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Autore: Longriffiths    01/07/2020    1 recensioni
La pace aleggia nel Mondo Magico, ed Hogwarts è pronta ad ospitare la più numerosa combriccola mai capitata nelle mura del Castello: i rampolli della famiglia Weasley/Potter.
Vi è inoltre un ragazzo vittima dei pregiudizi della gente ancora stabili e fondati sulle colpe di cui la sua intera famiglia si è macchiata, un ragazzo nobile e complicato, fiero ed orgoglioso. Scorpius Malfoy danna chiunque, insidiandosi volente o nolente nei pensieri di ogni singolo individuo che abbia a che fare con lui. Una sola persona pare tenersi volontariamente a distanza, e sarà proprio quella che col tempo, scoprirà essere perdutamente innamorata di lui. L'unico ostacolo è il suo cognome.
Riuscirà quell'amore a coronarsi, malgrado i piani del Malfoy Senior?
Vecchie rivalità, il passato verrà ancora e ancora a bussare alle loro porte, trascinandoli in un vortice irremovibile di emozioni e mura da abbattere.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nuova generazione
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{Hogwarts - Dormitorio Maschile dei Serpeverde; la notte tra il 17 ed il 18.03.2022.}

Fu una delle serate più belle che il biondo visse mai in vita sua.
Era in compagnia di una persona, parte di una categoria con cui lui di solito non andava per niente d’accordo. Normalmente odiava gli esseri umani, la loro ipocrisia, la loro cattiveria, ognuno nascondeva un lato oscuro pur facendo di tutto per restare fedele alle inclinazioni buone della coscienza, lui compreso, il primo tra tutti che odiava.
Eppure era stato bene, perché l’unico lato oscuro di lei era proprio lui, e nient’altro.

Era in compagnia di una donna, il suo genere opposto, con cui lui non aveva avuto mai un vero approccio, uno di quelli che in qualche modo ti segnano la crescita e l’esperienza allontanando l’idea che lasciarsi andare in quel modo significhi debolezza e dolore. Uno di quelli che ti fanno venir voglia di raccontare a tutti quanto fosse bello ciò che ispirasse, che ti fanno venir voglia di scrivere pagine e pagine di libri solo parlando della forma dei suoi capelli, di quante lentiggini ci fossero sul viso e sul corpo, dei vari colori che componevano le sue fattezze.
Eppure, in quel momento lui ne aveva voglia.

E così rientrato dalla loro piccola infrazione in cui se l’era cavata con cinque punti in meno, giusto perché lei era pur sempre testarda e non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farlo vincere di proposito, si mise alla scrivania del dormitorio e intinse la penna nel calamaio. Scrisse, fino alle due di notte tre rotoli di pergamena. Non era una lettera, non era un romanzo, era il flusso dei suoi pensieri inconfessabili, incomprensibili, che non potevano rimanere nella sua anima e nel suo cervello, dovevano uscire e prendere forma, fargli rendere conto di quello che gli stava succedendo. Parole che poi avrebbe riletto, di cui si sarebbe imbarazzato, indignato, rifiutato, e infine avrebbe accettato prendendo posizione in merito, poiché era dell’idea che niente iniziava con uno sguardo da entrambe le parti. Solo una di loro si innamorava dal nulla e se ne rendeva conto. L’altra aveva bisogno di capirlo.
Per loro era stato strano, indefinibile. Neanche loro sapevano cosa provassero, e non cercavano di capire se l’altro gli fosse affine nel sentimento, non si sforzavano di scorgere lo stesso pudore, la stessa cautela. In primo luogo, lui non sapeva che faccia avesse l’amore che non fosse quello materno, paterno, anche se su quest’ultimo c’era stato un grande lavoro da fare specie negli ultimi periodi per poter dire che esistesse sul serio malgrado non si fosse mai spento, e l’amore per un amico. Uno solo.
Lei aveva avuto un fidanzatino, lui parecchi svaghi, ma nessuno li aveva fatti sentire come erano stati su quella barca quella sera.

Quindi, non erano affatto sicuri che quello che provavano fosse amore.
Forse stavano scivolando nella pazzia, ma per quanto lo respingessero gli tornava indietro come un elastico che alla fine gli scoccava sulle mani che lo avevano lanciato via, ed ogni ritorno era più violento e i segni ci mettevano sempre più tempo a scomparire.

Fatto stava che quella sensazione dopo poco li asfissiava.
Scorpius aveva affannato ad un certo punto, e Rose avvertiva capogiri. Stare vicini e respirarsi a vicenda era un richiamo, come se quando i loro sensi avvertivano l’altro a meno di un metro, smettessero di volere e di avere bisogno di ossigeno per respirare, e l’unica via di sopravvivenza era succhiare l’essenza che sentivano dall’altro, avvicinarsi per averla più vicina, fino a rendersi conto che potevano respirare solo attraverso l’unione delle loro bocche.
E allora, andavano ognuno per la sua strada, incapaci di accettarlo.

Era la creatura più bella che avesse mai visto. Bella dentro e fuori.
Era completamente vestita da strati di lana per il pungente freddo che ancora davano le notti della Scozia, eppure a lui era sembrata nuda in senso figurato, e priva anche di un corpo, qualcosa di ultraterreno che non era destinato agli umani, ma solo a lui.
Rose sembrava uno spirito, fatto dell’essenza presa dalle cose più belle del mondo. Aveva in sé un po’ di tutto, la delicatezza dei fiori, la forza dei disastri naturali, tutte cose che gli uomini, maghi compresi non avrebbero mai eguagliato perché solo parte della natura, come la sua naturale bellezza, e replicarli con materiali fisici o con l’uso della magia sarebbe risultata sempre una brutta copia, niente di autentico, niente di veramente significativo.

Rose  era uno spirito, uno di quelli nati e mandati ad affiancare anche se per breve tempo che lui sperava di prolungasse nel suo eterno, i casini enormi come lui.

Rose gli stava dando una seconda possibilità che si sarebbe giocato nel modo giusto. Gli stava finalmente permettendo di entrare nel suo mondo, di guardare le cose attraverso la profondità dei suoi meravigliosi occhi blu. Un tono in tinta con lo stesso mare della vita di cui avrebbe voluto sentirsi padrone del timone dell’imbarcazione che navigava in esso, e lasciarsi guidare da lei come un vento sempre fresco e rigenerante, tra le onde di ogni lato di sé stessa. Scoprirla, attraversare i suoi oceani, calmare le tempeste, o di più, scatenarle, quelle stesse tempeste che gli accendeva la sua risata, il suo profumo.
Non aveva più voglia di spiare senza farle accorgere della curiosità che le metteva addosso. Voleva esplicitamente chiederle di parlargli di lei, come non aveva mai fatto, come nessuno aveva mai fatto prima di lui, aveva voglia di conoscere i suoi sogni e i suoi incubi, cioè che le dava piacere e gioia e ciò che le causava fastidio e terrore, ma soprattutto, aveva voglia di raccontarle di lui.
Voleva essere ascoltato. Voleva che lei ascoltasse le parole che non sapeva dirle, che non riusciva a dire a nessuno, neanche nelle preghiere alla dolce anima di sua madre. Voleva che lei sapesse, che oltre a un interesse esteriore, che innegabilmente provava per lei, per la massa informe di ricci rossi, per il naso piccolo e leggermente ingobbito alla base, per la bocca enorme, per i rotolini che le si formavano ai lati del torace e sull’alto addome visibili sotto il tessuto della maglia solo da chi la osservava con sincero interesse.

Arrivare a farle capire materialmente, senza gesti e parole ma solo con le stesse sensazioni, quel che era in grado di fargli, di costruirgli, di scomporgli dentro. Per un attimo si erano ritrovati così vicini, che lei aveva sicuramente ascoltato i battiti del suo cuore appoggiata sul suo petto com’era stata nell’ammirare lo spettacolo di luci.
Era sicuro che lei avesse sentito un martello pneumatico sotto al torace, e solo al pensiero di che cosa avesse potuto pensare di lui si vergognava, stupidamente non si vedeva in quella condizione.

La voglia di essere parte di un’altra vita, e di lasciare che qualcuno entrasse nella propria, e non nel modo in cui fino a quel momento aveva fatto entrare soltanto Albus, ma in modo più intimo, più intenso.
Era qualcosa che gli dava la sensazione di volare, e la cosa non gli faceva male malgrado lui avesse seriamente paura di staccarsi dal terreno. Ed era qualcosa che lo spaventava a morte come quando sapeva che una pozione di grado avanzato che nessuno gli aveva ancora spiegato, fatta solo leggendo le istruzioni avrebbe potuto causargli danni, eppure lui continuava imperterrito a tagliare e aggiungere ingredienti senza nemmeno calcolare il fatto che sbagliando dose o procedimento sarebbe potuto esplodere tutto e ferirlo, o peggio.

Non sapeva proprio dire chi tra lei e suo cugino riuscisse a farlo sentire più di buon umore, l’unica cosa di cui era assolutamente certo, era che se avesse potuto scegliere, quei due sarebbero stati le persone che avrebbe chiesto alla vita di non portargli via mai, anche se era più che conscio che quello dipendesse soltanto da lui.

Passato l’orario in cui le sue sinapsi funzionavano correttamente, Scorpius arrotolò quelle pergamene, sospirò pesantemente, e diede un colpo di bacchetta su di essere riducendole in cenere. Si dispiacque nel farlo, ma era qualcosa di cui aveva bisogno. Il fumo regalato al vento sarebbe salito a qualcuno che poteva custodire quelle sensazioni, e la cenere rimasta in terra era prova che l’esame di coscienza che si era fatto era vero, malgrado le parole non ci fossero più.
La porta si aprì di scatto e si richiuse talmente forte che probabilmente qualcuno al piano di sotto si era svegliato, e la targa della loro casa con i nomi degli inquilini di quella stanza era caduta in terra. Un secondo dopo, dallo stesso piano di sotto, il biondo sentì un’altra porta aprirsi e richiudersi nello stesso identico modo.
Scorpius si girò di scatto, corrucciato da quel baccano e in preda alla confusione che gli diede l’aria nera che emanava il suo migliore amico.
Il rampollo dei Malfoy alzò gli occhi al cielo sospirando.
《Che è successo?》
《E’ uno stronzo. Non lo voglio più vedere.》
Il maggiore avanzò a passo lento verso il letto del secondogenito dei Potter, e si accomodò vicino a lui posandogli una mano sul ginocchio. A quel contatto, Albus appoggiò il palmo della mano sul dorso di quella del migliore amico, e la strinse incrociando le dita con le sue anche da quella posizione.
《E’ difficile visto che studiate nella stessa scuola e siete nella stessa casa. Che cosa ha fatto?》
《Non è per me.》
《Sembravate in sintonia.》
《Sì, finché non ha detto che in qualità di fidanzato dovrei trascorrere più tempo con lui e metterlo come priorità. E fino a qui d’accordo, gli do ragione, ma poi ha aggiunto che per i suoi gusti sto troppo attaccato a te quasi più di quanto faccio con lui, e che sarebbe arrivato il momento di scegliere. E allora l’ho mandato a farsi fottere da qualcun’altro. Forse gli ho anche mollato uno schiaffo.. non te lo so dire, mi si è spenta la testa.》
Scorpius ascoltò quello sfogo soffrendo quasi più del moro, che lo aveva guardato in faccia solo per pochi attimi tra una frase e l’altra.
La sua voce era graffiata e aveva evidenti segni di un pianto sulle guance e le vene degli occhi rossi a stonare con gli smeraldi al loro centro. Restarono in silenzio stringendosi la mano, finché il più grande raccolse le spalle del minore con un braccio avvicinando la testa alla sua. Posò un bacio su una gota cercando di dargli quanto più conforto potesse, e con sua sorpresa e gioia, Albus non pianse di nuovo. Si asciugò semplicemente il naso rivolgendogli un sorriso pieno di gratitudine e di sincera devozione alle sue premure, facendogli cenno col capo di stare bene, di non preoccuparsi troppo.

Ma la parte dell’anima che condividevano, quella rinchiusa nel suo corpo, si era presa tutto il bruciore e il pizzicore che aveva fatto star male Albus fino a poco fa, e fu Scorpius ora a trasformarla in rabbia e determinazione anziché tristezza e delusione, quindi si alzò e si avviò verso la porta.
Il moro si accigliò pronto ad alzarsi e seguirlo fuori.
《Dove vai?》
《A parlare con lui, mi sembra ovvio.》
《Perché?》
《Non esiste che smettiate di uscire insieme perché si è fatto un’idea sbagliatissima, alcune delle ragazze con cui sono stato uscivano con altri ragazzi e loro non sono mai venuti da me a lamentarsi, e lo deve fare questo stronzo con te che non c’entri niente?》
《Lo vedi? E’ uno stronzo, non ne vale la pena.》
《Forse non accetta più di vederti di nascosto, forse nemmeno pensa veramente ciò che ha detto.》
《Quando siamo usciti insieme un paio di mesi fa io glielo avevo detto che non ero pronto a dichiararmi alla gente, ho bisogno di tempo, perché accettare se poi deve fare così?! E visto che lui lo sa che tu sai, ti dovrebbe vedere come un appoggio, un amico che ci può aiutare, non come una minaccia, se avesse un minimo di cervello!》
Scorpius fece segno di riflettere.

Dopo alcuni minuti, tolse la mano dalla maniglia e si sedette nuovamente, non potendo altro che dargli ragione.
《Effettivamente, è stupido. E si è anche perso la persona migliore che poteva avere. Uscirà con molti altri ma tu gli mancherai sempre. Tornerà, vedrai, mi sbaglio poche volte io.》
《Lui non mancherà a me. Uscirò con tanti altri, ma che se lo mettano scritto in fronte che io preferirò sempre te a tutti loro, Scorp. Sei il mio migliore amico. Il mio fidanzato deve amare te almeno la metà di quanto faccio io, non essere geloso di quello che siamo.》
《Purtroppo gli altri non capirebbero. Quello che siamo io e te è difficile da spiegare, si deve vivere.》
《Perciò Rose non farà una piega, quando uscirai con me e non con lei.》
《Che?!》
《Sei ancora con la divisa addosso e sono quasi le tre, sei tornato anche tu da poco, e lei è in ronda. Sono un ingenuo, mica uno scemo.》
Scorpius sgranò gli occhi, boccheggiando in cerca di parole. Anche la verità avrebbe avuto un suono ambiguo, ma tentò ugualmente.
《Guarda che ti sbagli, sono rimasto alzato a fare delle cose.》
《In un dormitorio fino a quest’ora che cosa avevi da fare?》
《Io ho- scritto, ecco.》
《Scritto.》
《Sì.》
《Scritto cosa?》
《Una lettera?》
Albus si affacciò con aria indagatrice per sbirciare oltre le spalle dell’amico, sulla scrivania e in qualsiasi altro ripiano della camera.
《E dov’è?!》
《Spedita. Mio padre. Lo sai che la rifaccio una decina di volte prima di convincermi che sia giusta quando parlo a mio padre. Avevo voglia di scrivergli, tutto qua.》
Albus arricciò il mento spingendo gli angoli delle labbra all’ingiù mentre aggrottava le sopracciglia, facendosi bastare quelle parole ma non del tutto convinto che fossero vere.

Lui ci aveva messo un anno per dirgli che il suo orientamento sessuale fosse diverso, forse anche a lui serviva un po’ prima di confessargli il suo amore per la cugina, di cui lui si era accorto molto prima. Proprio come Scorpius seppe, prima di sentirselo dire, che Albus provava interesse per lo stesso sesso. E non ne aveva mai fatto una piega.

Entrambi fecero per raccogliere i pigiami sotto ai rispettivi cuscini e cambiarsi, quando in quel momento sentirono delle nocche battere un paio di volte sulla loro porta. Non ricevendo risposta, una voce adolescenziale dal tono maschile parlò da dietro il legno.
《Albus? Sei sveglio?》
Il diretto interessato si mise sull'attenti incerto sul da farsi, e cercò consiglio del biondo che intanto aveva spalancato la bocca e al contempo, sorrideva. La mano batté di nuovo sul legno.
《Però, ci ha messo poco a tornare.》
《Shh, fai silenzio così ci sente!》Scorpius in realtà aveva sussurrato, ma l’allarmismo di Albus gli ampliava i sensi recependo la sua voce come altissima. Scorpius si avviò alla porta.
《Posso aprire io?》Proprio quando il ragazzo oltre la porta si era arreso dopo due o tre minuti dall’ultima volta che aveva bussato muovendo un passo indietro per tornare nella sua camera, il dormitorio che Albus e Scorpius si aprì.
Si ritrovò faccia a faccia con Scorpius Malfoy, in tutta la sua fierezza ed eleganza, a braccia conserte al petto e un sopracciglio in alto fin quasi all’attaccatura dei suoi capelli d'un biondo argenteo, quasi bianco.
Il ragazzo estraneo si sentì improvvisamente intimorito, piccolo sotto lo sguardo di quel giovane la quale fama lo precedeva. Ma non aveva paura del suo nome, della sua famiglia, aveva paura del fatto di poter essere preso a ceffoni anche da lui, rendendosi improvvisamente conto di essersi comportato come un vero idiota. Quando Scorpius tuonò una sola parola con voce grave davanti al suo disagio, tanto per incitarlo a parlare gentilmente, egli sobbalzò con sdegno.
《Allora?!》
Il ragazzo mediamente alto e dagli occhi nerissimi così come i capelli, che poco prima era stato in compagnia del secondogenito dei Potter, prese un respiro profondo sbattendo gli occhi come fosse una manovra difensiva che gli infondeva coraggio.
《Posso.. potrei entrare a parlare con te?》
《Io e te soli, o io tu e Al? Guarda che se sei venuto qui per farlo piangere di nuovo, adesso o in futuro, io ti apro la testa in due e non mi serve la magia per farlo.》Il ragazzo non rispose, spostando continuamente lo sguardo da lui al dentro della camera, cercando di vedere la figura del suo fidanzato all’interno. Il biondo roteò la testa incontrando il suo migliore amico rintanato nell’angolo in attesa, e contro il suo stesso volere scoppiò in una fragorosa risata scuotendo il capo.
《Entra, vediamo di mettere a posto le cose.》Quando il terzo Serpeverde varcò la soglia con titubanza, tutta la tensione scomparve, e si rilassò sentendosi improvvisamente a casa. Gli parve di non aver mai davvero conosciuto nessuno dei due ragazzi che lo avevano accolto nonostante il suo infimo comportamento. Albus ebbe la fermezza di affrontare a viso aperto quel contesto e quella sera solo perché il biondo gli era vicino, e gli dava la forza di farlo.

{Hogwarts - Dormitorio maschile dei Grifondoro; 19.03.2022.}

Il coraggio che Scorpius le trasmise prima della partenza ad Hogsmeade era svanito via via che si avvicinava al castello, lasciandosi indietro tutto e tutti. Il biondo le aveva dato la spinta necessaria a ponderare le sue decisioni fino a quel momento seppellite nei meandri della sua mente come una vaga idea irrealizzabile, ma più si incamminava in quel sentiero, più si rendeva conto di avere bisogno di supporto costante.
Così come si era allontanata era ritornata sui suoi passi, ma le carrozze erano sparite, e Scorpius non poteva più aiutarla. Nonostante facesse a botte col mondo per dimostrarsi molto più matura e capace di quanto la sua età non dettasse in confronto a ciò che avvertiva interiormente, alle volte, seppur raramente come in quell’esatto istante, si sentiva ancora dannatamente piccola e in cerca di una spalla che la guidasse nelle difficoltà a cui non sapeva fa fronte. Era strano per lei riporre tanta fiducia in quel ragazzo, o in qualsiasi ragazzo che non fosse suo fratello a cui naturalmente non poteva accostare certe argomentazioni, l’unica che le era sempre e comunque stata accanto fino a quel momento era stata Rose. Anch’essa diretta al villaggio. Nonostante la bruna fosse piena di amici, tra cui tutti i componenti del clan Weasley/Potter, nessuno escluso, le questioni di cuore che riflettevano un profilo più morbido della versione che aveva presentato al mondo non erano mai state esternate. L’amore era il suo punto debole. I tre quarti del castello forse erano suoi amici, e le volevano bene. Grandi e piccoli, coetanei, chiunque, eppure non poté fare a meno di sentirsi sola, pur sapendo di poter andare da chiunque a riscuotere un favore, per quante volte si era messa a disposizione con gli altri senza chiedere nulla. Dominique era la prima su cui poteva fare affidamento. Ma non andò a cercarla, così come non andò da nessuno, sentiva di doversela sbrigare da sola.

Alice Jr; restò ferma sui gradini del cortile che davano all’interno sospirando pesantemente, afflitta dal senso di colpa.
Presentarsi dal suo fidanzato e lasciarlo senza sapere se quel che avrebbe trovato dopo fosse stato positivo o meno era una mossa azzardata, ma malgrado desiderasse che James la volesse quanto lei, non era quello il solo motivo per il quale sapeva, doveva interrompere la relazione col Tassorosso.
Era fondamentalmente sbagliato stare insieme a qualcuno e volerne un altro, immaginare di essere toccata da altre mani, di guardare altre iridi e perdercisi, e anche se e soprattutto dato il fatto che gli volesse bene davvero, gli stava facendo un torto spregevole. Aveva un secondo ragazzo al quale affidare i suoi sentimenti e i suoi pensieri di notte prima di dormire. Se lo avesse amato davvero, l’interesse per James Sirius sarebbe scomparso del tutto al momento del bacio che aveva sancito la loro unione, o quantomeno sarebbe scemato di volta in volta nel corso di tutti gli altri anziché aumentare. Era una fanciulla impulsiva, e talvolta strafottente, ma non era una sfruttatrice né una cattiva ragazza, e liberarsi di un amore sbagliato non poteva che giovare ad entrambe le parti, anche se ciò avesse significato sofferenza. Stava tutto lì il problema, lei non era abituata ad essere la causa del male di qualcuno.
Ma non poteva essere causa di un disagio che faceva male a se stessa piuttosto che a qualcun’altro solo per mantenersi a posto con la coscienza. Se c’era una cosa che Rose e Scorpius le avevano insegnato in due modi completamente diversi reduci dalle loro storie familiari, era che faceva molto più male tacere e tenersi tutto dentro affogando in un dolore irrisolto e infinito, che liberarsi e vivere una vita degna di nota anche se valeva a dire infliggere un duro colpo a chi ci teneva a te. E arrivava inesorabilmente nella vita di tutti il momento di pensare a se stessi, che la cosa fosse voluta o meno.

Si decise finalmente ad avviarsi fuori la Sala Comune dei Tassorosso quel pomeriggio del giorno prima, e attendere che Rich rientrasse. Doveva essersi sorpreso molto quando non l’aveva trovata al villaggio esattamente dove si erano dati appuntamento, per cui era lieta che almeno non avrebbe dovuto inventarsi molte scuse, sapendo bene a che cosa stesse per andare incontro.
Quando la scuola, intorno alle sette di sera di era ripopolata e l’afflusso di giovani aveva ripreso il normale scorrere nei corridoi, la ragazza aveva chiesto a quel gentile e premuroso ragazzo dai capelli color del miele di seguirla. Non si aspettò di piangere molto prima che iniziasse a farlo lui, quando lo lasciò senza indugi, senza nemmeno cercare di addolcire una pillola amarissima irreversibilmente. Lo abbracciò con sincero trasporto, ingoiò le sue stesse lacrime e corse via nella sua Sala Comune, in cerca del conforto di Rose e Roxanne, sentendosi male per aver rovinato anche il loro umore dopo che le due avevano trascorso una giornata fantastica. Si era accoccolata tra loro su un divanetto della sala, ricevendo tutto il conforto che le ristabilì di almeno un po’ l’umore, consolata a dovere da due persone fantastiche che le avevano dato il supporto e l’approvazione necessaria per dormire sonni tranquilli. Si sentì grata per averlo fatto quel giorno, in cui le due erano ancora presenti. L’indomani infatti, di sera dopo le lezioni, tutte le cugine erano partite per Londra con l’Espresso scolastico per recarsi in atelier il sabato mattina dopo l’arrivo in Inghilterra, e provare gli abiti da damigella.

Proprio quel mattino, Alice Jr; si sentì pronta per il passo successivo. Era trascorso un giorno e mezzo dalla rottura, ma parecchio più tempo in cui stava aspettando, e nessuna data né nessun periodo aveva importanza, se pensava a quanto le pesasse la brama di risposte. La squadra di Quidditch aveva fissato per quel mattino un allenamento, ma di malavoglia qualcuno dovette farsi sostituire, perché troppo impegnato nello studio di Trasfigurazione, materia più che importante per i M.A.G.O. che avrebbe sostenuto entro qualche mese.
Passeggiò indisturbata per i corridoi priva di qualsiasi cosa la collegasse alla vista altrui alla casa Corvonero.

Lei e Frank Jr; infischiandosene altamente delle regole, si erano scambiati la parola d’ordine per l’accesso alle sale opposte nel caso in cui uno dei due avesse avuto urgente bisogno dell’altro per qualcosa che il loro padre, professore in quella scuola, non avrebbe dovuto sapere. Quella parole d’ordine non l’avevano confidata ad anima viva, tenendola sempre per loro, così come lo stesso fatto di conoscerla.
Fu semplice quindi entrare nella sala adibita agli studenti dai colori rosso ed oro, e salire le scale del dormitorio maschile non trovando James al piano terra, né in Biblioteca, né in giardino. Il ragazzo, nonostante fosse attratto dal baccano e dalla miriade di studenti tutti ammassati in un solo luogo, era uno di quelli che per concentrarsi aveva bisogno che neanche la più piccola ala di un insetto sbattesse. Malgrado fosse il casinista capopopolo della situazione in quasi ogni occasione in cui era partecipe totalmente diverso da quel che era suo padre a suo tempo, ci teneva che la sua istruzione fosse buona, e siccome lui aveva la fortuna di avere genitori che badassero a lui e che lo seguissero in prima persona, si sentiva in diritto e in dovere di renderli fieri di lui. Almeno in qualcosa di importante.
Alice Jr; avanzò leggendo sulle porte i nomi di quelli che erano gli ospiti delle camere, e non appena trovò ciò per cui aveva mandato letteralmente al diavolo tempo e dignità, si avvicinò per poggiare sopra la porta l’orecchio ed ascoltare a lungo per assicurarsi che ci fosse il suo qualcuno, e che fosse solo. Sentiva pagine che venivano sfogliate, il rumore di tomi battere su qualche superficie, e quando finalmente la voce dell’oggetto dei suoi tormenti le invase l’udito bussò tre volte.
L’imprecazione che aveva buttato giù non era la cosa più idillica del mondo, ma a lei parve di star attraversando i binari di un treno in corsa ugualmente al solo sentirlo parlare, sapere che c’era, che stava per fare la cosa che più aveva voluto per un tempo lunghissimo.

Il corvino si palesò affacciandosi al corridoio, convinto di dover tirare in testa a Fred Jr; qualcosa intimandogli con più decisione di lasciarlo in pace. Suo cugino non era affatto d’accordo a saperlo come un topo da biblioteca anziché all’aperto come gli spiriti liberi che erano, a combinarne una delle loro. Il pensiero che avrebbe passato il prossimo anno scolastico da solo lo rattristava, per cui nel corso di quei nove mesi di scuola ogni scusa era e sarebbe stata buona per lasciare impresso il loro ricordo, un po’ come avevano fatto lo zio Fred e lo zio George con la palude al corridoio del quinto piano durante il loro quinto anno. Una parte era rimasta intatta, nessun professore, consenso del vecchio preside e della nuova preside compresi, aveva obiettato quando dopo la battaglia che aveva reso libero il loro mondo, era stato proposto di tenerla lì dov’era.

Invece, si ritrovò la ragazza che lo stava facendo ammattire.
Quella per cui la cotta non era mai passata, e la riluttanza nel rendere la loro attrazione fisica ed emotiva qualcosa di vero e duraturo era più forte del trasporto che provavano. James non aveva solo timore della reazione del professor Paciock, ma anche di perdere se stesso.
Non aveva raggiunto quel certo grado di maturità che gli desse la possibilità di associarsi all’immagine di una relazione vera, se non fosse che per lei. Ma ne avevano già parlato, e la cosa sembrava prolungarsi per quanto cocciuta fosse la persona di cui si era innamorato. Malgrado fosse esploso di gelosia quando li aveva visto insieme la prima volta, l’aveva lasciata andare, e lei l’aveva presa come una dimostrazione di totale disinteresse portando avanti quella storiella che non le scaldava l’anima quanto avrebbe dovuto fare. Il loro era un flirt continuo, uno stuzzicarsi e rincorrersi che ormai, non li faceva più ridere. Sembravano essersi definitivamente persi se non per le splendide rimpatriate di gruppo, ed invece la bruna era lì, con i suoi occhi grandi e azzurri puntati su di lui, in piedi dietro la porta di camera sua. James si dipinse in volto un’espressione incredula, non sapendo esattamente come reagire.
《Alice?!》
Senza rispondergli, la bruna gli gettò le braccia al collo annullando le distanze tra i loro volti. Lo spinse all’indietro con tanta enfasi che si ritrovarono tutti e due all’interno dell’abitacolo, e in men che non si dica, con un colpo di scarpa, la giovane richiuse la porta dietro di loro estraendo la bacchetta solo per far scattare la serratura. Dopo un attimo di iniziale sbigottimento in cui si era sentito più che spaesato e incerto se rispondere a tono a quel contatto che altro non era che una voglia comune, o scrollarsela di dosso credendola impazzita, James Sirius le poggiò semplicemente le mani sulle spalle allontanandola dal suo corpo in maniera molto cauta, senza quasi respirare. Lei parve tutt’altro che offesa, anzi, sembrava quasi soddisfatta della sua reazione, ma il suo viso le trasmetteva dell’altro.
Era come impaziente ora, attendeva qualcos’altro, attendeva un’altra reazione. Il giovane diplomando si sentì un pesce fuor d’acqua, sovrastato dal mistero che sapeva essere quella ragazza. Era come parlare ad un muro, ad una statua di pietra incantata, che aveva il potere di attaccarti ma senza dirti come o quando, che lo costringeva a stare sempre all’erta, a guardarsi le spalle, attonito dalla paura di sbagliare qualcosa che le avrebbe scatenato l’ira più funesta. Fu lei stessa invece a rompere quel silenzio, aggiungendo altri sospiri sommessi venuti da un bacio ancor più approfondito, che quella volta, James non rifiutò.




Sapeva per certo che se Alice Jr; pensasse di essere considerata una delle tante, non si sarebbe fiondata su di lui in quel modo interrompendo i suoi studi, intrufolandosi in territorio estraneo solo per togliersi la camicia esattamente come stava facendo.
Più lui si ritraeva avvertendo molta più pelle che stoffa a contatto con le sue mani, più lei gli si avvinghiava bloccandolo in una morsa da cui non si voleva sottrarre in realtà, come se non volesse sentirsi dire alcun no, come se non intendesse lasciarsi andare ciò che si era venuta a prendere, ed era molto di più di quel che appariva.
Sapeva che lui ci tenesse. Sapeva che se avesse superato il confine, dopo di lei non ce ne sarebbero state altre. Quello era anche una sorta di egoismo, una costrizione al relazionarsi, uno sfregio alla coscienza, incastrarlo in quel modo mettendogli a disposizione quello che voleva sapendo che se lo avesse preso avrebbe avuto l’obbligo morale di non lasciarla più, di vincere le paure, di smettere di giocare a quello stupido gioco che avevano portato avanti troppo a lungo per i suoi gusti.
James la odiava, mentre si lasciava denudare. Avrebbe tanto voluto chiederle perché gli stesse facendo tutto ciò, perché lo stesse portando così lontano. Ma la amava tantissimo, mentre le assaggiava la pelle del collo respirando l’aroma rinchiuso nei suoi crini castani, e sentiva le sue mani muoversi ora sul suo petto, ora sulle braccia muscolose da anni di duro allenamento. Era seduto sulla sedia da cui si era alzato per andare ad aprirle, e lei gli era sopra cavalcioni mezza svestita, con la scia di indumenti che avevano lasciato nel percorso fatto fin lì. Nessuno aveva osato dire una sola parola, limitandosi a baciarsi più intensamente di quanto avessero mai fatto, esplorandosi a vicenda con i palmi delle mani ogni parte del corpo, ancora divisi da una sorta di barriera invisibile.
James portò le sue mani ai lati del torace carezzandola da lì in giù seguendo la linea delle fossette di Venere sino ad arrivare alle natiche, stringendole con quanta forza avesse, e strusciando a comando della sua smania il basso ventre della giovane sul proprio. Si lasciarono andare a versi di pura estasi di quel che è proibito e sacro al contempo, senza smettere mai di torturarsi le labbra. Soltanto il calore ormai insopportabile li portò ad allontanarsi l’attimo necessario a sentire la frescura dei gradi parecchio inferiori alla loro temperatura corporea addosso, e prendersi i rispettivi volti per tornare in posizione iniziale.
《E Rich?》
James non era tipo da lasciarsi stordire. Non cedeva agli istinti in maniera tanto bassa, senza prima assicurarsi della lucidità mentale di chi aveva dinanzi. Di lei, poi, la cura era maniacale. La voce era un sussurro, un respiro strozzato, stava morendo sotto quel corpo.
《Non è ne un tuo, né un mio problema.》Lo sguardo azzurro del moro si inchiodò in quello della sua compagna. La quasi sedicenne comprese la sua domanda tacita, ed annuì fermamente senza lasciarsi andare a nessuna forma di insicurezza.

James si alzò in piedi ancorandole le gambe dietro il suo bacino per portarla sul suo letto di schiena. Certo, ce ne erano cinque intorno a loro e forse quello più vicino sarebbe andato bene come un altro, mentre invece per volontà inespressa di entrambi, vollero che fosse proprio quello a testimonianza della loro unione fisica e corporale.
Lasciarono aderire i loro complessi in maniera perfetta, privandosi delle uniche ostacolazioni che impedivano loro di avere libero accesso ai lombi dell’altro. L’atmosfera non s’infiammò a poco a poco, ma dal momento in cui si erano messi comodi e liberi di esprimersi senza articolare vocabolo era stato come sentire scoppiare una fragorosa ondata di trasporto, come essere investita da un’onda anomala di appetito carnale alla base delle fantasie che serbavano nei confronti dell'altro, finora represse. Ciò che c’era che tanto richiamava la fame, era l’alone di amore che sentivano premere per uscire e dare un nome completo e sensato a tutto ciò che stavano vivendo.
L’urlo improvviso, così diverso dai gemiti di poco prima quando ancora il ragazzo stava assicurandosi con l’aiuto di due dita che la ragazza fosse sufficientemente pronta ad accoglierlo, che squarciò l’aria nel momento in cui James raccolse il fiore di Alice Jr; riecheggiò tra quelle pareti il tempo necessario affinché lui la calmasse. L’abbracciò,le raccolse una lacrima traditrice tra le labbra, l’accarezzò in zone neutre,  le baciò la fronte e la punta del naso, finché lei non sorrise quasi ridacchiando. Le lenzuola si sporcarono sotto di loro dell’ultima goccia di sangue innocente della ragazza, mentre i loro movimenti scrivevano una personale melodia che sarebbe rimasta impressa in ogni parte di loro stessi, e che avrebbero cantato e perfezionato ancora e ancora per tutto il pomeriggio, amandosi e giurandosi che non finisse mai.

{Hogwarts - Sala Grande; 19.03.2020.}

Alice Jr; quel mattino aprì gli occhi raggiante come non lo era da un tempo che neanche ricordava.
Si sentiva in una coltre di nuvole, leggera e senza pensieri. Aveva trascorso le ore più belle in compagnia del suo amato di quanto avessero mai avuto occasione di passare insieme, ed ora che il suo cuore era a posto e batteva con più ardore e più voglia di vivere, qualcosa si era risvegliato in lei.
Doveva uscire, andare fuori a correre, volare sulla sua scopa, incantare tutto fino a prosciugarsi da sola la magia, doveva sfogare l’adrenalina.
Passò il mattino incapace di star ferma, di provò tre diversi completi, lavò i capelli, cantava a voce alta senza curarsi delle compagne addormentate, ma soprattutto, sentiva di avere una gran fame.
Ma il tutto non bastava, il suo entusiasmo era quasi impossibile da contenere nel suo corpo, nel suo cervello, nella sua anima. Era un vero talento con i repentini cambi di umore, tanto che un umorometro sarebbe esploso con lei dopo soli cinque minuti.

Lo sguardo le si illuminò, essendo arrivata col pensiero a ciò che le serviva sul serio per riappacificare il senso di positiva agitazione, prima di rivedersi con il suo nuovo fidanzato. Parlare.


Erano soli, seduti allo stesso tavolo, l’uno di fronte all’altro. Solo alcuni studenti erano nelle vicinanze, ma sicuramente nessuno li stava ascoltando, troppo presi dalle loro faccende. La curiosità della persona con cui stava parlando durante la colazione era palpabile.
《Gli hai chiesto di uscire?》
《Abbiamo fatto l’amore.》
I bulbi oculari del biondo sembravano voler uscire dalle orbite, tanto che entrambi i due interlocutori ebbero paura per un attimo l’uno di sentirli e l’altra di vederli rotolare sul tavolo, staccati dalla sua faccia. Il succo di zucca che intanto aveva involontariamente mandato giù per la gola lo stesso gli risalì all’istante, portandolo a sputacchiare tossendo del liquido arancio un po’ ovunque, tanto che alcuni studenti si spostarono da lì vicino per non essere presi da qualche goccia vagante. Alice Jr; si era arrampicata sul tavolo evitando i vari cibi appoggiati su di esso e aveva preso a battere una mano aperta sulla schiena dell’amico, aiutandolo a riprendersi. Quando fu scampato alla morte, rosso in volto e annaspando per cercare aria correttamente, gli si sedette accanto sorridendo a trentadue denti.
Gli aveva confessato quel segreto intimo e delicato con una tale naturalezza che fece sentire Scorpius disarmato emotivamente, come se tra loro non ci fossero più scudi di alcun tipo. Quando il respiro si fu ristabilizzato, anche lui sorrise mantenendo un’espressione sorpresa.
《Che hai fatto? Sul serio?》
《Sì.》
《Davvero?》
《Sì!》
《Quindi adesso..》
《Oggi passiamo tutta la giornata insieme, credo che la cosa sia ufficiale, finalmente direi.》
《Mi fa un sacco piacere!》
《Anche a me, e porca Morgana capisco perché quando non si è più vergini state sempre a pensare al sesso, è stato magnifico!》
Scorpius non ebbe il tempo di mostrarsi incredulo dinanzi a quell’affermazione, perché la bruna aveva iniziato anche a confessargli dei dettagli piuttosto particolari, come se si stesse confidando alla migliore amica. Molte volte nel corso del racconto Scorpius le aveva chiesto di tacere, aveva fatto gesto di andarsene, si era tappato le orecchie e mostrato una faccia disgustata sotto le risa di chi aveva provato un’esperienza magnifica e doveva raccontarla per forza. Il movente di tutte quelle moine era il ragazzo in questione, ma era davvero una gran contentezza vedere Alice Jr; smagliante di felicità. Al termine del racconto, Scorpius assunse una posa filosofica che stonava parecchio con le parole.
《Cazzo. Te lo potevi tenere per te, almeno le dimensioni avrei voluto non conoscerle, ma una volta che lo so, cioè sul serio lo avete fatto al contrario nonostante non lo avevi mai fatto prima?》
《Giuro!》
《Quanto inchiostro ti è servito per scrivere tutto ciò e spedirlo a Rose?》
《Io.. non l'avevo ancora detto a nessuno in realtà, e non penso che oltre a lei, quando torna questa sera, lo sapranno altri. 》
《Sul serio lo hai detto a me per primo? Oh, Alice!》Fu quello, per assurdo ed ironia, il momento in cui la ragazza si sentì in imbarazzo di fronte a quelle iridi cerulee, che sorridevano forse più delle labbra. Lo sguardo di Scorpius trasudava dolcezza e ammirazione per la tenacia e il meraviglioso stato d’animo della sua amica, ma soprattutto, non aveva parole per spiegarle quanto fosse lusingato, quanto fosse felice, di risultare per lei un tale appoggio morale e di piena fiducia.
Si rese conto di volerle bene.

Si rese conto che non era così brutta l’idea di essere se stesso, se c’erano persone come lei ad affiancarlo.

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Il 19 marzo 2022 sarà veramente sabato xD ho calcolato tutto, così come la data del matrimonio di Ted e Vic che vedremo molto presto. Devi dire che ho due matrimoni in programma in questo fandom, uno bello, l’altro un poco meno xD completamente il giorno e la notte.

La situazione familiare di Rose, che avete già trovato precedentemente, è quella riportata in questa meravigliosa FF, già citata, ma ve la rimetto perché dovete leggerla, una Romione alternativa che veramente se amate questa coppia vi farà sognare, ridere e piangere. E poi qualsiasi cosa scriva la sua autrice è meraviglioso. 

https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3704394

Aaaaaa proposito, non giudicate male Scorpius, erano le ragazze che si sarebbero dovute preoccupare dei loro fidanzati in fin dei conti.
Grazie mille per la vostra pazienza e dedizione.
A presto!

 
   
 
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