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Autore: _Agrifoglio_    01/07/2020    13 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Flotta-francese-in-linea-di-fila
 
La battaglia del Nilo
 
Quando in Gran Bretagna giunse notizia che la flotta francese stava salpando da Tolone, l’Ammiragliato inglese decise di armare un distaccamento della Royal Navy con l’incarico di dare la caccia alle navi nemiche e di catturarle. Il comando della flotta fu affidato al giovane Contrammiraglio Sir Horatio Nelson che il Conte Spencer, Primo Lord dell’Ammiragliato, aveva definito “a natural born predator”, “un predatore nato”.
La flotta assegnata a Nelson era inferiore a quella francese sia dal punto di vista numerico sia da quello della stazza delle navi e del numero dei cannoni, ma era molto più addestrata e coesa. Con essa, il Contrammiraglio veleggiò verso l’isola di Malta, fermando e interrogando tutti i navigli avvistati e giungendo a destinazione poche ore dopo che la flotta francese se ne era allontanata.
Raccolte le testimonianze degli abitanti dell’isola, il Contrammiraglio iniziò a sospettare che Bonaparte mirasse ad assediare Alessandria, così da impadronirsi dell’Egitto, assicurarsi il controllo della rotta orientale e sferrare un decisivo attacco alle colonie inglesi in India.
Ruotò, quindi, il timone verso Alessandria, dove giunse il 29 giugno 1798, senza trovarvi la flotta nemica. Era, infatti, arrivato prima dei francesi. Decise, allora, di proseguire l’inseguimento nel Mediterraneo orientale, veleggiando verso il Bosforo.
Poche ore dopo che gli inglesi erano salpati da Alessandria, lo stesso 29 giugno, vi giunsero i francesi e Nelson li mancò per un soffio.
Non avendo trovato traccia della flotta nemica neppure nel Bosforo, Nelson tornò indietro e si diresse a Siracusa. Fu proprio nella città siciliana che, il 29 luglio 1798, esattamente un mese dopo che le due flotte, a poche ore di distanza l’una dall’altra, erano attraccate ad Alessandria, venne a sapere che Napoleone Bonaparte era arrivato in Egitto. Diede, quindi, ordine di navigare verso est, di nuovo in direzione di Alessandria, per acciuffare l’inafferrabile e fortunato nemico che pareva sfuggirgli di mano come un’anguilla.
Fu durante la traversata da Siracusa ad Alessandria che la Royal Navy avvistò la nave dello Sfregiato del Mediterraneo che, invece, veleggiava verso nord ovest, dall’Egitto alla Francia. Desiderando interrogare l’equipaggio, Nelson ingiunse alla nave di accostarsi e, quando questa non ottemperò, pensò che si trattasse di una fregata della regia marina francese camuffata da mercantile e diede ordine di fare fuoco.
I contrabbandieri furono, così, sconfitti e i superstiti catturati mentre André fu tratto in arresto con l’accusa di spionaggio.
– Vi giuro, Signore, che è la verità! – disse André mentre era sottoposto a interrogatorio nel cassero della HMS Vanguard – Ho trovato delle missive nella tenda del Generale Bonaparte che provano il coinvolgimento del Duca d’Orléans nello scoppio delle ostilità fra la Gran Bretagna e la Francia. Il Duca d’Orléans, insieme a un suo complice, il Conte di Compiègne, con lettere falsificate e un’infinità di calunnie, ha fatto credere a Re Giorgio III che la Regina Maria Antonietta era intenzionata a invadere la Gran Bretagna e che il Conte di Canterbury, un congiunto di mia moglie, è un traditore. Non pago di tutto ciò, il Duca d’Orléans, ha anche tentato di agganciare il Generale Bonaparte per manovrarlo.
– In poche parole, Conte di Lille, Voi stareste accusando il cugino del Vostro Re, un Principe di sangue reale, di essere un sobillatore e il mio Re di essere uno sciocco – lo interruppe Sir Horatio Nelson.
– Il Duca d’Orléans è un manipolatore e un maestro nell’arte degli intrighi – si schermì André – Chi cede alle lusinghe di lui non è uno sciocco.
– Conte di Lille, tagliamo corto – sbottò il Contrammiraglio con impazienza – Quello che avete finora detto mi dimostra soltanto che un congiunto di Vostra moglie è un traditore e che Voi siete un ladro di corrispondenza altrui.
– So che le apparenze sono contro di me, Signore, ma posso spiegare. Lasciai Il Cairo all’indomani di una battaglia che ebbe luogo nei pressi del villaggio di Giza, risalii il Nilo e tornai ad Alessandria allo scopo di consegnare le lettere trovate nella tenda del Generale Bonaparte all’Ambasciatore francese. Durante il tragitto dalla nave alla residenza dell’Ambasciatore, alcuni malviventi mi hanno assalito e tramortito. Ricordo soltanto di essermi svegliato nella nave dei contrabbandieri dalla quale Voi mi avete salvato.
– La Vostra storia è molto fantasiosa, Conte di Lille – disse Nelson, scrutando André con aria dubbiosa.
– Ma è assolutamente vera, Signore.
– Sarà, ma a me risulta difficile crederVi. Una flotta della regia marina francese salpa in tutta fretta da Tolone per invadere l’Egitto. Ordino a una nave di accostarsi ed essa fugge via e, a bordo di quella nave, ci siete Voi, un nobile francese, il suddito di un Re nemico, che deve consegnare delle lettere provenienti dalla tenda del Generale Bonaparte a un Ambasciatore che, però, si trova ad Alessandria, da dove la nave sulla quale viaggiate si sta allontanando…
– Vi giuro che è la verità!
– Consegnatemi quelle lettere!
– Con rispetto parlando, Signore, io devo consegnare le lettere non a Voi, ma all’Ambasciatore francese che, a sua volta, le farà avere alla Regina Maria Antonietta.
– Forse, non Vi è chiara la Vostra posizione. Siete in arresto con l’accusa di spionaggio e io posso farVi perquisire e sottrarVi quelle lettere a viva forza.
Proprio in quel mentre, un marinaio entrò nel cassero.
– Ammiraglio! Ammiraglio! Terra in vista! Siamo arrivati ad Alessandria!
Un lampo attraversò l’unico occhio di Sir Horatio Nelson.
 
********
 
Versailles, 1 agosto 1798
 
Il Generale de Jarjayes era seduto davanti alla scrivania del suo ufficio alla reggia, quando udì un insopportabile tramestio e un vociare sopra le righe provenire dal vestibolo. Da anziano ufficiale e da severo uomo d’ordine, non sopportava la mancanza di decenza, in qualunque forma essa si manifestasse e ciò lo indusse a suonare il campanello.
Aveva appena sollevato il sonaglio d’argento, quando entrambe le ante della porta si spalancarono e la Contessa madre di Compiègne fece irruzione nella stanza, seguita da un costernatissimo valletto.
– Perdonate, Generale, ma… – farfugliò l’uomo, agitatissimo – Non mi è stato possibile porre un freno…
– Non preoccupateVi, Lebois, potete andare.
Per nulla imbarazzata era, invece, l’inattesa ospite che, sedendo senza essere stata invitata a farlo e guardandosi bene dal salutare, tuonò:
– Siete stato Voi a mandarmi quello sciocco di mio nipote, Generale?
– Non oserei mai intromettermi negli affari della Vostra famiglia, Madame.
– Non fate l’ingenuo, Generale! Victor Clément de Girodel è il tirapiedi di Voi de Jarjayes, lo sanno tutti e, se fa una cosa, dietro c’è il Vostro zampino! Si è presentato a casa mia l’altro ieri, domandandomi… ingiungendomi di desistere dal proposito di chiedere udienza a Sua Maestà!
– Avrà avuto le sue ragioni – tagliò corto il Generale.
– Le sue ragioni un accidente!
– Madame, non Vi permetto! – la interruppe il Generale de Jarjayes, con voce secca.
– L’ingiusto esilio di mio figlio deve avere termine! – proseguì l’anziana signora, del tutto sorda a ogni richiamo all’ordine – Mio figlio è un perseguitato!
– Vostro figlio è un ricercato! Vostro figlio è una spia che ha trafugato documenti importanti da un armadio di Sua Maestà! Vostro figlio è un lestofante che ha rapito i miei nipoti e li ha venduti a una folle assassina! Vostro figlio è un doppiogiochista che, con documenti contraffatti e molte calunnie, ha indotto il Re di Gran Bretagna a dichiararci guerra! E potrei continuare all’infinito…
– Mio figlio è vittima di gente invidiosa!
– Vostro figlio è vittima di se stesso e della pessima educazione che gli avete impartito!
– Come Vi permettete?! Io sono una de Girodel!
– Voi siete una maleducata e Vi invito a lasciare questa stanza!
Madame de Compiègne si alzò di scatto dalla sedia e uscì dalla camera senza salutare, percorrendo i corridoi come una furia e non rivolgendo la minima attenzione alla nuora Geneviève che aveva incrociato nel suo nervoso allontanarsi. Quei dannati de Jarjayes e quell’idiota del nipote gliel’avrebbero pagata cara e Maxence sarebbe tornato in Francia con tuti gli onori!
 
********

L-Ori-nt
 
Sir Horatio Nelson scrutò le coste di Alessandria mentre l’ammiraglia HMS Vanguard veleggiava in direzione del porto.
– Dannazione, la flotta francese non c’è! – proruppe il Contrammiraglio, cercando conferma nel cannocchiale – Esistono delle baie, dei golfi o delle insenature? – chiese, poi, all’Ufficiale che aveva con sé le mappe.
– C’è la baia di Abukir, Signore, sulla foce del Nilo, fra l’isolotto di Abukir e la città di Rosetta.
– Bene, allora, veleggiamo verso la baia di Abukir!
Mentre lo Sfregiato del Mediterraneo e la ciurma di ribaldi da lui capitanata erano incatenati sotto coperta, André, in considerazione del rango e della minore pericolosità, pur essendo agli arresti, aveva piena libertà di muoversi per tutta la nave, ma era sempre scortato da una Guardia Marina di tredici anni. Fu così che, trovandosi sul ponte della nave ammiraglia, all’ingresso della flotta inglese nella baia di Abukir, nel tardo pomeriggio del primo agosto, uno spettacolo grandioso gli si parò dinanzi agli occhi.
Il Viceammiraglio François Paul Gèrard Joseph Brueys d’Aigalliers aveva schierato le navi in linea di fila e, cioè, l’una dietro l’altra con le più potenti in testa e le altre a seguire. Stazionavano all’ancora nei pressi di una secca che avrebbe dovuto proteggerle ed erano, quindi, esposte soltanto a dritta, verso il mare aperto. Parte dell’equipaggio era sbarcato per foraggiare e per scavare pozzi e le batterie sul lato della secca erano parzialmente fuori uso, non ritenendosi possibile un attacco da quella parte.
L’ammiraglia francese era l’imponente vascello di primo rango L’Oriént, dotato di tre ponti e di centodiciotto cannoni. Tutti i vascelli inglesi erano, invece, di terzo rango, muniti di due ponti e di settantaquattro cannoni, ad eccezione di uno di quarto rango, la HMS Leander, che di cannoni ne aveva soltanto cinquanta.
Il Viceammiraglio Brueys d’Aigalliers scrutò con disappunto l’approssimarsi della flotta nemica, ma pensò di avere davanti a sé tutta la notte per organizzarsi e che la battaglia avrebbe avuto luogo il giorno seguente, perché si era, ormai, all’imbrunire e gli inglesi non avrebbero arrischiato uno scontro notturno in acque basse che non conoscevano. La previsione si rivelò errata.
– Prendiamoli dai due lati! – ordinò Nelson – Dividiamo la nostra linea di fila! Una divisione passerà fra la linea francese e la secca mentre l’altra fronteggerà il nemico dal mare aperto.
– Ma Signore! – obiettò il Secondo Ufficiale – Le carte nautiche evidenziano che la secca è profonda meno di ventisei piedi!
– L’ammiraglia L’Oriént è un vascello da centodiciotto cannoni e ha un pescaggio maggiore del nostro di oltre tre piedi – rispose Nelson – Se le navi francesi possono stare all’ancora, vuol dire che c’è fondo sufficiente anche per le manovre delle navi inglesi!
Una divisione inglese si addentrò, quindi, fra la linea francese e la pericolosa secca e, malgrado il vascello Culloden si fosse arenato, gli altri ebbero sorte migliore, guidati dal Goliath, il cui Comandante, Thomas Foley, disponeva di una carta nautica aggiornata.
Vedendo sopraggiungere le divisioni nemiche, il Viceammiraglio Brueys d’Aigalliers capì che non soltanto la battaglia avrebbe avuto luogo subito, ma che la secca non li avrebbe protetti. Ciò nonostante, contro il parere di altri Ufficiali, decise che il combattimento si sarebbe svolto all’ancora e non alla vela, in mare aperto, perché gran parte dell’equipaggio era a terra.
Ben presto, la prima linea francese fu presa fra due fuochi e annientata, senza che le altre navi potessero giungere in soccorso, dato il forte vento contrario che proveniva da nord. Distrutte le cinque navi costituenti la testa della linea, Nelson diede ordine di procedere a sud e di cannoneggiare L’Oriént.
La Bellerophon mosse, quindi, all’attacco, ma L’Oriént rispose con una terribile bordata che disalberò l’avversaria. Mutilata e sconfitta, la Bellerophon disancorò e andò alla deriva. Immediatamente, la Swiftsure e l’Alexander si piazzarono a babordo e a tribordo de L’Oriént e iniziarono il cannoneggiamento, seguite, poi, da altre tre navi. In particolare, l’Alexander dopo avere completato la bordata, portò la fiancata sulla prora dell’avversaria Tonnant e aprì un pesantissimo fuoco di mitraglia a ventaglio.
Accerchiata e bersagliata a pioggia, L’Oriént prese fuoco alle nove meno cinque della sera. Dal cassero della Vanguard, sul lato della secca, André vide le fiamme sprigionarsi dal vascello e salire al cielo come tante lingue infernali, agili e nervose. Il fatto che la nave fosse stata ripitturata da poco e che molti secchi di vernice si trovassero ancora sul ponte agevolò la combustione, ma i marinai francesi si diedero una spiegazione meno tecnica e furono colti dal triste presentimento che un destino ineluttabile li stesse aspettando al varco, perché porta sfortuna che una nave sia ribattezzata e L’Oriént aveva cambiato non due, ma ben tre nomi. Fu così che la superstizione tramutò paura e nervosismo in disperazione, annullando le già scarse capacità di reazione. La superiorità militare degli inglesi era, del resto, incommensurabile e i francesi erano allo sbando.
Il bombardamento proseguì ineluttabile e una palla di cannone colpì in pieno il Viceammiraglio Brueys d’Aigalliers, amputandogli entrambe le gambe. Il medico di bordo gli strinse due lacci emostatici intorno ai moncherini e Brueys d’Aigalliers si fece riportare sul cassero di poppa, adagiato su una poltrona, dalla quale continuò a impartire eroicamente gli ordini fino a morire dissanguato.
Le fiamme continuavano a crepitare e a dimenarsi sempre più violentemente, tanto che alcuni marinai decisero di buttarsi a mare, cercando la salvezza nelle acque nere di tenebra e cariche di detriti. Le navi vicine a L’Oriént tentarono di allontanarsi, tagliando i cavi delle ancore, per evitare che le fiamme si propagassero alle loro vele e attrezzature.
Alle dieci di sera, il fuoco raggiunse la santabarbara e L’Oriént esplose in un’immensa palla di fuoco. Da una torre a trenta chilometri di distanza, a Rosetta, fu vista una forte esplosione di luce seguita da una spaventosa conflagrazione. Il terribile boato si udì persino a Il Cairo, a poco meno di duecento chilometri di distanza e Oscar e i bambini, che si godevano il vento notturno sul ponte della loro nave, trasalirono.
André, con le mani premute sulle orecchie, era caduto bocconi sul cassero della HMS Vanguard. Rialzatosi quasi subito, benché a fatica, assistette impotente al terrificante spettacolo. Un’immensa ondata rossastra e sfavillante svettò nel cielo notturno, per poi ricadere in acqua in centinaia di scintille velocissime e scoppiettanti come stelle mortifere. Alberi, pennoni ed equipaggio furono scagliati a centinaia di metri di altezza. Un grosso troncone dell’albero maestro cadde sul ponte della Swiftsure. Nei giorni successivi, il Comandante ne fece confezionare una bara che donò a Nelson. Si dice che il vecchio lupo di mare gradì il dono così tanto da portarlo sempre con sé, nella sua cabina. Vi fu adagiato alcuni anni dopo, quando la morte lo raggiunse nel corso della battaglia di Trafalgar. In quell’occasione, invece, riportò delle ferite gravi, ma sopravvisse.
Soltanto una settantina di marinai de L’Orient, dei circa mille imbarcati, riuscì ad allontanarsi a nuoto dalla nave in fiamme. Gli altri, ad eccezione di quelli che erano stati scagliati in aria dalla deflagrazione, si inabissarono col relitto, vivi o morti. Le terribili fiamme, quasi uscite da una fornace infernale, rischiaravano a giorno le acque nere e fredde, così che, dal cassero della HMS Vanguard, André poté vedere i marinai superstiti nuotare disperatamente e disordinatamente in cerca di salvezza, come dei miseri puntini in balia dei flutti del destino.
Così come avvenne per L’Oriént, quasi tutte le navi della flotta francese e i loro equipaggi subirono un destino di annientamento e di dolore.
La baia di Abukir odorò di morte e di distruzione per molti giorni a venire. Assi di legno e funi recise giacevano scompostamente sulla spiaggia mentre le onde restituivano i cadaveri con frequenza allucinante. Alcuni relitti emergevano dal mare sbilenchi, rovesciati di fianco o con la prua o la poppa rivolte all’insù mentre dall’acqua spuntavano gli alberi delle navi affondate.
Dalla HMS Vanguard, André contemplava sconsolato questo spettacolo, col cuore in pezzi per i suoi connazionali, trascinati a morire a migliaia di leghe da casa da ordini superiori e non contestabili. Si augurò che l’esercito di terra avesse una sorte migliore e che Oscar e i ragazzi non dovessero ritrovarsi in pieno deserto con l’Armata d’Oriente annientata, in balia della vendetta dei Mamelucchi. Subito dopo, si ricordò del suo incerto destino da prigioniero di una potenza nemica e sospirò amaramente.
 
L-Ori-nt-2
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Parigi, Rue Chantereine, n. 6, 4 agosto 1798
 
Occhi e capelli scuri, labbra sottili e naso dritto scolpiti sul volto ovale dal bianco incarnato, Maria Letizia Ramolino si presentò al valletto che la ricevette nell’atrio della casa di “quella donna”. Era vestita con abiti di foggia sobria che ne rispecchiavano la proverbiale parsimonia mentre il nero vedovile ne sottolineava ed esaltava il portamento austero.
Fu fatta accomodare nel salone grande, a pian terreno e, pochi minuti dopo, la padrona di casa la raggiunse con grandi sorrisi e un aggraziato inchino.
– Madame Bonaparte, non sapete quale onore sia per me riceverVi in questa casa! – trillò Joséphine de Beauharnais che, malgrado le buone intenzioni, fu subito gelata dallo sguardo freddo dell’ospite.
Per tutta risposta, l’altra la salutò con un lieve cenno del capo cui non fece seguire altra manifestazione di riguardo. Ogni sorriso era bandito da quel volto severo.
– A cosa devo l’onore della Vostra visita, Madame Bonaparte? – chiese la Viscontessa dalla cui voce era sparita ogni traccia di gaiezza.
Contrariamente all’abitudine che la vedeva sicura e regina di ogni salotto, quella presenza l’aveva resa titubante e quasi timida.
– Sono una donna d’antico costume, amo la franchezza, odio gli infingimenti e non starò a tergiversare. Cosa Vi lega a mio figlio, Madame de Beauharnais?
– La Vostra domanda mi lascia stupita, Madame Bonaparte…
– La Vostra risposta no, Viscontessa.
– Signora, non comprendo – mormorò Joséphine de Beauharnais, scuotendo il capo, per prendere tempo.
– Nulla c’è da comprendere – l’incalzò l’interlocutrice con voce grave e aria infastidita – Se non che siete una donna sposata e con una certa reputazione.
– Anche Vostro figlio ha una certa reputazione – si schermì la Viscontessa, non senza un palpabile imbarazzo.
– Non sto parlando dello stesso tipo di reputazione, non fate la finta ingenua!
– Non capisco il senso delle Vostre parole.
– Al pari Vostro, non sono una stupida, ma, differentemente da Voi, neppure amo apparire tale e non tollero che ci si balocchi con me. Lasciate stare mio figlio!
– Signora, giuro che non Vi comprendo – mormorò l’altra, maestra di intrighi e di giochi di salotto, ma poco avvezza agli scontri frontali.
– Bene, allora Vi aiuterò io. La Vostra… liaison con mio figlio può metterlo in imbarazzo in società. La Vostra presenza può rovinargli la carriera.
– Sono nobile di nascita!
– Siete un’avventuriera.
– Mio marito è un Visconte!
– Appunto, siete sposata. Se non riuscite ad andare d’accordo con Vostro marito, occupateVi dei Vostri figli e lasciate in pace il mio.
– Sono bene introdotta in tutti i salotti parigini e la Regina… sta per ricevermi!
– Vostro marito Vi detesta, siete l’amante del Visconte de Barras, del Tenente Charles Hippolyte e di chi sa quanti altri. Il fatto che la Regina Vi riceva – e non è detto che lo farà – non cancella quella che siete.
– Signora, non Vi permetto! – esclamò l’altra, al culmine della confusione e, una volta tanto, autenticamente imbarazzata.
– Siete Voi che non Vi sareste dovuta permettere tante cose – rispose, sarcastica, la matrona – Sapete cosa penso? Avete qualche anno più di mio figlio e la Vostra gioventù sta per sfiorire. Il Vostro matrimonio traballa e le Vostre… amicizie sono tutte effimere. Fra non molto, il bel mondo parigino Vi metterà da parte e Voi ne siete consapevole. A questo punto, arriva mio figlio, giovane, ingenuo, con una brillante carriera davanti e infatuato di Voi fino alla radice dei capelli.
– Vostro figlio mi ama! – proruppe Madame de Beauharnais, scattando in piedi.
– Non lo metto in dubbio, ma Voi?
– Non sono affari Vostri, Madame! – sibilò l’altra, con sguardo torvo – Vi ho accolta con tutti gli onori e Voi mi trattate come la peggiore delle donne!
– Vedo che siete sorda a ogni richiamo di coscienza, se mai ne avete una. Siete insensibile pure agli appelli di una madre. Sappiate, però, che farò quanto è in mio potere per proteggere mio figlio da Voi.
Pronunciate queste parole, si alzò di scatto dal divano e si voltò verso l’uscita, senza guardare Joséphine de Beauharnais e senza rivolgerle il saluto.
 
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La-battaglia-di-Abukir
 
Dieci giorni dopo la battaglia navale nella baia di Abukir, Napoleone stava rientrando nel quartier generale de Il Cairo, di ritorno da uno scontro armato con i fellahin di Ibrahim Bey, nei pressi di Salilieh. Più che una battaglia, si era trattato di una carneficina: i moschetti francesi avevano falciato quei poveri coscritti locali e lo spettacolo dei pochi superstiti che si davano alla fuga con alte grida e dei molti cadaveri sparpagliati sulle dune intrise di sangue aveva trasformato il trionfo in sgomento.
Mentre scendeva da cavallo, vide Oscar che conversava con alcuni soldati francesi fra cui Alain de Soisson e fu attraversato da un lampo di collera fredda. Possibile che quell'intrigante dovesse mettere il naso dappertutto per, poi, riferire a corte? Doveva assolutamente sbarazzarsene.
Mentre era immerso in questi pensieri, vide un corriere sopraggiungere a cavallo, scortato da un gruppo di Dragoni.
Quando l’uomo fu giunto sul posto, ansimando, disse:
– Generale Bonaparte, Vi reco un messaggio dal Generale Kléber, di stanza ad Alessandria.
– Ebbene?
– Dieci giorni fa, la flotta inglese ha attaccato la nostra nella Baia di Abukir, Generale.
– Continuate. 
– La nostra flotta è stata sconfitta, Signore.
– A quanto ammontano le perdite? – domandò Napoleone, accigliato.
– La nave ammiraglia è saltata in aria, Generale, insieme ad altri due vascelli. Nove vascelli sono stati catturati e tre di questi sono bruciati. Una fregata e un brigantino sono stati affondati. Sono riusciti a fuggire soltanto due vascelli, due fregate e tre brigantini.
– Ma questa non è una sconfitta, è una catastrofe! – si lasciò sfuggire Napoleone – A quanto ammontano le perdite umane?
– Millesettecento morti, seicento feriti e tremila prigionieri, Signore. Il Viceammiraglio Brueys d’Aigalliers è caduto.
All’udire queste ultime parole, Napoleone si rabbuiò ancora di più, perché Brueys d’Aigalliers gli era amico.
Oscar, che era lì accanto, udì il resoconto con immenso rammarico. Quasi tutta la flotta, armata con grande dispiego di mezzi, era andata perduta e questa disfatta sarebbe gravata sulle finanze dello Stato come un macigno. Tutti quei poveri marinai morti, alcuni dei quali poco più che bambini, poi, le straziavano il cuore.
Napoleone congedò il corriere dopo che questi gli ebbe consegnato dei fogli e, successivamente, rivolse a Oscar uno sguardo freddo. Doveva impedire a quella ficcanaso di continuare a spiarlo e di riferire alla Regina la disfatta prima che lui si fosse organizzato. La battaglia di Abukir aveva spazzato via la flotta francese e, con essa, le mire espansionistiche in oriente. Con gli inglesi padroni incontrastati del Mediterraneo, la Campagna d’Egitto sarebbe divenuta molto più incerta e, in simili contingenze, non poteva permettersi la presenza di spie.
Lesse nervosamente il dispaccio che il corriere gli aveva consegnato e, poi, si rivolse a Oscar.
– Il corriere mi ha portato delle cattive nuove, Generale de Jarjayes – disse Napoleone, sorridendo a Oscar con una cortesia che raramente le riservava – Mentre io ne ho due ottime per Voi.
– Vi ascolto, Generale Bonaparte.
– Il Generale Kléber, nello spedirmi il messaggio, si è anche ricordato di Vostro marito, il Conte di Lille. Mi scrive, infatti, di averlo visto in buona salute nel palazzo dell’Ambasciatore francese – mentì, guardando Oscar con occhi indecifrabili – Spero, con questa notizia, di avere alleviato le Vostre pene di moglie.
Oscar guardò Napoleone ammutolita mentre Alain esultò di gioia.
– Ed ecco la seconda buona notizia. I savants sono finalmente pronti a risalire l’Egitto in nave e partiranno domani mattina. Visiteranno Dendera, Philae, Karnak, Luxor, Assuan e tanti altri siti. Voi andrete con loro, Generale de Jarjayes. Siete venuta in Egitto per far effettuare un tour formativo ai Vostri figli e alla giovinetta che li accompagna. In segno della mia amicizia, Vi consento di partire con gli studiosi che affiancano la mia spedizione.
Oscar ringraziò frettolosamente Napoleone e se ne andò via, non potendo nascondergli a lungo il suo disappunto. Il Generale Bonaparte l’aveva, infine, allontanata dall’esercito, con una motivazione geniale contro la quale, dato lo scopo dichiarato del suo viaggio, nulla avrebbe potuto obiettare.
Prima di fare ritorno alla sua nave, si congedò da Alain.
– Alain, credo che dovrò partire domani presto e che non avrò altra possibilità di parlare con te per chi sa quanto tempo. Da dove mi recherò, temo che sarò tagliata fuori dal resto del mondo. Ti prego, prendi informazioni sulla sorte di André per mio conto.







Alla fine di questo capitolo, Napoleone riesce a sbarazzarsi della presenza, per lui ingombrante, di Oscar. Dandole la falsa notizia che André è giunto a destinazione e non corre alcun rischio, la spedisce nell’alto Egitto, da dove non potrà comunicare col resto della civiltà.
Nella realtà, il tesoro dei Cavalieri di Malta esplose insieme a L’Oriént. In questa storia, invece, il tesoro non era imbarcato su quel vascello, ma Napoleone lo farà credere, per simularne la distruzione e potersene appropriare.
Come al solito, grazie a chi vorrà leggere e recensire!
   
 
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