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Autore: Saruwatari_Asuka    01/07/2020    1 recensioni
"L’urlo disumano straccia il silenzio di piombo calato sull’intera sezione A della Yuuei.
Un grido che a sentirlo altrimenti avrebbe fatto accorrere una frotta di Eroi, poliziotti, giornalisti e semplici curiosi.
Bakugō Katsuki serra il pugno.
Prova il bisogno fisico di far andare in frantumi qualcosa. Qualunque cosa.
E la frustrazione devastante di non poterlo fare.
Ma c’è di peggio.
Bakugō Katsuki nel corpo di Yaoyorozu.
Se esiste un Dio, e inizia a dubitarne seriamente a questo punto, sarebbe bene gli tiri addosso un meteorite all’istante.
Perché non potrà garantire delle sue reazioni da qui in avanti."
{Storia a 4 mani. Asuka e Anya_Tara.}
{KiriMina; ShinOji; KamiJirou; TodoMomo; Kacchako; MidoMelissa}
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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33. Crack, boom

 

 

 

Porca della miseria. Maledetta la vita. Odio il mondo. Dannata Yuuei. Fottuta coda.

La litania di Bakugō sta andando avanti da quando ha aperto gli occhi, circa mezz’ora prima: è sempre la stessa, con un’unica leggera variazione sull’ultimo capoverso che prima era “fottute tette”.

Non ha mentito dicendo che quanto meno adesso non avrebbe più dovuto lottare contro le cose delle femmine.

Tuttavia non aveva fatto bene i suoi conti, perché quella maledetta cosa attaccata al culo non gli aveva fatto chiudere occhio tutta notte, e solo poco prima dell’alba, quando la sveglia mostrava già un bel 3:28, ha perso i sensi più che addormentarsi.

Per svegliarsi con le reni intorpidite, neanche un pezzo di granito ghiacciato.

Come cazzo fa la scimmia a dormire con quel fastidio? Di lato tira, sulla schiena non ci si può neppure pensare a star dritti.

L’unica è a pancia in giù. Ma Katsuki così si sente soffocare e inoltre gli dà noia tenere le chiappe rivolte verso l’alto.

E’ una posizione che lo irrita fin da quando era bambino. Mai rivolgere le spalle al nemico, anche se immaginario.

E’ scomoda al cazzo, la coda. Deve trascinarla di peso fuori dalla doccia, perché col pennacchio fradicio sollevarla quel tanto che basta ad oltrepassare il piccolo gradino è un’impresa impossibile.

E deve pure pettinarlo, quel coso. E phonarlo, come si trattasse di una stramaledetta parrucca.

Inizia a capire com’è non ha mai avuto un animale domestico.

Non ha già pazienza con i propri, di capelli. Quando ha finito di lavarli li scuote col telo e pace amen.

La stessa cosa che ha fatto con quelli di Yaoyorozu, quasi ogni giorno a parte quando ci hanno messo mano le scriteriate e … Uraraka.

Che scriteriata non lo è affatto, anzi.

Yaoyorozu che a differenza sua deve aver dormito come su un letto di piume, nel corpo di Bakugō.

E di certo si starà svegliando placida e tranquilla.

Anche se mai quanto Deku maledetto.

Il pensiero si fa largo immediato nella sua testa, come un ceffone suonato a mano aperta.

Quel bastardo adesso potrà ricominciare ad allenarsi.

E lui invece è bloccato, resterà indietro rispetto a lui e a Todoroki. Appena riavrà il proprio corpo dovrà mettersi sotto quattro volte di più per recuperare, che non sarà in grado nemmeno di reggere due giri di corsa.

Sì, ma quando? Quando loro saranno già così avanti che mangerà la loro polvere.

Possiedono già due quirk a testa, e maledizione, non lo ammetterà mai, per quanto sembri sempre il solito Bakugō ha iniziato a soffrire la concorrenza da un pezzo.

Finché anche Dekumerda era incasinato nel corpo di Ashido non si è posto il problema, Todoroki da solo granché strada non ne fa, è risaputo.

Ma ora …

La sera prima hanno confabulato quei due. E Katsuki sarebbe pronto a giocarsi una gamba – non lo farebbe solo perché non è sua- che non avranno mancato di prendere accordi per allenarsi assieme, il broccolo è di certo impaziente di testare se è tornato proprio tutto tutto alla normalità; tanto più che durante l’ultima esercitazione, quella dove poi era scoppiato il delirio, lo aveva visto un sacco concentrato e determinato quel figlio di una buona donna, con rispetto per Inko poveraccia che già aveva dovuto sorbirselo una vita intera, quel quirkless del piffero.

Adesso, però , un quirk ce l’aveva. E che quirk, dannazione. 

Cazzo, no. Non può assolutamente permettere a quei due di fottergli il posto, deve rialzare il tiro e tenersi su, anche se il corpo dello scimmione è totalmente diverso dal proprio e come giustamente Faccia Tonda gli ha fatto notare la sera prima, ognuno si riprenderà finalmente i propri pregi, i propri difetti e i propri guai alla fine di quel casino.

Ma adesso che ha realizzato questa stronzata il suo stato mentale è pericolosamente sul punto di fare: “boom, crack!”, proprio come nei fumetti.

No. Non ce la fa a stare rinchiuso tra quattro pareti, non con quel mostro che gli divora il cervello.

E appena si mette a litigare con quell’appendice, imprecando nell’infilarla nel suo apposito alloggiamento in mutande e richiudendo i bottoni sul retro, capisce che o si dà una mossa, o strangola qualcuno.

In fondo Ojiro si allena come un matto, no? Il suo potere è soltanto quella cazzo di coda, non fosse per la sua approfondita conoscenza di vari stili di combattimento non l’avrebbero mai preso alla Yuuei.

Non può essere un gran male fargli fare qualche giro di corsa, un po’ di flessioni e qualche colpo in aria, così.

Perché altrimenti ne esce pazzo, era quasi meglio quando aveva il corpo di Momo, che sentiva più vulnerabile malgrado sia una tosta, e il fatto che abbia tanto fegato con il pirla lo dimostra chiaro; e la apprezza molto di più ora che ha scoperto cosa si prova a dover dare il massimo mentre i crampi ti squassano la pancia. 

Intanto però ha qualcosa di urgente da fare: il bucato.

Kaminari è un lercio. Ha lasciato il secchio della biancheria colmo fino a scoppiare, l’odore di calzini sporchi e maglie sudate impesta il bagno e che Dio lo stramaledica, non si è degnato neppure di metterle nel cesto.

Ora deve toccare quel casino.

Chissà se lo scimmione ha un paio di guanti di lattice da qualche parte.

E magari anche una mascherina, uh.

Con aria rassegnata, afferra il bidone dal fondo e lo svuota nella cesta. Non vuole neppure soffermarsi a pensare o rischia che gli scoppi un embolo del cazzo.

Finché si tratta di prendere in mano roba pulita okay. Ma … le mutande che ha portato Kaminari … sapendo i suoi precedenti …

Cristo.

Si sente sempre più incline a dar ragione a Faccia da Morto. Un sacco di ragione.

Annaspa fino all’ascensore con quel fardello olezzante, bestemmiando contro Faccia da Scemo ogni tre secondi netti nel dover barcollare come un ubriaco per tutto il corridoio, scostando quella maledetta appendice ad ogni passo e vanificando del tutto lo shampoo che le ha fatto prima, visto che la sta usando come piumino per raccogliere la polvere dal pavimento.

Con Yaoyorozu non ha avuto tanti problemi, a parte quella spiacevole faccenda del ciclo; la ragazza è ordinata, ci tiene alle sue cose e quel poco che Katsuki ha indossato l’ha lavato a mano.

Sì, se non si sfoga in qualche modo darà i numeri.

In quello stato d’animo, e con la tentazione di legarsi la coda ai fianchi con una corda, scende al piano di sotto, in sala comune.

E’ deserta. Ma ovviamente sono soltanto le sei meno un quarto del mattino, sono ancora tutti in camera loro.

Si trascina fino al corridoio della lavanderia, posa quell’ammasso di roba fetida recuperando la vista e il fiato. “Fanculo”, mormora a denti stretti.

Appena vede il suo stesso corpo davanti ad una delle asciugatrici accesa sul lato opposto, che fissa il cellulare come indecisa se metterci dentro pure quello o meno,scuote la testa.

Non si è nemmeno accorta di lui. “Ohi”.

Yaoyorozu si volta, trasale evidentemente e avvampa come le avessero infilato la faccia in un forno, mentre distoglie gli occhi rossi da lui.

Sembra un tantino meno depressa della sera prima, ma ora in compenso è smarrita e tesa come paventasse di prendere una scossa elettrica con tutto quello che tocca.

E meno male che il quirk di Faccia da Scemo è capitato a Ojiro. A meno che non abbia fifa dell’elettrodomestico. “Buon … ehm, buon … buongiorno … Bakugō”, biascica, arrossendo fin quasi alle lacrime.

Che le piglia di nuovo a quest’altra, ? “Uh. Sarà davvero un buongiorno quando questa storia del cazzo sarà finita”, sbotta, irritato. Apre il cestello della propria lavatrice, reprimendo l’impulso di riempirla con la coda anche perché lui non è proprio in grado di maneggiarla, si limita a trascinarsela dietro cercando di non inciamparci come la sera precedente, quando solo l’intervento di Uraraka l’ha salvato dal dover imporre a Ojiro la visita urgente da un dentista, o da un chirurgo.

La ragazza dentro di lui invece sembra abbisognare della consulenza di uno psicologo. “Allora, come ti trovi nel mio corpo?”.

Momo sussulta, il telefonole cade di mano. Si china a raccoglierlo e il pomo d’Adamo nella gola ballonzola, come avesse difficoltà a deglutire. “Be …. Bene. Sì, bene. E tu … va tutto … bene, Bakugō?”.

“Sono stato meglio”. In realtà gli bruciano i piedi dalla smania di cominciare ad esercitarsi, ma la ragazza è in evidente agitazione e non gli garba di lasciarla da sola.

Ha come il sospetto che sia stata la sua apparizione improvvisa a metterla in quello stato, perché fino ad un attimo prima fissava lo schermo con un’espressione talmente concentrata da volerlo quasi far esplodere solo con uno sguardo.

Che messaggiasse col pirla a metà? “Dov’è finito il tuo prode cavaliere dalla scintillante armatura?”.

Lei trasale di nuovo.  “Oh … è in camera sua, adesso”, biascica piano, infilando appena la grande mano nella tasca della felpa per riporre il telefono; l’altra la porta al viso a coprirsi l’occhio sinistro in un gesto che è gli è familiare.

E il destro è lucido. Come se stesse per scoppiare a piangere. “Che hai? Stai bene?”.

“Sì, sì. E’ … il calore che mi dà … fastidio agli occhi”, sussurra piano, accennando all’asciugatrice.

Bakugo si fa sospettoso. Non sarà capitato qualcosa pure a ‘sti due, no?

Lui sa del segreto di Todoroki.  Di cosa gli ha lasciato in faccia quella chiazza ustionata, delle ripercussioni che questo ha avuto sulla sua famiglia e la sua stessa esistenza.

Ed è matematico che lo abbia confidato anche alla sua donna, il bastardo.

La questione gli piace sempre meno. Avesse un pizzico più di confidenza con Yaoyorozu glielo chiederebbe direttamente cosa cazzo non va.

Le domanderebbe più o meno le stesse cose che ha chiesto al pirla a metà, alla festa.

Perché porca miseria se n’è pieno le palle di tutti quegli intrecci degni di una serie televisiva di quart’ordine. Segreti non tanto segreti, bugie, disastri, relazioni che vanno a donne di malaffare, riappacificazioni e via con un altro giro di giostra, senza nemmeno aver pagato il biglietto.

Ma come si è già detto non è sua competenza, e inoltre ha “affidato” alla piccoletta il compito di vigilare sulla sua amica.

Però è anche vero che non può starle appiccicata addosso h24.

Probabilmente Uraraka andrà a casa, oggi. E’ sabato, e siccome non ha mai saltato una visita ai suoi e vorrà anche riposarsi un po’, sicuro lo farà.

Se non altro per non dover avere davanti agli occhi la biondina e il Nerd di merda.

E ora che ci pensa, a proposito, è facile che anche Todoroki voglia andare a trovare sua madre. E non può certo portarsi dietro Momo nel corpo di un maschio, altrimenti quella poveraccia potrebbe pensare di essere davvero ammattita del tutto.

O che le sia ammattito pure il figlio. “Sta preparando le cose … per uscire questo pomeriggio”, aggiunge Momo, facendosi amara.

Ecco. Come aveva previsto.

E Yaoyorozu di certo non ne sarà felice. Lei non può andare a trovare i suoi, non può nemmeno chiamarli, forse prima fissava il cellulare per questo.

Bakugō non ha di questi problemi, chiama poco e ogni volta la vecchia gli urla nel cervello di non fare casino. Se li contatta una volta ogni quindici venti giorni è già sufficiente: e se è torna a casa una volta al mese, giusto per far vedere i progressi che ha compiuto.

Progressi che al momento sembrano disastrosamente rimandati a data da destinarsi.

D’un tratto gli passa un’idea per il cervello, la dimostrazione che anche a furia di cambiare corpo almeno qualcosa è rimasto intatto, là dentro.

E’ … un tanto rischioso in effetti. Ma si conosce, sa di poter essere molto convincente se vuole, nonostante sia una dote che non mette spesso in campo, perché non gli serve.

Ma l’arte della persuasione torna sempre utile. E … se riesce a toccare i tasti giusti, può prendere due piccioni con una fava. “Senti, Yaoyorozu”, si sente dire con la voce di Ojiro.

“Ah?”.

“Mi sembri un tantino messa male. Capisco che la situazione non sia delle migliori, ritrovarsi daccapo in questo pandemonio quando sembravamo ad un passo dall’uscirne non favorirebbe la sanità mentale di nessuno, nemmeno quella di una equilibrata come te”.

Momo batte le palpebre, più volte.

Gli fa un tantino di impressione udirsi parlare a se stesso con un tono così pacato. “Ahaaa. Già”.

“Che ne dici di concederti una tregua?”.

“Ah?”.

“E’ sabato, oggi finiamo prima. Nessuno di noi quattro può andare a casa, siamo bloccati in questo posto. E io sinceramente non ne posso più. Pensavo giusto di andare ad allenarmi, prima di iniziare a dare i numeri. Devo metterla fuori un po’ di questa smania, almeno per quel che posso in questo corpo. Ma capisco anche che non sono il solo a trovarmi in queste condizioni, adesso”.

“Ma … ma … Bakugō … io sono … nel tuo corpo ecco … insomma … io non … Aizawa – sensei non me lo concederà mai …”.

“Be’, non devi per forza dirglielo. Fondamentalmente non può negare il permesso di uscire per provvedersi di cose necessarie. E da quel che mi ricordo di aver lasciato in bagno, e sapendo che quella sciroccata deve aver combinato un dannato casino, sospetto che mi serva un po’ di roba, uh”.

Ora Momo impallidisce. “Ma … si dà il caso che al momento … non mi … occorra … nulla …”.

Dannazione se è ostinata.

Che a stare nel suo corpo abbia preso anche qualcosa del suo cervello, per caso? Certo è stato ben immediato allora, perché in Deku non era così … era soltanto giù di corda, cosa del tutto comprensibile. “Ahhh, non la fare tanto lunga. Se ti dico che puoi, puoi. Te lo sto chiedendo io … ah e cazzo credimi, non sono tipo da cedere tanto in fretta su certe cose. Anzi sai che? Devi. Hai un bisogno estremo di allentare la tensione prima che ti mangi viva. Dio solo sa se non sto per scoppiare anche io, c’ho una voglia … che … sto bruciando tutto dalla smania di darmi da fare, almeno con le mani. Ma … dannazione non posso, non è il mio corpo e devo starmene buono buono a cuccia, anche se il pensiero che Deku e il tuo bastardo possano spremersi finché non gli vengono i calli alle dita e io mi devo accontentare di starmene sotto l’acqua fredda a smaltire i bollori, per non ammazzare nessuno. Almeno … finché ero te era più facile. Con una femmina … certe necessità è difficile si facciano sentire, per quanto io non faccia distinzioni e se una ha quell’istinto e sa come sfogarlo ben venga. Solo che onestamente non mi sarei mai azzardato a farlo col tuo corpo, anche perché se avessi in qualche modo compromesso la tua integrità Todoroki mi avrebbe spezzato qualcosa come minimo.

Ma adesso che mi ritrovo in questo dannato scimmione controllarmi è impossibile, è così irrigidito che mi stanno uscendo gli occhi dalla testa, se non faccio qualcosa mi esploderà un embolo. Quindi fammi questo maledetto favore”. Alza le braccia artigliando l’aria con le dita, più si fa vedere devastato, meglio è. “Trovati un angolo in cui non ci veda nessuno di questi scimuniti, e tira fuori tutto quello che ti sta pungolando finché non rimani senza fiato. E se accetti un consiglio non essere delicata. Anzi. Più ci dai dentro meglio è. Non mi stremo da un bel po’, sicuro devo avere i palmi incandescenti ed essere duro come una fottuta lastra di marmo, dubito che quella maledetta Occhi da Procione possa avermi fatto fare una sessione di allenamento come si deve, anche se per darsi da fare s’è data da fare, fulminata del cavolo”.

Quando la guarda, in attesa, Momo è rimasta a bocca spalancata, gli zigomi repentinamente in fiamme e le pupille sono capocchie di spillo nelle iridi scarlatte.

E’ una faccia davvero strana da vedersi addosso.

Ma certo non si aspettava di sentirsi parlare a quel modo proprio da lui.

E dal bravo stratega sopraffino che è, intravede la possibilità di coglierne addirittura tre, di piccioni. “Ti lascio sola a pensarci. Se decidi fammi sapere, che ti do una mano io. Anzi, se vuoi vengo anche io. Così ti controllo io o magari se vuoi ti mostro come fare. Tanto quei due pare abbiano chiuso, quindi lo sciroccato di Faccia da Morto non può trovare nulla da ridire”.

Ops.

Forse non avrebbe dovuto darle quella notizia così come niente fosse.

Ma ormai gli è scappata.

Chiude l’oblò, prende il detersivo e riempie l’alloggiamento apposito.

Solo adesso adocchia il flacone rimasto sulla lavatrice che deve aver usato Momo per lavare i suoi vestiti. Ammorbidente alla rosa e lavanda.

Oh, merda. Adesso sì che saprà come un cavolo di … di … ah, al diavolo. “Ba … Bakugō …”.

“Ehi, tranquilla. In fondo è il mio corpo quello no? Nessuno meglio del sottoscritto può sapere di cosa ha bisogno per stare bene. Ah. E prima che me ne scordi … penso sia meglio tu non lo dica nemmeno a Todoroki. Non penso la prenderebbe troppo bene, sai … in fondo sei pur sempre la sua ragazza, si preoccuperebbe un sacco se sapesse che stai per mettere mano a qualcosa che non hai mai fatto prima, tanto più se approfittando del fatto che lui non c’è. Sarà il nostro segreto, se ci stai”. Aziona la lavatrice, e subito dopo infila le mani nelle tasche. “E … se posso chiederti una cortesia … non mettere l’ammorbidente nel mio bucato, la prossima volta”.

Ahn …”.

“Vado a cambiarmi, nel frattempo. Ci vediamo”. Improvvisamente la voglia di darsi da fare si è placata, per il momento.

Sicuro ci è riuscito. Gli è bastato vedere la fiammella nelle sue stesse iridi, si conosce bene, sa cosa vuol dire.

La ragazza sta … esplodendo dalla voglia di darsi da fare.

E lui è più che pronto a cogliere l’occasione al volo.

 

--

 

Ah, che esasperazione.

Quando Ochaco riapre gli occhi, si sente più stanca della sera prima, se è possibile.

Ha fatto sogni strani, contorti, assurdi. Non ne ricorda nemmeno mezzo, ma dall’affaticamento che le tende le membra non è difficile immaginarlo.

Per fortuna oggi andrà a casa. Si sente … egoista, quasi come se stesse scappando da quella situazione: ma cavolo, è allo stremo, sta per avere un esaurimento nervoso e se non si concede almeno una pausa, sia pure soltanto di un pomeriggio, finisce al manicomio.

Il suo secondo pensiero va a Momo. Chissà se si è calmata almeno un po’ … era proprio fuori come un balcone la sera prima.

E si sente moralmente obbligata ad andare a vedere come sta. Perché okay che Jirou è la sua migliore amica … ma Kyoka, ahimé, ha un caratterino particolare, non che non sia comprensiva ma sa essere tagliente, se le gira.

E poi …

Non è stupida Ochaco. Ha notato l’improvvisa confidenza sorta tra Earphone e Kaminari. E conosce anche quest’ultimo.

Se ha ben visto, la ragazza sarà di sicuro impegnata a vigilare sulle manine del compagno elettrico. Già il giorno prima in infermeria gliel’ha sbattuto tondo in faccia, vista la reazione di Denki al risvegliarsi nel corpo di Mina.

E dopo il casino scoppiato l’altro giorno ancora … è abbastanza ovvio che le mani al loro posto Kaminari non le sa tenere.

A differenza di Bakugō.

Avvampa improvvisamente a quel pensiero. Balza su dal letto come una molla, si sente spinta da una forza senza nome, fa la doccia e si veste in fretta ignorando il calore che le è esploso sulle guanciotte piene.

E’ stato … gentile, la sera prima.

“Tu non mi dai poi così fastidio”.

Nel complicato gergo di Katsuki era un complimento. Ed era stata lì per mettersi a fluttuare, sorpresa, leggera, pensava di essere diventata troppo molesta nei confronti del biondo e invece … 

Esce dalla stanza coi capelli ancora bagnati. Sta diventando un’abitudine, e se fosse inverno si sarebbe già buscata qualche malanno.

Quando scende di sotto per cambiare ala, però, avverte dei rumori nel cucinotto. E l’impulso di andare a controllare chi c’è le risparmia un’altra corsa.

Ma in compenso le fa fluire una nuova ondata di sangue agli zigomi. “Yao…Yaomomo?”.

Ochaco?!”.

“Va … tutto bene?”.

“Ehm … sì. Sì, grazie Ochaco-chan, benissimo”.

“Sono contenta”.

C’è un bollitore sul fornello, una teiera da cui spuntano due codine con dei quadratini azzurri di carta e una tazza elegantemente sistemata su un piattino con un cucchiaino posato sul bordo, ancora intonsa. “Stavo … preparando del tè … se ne vuoi è lì, è … caldo. Non l’ho … ancora toccato, scottava troppo e così … ho pensato di piegare i panni nel frattempo. Penso … si sia freddato un po’”.

Ochaco prende un’altra tazza dal ripiano, un cucchiaino dal cassetto osservando la compagna con la coda nell’occhio.

E’ strana, Momo. Stranissima, afferra i panni con una foga che non le è usuale, tra indice e pollice e li sbatte con energia per poi richiuderli rapidamente, posandoli nel lato vuoto della cesta.

Sbatte tutto. anche i boxer. “Si… sicura di stare bene?”.

Mhmm mhmm. Ah ah. Sì. Sicuro. Tranquilla. Prendiamoci questo tè”, abbozza sorridendo.

Ma è nervosissima, e appena sfiora la tazza vuota questa si rovescia, minacciando di rotolare sul pavimento.

Uraraka la acchiappa al volo. La rimette a posto, e rialza decisa lo sguardo verso l’amica, che commenta. “Che … sbadata. Pare quasi non sappia più usare … le mani”, fa Yaoyorozu, serrando i palmi l’uno contro l’altro.

Ma certo.

Il quirk di Bakugō le è estraneo. Sicuro Momo deve avere un terrore cieco dei palmi umidi, sapendo come funziona il potere del compagno. Non deve essere facile per lei, trovarsi ad avere a che fare con una forza esplosiva e hanno tutti ben presente cos’è accaduto a Jirou con qualcosa di così pressante che non era in grado di controllare.

Forse è anche per questo che non vuole Todoroki intorno. Teme per lui. “Credo sia meglio lo versi io”, propone Ochaco, conciliante.

“Sì”. 

Riempie anche l’altra tazza, e Momo pare esitare parecchio prima di portare la propria alle labbra.

Yaomomo, cosa c’è che non va? Per favore non farmi agitare, sono già …”.

“Oddio. Non … non ne … non so se … ne voglio parlare. E’ già abbastanza … imbarazzante così”.

“Ti prego. Noi siamo amiche, non può esserci nulla di così imbarazzante più di …”.

“E’ … Bakugō”, sussurra pianissimo, guardando la porta.

Ochaco si azzittisce tutto d’un tratto.

Cosa può mai essere accaduto, di cui lei non è a conoscenza? Sembrava così tranquillo la sera precedente … persino preoccupato per Yaoyorozu.

Abbassa la cesta sul mucchietto di biancheria da piegare, da cui emana un profumo inusuale per il biondo; troppo dolce, decisamente femminile.

Ah, la forza dell’abitudine.

Difficile mandarla via, soprattutto quando sembra l’unica cosa in grado di tenerci ancorati alla normalità. “Yaomomo, ti assicuro che Bakugō si … è parecchio ammorbidito, di questi ultimi tempi, specie da quando … è stato dentro di te. Anche se non mi credi … davvero”.

“Ci … ci siamo … parlati, poco fa. In lavanderia”.

Le sopracciglia della bassina si aggrottano, le arrivano fin quasi all’attaccatura dei capelli.

Ah. Be’, questo cambia un po’ le cose allora.

Quasi intuendo il suo pensiero Momo alza le braccia muscolose, scuotendole in aria come le dolessero, o bruciassero. “Non mi ha fatto nulla, assolutamente nulla, anzi è stato molto gentile. Inaspettatamente … gentile. Sono io che … be’. Mi sento … a disagio … con lui”.

Lo sguardo che Momo le scocca, con quelle iridi rosse brillanti, fa fremere Uraraka.

Ma Yaoyorozu non le dà tregua. “Tu non capisci, Ochaco-chan. Non parlo del suo carattere … parlo … del suo … corpo”, mormora piano, come temesse di dire una sconvenienza.

“Eh?”.

“Quella cosa lì. Quella con cui … si svegliano i ragazzi. Ochaco-chan, dai, c’eri anche tu quando Mina-chan ha detto quella cosa in sala comune, dannazione!”, e batte la mano sul ripiano.

Uraraka sussulta.

Ora più che mai, Yaoyorozu è simile al vero Bakugō. Non l’ha … mai vista alterarsi a questo modo.

Prova a raccogliere le parole, quanto meno per sputarne fuori qualcuna che valga a far tener du … ehm, cioè, rincuorare e incoraggiare la compagna di classe. “Ehmmmmmm … sì, Momo-chan, ma perdonami … insomma … sei già stata dentro Midoriya … non può essere così … così … differente, cioè …”.

“Oh, fidati Ochaco. Lo è eccome”. Rossa come un lampione Yaoyorozu annuisce gravemente.

Altrettanto rossa Uraraka tenta di trovare qualcosa di sensato con cui ribattere.

Ma non ce la fa. I pensieri, già sconvolti, adesso volteggiano come impazziti nella scatola cranica: li sente quasi sbattere come uccellini in gabbia, farsi male e cadere tramortiti sul pavimento.

Oggesù. “E …”.

“Ora capisci, perché non … non posso avere intorno Shouto? Cioè, prima … okay. Era comunque … pesante. Ma … ora è molto, molto, molto peggio, Ochaco-chan. Con Midoriya … in qualche modo riuscivo a farci fronte. Ma se soltanto Shouto mi sfiora adesso … parto in quarta. Anzi in quinta. Anzi … non lo so più. Il solo pensiero di … sentire il suo profumo … di … averlo vicino … mi fa smaniare. E questo corpo non riesco a controllarlo, stamattina non so quanta acqua gelida ho consumato. E’ … Dio, Uraraka. E’ … è …”. Sembra tremare, esitare. “Maschio. Nel senso più pieno e duro … Cavolo, puro … del termine. E ho il terrore che se davvero … oddio”. Pare voglia scoppiare a piangere, Momo.

Uraraka ha la bocca impastata, non riesce a proferire verbo. “Mo… mo. Stai … stai calma”.

Non è proprio una conversazione sana da avere di prima mattina. “E … e adesso dov’è …”.

“Fuori. E’ andato a fare … quattro passi, ha detto. Sta cercando di … abituarsi al suo nuovo corpo”.

“Ah”.

“Ehi, ragazze! Buongiorno!”. Il trillo di Mina le distrae da quel discorso.

Meno male. Perché Ochaco sente di aver perso la funzionalità di almeno un ventricolo.

Oltre che di un’area del suo cervello. “Allora, com’è stata la tua prima notte nel corpo di Bakugō, Momo-chan?”.

Nessuno apre bocca.

Si sentirebbe una mosca volare, in quel silenzio di tomba.

Pe … ehm, benissimo, Mina-chan, grazie”. Oddio. “E … e tu nel mio …?”.

“Molto bene, grazie”. Sorride, Mina, con la faccia di Momo che invece sembra voler saltare nel forno a microonde.

Egoismo.

A volte ti salva la vita. “Vado … vado a …”. Non sa neppure lei dove andare adesso. “A vedere … come sta Kyoka-chan”, conclude a stento Ochaco, cercando di non fissare la cesta ora piena di indumenti piegati.

“Eh, lei bene sicuro!”, ghigna Ashido. Con un’occhiata luccicante nello sguardo nero di Yaoyorozu.

Che sospira, sbuffa quasi, come il vero Bakugō. “Penso sia ora di andare a mettere a posto questi panni”, annuncia.

Inutile dire che anche il suo tè è rimasto intonso. “Senti, hai finito il balsamo, Momo-chan. Posso andare a comprarlo con Kiriciccino, questo pomeriggio?”.

“Ma … ma certo Mina-chan. E … e …. Etciù!”.

“Oh, cara … tieni”. Mina le porge il fazzoletto che Momo tiene sempre in tasca con sé, per ogni evenienza. “Ti capisco. Ti capisco, Yaomomo”. (**)

 

--

 

E’ stata un’alba triste, questa.

Già insonne di suo, Shinsou ha trascorso l’intera notte a fissare quei numerini scambiarsi di posto sul quadrante.

10: 12, 11:20, 12:01, 01: 21, 02:11.

Alla fine l’ha buttata giù dal ripiano, che guardarla lo faceva sentire soltanto peggio.

Ore di più senza Mashirao.

E’ vero. Non stanno insieme … da un’infinità di tempo, da quando il corpo del suo fidanzato è divenuto ostaggio di quell’assurdo scambio, esattamente come le cifre della sveglia.

Ma almeno una volta al giorno quelle maledette tornano esattamente al punto di partenza.

Ojiro, invece, no.

Ha pensato a lui ogni istante. Ogni momento di quella lunghissima notte più in bianco delle altre, persino più lunga di quella che ha trascorso a mangiarsi le unghie dall’ansia, sapendo quel che gli pungolava il petto e temendo, disperando di poterlo mettere fuori, che non aveva la minima idea di come sarebbe stato accolta quella rivelazione dall’interessato.

Ma alla fine non ha più retto. Ha scelto di esporsi, a suo rischio e pericolo e poco male se si fosse preso una codata in faccia, e non metaforica.

Onestamente? Non si aspettava di vedere gli occhi di Mashirao allargarsi. Le pupille ingoiare le sclere, le sue spalle forti abbassarsi di colpo come se qualcuno le avesse gravate di un peso invisibile; ed era rimasto a bocca aperta.

No, nemmeno Ojiro se l’aspettava, una cosa simile.

“ Io … sono innamorato di te. E non è uno scherzo, Ojiro “.

Erano stati minuti molto lunghi, anche quelli.

Eppure, ad un certo punto quell’espressione disarmante si era rianimata. Negli occhi era tornato lo scintillio vitale, le braccia si erano sollevate.

Le labbra si erano mosse. E avevano compitato lentamente quelle sillabe.

“A … Anche io. Lo … lo sono anch’io”. Poi d’un tratto gli zigomi si erano fatti porpora. “Cioè di te! Perché … per come l’ho detto può sembrare che sia inna … innamorato di me … e insomma, cioè, non è così … cioè non si può essere innamorati di se stessi … a parte forse Aoyamabe’, lui magari un po’ narcisista lo è e …”.

Hitoshi aveva sorriso di quella sua confusione, così calda e tenera.

Non ci aveva pensato due volte. Aveva preso e si era chinato su Mashirao, posando la bocca sulla sua.

Era stato il loro primo bacio.

Sono passati … quanto? Due mesi e mezzo?

Sembra una vita.

E insieme sembra ieri.

E sembra così poco, il tempo che hanno trascorso insieme.

Eppure è da tanto che non riprova quell’emozione, sentire la bocca di Mashirao contro la propria. Sospirare piano nel passargli la mano magra sotto la maglia, palpare i suoi muscoli solidi, inspirare il suo profumo farsi sempre più dolce e più intenso.

Infilare il naso tra i corti capelli dorati, e sfregarlo. Per sentire come pungono, e come odorano di buono.

Giocherellare con il soffice pennacchio della coda. Avvertirlo solleticargli le linee della schiena e strappargli brividi lenti e profondi.

Non può essere finito tutto così.

In una manciata di secondi. Meno del tempo che ha impiegato quella maledetta sveglia a girare l’ultima delle sue cifre rosse a stuzzicadenti.

E soltanto perché … non era riuscito a nascondere meglio il suo disappunto davanti a quella nuova delusione. 

Shinsou conosce bene il significato della parola “pazienza”.

Ha dovuto portarne tanta, per anni. Andare avanti quando tutto sembrava remargli contro, compatto come una muraglia più che come un’onda.

E alla fine ce l’ha fatta. E’ dove ha sempre voluto essere, incamminato sulla strada per divenire un Pro-Hero.

E sa che non è ancora finita, anzi non è nemmeno all’inizio. Che mancano ancora due anni, suppergiù, e infinite prove per poter ottenere quel diploma.

Allora perché è bastato così poco, adesso, a piegarlo?

Non si è mai stimato geloso, lui. Ha sempre creduto di essere una persona distaccata, forse persino troppo per gli standard comuni. Troppo stoico, scettico, incapace di concepire una sensazione di quel genere; non che non ami Mashirao, ma proprio perché lo ama ha sempre stimato indegno covare un tale sentimento nei suoi confronti. 

A mente fredda non può dire di temere davvero Kaminari come rivale, no. Sa benissimo che il compagno non ha quella tendenza, che a Mashirao non interessa in quel senso e l’intermezzo accaduto in quel bagno alla fine non è stato più che un mero sfogo fisiologico, non c’era amore, non c’era passione, desiderio, ovvero sì ma per tutt’altra persona, che solo incidentalmente era la legittima proprietaria del corpo in cui al momento era ospitato lo spirito di Ojiro: una sfortunata casualità, tutto qui. 

Se solo ci ripensa, però, gli si chiude di nuovo lo stomaco.

Ma aveva promesso a Mashirao di perdonare Denki. E l’ha fatto, davvero, era prontissimo a lasciarsi quella faccenda alle spalle e sperare che finisse tutto presto nel migliore dei modi.

Per un attimo o poco più ci ha creduto sul serio. Che fosse tornato tutto alla normalità: e incoraggiato, quasi, dallo sguardo di Melissa Shield, di Uraraka e della stessa Kyoka si era fiondato su Mashirao, posandogli una mano sul fianco che era rapidamente scivolata sulla coda, per destarlo.

Ma l’urlo di Bakugō aveva riportato a zero il contascatti. Quel timer era tornato al punto di partenza, con un nuovo corpo e sì, era proprio quello di Denki.

La verità spassionata? Non è tanto per quella storia che l’ha presa così male, Shinsou.

E’ stata l’incertezza del non sapere quando sarebbe finita.

E’ … un pensiero terribilmente egoista, per nulla eroico.

Ma … il solo sperare di riavere il suo Mashirao tutto per sé lo aveva già infiammato.

Certo, anche altri si sono trovati nella sua stessa triste situazione: Kirishima, Todoroki, anche loro probabilmente soffrono nel non poter abbracciare la persona amata, nel non poter dimostrare alle proprie compagne l’amore che provano nei riguardi di esse.

Tuttavia, come gli ha insegnato la sua saggia nonnina, che adesso non c’era più, “quando hai i tuoi guai non pensi più a quelli degli altri, Hitoshi”.

Ed è andata proprio così.

Adesso che si è vestito, e non sa che fare, la cosa migliore è uscire a prendere un po’ d’aria.

Quelle quattro mura lo soffocano.

Al lato c’è la camera di Bakugō, cioè Yaoyorozu adesso.

Nemmeno lei se la deve passare troppo bene, poveraccia.

La sera prima aveva un’espressione da far paura. Le mancavano solo gli spiritelli intorno e voilà, come direbbe Aoyama, le jeux son fait.

Gli è parso di sentire parlottare mentre era in bagno a fare la doccia, ma non ha ben distinto la voce. Ma o è stata solo la sua immaginazione, oppure Todoroki, altro povero cristo è sceso a controllare che non si sia strangolata col tubo pieghevole.

Lui sì che ne ha di sangue freddo. Ma è vero anche che possiede un quirk che lo coadiuva parecchio in questo.

Si chiude dietro la porta. Il corridoio è tranquillo, si dirige all’ascensore e va al piano terra col cesto della roba da lavare sottobraccio.

Ad accoglierlo sono i bisbigli di Momo e Ochaco dal cucinotto.

Probabilmente Yaoyorozu non ha chiuso occhio nemmeno lei, e Uraraka sta facendo del suo meglio per incoraggiarla a tenere duro.

Povera Uravity, lei è una di quelle con la vera vocazione da eroe. O da martire, forse è il caso di dire.

In ogni caso, sono sicuramente affari intimi in cui lui non ha nulla a che spartire.

Così zampetta non visto fino alla lavanderia.

Entra, si avvicina alla lavatrice e inizia a riempirla.

Ce n’è già un’altra azionata, le mancano circa cinque minuti al termine. E appena lo sguardo viola intravede un cappuccio grigio terribilmente familiare, quasi si riempie di lacrime.

La riconosce. E’ di Mashirao.

Gliel’ha vista addosso tante volte, gli ha anche detto che è una delle sue preferite. E proprio per questo Ojiro la indossava tanto spesso, quando erano da soli in stanza.

Non rammenta di averla vista addosso a Kaminari, però.

Forse era nel secchio da prima, e Denki non si è degnato di fare il bucato, dopo che aveva provveduto così generosamente a sporcare …

No, cazzo, no. no. Se ricomincia è davvero finita, per lui.

Perché qualcos’altro è finito già.

Chiude l’oblò, mette il detersivo nell’alloggiamento e avvia il lavaggio.

Sono quarantacinque minuti. Non farà in tempo, potrà solo metterli in asciugatrice e poi tornare a prenderli dopo le lezioni, per piegarli nel pomeriggio.

Tanto non avrà niente altro da fare.

“Buon …”. Una gola che si schiarisce. “Giorno”.

Shinsou si gira di scatto.

Gli si spezza il cuore, nell’incrociare lo sguardo dorato di Denki abbassarsi sulla cesta che ha tra le braccia; ha colto comunque che è gonfio, gl’incavi sotto gli zigomi leggermente violacei, come i suoi quasi.

Non ha dormito, Mashirao. Non ha dormito, ha pianto e Dio, vorrebbe poterlo abbracciare, o quanto meno consolarlo a parole e no, non può fare nulla di tutto questo.

Gli attimi in infermeria adesso gli appaiono ancora più preziosi. La quiete, prima della nuova tempesta, quasi più devastante della precedente. “Com … come stai, M … Ojiro?”.

“Bene, Shinsou. Grazie”. Si avvicina all’apparecchio, apre l’oblò e inizia a metterci dentro i vestiti di Kaminari. 

Non sono tantissimi. Kyoka è una ragazza che ci tiene, deve averglieli lavati lei mentre era nel corpo di Denki.

Anzi strano non continui a farlo ancora, visto che quei due adesso …

Cazzo. E che strazio, maledizione.

Comincia a capire Bakugō e il suo linguaggio. Probabilmente è karma, gliene ha dette un po’ troppe davanti e dietro negli ultimi tempi e adesso si ritrova lui a combattere con quella stessa impotenza e frustrazione.

Addosso Ojiro ha una maglia nera con su scritto “High Voltage” in giallo smagliante, e un paio di calzoni da tuta grigio chiaro; si raddrizza chiudendo la finestrella tonda e Shinsou ha un brivido davvero elettrico su per la schiena. Una reazione per cui si odia e si prenderebbe a schiaffi, se non sapesse che non è dovuta alle grazie del Pikachu, per niente. “Tu stai bene?”, gli chiede Mashirao, senza guardarlo.

Che domanda.

No. Per niente. Non starò più bene senza di te, Mashirao. “Abbastanza”.

La voce di Momo, insolitamente trillante li raggiunge dalla sala comune. “Ashido è di buon umore stamattina”, commenta Ojiro, voltando lo sguardo giallo verso la porta.

“Lei lo è sempre. Quanto la invidio”.

Gli occhi di Kaminari si induriscono, nel tornare a guardare lui. “E’ perché sa anche di poter contare su Kirishima, nonostante tutto”, sentenzia Mashirao, facendosi d’un tratto severo. “Anche nei guai che combina”.

Hitoshi accusa il colpo. China il capo, mentre il suo ex ragazzo chiude l’oblò e carica la lavatrice col detersivo.

Il silenzio che cala, pesante, soffocante viene spezzato dal trillo dell’apparecchio che ha terminato.

Si voltano entrambi a fissarla. Il cappuccio grigio che tante volte ha visto sui capelli dorati è lì in bella mostra, spiaccicato contro il vetro.

Come il cuore di Shinsou, che ancora una volta è finito per sbattere contro la giusta irritazione di Mashirao. “Ah, ma sono i miei indumenti, quelli”, osserva questi, avvicinandosi.

Apre l’oblò, svuota il cestello e li porta dentro un’asciugatrice. Regola temperatura e timer, preme il pulsante.

Se solo riuscisse anche lui a toccare il tasto giusto dentro Ojiro … se potessero far pace anche loro come Ashido e Kirishima che le ha tenuto il muso un solo giorno …

Deve almeno provarci. Non può lasciare che finisca tutto alle ortiche, altrimenti non è degno di essere chiamato allievo Eroe.

Un eroe non molla. E lui è stato capace di non farlo, quando si è trattato della scuola.

Mashirao gli sta altrettanto caro. “Senti, Oji …”.

“Ohi. Che, vi siete dati appuntamento in lavanderia?”, sbotta Bakugō torvo, entrando nello stanzone e guardandolo in faccia, senza troppi complimenti.

E Shinsou trasale.

C’è … qualcosa di insolito negli occhi neri del ragazzo, l’unico a sapere della loro rottura per il momento.

Come se fosse … dispiaciuto? Di aver magari interrotto un possibile chiarimento?

E … con un pizzico di compassione per lui, Shinsou?

Ma chi, Bakugō?

Nah. Impossibile.

Dev’essere lui che sta iniziando a dare i numeri. Probabilmente è l’espressione che vorrebbe vedere davvero in quegli occhi scurissimi e dolcissimi, tornati finalmente al loro legittimo proprietario, come la coda.

Che Katsuki sta trascinando per terra, non essendo in grado di dominarla alla perfezione come Ojiro; e vorrebbe quasi urlargli dietro, che già Kaminari ne ha fatto scempio e almeno lui dopo un paio di giorni aveva imparato a tenerla sollevata, chissà quante ne sta subendo quella tenera appendice e …

Oddio.

Shinsou si blocca, è meglio che non apra bocca per nessuna ragione al mondo in questo momento.

Paradossale, no? Di solito sono gli altri a farlo con lui.

E’ davvero karma. Deve aver commesso qualche crimine spaventoso in una vita precedente per meritarsi questo.

E’ Ojiro a rispondere per primo. “No, è stata una pura casualità, Bakugō-kun. Buongiorno”, e gli rivolge un breve sorriso, ma caldo, sincero di cui Hitoshi, sissignore, è geloso.

Dio, quanto gli manca.

Sono passate meno di dodici ore e gli manca da morire.

Come farà? “Uh”, borbotta quello fissando l’oblò lasciato socchiuso da Mashirao. 

“Ho fatto io, Bakugō. Sono i miei vestiti, in fondo”.

Il volto di Mashirao si contrae in una smorfia. “Tsk. A saperlo ti chiamavo prima. Il corpo di quello stronzo si sarebbe meritato di tenersi addosso il tanfo della roba che ha lasciato a marcire nel secchio, idiota”.

“Grazie”.

Vabbé, giacché ti sei messo portali di sopra, dopo. Che io quasi mi sono spezzato l’osso del collo a scenderli giù”.

“Certo. Te li lascio davanti alla porta della mia … ehm, tua … sì, insomma, della camera. Tanto siamo sullo stesso corridoio”.

“Uhm”. Senza salutare Bakugō gira sui tacchi, si dirige probabilmente in sala comune a fare colazione.

A Hitoshi si è chiuso lo stomaco, invece.

“Vado a fare colazione”, annuncia anche Mashirao, posando la cesta sopra la lavatrice appena azionata.

E non è un invito, non gli terrà il posto accanto a lui, non gli scoccherà quei piccoli, timidi sguardi innamorati di cui Shinsou fa tesoro.

Faceva, anzi. “A dopo, allora”. Appena il biondo esce, lasciandolo da solo Shinsou va a sedersi davanti all’asciugatrice, con un sospiro amaro.

Resta a fissare i panni di Ojiro, domandandosi quando potrà sfilarglieli ancora di dosso, annegare nel profumo del suo ammorbidente e della sua pelle mischiati assieme.

Anzi. “Se”, non più “quando”, rammenta posando lo zigomo sul ginocchio, la schiena alla parete e gli occhi voltati verso l’enorme finestrone.

Il cielo limpido preannuncia un’altra bella giornata, almeno meteorologicamente parlando.

Piega le braccia, le infila a di cuscino sotto la guancia: una delle sue posizioni preferite, con Mashirao, solo che al posto dei suoi stessi avambracci c’era la coda di lui.

Ha deciso, anche lui.

Andrà a casa. Ha bisogno di stare da solo, di riflettere.

Di potersene stare in pace a piangere, chiuso nella propria stanza, con la sola compagnia del suo gatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino Autrici:

(**) Niente di tutto questo vuole minare la mascolinità di Midoriya, giuriamo x°D
Fan di Deku, non odiateci, gli vogliamo bene anche noi! Ma Bakubro su certe cose vince sempre, no?? X°°D

Basta non abbiamo altro da dire xD
ALLA PROSSIMA,
Asu &Anya

 

   
 
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