero egoistico, ma Jake c’era.
C’era durante la
guerra. Era suo amico prima. Era stato uno di loro.
Ed avevo visto il legame che aveva unito lei ed Arvey ed era
l’unico, in quel
momento che poteva davvero capire la sua perdita.
Aveva deciso di accantonare la morte del suo amico per un bene
superiore, ma in
quell’abbraccio tutti i suoi propositi si erano sciolti in un
pianto
liberatorio.
“Senti, Arvey era una brutta bestiaccia. Non lo conoscevo
come te, ma
sicuramente in questo momento sta scalando le porte della morte
prendendo a
pugni in faccia e strappando meningi a chiunque abbia la malaugurata
idea di
mettersi tra lui e te” aveva sussurrato Jake,
“Probabilmente entro due
settimane te lo ritroverai dietro come il segugio che
è” aveva aggiunto.
Bernie aveva annuito. Si. Doveva pensarla anche lei in quella maniera.
Arvey.
Bells. Papà. Erano la sua famiglia ed aveva tutta
l’intenzione di riunirla.
“Devo parlare con Heather Shine” disse poi.
“Ottimo tempismo, è rimasta incosciente
più di te, ma Xander mi ha detto che si
è appena svegliata” aveva detto Jake con un tono
leggermente preoccupato. “Il
veleno, si” aveva pensato nuovamente, il sole che
muore.
Puma si era accodato a loro quando avevano intrapreso la
strada per
raggiungere la camera dove era stata sistemata Heahter. Dopo aver
ripreso
conoscenza, a seguito del suo viaggino nel Tartaro, era riuscita a fare
ben
poco, con la figlia di Apollo a seguito, raggiungere la donna-leone
Atalanta,
prima di soccombere nuovamente.
Heather per il veleno.
Lei per la stanchezza.
Era venuta l’alba.
Non aveva dormito, aveva affrontare una piccola pestilenza che aveva
offeso la
salute, Ines con cui si era scontrata con spirito e corpo. Il banchetto.
I due scontri con Neottolemo.
Arvey.
La disgregazione.
Avevano incontrato
un ragazzo simpatico di nome Josh, piuttosto divertente, oltre che il
non-morto
– quanti c’erano negli ultimi tempi, doveva dire
– con il sorriso rilassato,
labbra piene e carnose, al suo fianco c’era anche la ragazza
incinta, che aveva
partecipato al pranzo degli orrori di Neottolemo.
Ora che la guardava da vicino sembrava quasi una sua coetanea, il viso
soffriva
ancora di una curva morbida infantile, aveva la carnagione rosea ed i
capelli
biondo grano, ordinati in una treccia. Era piccola e pingue, ma molto
più
pulita rispetto il giorno prima.
Continuava a passarsi la mano sul ventre, per calmarsi.
“Si chiama Skylar Casterly” l’aveva
introdotta Xander mentre la guardava, non
lontano, Skylar era seduta su una sedia, continuando ad accarezzare il
suo
ventre, quasi ignorando tutte le persone del C.I.B.E.L.E. che cercavano
di
conversare con lei.
“A quanto pare è incinta di un Dio, cosa di cui
non aveva la minima idea” aveva
raccontato tetro il figlio di Freya, “Situazione in cui
confesso, mio padre non
si è trovato, avendomi mia madre letteralmente sbolognato
tra le sue braccia”
aveva raccontato.
“Idem con patate” era stata la pigra risposta di
Bernie, “Si, mi aggrego” aveva
confermato Puma. Che stranezza, tutti e tre figli di una dea.
Jake aveva sbuffato, “Quando ho conosciuto mia madre ho
dimenticato di
chiederle come era andata con mio padre, solo domandarglielo la faceva
andare
su tutte le furie e le veniva voglia di uccidere” aveva
ammesso Jake, “Inoltre
si è scopata due dei, è non ha idea di chi sia
mio padre” aveva esclamato. “Non
gli ho mai chiesto se avesse idea se fossero due o come è
andata l’incontro, o
anche solo perché” aveva soffiato.
Si erano voltati tutti e tre verso di lui, sconvolti.
“Tua madre e mio padre dovrebbero darsi il cinque”
aveva esclamato Puma,
“Tecnicamente mio padre ha avuto tre figli da tre dee, ma
Minerva ha la
simpatica questione di forte sintonia mentale” aveva
ridacchio Puma.
Bernie lo guardava davvero stupita, “Sai chi sono?”
aveva chiesto con genuina
curiosità, Jake aveva ridacchiato, “Mia madre non
ha effettivamente certezze,
ma ha le sue teorie. Ares ed Efesto sono esclusi” aveva
ammesso. “Apollo è nel
ballottaggio però” aveva raccontato Jake.
“Non sono un esperto di mitologia greco-romana
confesso” aveva detto Xander,
“Ma ricordo che era uno abbastanza socievole da questo punto
di vista, si”
aveva valutato il figlio di Freya.
“Potresti essere fratello di Heather!” aveva detto
Puma, dando un buffetto,
sulla schiena del Ghoul, fin troppo forte, da aver quasi fatto perdere
l’equilibrio a questo.
Questo aveva fatto ripiombare nel buio Bernie, aveva gettato un ultimo
sguardo
a Skylar, “Povera anima; non sa cosa aspetta ne a lei ne alla
sua creatura”
aveva stabilito.
Skylar era condannata ad una vita di preoccupazione perenne per un
figlio che
probabilmente sarebbe morto giovane, come era quasi capitato molteplici
volte a
loro. Anche solo in quelle ventiquattro ore.
Ippomene era
dritto davanti la porta di Heather, “La Grande Madre Idea sta
conferendo con la
vostra amica” aveva detto lui, cercando di apparire morbido,
“Vi chiedo di
aspettare” aveva ammesso, “Cortesemente”
aveva aggiunto, gentile.
Bernie aveva sorriso.
“Però dentro c’è
Trevor” aveva valutato Xander, indicando la porta,
“Manca
anche il satiro” aveva valutato Puma, “E
Jude” aveva sottolineato Jake.
Ippomene, l’uomo leone, compagno di Atalanta era sembrato in
difficoltà.
“Guarda, a me non frega un cazzo, di nessuna dea in questo
momento” aveva
valutato Bernie, “Ho mangiato il suo cibo nella sua casa e
sono perciò
protettata dalle leggi dell’ospitalità, se fuori
di qui vorrà punirmi,
l’aspetto” aveva stabilito Bernie, provando a
valicare la porta.
“Ho ordini pr-“ ma la figlia di Nyx non
ascoltò il resto delle parole del
giovane uomo, scomparendo in un nero turbine di ombre e riapparendo
neanche un
metro più in là all’interno della
stanza.
Il primo viso che vide fu quello di sua sorella Bells, prima di capire
che non
era lei. C’era qualcosa di più maturo, adulto ed
anche confortevole.
Poi riconobbe un giovane satiro agitato, che teneva la mano di Heather.
Nel suo
campo visivo si fece spazio il mago egizio Trevor che si
fiondò ad abbracciarla
come se fossero stati vecchi amici anziché appena conoscenti.
Bernie aveva comunque ricambiato l’abbraccio.
Poi vide Heather, seduta sul letto, con la schiena posata alla
spalliera, quasi
grigia in viso, con i capelli rossi unti, che scendevano a ciocche
sulle
spalle.
E sebbene fosse stata arpionata verso di lei, accadde qualcosa che non
aveva
previsto.
Il Jude di cui aveva parlato Jake era una sua vecchia conoscenza.
Jude il mortiferaio di cui aveva parlato sua madre, più
volte.
L’ombra di Albaster, il ragazzo che non parlava mai, con la
lama di nero stige.
Jude, si chiamava Jude e Bernie non lo aveva mai saputo.
Erano scappati assieme, da Manatthan.
Jude l’aveva tirata via dalla bolgia che era diventata quella
città, quella
battaglia, tutto quel sangue, quella morte. E la sconfitta.
E poi avevano vissuto per due settimane assieme, girovagando.
Jude non le aveva mai parlato, erano stati quasi due estranei, ma era
stato
bello avere qualcuno, con cui entrare in empatia.
Qualcuno con cui trovarsi.
Però una mattina, senza preavviso, a Boston, Bernie si era
svegliata da sola.
Jude se n’era andato, senza dirle nulla, neanche un addio,
lasciandola sola in
un mondo che l’aveva privata di Bells ed Arvey.
“B-Bernie” pronunciò Jude, con una voce
profonda, greve, come il roborante
della terra, anche se basso,
Lei di rimando sentì in quella voce, che mai prima di allora
aveva pronunciato
il suo nome, un fuoco dentro di lei, non pari alla morte di Arvey
né alla furia
che aveva provato contro Neottolemo o Ines, ma abbastanza da accenderla.
“Tu bastardo!”
strillò solamente.
Ma tutta la sua rabbia fu chetata dalla mano della donna dal viso
simile a
quello di Bells, posarsi sulla sua spalla, “La terribile
Berenyx LaFayett,
immagino” aveva sussurrato la donna, “Grande Madre
Idea” aveva risposto Bernie.
Qualcosa in quella donna non poteva che trasmettere altro che pace,
sicurezza e
quasi nostalgia, più materna di quanto non sarebbe mai stata
Nyx in una vita.
“Immagino tu conosca già il nostro Jude”
aveva sussurrato Heather, nonostante
l’aspetto pallido, c’era un certo sarcasmo nella
sua voce, “E faccia parte del
club siamo arrabbiati con lui” aveva scherzato Heather.
Poi si era voltata verso il ragazzo taciturno, che se ne stava con le
spalle,
posate contro un muro e lo sguardo basso, che ogni tanto faceva
slittare da
Bernie ad Heather, “Tranquilla, non sono veramente arrabbiata
con te” aveva
detto con un sorriso buono, la figlia di Apollo, “A colpirmi
è stato mio
fratello Troilo” aveva stabilito, prima di voltarsi di nuovo
verso Bernie.
“Come stai?” aveva chiesto la figlia della notte,
“Pronta per partecipare a Project
Runnaway” aveva dichiarato Heather, facendosi
aiutare dal satiro a tirarsi
su.
Doveva ammettere una cosa, anche grigia come uno spettro e con i segni
di un
avvelenamento, Heather Shine era la degna erede del sole.
Bernie aveva curvato le labbra in un sorriso, fino a quel momento aveva
conosciuto solo Carter Gale – e forse Jake ? – come
figlio di Apollo e mancava
completamente di quella luce calda che emanava Heather.
“Dobbiamo parlare con Lilith, io e te” aveva detto
poi, “Siamo finite in una
profezia piuttosto lambiccata” aveva ammesso.
Grande Madre Idea
aveva tossicchiato, attirando l’attenzione, “E lo
farete, senza ombra di
dubbio” aveva stabilito quella, “Ma prima: vorrei
tentare qualcosa di
potenzialmente mortale per aiutare Heahter” aveva aggiunto.
Tutti gli occhi erano proiettati su di lei, rapiti, “Il
Nostro caro Sol Invictus
ha cercato di ingannare Heather e la ha legata a lui, nella speranza di
sfruttarla e consumarla; noi ricambieremo” aveva detto Grande
Madre Idea.
“Suono proprio bene” si era lasciato sfuggire il
Satiro, stringendo la mano
sulla vita della sua amica.